laurence316
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martedì 4 luglio 2017
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insopportabile polpettone tedioso ed esasperante
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Uno dei più apprezzati horror (horror si fa per dire) della stagione, è in realtà, paradossalmente, uno dei più pedanti, stupidi ed estenuanti, gravato da una lentezza esasperante che non fa altro che appesantire ulteriormente una narrazione già di per sé pesante e scontata dentro la quale non si capisce come chicchessia abbia potuto ravvisarvi anche solo il più piccolo barlume di originalità.
Cupo e tenebroso, The Witch ha indubbiamente il suo indiscutibile punto di forza nella fotografia di Jarin Blaschke, livida e piena di ombre, assolutamente adatta alle atmosfere di un film in cui le tenebre sono rischiarate solo da flebili candele e in cui anche di giorno la luce fatica a farsi vedere.
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Uno dei più apprezzati horror (horror si fa per dire) della stagione, è in realtà, paradossalmente, uno dei più pedanti, stupidi ed estenuanti, gravato da una lentezza esasperante che non fa altro che appesantire ulteriormente una narrazione già di per sé pesante e scontata dentro la quale non si capisce come chicchessia abbia potuto ravvisarvi anche solo il più piccolo barlume di originalità.
Cupo e tenebroso, The Witch ha indubbiamente il suo indiscutibile punto di forza nella fotografia di Jarin Blaschke, livida e piena di ombre, assolutamente adatta alle atmosfere di un film in cui le tenebre sono rischiarate solo da flebili candele e in cui anche di giorno la luce fatica a farsi vedere. Per il resto, ben poco rimane da salvare in quest’esordio di Eggers: probabilmente le interpretazioni degli attori (Taylor-Joy e Ineson in testa), e in particolare, la ricostruzione d’epoca, attenta ai dettagli: costruzioni, costumi, persino i dialoghi (in originale), tutto derivato da una certosina ricerca tra i testi dell’epoca.
Il problema è che il film non vuole essere solo un (in questo senso) ottimo spaccato di un’epoca, ma pretende di essere qualcosa di più, qualcosa di più “elevato”, cercando disperatamente di apparire più intelligente della media degli horror odierni quando in realtà è solo un’apparenza (la stupidità e il ridicolo sono dietro l’angolo in numerose scene). In The Witch non accade mai nulla di particolarmente significativo, le sequenze sono protratte all’infinito anche quando non ve ne alcuna necessità, la regia si prende un po’ troppo sul serio data la risma del film (osando riecheggiare la pittura [Goya soprattutto] e persino la cinematografia ben più alta con cui non regge il confronto [Dreyer, ma anche Pialat e il suo Sotto il sole di Satana)].
Dato il suo rifiuto di ricorrere a spaventi meccanici od effetti speciali in larga scala, è apparso a molti come qualcosa di più innovativo e meglio realizzato della media, come se il rifiuto dei suddetti forse di per sé garanzia di qualità: la noia, la monotonia, il tedio, l’ostentata “pittoricità” di alcune inquadrature, che questo film propone in alternativa non sono certo da considerarsi validi antidoti all’aggressione visiva e uditiva degli horror più mainstream.
Inoltre, non si capisce quale sia il punto del film: tanti hanno voluto vedervi la constatazione dell’inadeguatezza dell’uomo di fronte all’ignoto, e in particolare l’inadeguatezza della fede e della superstizione di fronte allo stesso, al mistero, all’incomprensibile, all’inspiegabile (dinnanzi ai quali, comunque, anche l’amore e i legami famigliari finiscono a brandelli). Ma se per quanto riguarda il primo punto si potrebbe anche finire per concordare, per quanto riguarda il secondo, e il tema della religione, della superstizione e del sospetto, il finale che sfida caparbiamente il ridicolo ribalta tutto: viene fatto chiaramente intendere, difatti, che un certo animale sia davvero niente poco di meno che il Diavolo stesso e pertanto il clima di sospetto che aleggiava nella famiglia viene del tutto giustificato a posteriori quando viene mostrato che non solo messer Satana ma pure le streghe esistono effettivamente. E poi, francamente, le scene con la madre e il corvo o il prefinale con Thomasin e il caprone “Black Philip”, per non parlare poi del finale vero e proprio con la “levitazione collettiva”, più che inquietanti, sono dannatamente esilaranti. Incomprensibilmente acclamato dalla critica fin dalla presentazione al Sundance, il film si rivela anche un successo in termini di incassi, lanciando la carriera del regista. Bah!
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(di tool27)
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ashtray_bliss
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martedì 12 luglio 2016
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evocativo e angosciante ritratto folk.
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The Witch rappresenta un'esperienza visiva ed emotiva tutt'altro che facile da decodificare e da smaltire. Ponendosi su differenti piani narrativi si offre per più spunti riflessivi e chiavi di lettura dello stesso. Un film ambiguo, profondamente evocativo, mistico e sinistro è un prodotto che ti resta impresso e si scava una strada nel subconscio degli spettatori. Il prodotto riesce subito a catturare l'attenzione del pubblico grazie alla curatissima atmosfera che riesce a portare sullo schermo. Un'atmosfera cupa, grigia, opprimente e a tratti invasiva del New England americano; un presagio che qualcosa di sinistro e tragico sta per accadere da un momento all'altro.
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The Witch rappresenta un'esperienza visiva ed emotiva tutt'altro che facile da decodificare e da smaltire. Ponendosi su differenti piani narrativi si offre per più spunti riflessivi e chiavi di lettura dello stesso. Un film ambiguo, profondamente evocativo, mistico e sinistro è un prodotto che ti resta impresso e si scava una strada nel subconscio degli spettatori. Il prodotto riesce subito a catturare l'attenzione del pubblico grazie alla curatissima atmosfera che riesce a portare sullo schermo. Un'atmosfera cupa, grigia, opprimente e a tratti invasiva del New England americano; un presagio che qualcosa di sinistro e tragico sta per accadere da un momento all'altro. Di fatti, la pellicola inizia con la sequenza della separazione di una famiglia di immigrati inglesi dalla piccola comunità dove risiedevano per andare a crearsi una nuova esistenza, autoesiliati, in un frazione di terra improduttiva e ostile alle porte di un bosco. Isolati dal resto del mondo, la famiglia si ripiega sulle loro forti convinzioni religiose per mantenere salda l'unità famigliare. Ma il male non tarda a manifestarsi e presentarsi sotto svariate forme, iniziando con la scomparsa, misteriosa ed insipiegabile, del figlio più piccolo della famiglia; il neonato Sam. Da quell'avvenimento una serie di terribili eventi concatenati avranno la meglio sul nucleo famigliare e scena dopo scena assisteremo alla disgregazione di quel apparentemente indissolubile legame che unisce i protagonisti. Ma anche la loro fede così ben consolidata progressivamente vacillerà mentre l'atmosfera che permea la pellicola si infittisce sempre di più, tanto da risultare opprimente, disturbante e soffocante. La logica lascia il posto all'irrazionalità, la fede scompare nella nebbia dell'occulto, della superstizione, delle archetipe convinzioni radicate nella cultura popolare dove l'idea del maligno è rapprsentato dalla figura della strega. E la strega, come missionaria del demonio, prende le più svariate forme e si manifesta nei modi più incosueti o improbabili. Bastano poche e azzecatissime scene per portare il climax emotivo all'apice, instaurare una funzionalissima dose di inquietudine e confondere persino gli spettatori sull'identità e l'esistenza stessa della strega che rappresenta il centro gravitazionale del film. A volte si manifesta come un coniglio, altre volte come un caprone nero che sussura ai gemelli più piccoli della famiglia, oppure semplicemente potrebbe nascondersi dietro il viso angelico della giovane Thomasin e nei pensieri impuri del fratellino Caleb. Ma in fondo potrebbe anche non esistere ed essere il prodotto dell'autosuggestione dei personaggi insieme alle loro paure recondite e dei desideri più intimi soffocati da coloro che vivono nel terrore della punizione e del peccato. In questo clima asfissiante il male, o meglio il diavolo, è proprio colui che riesce nell'intento di dividere i famigliari e metterli l'uno contro l'altro, in pieno rispetto dell'etimologia stessa della parola diavolo (dal greco διά + βάλλω, dividere). Il peccato, le menzogne, la gelosia e l'invidia si fanno strada preparando il terreno per l'inevitabile climax di tragicità e drammaticità finale quando ormai tutte le certezze sono scomparse e ognuno degli individui ha perso la fede sia in Dio che nei propri familiari.
The Witch risulta così un favoloso crossover tra una fiaba horror, dalle quali prende apertamente spunto e nella fattispecie le fiabe e i racconti folkloristici del 17esimo secolo durante il quale è ambientato il film, e un vero e proprio thriller psicologico dove la realtà e l'immaginazione si intrecciano costantemente creando un abile puzzle mentale nello spettatore che segue estasiato il susseguirsi delle vicende. Merito sopratutto di una favolosa fotografia e scenografia, di grande impatto visivo e curata nei minimi dettagli, che restano impresse e catturano lo spettatore nella lugube spretralità di quel posto che altresi parerebbe fiabesco ed idialliaco. La regia, compatta e bilanciata, segue un ritmo narrativo lento che progressivamente si fà sempre più invasivo ed opprimente, avvinghiando lo spettatore nel caos calmo che investe ognuno dei protagonisti trascinandoli in una spirale infernale da cui non vi è ritorno. Evitando accuratamente di scadere nello splatter e nella violenza visiva gratuita, il regista punta il tutto nel creare sensazioni ed impressioni, parlando per immagini e metafore, suggestive ed inquietanti. Ma se questa pellicola risulta un ottimo prodotto che spicca nel panorama del genere e restando vagamente sui generis il merito è anche delle impeccabili interpretazioni degli attori. Un cast poco noto ma sinergico e sfruttato al meglio che riesce a fotografare le difficoltà che affronta questa piccola famiglia costretta a vivere nell'isolamento totale, in stretto contatto con una natura magnetica ma altrettanto ostile e inquietante, dove il loro unico punto di riferimento resta la salda fede in Dio. E quando quest'ultima inizia a vacillare difronte ad eventi enigmatici e di natura apparentemente occulta, anche l'ultima spiaggia di speranza lascia spazio al consumarsi della irrazionalità. Il crollo della ragione e il cedimento verso la superstizione e la follia aprono una strada in discesa dalla quale i protagonisti non conosco alcuna catharsis finale.
Un film abbastanza impegnativo da vedere e sicuramente non facile da elaborare che si presta a diverse interpretazioni, fermo restando che il suo intento apertamente dichiarato è quello di mettere in scena una versione elaborata di diversi racconti popolari dell'epoca fotografando il contrasto tra fede e superstizione, lo sconfinamento facile tra reale e immaginario ma sopratutto gli effetti del forte impatto psicoemotivo che la religiosità mista ad ignoranza e persuasione poteva avere su soggetti facilmente suggestionabili come dei semplici contadini.
Un ottima opera prima. Assolutamente consigliato. 4/5
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[+] eggers riporta le coordinate del vero horror
(di antonio montefalcone)
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alessandro medri
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domenica 1 maggio 2016
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disturbing
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Disturbing. Non esiste un termine migliore o eguale in italiano. La rappresentazione scenica del male nel rispetto della tradizione iconografica cristiana, cullata da una fotografia sublime, un coloring imbevuto di storia, poesia, amore per il testo, capace di creare un glorioso cortocircuito sinestesico che supera i sensi e colpisce direttamente nel subconscio, evocando la forma archetipa della paura e rimodellandola in un incubo a quattro dimensioni.
La simbologia esoterica danza con quella Freudiana formando una spirale psicologica costellata di eufemistiche figure retoriche, dove il giudizio crolla, l'incertezza diventa panico, che si fa follia e morte.
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Disturbing. Non esiste un termine migliore o eguale in italiano. La rappresentazione scenica del male nel rispetto della tradizione iconografica cristiana, cullata da una fotografia sublime, un coloring imbevuto di storia, poesia, amore per il testo, capace di creare un glorioso cortocircuito sinestesico che supera i sensi e colpisce direttamente nel subconscio, evocando la forma archetipa della paura e rimodellandola in un incubo a quattro dimensioni.
La simbologia esoterica danza con quella Freudiana formando una spirale psicologica costellata di eufemistiche figure retoriche, dove il giudizio crolla, l'incertezza diventa panico, che si fa follia e morte.
La recitazione è morbosa. Maniacale. Lucida nella sua imperturbabile follia, resa da una naturalezza di interazione dei personaggi con la scena e con l'ambientazione storica che permette di fruire la trama con composto orrore, che diventa paralisi emotiva nei momenti di climax. La scelta dei personaggi, i loro volti, la purezza dei loro sguardi. La sensazione di stare guardando qualcosa di sbagliato durante l'amplesso di un bambino con Satana mascherato da Gesu Cristo, nei suoi ultimi istanti di vita, circondato dai suoi famigliari che lo ascoltano semplicemente ansimare di un piacere che è puro orrore, il tutto reso esclusivamente dalla potenza della parola recitata di un bambino di 12 anni.
Il regista non documenta mai visivamente il male. Nessuna immagine mostrerà ai vostri occhi la violenza e l'orrore. Solo un costante cortocircuito sinestesico di colori, suoni, parole, simboli posti in modo naturale e immobile nella scena, che come una scultura in pietra, prende vita nella sua fissità plastica e stuzzica l'immaginazione. E scava, scava… fino ad arrivare all'origine della paura.
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dalecooper
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venerdì 21 luglio 2017
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impeccabile.
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Raramente negli ultimi tempi escono pellicole del genere. Pellicola imperdibile per gli amanti della settima arte. Forse la quinta stella è esagerata, ma penso che questo film negli anni diventerà un punto di riferimento. La tensione generata dalle prime inquadrature non scema per tutta la durata fino ad accrescere in un finale maestoso. Tensione, inquietudine e bellezza.
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fabal
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domenica 30 aprile 2017
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un ottimo esordio per un horror atipico
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Un horror psicologico come se ne vedono ormai pochi. Di quelli in cui il terrore è un'atmosfera ossessiva, costruito da una parabola crescente di dettagli, dialoghi e tensioni sottese. Siamo nel New England, nella prima metà del 1600, quando i Padri Pellegrini fondarono le prime colonie nel Nord America, riunendosi in comunità puritane e costruendo interi villaggi. William, padre di quattro figli, viene espulso dalla propria comunità e si vede costretto a vivere in una isolata fattoria al limitare di un bosco. Ma strani avvenimenti cominciano a martoriare la famiglia: il quinto figlio, da poco nato, sparisce misteriosamente mentre è con la sorella primogenita.
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Un horror psicologico come se ne vedono ormai pochi. Di quelli in cui il terrore è un'atmosfera ossessiva, costruito da una parabola crescente di dettagli, dialoghi e tensioni sottese. Siamo nel New England, nella prima metà del 1600, quando i Padri Pellegrini fondarono le prime colonie nel Nord America, riunendosi in comunità puritane e costruendo interi villaggi. William, padre di quattro figli, viene espulso dalla propria comunità e si vede costretto a vivere in una isolata fattoria al limitare di un bosco. Ma strani avvenimenti cominciano a martoriare la famiglia: il quinto figlio, da poco nato, sparisce misteriosamente mentre è con la sorella primogenita. Iniziale capro espiatorio di tutte le digrazie, Thomasine viene accusata dalla madre di essere una strega. Poi i sospetti ricadono sui due gemelli più piccoli, che simulano addirittura uno stato di trance, in una parabola di accuse reciproche e follia allucinata in cui William non sa più a chi credere.
Il tratto più efficace di The Witch è la simbiosi perenne tra l'occultismo della stregoneria e la sua percezione paranoica all'interno di una famiglia ossessionata dai principi religiosi. La lettura psicanalitica, quella che suggerirebbe una nevrosi collettiva, sembra alla fine dei conti prevalere, benché le streghe siano effettivamente reali e documentate dalle testimonianze dell'epoca. Per realizzare il film infatti, sono stati consultati giornali e resoconti processuali, soprattutto per la stesura dei dialoghi: la tecnica dell'accusa reciproca, l'esasperata ricerca del particolare indemoniato, la formulazione ripetuta dei principi del Cristianesimo con particolare attenzione al Peccato Originale.
Grazie a questo perfetto inquadramento storico, il primo lungometraggio di Robert Eggers (ottimo esordio) diventa un'esperienza di totale immersione nella follia emotiva, che angoscia, e non poco, uno spettatore disorientato e presto alla disperata ricerca di un appiglio sicuro in almeno uno dei personaggi. Lo trova, forse, nella tenace Thomasine più che nel padre William, il cui bigottismo sembra, a tratti, un paravento ai capricci nevrotici della moglie.
L'inconsapevole paradosso di fede della famiglia di The Witch è che, alla fine dei conti, crede ben più al diavolo che in Dio: mentre il secondo è un'entità perfetta e irraggiungibile, distante dall'uomo intrisecamente peccatore, il diavolo è invece sempre vicino, alla portata di tutti. E può nascondersi in un figlio o in un fratello o in qualsiasi persona cara nella quale, anziché provare amore come un riflesso dell'Amore di Dio, è più facile vedere una strega o un servo del demonio. Con questa sottile ambiguità psicanalitica, che il tutto sia una pretestuosa maschera delle tensioni familiari, il film si regge solido per oltre un'ora fino a quando il sospetto diventa tragedia e The Witch gioca a carte scoperte, senza commettere l'errore di dissolvere tutto il tratto soprannaturale in una bolla di sapone schizofrenica. Anzi, nel finale diventa tutto più reale, esplicito e forse anche troppo. Tolta però la deriva di dubbio gusto e la risparmiabile carneficina dell'ultima parte, l'opera di Eggers rimane una robusta parabola psicologica e sensoriale, condita da una notevole fotografia che potenzia visivamente le metafore offerte dalla trama. Il fitto bosco popolato di streghe è d'ispirazione grimmiana, e contrasta molto bene con l'isolata fattoria.
Un horror atipico, cerebrale e ossessivo, e senza gli ormai abusati jump scares. Con tante implicazioni sociali e psicologiche che ricorda, per certi versi, la sensibilità di Shyamalan dimostrata in The Village e The Visit, ma con il vantaggio di una credibilità storica che ne potenzia l'efficacia stilistica.
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simonepegg
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sabato 20 agosto 2016
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inquietudine
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Negli ultimi anni il genere horror ha sofferto parecchio, colpa di pellicole tutte uguali tra loro, banali e mal fatte. Fortunatamente nell'ultimo periodo qualche spiraglio di luce c'è stato: sono uscite pellicole ben fatte, realmente spaventose; questo splendido "The Witch" ne fa parte.
Il regista Robert Eggers debutta dietro la macchina da presa con un film spiazzante, inquietante e morboso, facendolo con rara eleganza. Non è una pellicola semplice questo "The Witch", non è nemmeno il classico horror pieno di salti sulla poltrona; anzi!, il regista sfrutta a pieno i 90 minuti del lungometraggio per centellinare al meglio gli elementi orrorifici raccontando, quasi fosse un documentario, la durissima lotta alla sopravvivenza di una famiglia di contadini nel'600 (esiliata in primo luogo da una colonia Inglese per via del loro estremismo religioso, perseguitata in seguito da un male inarrestabile) e la cosa funziona alla perfezione: il senso di disagio vissuto dai protagonisti si sposa alla perfezione con la durissima quotidianità; morbosità e inquietudine aumentano di minuto in minuto instaurandosi e crescendo non solo nella sventurata famiglia ma anche nello spettatore fino a raggiungere l'apice nel fantastico ed enigmatico epilogo.
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Negli ultimi anni il genere horror ha sofferto parecchio, colpa di pellicole tutte uguali tra loro, banali e mal fatte. Fortunatamente nell'ultimo periodo qualche spiraglio di luce c'è stato: sono uscite pellicole ben fatte, realmente spaventose; questo splendido "The Witch" ne fa parte.
Il regista Robert Eggers debutta dietro la macchina da presa con un film spiazzante, inquietante e morboso, facendolo con rara eleganza. Non è una pellicola semplice questo "The Witch", non è nemmeno il classico horror pieno di salti sulla poltrona; anzi!, il regista sfrutta a pieno i 90 minuti del lungometraggio per centellinare al meglio gli elementi orrorifici raccontando, quasi fosse un documentario, la durissima lotta alla sopravvivenza di una famiglia di contadini nel'600 (esiliata in primo luogo da una colonia Inglese per via del loro estremismo religioso, perseguitata in seguito da un male inarrestabile) e la cosa funziona alla perfezione: il senso di disagio vissuto dai protagonisti si sposa alla perfezione con la durissima quotidianità; morbosità e inquietudine aumentano di minuto in minuto instaurandosi e crescendo non solo nella sventurata famiglia ma anche nello spettatore fino a raggiungere l'apice nel fantastico ed enigmatico epilogo. Se la regia funziona incredibilmente bene, il resto del film funziona altrettanto bene. Gli attori fanno il loro dovere( spicca fra loro la bravissima e giovane Anya Taylor-Joy ), la cupa fotografia si sposa alla perfezione con l'inquietante location aiutando lo spettatore nell'immersione della storia e la colonna sonora è, letteralmente, da brividi.
In sintesi, se cercate un horror adrenalinico con il classico spavento facile statene alla larga, se invece cercate una storia inquietante, in grado di far dubitare e raggelare il sangue, ottimamente diretta e interpretata allora correte al cinema. Un esordio da non perdere.
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dandy
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martedì 3 ottobre 2017
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il potere nefasto del bigottismo.
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L'esordio dal regista-sceneggiatore,è un horror psicologico che usa la stregoneria mettendola praticamente in sordina di fronte a un male più grande e implacabile,quello scaturito dalla superstizione,e dal fanatismo religioso.La strega,presenza marginale nel film(ma ogni sua apparizione resta impressa,a cominciare dalla prima dove usa il bambino rapito per i suoi scopi)diventa la detonatrice delle debolezze e delle frustrazioni che dominano i protagonisti,tanto dediti a Dio in superficie quanto meschini e ipocriti dentro(su tutti gli odiosissimi gemelli).E del tutto incapaci di dominare la natura circostante o di far fronte al mistero che gli si stringe attorno.Un ritratto cupo e spietato di un mondo schiavo di una religione schiacciante,e incapace di veri sentimenti anche tra familiari.
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L'esordio dal regista-sceneggiatore,è un horror psicologico che usa la stregoneria mettendola praticamente in sordina di fronte a un male più grande e implacabile,quello scaturito dalla superstizione,e dal fanatismo religioso.La strega,presenza marginale nel film(ma ogni sua apparizione resta impressa,a cominciare dalla prima dove usa il bambino rapito per i suoi scopi)diventa la detonatrice delle debolezze e delle frustrazioni che dominano i protagonisti,tanto dediti a Dio in superficie quanto meschini e ipocriti dentro(su tutti gli odiosissimi gemelli).E del tutto incapaci di dominare la natura circostante o di far fronte al mistero che gli si stringe attorno.Un ritratto cupo e spietato di un mondo schiavo di una religione schiacciante,e incapace di veri sentimenti anche tra familiari.Dove alla fine,paradossalmente,l'unica ad essere sempre stata davvero pura e innocente scopre nel "male" una possibile vita migliore.Poco sangue,ritmo lento e opprimente,ambientazioni perfette e fotografia ombrosa e grigia.Non per tutti,vista la mancanza dei classici elementi dell'horror odierno,ma è uno dei migliori film di genere del dopo 2000.
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khaleb83
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martedì 31 maggio 2016
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disturbante
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È raro poter vedere un film dell'orrore e terminare con una certa soddisfazione; normalmente la quasi interità dei prodotti "di genere" è pura spazzatura, virando al trash (nel migliore dei casi) o allo splatter gratuito. The Witch invece è un prodotto perfettamente calibrato, che mostra solo quel che serve a stimolare la fantasia senza insistere troppo, lasciando che siano le sensazioni a fare orrore piuttosto che le immagini. Probabilmente la chiave del film, visto che purtroppo nonostante la prestazione di Kate Dickie sia angosciantemente ben riuscita (anche se rischia di rimanere un po' troppo incollata ai ruoli da isterica), quella di Ineson è nulla più che discreta; Anya Taylor-Joy è più adatta alla parte che brava, ma sicuramente fa il suo ruolo in maniera egregia.
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È raro poter vedere un film dell'orrore e terminare con una certa soddisfazione; normalmente la quasi interità dei prodotti "di genere" è pura spazzatura, virando al trash (nel migliore dei casi) o allo splatter gratuito. The Witch invece è un prodotto perfettamente calibrato, che mostra solo quel che serve a stimolare la fantasia senza insistere troppo, lasciando che siano le sensazioni a fare orrore piuttosto che le immagini. Probabilmente la chiave del film, visto che purtroppo nonostante la prestazione di Kate Dickie sia angosciantemente ben riuscita (anche se rischia di rimanere un po' troppo incollata ai ruoli da isterica), quella di Ineson è nulla più che discreta; Anya Taylor-Joy è più adatta alla parte che brava, ma sicuramente fa il suo ruolo in maniera egregia. Purtroppo è il piccolo Scrimshaw a essere allo stesso tempo l'attore cui è affidata una delle parti più difficili, che tiene su l'intera storia, di cui non è assolutamente all'altezza. Sicuramente tanto da chiedere a un ragazzino, ma purtroppo la risposta non è adeguata.
C'è qualche piccolo passaggio che sicuramente poteva essere limato, e il finale tende a essere un po' troppo esplicativo, andando contro lo spirito che rende davvero efficace il film: gli ultimi minuti potevano essere dimezzati per lasciare un impatto ancora più profondo nello spettatore.
Ma nonostante questi difetti il film è davvero efficace; il senso di marciume e corruzione affonda nel profondo, le scene di tensione sono centellinate e ben realizzate; nessuna esagerazione, nessun "mostro" caricaturale. Un film che vale decisamente la visione.
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elpiezo
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domenica 21 agosto 2016
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angosciante!!!
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Una bigotta famiglia di contadini alloggia in una fattoria isolata ai margini di un folto e sinistro bosco. Le misere esistenze di un nucleo familiare oppresso da improvvise presenze ostili e schiacciato dal peso di un misticismo ossessvo ed estenuante. Una regia accurata ed una fotografia eccelsa per raccontare i deliri di individui in balia di una fede che non sembra in grado di perseverarli dai progetti che il maligno, qualunque sia la sua forma, abbia in serbo per loro.
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biso 93
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mercoledì 24 agosto 2016
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il maligno
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The vvitch e' un film atipico che rinnova, x cosi dire, il genere horror pur ricostruendo la vita di una tipica famiglia pellegrina del 1600. Un difetto secondo me sta nella sua lentezza, mitigata cmq da un'atmosfera cupa e desolante, evocatrice di quel male che pian piano si manifestera'. La ricostruzione del linguaggio, dei vestiti, degli usi dei padri pellegrini e' molto certosina cosi come il loro morboso legame religioso, piu' una rassicurazione che una vera fede, la quale crolla in parte contro situazioni al limite, dinanzi al male, quello puro. The witch non ti spaventa ma trasmette malessere ma allo stesso tempo stanca perche' necessiterebbe di un maggiore ritmo.
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The vvitch e' un film atipico che rinnova, x cosi dire, il genere horror pur ricostruendo la vita di una tipica famiglia pellegrina del 1600. Un difetto secondo me sta nella sua lentezza, mitigata cmq da un'atmosfera cupa e desolante, evocatrice di quel male che pian piano si manifestera'. La ricostruzione del linguaggio, dei vestiti, degli usi dei padri pellegrini e' molto certosina cosi come il loro morboso legame religioso, piu' una rassicurazione che una vera fede, la quale crolla in parte contro situazioni al limite, dinanzi al male, quello puro. The witch non ti spaventa ma trasmette malessere ma allo stesso tempo stanca perche' necessiterebbe di un maggiore ritmo. Raffinato e valido, vincitore della miglior regia al sundance, un buon film per cinefili.
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