C’è un’arte, che come le “Sfere di Dandelin”, ognuna delle quali tocca il cono nei diversi punti di una circonferenza, dà la possibilità all’immaginazione, di mostrare luoghi; raccontare storie; mitizzare volti. Questo mezzo è il cinema (cono) con le sue storie (sfere); a volte tratte da vita vissuta come nel nostro caso, a volte no. Un film, un ottimo film, può addirittura influenzare e misurare, la nostra capacità tensiva sia fisica che psichica. Alejandro González Iñárritu con "The Revenant" in cosa, aiuta? Aiuta a sciogliere tanti nodi dell’ “apatico quotidiano”. L’uomo, “proiettato” in altri paralleli e meridiani, diventa, com-partecipe di un’esperienza. Quest’ultima diventa la sua storia; suoi sono i sentimenti dei vari protagonisti. Cadono le barriere oppositive del pregiudizio e del soggettivismo a tutti i costi. E non è poco.
Ma, quanti, su questo pianeta vorrebbero esserne i reali protagonisti? Nessuno, o pochissimi. Quanti, invece, la vivono per davvero sulla propria pelle, a tutte le età e con sceneggiature diverse e drammatiche? Tanti, tantissimi. I tantissimi non sono sempre dei “revenant”, purtroppo. Di materiale per riflettere ce n’è, sull’uomo e sulla natura. Ispirato ad una storia vera, quella dell’esploratore Hugh Glass \ Leonardo Di Caprio /, Iñárritu ed il co-sceneggiatore Mark L. Smith, ci mostrano il suo epico e camaleontico cammino. Il cammino di un uomo determinato; convinto che nel “Libro della sua Vita” la parola fine non è ancora da riportare. Il cacciatore di pellicce dato per morto da due membri del suo gruppo a seguito di un incontro lancinante con un orso, inizia il suo “trekking” lungo più di 200 miglia attraverso una frontiera occidentale massiccia ed inesplorata per ritrovare i “suoi” uomini, "Uno" in particolare. Chi è Dio? Cosa ci tiene ancora in vita mentre il cuore continua a pompare sangue? Una folta selva di temi, che vanno dalla pura forza di volontà a come interpretiamo la nostra spiritualità. L’ultimo giorno di riprese, Iñárritu ha riunito il cast e la troupe proprio come aveva fatto all’inizio, e ha detto loro: “Un film come questo è il viaggio di una vita. E’ un viaggio colmo di stupore, di momenti difficili e altri bellissimi. Sono onorato, grato, felice e triste di quel che abbiamo ottenuto. Ogni giorno di lavoro è stato duro ma credo che questa sia l’esperienza artistica più soddisfacente di tutta la mia vita”.
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La sopravvivenza dipende da due fenomeni o processi contrastanti, due modi di raggiungere l'adattamento. Come Giano, l'evoluzione deve sempre guardare in due direzioni: all'interno, verso la regolarità dello sviluppo e la fisiologia delle creature viventi, e all'esterno, verso i capricci e le esigenze dell'ambiente.
Gregory Bateson, Mente e natura, 1979 |
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