The Danish Girl |
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Un film di Tom Hooper.
Con Ben Whishaw, Sebastian Koch, Adrian Schiller, Maya Lindh, Jake Graf, Cosima Shaw.
continua»
Titolo originale The Danish Girl.
Biografico,
Ratings: Kids+13,
durata 120 min.
- Gran Bretagna, USA 2015.
- Universal Pictures
uscita giovedì 18 febbraio 2016.
MYMONETRO
The Danish Girl
valutazione media:
2,99
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il primo transgenderdi EugenioFeedback: 34763 | altri commenti e recensioni di Eugenio |
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domenica 21 febbraio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Si è dibattuta mezza letteratura novecentesca su temi fondanti di enorme interesse filosofico: capire cosa è l’uomo. Comprendere la propria naturaed essere capaci di effettuare delle scelte che possano in qualche modo rispettare i vincoli morali che ci siamo imposti è scelta dal sacrificio non indifferente. Lo sa bene Eddie Redmayne che interpreta con bravura pari al precedente “La teoria del tutto” il caso del primo transgender della storia,Lili Elbe, della sua anima che vuole essere liberata da un corpo che non sente suo e del conseguente intervento chirurgico per la “riassegnazione” del corpo. E, ancora di più, la moglie Gerda Wegener(interpretata da Alicia Vikander) che accetta con stoica quanto potente “virilità” la sua condizione, aiutandolo e portandolo alla desiderata operazione che potrebbe restituirgli finalmente la dignità sopita e permettergli, conseguentemente, di tornare a vivere con un “nuovo” corpo. E’ The Danish Girl di Tom Hooper un’indagine sul controverso orizzonte di un uomo nato col desiderio di diventare donna, che ne esplora l’esitante condotta di un corpo ignoto. Lili Elbe gode di una vicenda nota al pubblico come descritto nel romanzo di David Ebershoff cui Hooper prende delle giuste licenze poetiche, reintepretandolo ad un cinema “pulito” che non mira affatto alla trasgressione quanto all’eleganza stilistica con atmosfere da un Kubrick da “Barry Lindon”. Cosa non è The Danish Girl è facile da dire. Non è un film che mette alla luce un protagonista eroico o particolarmente fuori dagli schemi, al contrario questi è un pittore,timido e modesto, di scene sempre uguali con il solito paesaggio di Copenaghen al tramonto (da lì il nome del film); non è un’opera che accentua gli aspetti che potremmo definire più scabrosi o volutamente drammatici che possano lasciar storcere il naso all’opinione pubblica benpensante, non è infine un film diretto e esplicito quanto una travagliata descrizione di un cammino e le riflessioni di una femminilità latente tra ambiguità e giochi di luce. Ecco, ambiguità e sfumatura, due facili vocaboli fondamentali per la visione del film: se da un lato la superficie delle cose è quella di un ambiente borghese primo novecentesco con tessuti e scene patinate, la facile intepretazione nata dalla metafora della stessa pittura come “strumento eccellente” di rivelazione espressionistica della propria vera natura, nasconde in sè quella affettazione, quell’ìntepretazione artificiosa che indugia sul coraggio per appaggiarsi al conformismo. Fatta eccezione di una scena di nudo in cui il regista rivela tratti di quell’“osare”, il film rallenta, inciampa nella zona grigia dello ambiguità, sottolineando i lenti movimenti impercettibili del capo,le mani affusolate, il viso truccato di Eilen/Lili, creatura precaria, prima intimamente confusa poi sempre più determinata a portare la scelta sino in fondo. E se i personaggi maschili sono al tempo stesso burattini e flebili voci, la calda arte che arde nella fiamma della passione è la donna che si nasconde in Lili e che ha una controparte altrettanto forte nella moglie (anch’essa pittrice) Gerda, l’artista per eccellenza che “risveglia” la femminilità latente di Eilen con la proposta “scherzosa” di posare per lei travestito appunto da donna. E’ Gerda, forse, il personaggio trainante del film, capace come non mai di tradurre l’amore, un sentimento profondo che non conosce sesso, età e confini, una strada verso una progressiva conoscenza di sè.
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