desesseintes
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lunedì 12 febbraio 2018
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film ridicolo
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Perché si diventa dei capi della rivoluzione?
Perché mamma e papà erano stronzi.
Due ore di questa profondissima analisi ci convincono che la ribellione è in se stessa più totalitaria e autoritaria del sistema nel quale viviamo che è, come è ovvio (ce lo dice in tutti i modi il regista), l'unico possibile, quello senza alternativa al quale tutti dovremmo conformarci senza troppe storie.
L'idiozia del post moderno trionfa.
Da notare nel finale i simboli ambigui del sistema "oppressivo" di cui diventerà leader il bambino viziato-maltrattato (gli stendardi rossi con il misterioso simbolo della stella).
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Perché si diventa dei capi della rivoluzione?
Perché mamma e papà erano stronzi.
Due ore di questa profondissima analisi ci convincono che la ribellione è in se stessa più totalitaria e autoritaria del sistema nel quale viviamo che è, come è ovvio (ce lo dice in tutti i modi il regista), l'unico possibile, quello senza alternativa al quale tutti dovremmo conformarci senza troppe storie.
L'idiozia del post moderno trionfa.
Da notare nel finale i simboli ambigui del sistema "oppressivo" di cui diventerà leader il bambino viziato-maltrattato (gli stendardi rossi con il misterioso simbolo della stella).
Se gli lasciavano l'anziana tata magari diventava un bravo funzionario di stato ligio al dovere e cretino come il padre, suggerisce il film.
Tutto dipende esclusivamente dalle inclinazioni personali di ognuno di noi, dal patrimonio genetico, da qualche ragione che "ovviamente" prescinde da qualsiasi analisi sociologica, di classe, politica o filosofico metafisica (dove la "sostanza" metafisica non è semplice speculazione ma discussione sull'ontologia sociale ovvero sull'origine del senso, cioè se preesiste e determina l'agire e gli scopi della società o se quest'ultima è semplicemente il frutto di interazioni contingenti, intrinsecamente senza "senso" al quale ci si deve solo adeguare).
Nel film non esiste una "sostanza" che determina il senso del mondo, tutto è originato da fatti contingenti come qualche schiaffone dato o non dato, dalla bontà o cattiveria dei genitori e altre frescacce da supermercato dello stesso tenore.
Forza che nel 2018 le aporie intrinseche entreranno in cortocircuito e se Dio vuole ricominceremo a pensare come veri esseri umani.
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fabiofeli
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martedì 4 luglio 2017
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il mostro è nel sonno della ragione collettiva
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Nel 1919 la famiglia di un diplomatico americano (Liam Cunnigham), impegnato con i rappresentanti degli alleati nella stipulazione dei Trattati di Versailles, prende posto in una prestigiosa residenza francese. L’uomo è spesso assente da casa ed il figlio Prescott (Tom Sweet) resta con la madre (Bérénice Bejo), una donna gelida e bigotta, e col personale di servizio che comprende una “tata” per il bambino e una insegnante di francese. Prescott manifesta una personalità forte e ribelle: aggira i divieti con furbizia e si oppone ai genitori; quando la madre scopre l’indulgenza della tata che asseconda il figlio e la licenzia spietatamente, il bambino afferma che studierà da solo, come i gemelli de “Il grande quaderno” di Janos Szasz – recente trasposizione della prima parte della Trilogia della città di K.
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Nel 1919 la famiglia di un diplomatico americano (Liam Cunnigham), impegnato con i rappresentanti degli alleati nella stipulazione dei Trattati di Versailles, prende posto in una prestigiosa residenza francese. L’uomo è spesso assente da casa ed il figlio Prescott (Tom Sweet) resta con la madre (Bérénice Bejo), una donna gelida e bigotta, e col personale di servizio che comprende una “tata” per il bambino e una insegnante di francese. Prescott manifesta una personalità forte e ribelle: aggira i divieti con furbizia e si oppone ai genitori; quando la madre scopre l’indulgenza della tata che asseconda il figlio e la licenzia spietatamente, il bambino afferma che studierà da solo, come i gemelli de “Il grande quaderno” di Janos Szasz – recente trasposizione della prima parte della Trilogia della città di K. della scrittrice Agota Kristof–, con il risultato che viene licenziata anche l’insegnante. Nelle ultime due parti della storia l’ira repressa di Prescott scatena un temporale che diventerà un catastrofico ciclone …
Il film di Brady Corbett si ispira a un racconto di Sartre con lo stesso titolo apparso ne “il muro” senza ricalcarne i contenuti. Sembra filare liscio nella spiegazione dell’evoluzione della psicologia del bambino, trascurato da entrambi i genitori, e lasciato senza una figura amorosa che favorisca uno sviluppo corretto: la madre è capace di soli divieti e castighi inefficaci; la tata è il rovescio della stessa medaglia, perché asseconda il bambino senza discutere e correggerlo. Ma creare un mostro senza sentimenti non genera un dittatore nazista, se contemporaneamente non ci sia una volontà popolare che ne assecondi l’ascesa al potere. Ne Il nastro bianco di Haneke la nascita di violente pulsioni e delitti insensati che prefigurano l’ascesa del nazismo risiede, sì, nella bigotteria e nella generale repressione operata sui bambini e sui giovani, ma lo sguardo del regista si focalizza non solo sulla psicologia del singolo bambino ma anche su quella collettiva. La presente pellicola regala comunque il brivido della musica atonale, che definiremmo “espressionista”, che la accompagna e che esplode con violenza nell’ultima parte, in modo analogo a quanto accade in Ivan il terribile, parte seconda (La congiura dei Boiardi) di Ejzenstejn; infatti in questo film il regista russo utilizza per la prima – e purtroppo ultima - volta le immagini a colori e non più mute, ma accompagnate dalla musica dirompente di Sergej Prokofiev.
La pellicola dell’esordiente regista americano, premiato a Venezia, pur con tutti i distinguo sopra descritti, grazie alla efficacia della recitazione e della fotografia resta un film da vedere.
Valutazione ***
FabioFeli
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flyanto
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lunedì 10 luglio 2017
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un diabolico bambino ed un futuro inquietante indi
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Il giovane attore americano Brady Corbet con "L'Infanzia di un Capo" si cimenta nella regia e vi riesce con successo! Prendendo spunto da un racconto di Jean Paul Sartre, egli narra la storia, sin dall'infanzia, del piccolo Prescott, futuro leader di un vasto movimento politico. Trasferitosi con la famiglia dagli Stati Uniti in un paese vicino a Parigi, figlio di un importante funzionario dello staff del di allora presidente americano Wilson, egli ha un pessimo rapporto con il padre che, nel 1919, all'indomani cioè della fine del Primo Conflitto Mondiale, è sempre assente nella casa per lavoro.
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Il giovane attore americano Brady Corbet con "L'Infanzia di un Capo" si cimenta nella regia e vi riesce con successo! Prendendo spunto da un racconto di Jean Paul Sartre, egli narra la storia, sin dall'infanzia, del piccolo Prescott, futuro leader di un vasto movimento politico. Trasferitosi con la famiglia dagli Stati Uniti in un paese vicino a Parigi, figlio di un importante funzionario dello staff del di allora presidente americano Wilson, egli ha un pessimo rapporto con il padre che, nel 1919, all'indomani cioè della fine del Primo Conflitto Mondiale, è sempre assente nella casa per lavoro. Pertanto il bambino trascorre il suo tempo con la madre, una donna molto religiosa e severa per ciò che concerne l'educazione del figlio, e soprattutto con un'anziana fantesca ed una giovane e bella insegnante di francese. Ben presto, il giovane manifesterà il proprio carattere dispotico, capriccioso e violento......
Questo film d'esordio in lingua originale e sottotitolato in italiano, peraltro premiato per la sua regia all'ultimo Festival del Cinema a Venezia, rivela già sin dall'inizio delle sue scene perfettamente musicate da un' azzeccatissima e quanto mai incalzante
e terrificante sinfonia, l'atmosfera tetra e di terrore crescente, presagio di futuri disastri. Il bambino, dallo sguardo magnetico e freddo, bello fisicamente come un angelo ma dal carattere prepotente, viziato e scaltro, sin dall'inizio non riscontra affatto le simpatie dello spettatore che non possono che schierarsi ovviamente dalla parte dei genitori che, per quanto indaffarati ed "assenti", gli vogliono bene e cercano di offrirgli la migliore infanzia possibile. Ciò che sembrerebbe voler sostenere l'opera è che sin dalla più tenera età si può già intuire il percorso esistenziale e soprattutto caratteriale che un individuo percorrerà ed avrà, diventando, magari, in futuro addirittura un essere temibile e senza scrupoli. E Corbet riesce a presentare questa singolare personalità al meglio grazie alla propria regia lucida ed essenziale, alla cupa atmosfera di contorno che viene esplicitamente rappresentata dagli ambienti interni ed esterni (abbigliamento compreso dei personaggi) bui o grigi e, comunque, all' insegna della fredda stagione invernale, ai ribadisco, perfettamente adatti brani musicali ritmati da cadenze forti e martellanti, nonchè, alla bravura interpretativa del piccolo Tom Sweet che impersona il piccolo ed algido Prescott dalle sembianze angeliche.
In questo film si è voluto intravvedere quasi l'infanzia di Hitler e dell'ascesa del suo potere: ciò in realtà mi pare azzardato ed un poco superficiale dal momento che è difficile, per mancanza di fonti attendibili e sufficienti, ricostruire appieno l'esistenza e la personalità crescente dall'ego smisurato del suddetto dittatore. In ogni caso, la pellicola merita pienamente il riconoscimento ricevuto a Venezia per la sua incisività e per le sue tesi interessanti da discutere concernenti l'educazione e la natura degli esseri umani.
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vanessa zarastro
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sabato 15 luglio 2017
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quando le educazioni erano severe
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The Childood of a leder è un film intenso e molto bello. Belle le immagini in 35 millimitri e le ricostruzioni storiche e degli ambienti. Il palazzo un po’ délabré con le pareti polverose ben fotografato da Lol Crawley. Presentato al Festival di Venezia del 2015 il film è il debutto di un attore ventottenne americano, che lo preparava da anni. Musica molto efficace di Scott Walker, e attori molto bravi.
Siamo nel 1918 alle soglie del trattato di Versailles che non riuscirà a sedare i conflitti in atto, anzi sarà l’antefatto delle insoddisfazioni che porteranno alla Seconda Guerra mondiale. Liberamente ispirato a un racconto di Jean Paul Sartr del 1939 e a cavallo delle due guerre mondiali, il film racconta in quattro atti l’infanzia (e l’ascesa) del giovane Prescott figlio di un consigliere di Woddrow Wilson e di un’affascinante donna poliglotta cresciuta in Europa ma naturalizzata americana.
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The Childood of a leder è un film intenso e molto bello. Belle le immagini in 35 millimitri e le ricostruzioni storiche e degli ambienti. Il palazzo un po’ délabré con le pareti polverose ben fotografato da Lol Crawley. Presentato al Festival di Venezia del 2015 il film è il debutto di un attore ventottenne americano, che lo preparava da anni. Musica molto efficace di Scott Walker, e attori molto bravi.
Siamo nel 1918 alle soglie del trattato di Versailles che non riuscirà a sedare i conflitti in atto, anzi sarà l’antefatto delle insoddisfazioni che porteranno alla Seconda Guerra mondiale. Liberamente ispirato a un racconto di Jean Paul Sartr del 1939 e a cavallo delle due guerre mondiali, il film racconta in quattro atti l’infanzia (e l’ascesa) del giovane Prescott figlio di un consigliere di Woddrow Wilson e di un’affascinante donna poliglotta cresciuta in Europa ma naturalizzata americana. Il bambino è problematico,: figlio unico trapiantato in Francia dagli Stati Uniti, senza amici, cerca inutilmente le attenzioni dei genitori nei modi più sbagliati. Dal padre anaffettivo riceve solo regole e punizioni, la madre fervente religiosa non sa come prenderlo e finirà per allontanare da lui le persone più care, cioè quell’universo caldo femminile fatto di tate e di signorine di francese, le uniche che sapevano esprimere affettività. Del resto le educazioni austere dei genitori erano così fino a mezzo secolo fa. I padri severi picchiavano i figli, spesso con la cinghia.
Corbet ha cercato aneddoti reali (sembra che il lancio dei sassi da dietro un cespuglio siano accaduto a un giovane Mussolini).
Vari sono i riferimenti cinematografici di Brady Corbet, (da Haneke a Lars von Trier) ma più di tutti ci sembra che sia emergente il Kubrick di Barry Lindon.
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