Il figlio di Saul |
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Un film di László Nemes.
Con Géza Röhrig, Levente Molnár, Urs Rechn, Todd Charmont.
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Titolo originale Saul Fia.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 107 min.
- Ungheria 2015.
- Teodora Film
uscita giovedě 21 gennaio 2016.
MYMONETRO
Il figlio di Saul
valutazione media:
4,04
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Anche all'inferno si puň essere uominidi enzo70Feedback: 45105 | altri commenti e recensioni di enzo70 |
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venerdě 29 gennaio 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Laslo Nemes esordisce alla regia con un film destinato ad entrare nella storia del cinema. Attenzione, non è un capolavoro; qualche indugio di troppo lo lascia nel limbo dei tanti bei film destinati a perdere nella comparazione dei grandi film. Ma alla durezza della storia che racconta, o alla sua infinita dolcezza, il regista ungherese affianca una tecnica di regia innovativa nella sua crudezza, le immagini sfocate continuamente sovrapposto, l’utilizzo rude del sonoro per trasferire il dramma delle urla e del dolore infinito della Shoà. Saul è un componente del sonderkommando di Aushwitz, un uomo la cui sopravvivenza è dovuta all’esigenza qualcuno bruci altri uomini, sulla base delle regole fissate da un popolo che al tempo dimenticò cosa significa l’umanità. Saul riconosce in un pezzo, così venivano chiamati gli ebrei passati per la camera a gas, suo figlio. O meglio, identifica in un bambino morto un figlio di quel popolo destinato al dolore. E mentre i membri del sondercommando preparano una rivolta, avendo deciso che è meglio morire combattendo che morire strisciando, l’unica preoccupazione di Saul è quella di seppellire il figlio, garantendogli il rito Kaddish. E non basta un rabbino, perché nell’inferno dei campi di concentramento tutto è vietato, anche seppellire un corpo nella fabbrica dei morti. Nemes ci porta così in un viaggio all’inferno, nel cuore produttivo di Auschwitz, i rumori sono quelli di un’acciaieria, il sogno teutonico dell’efficienza produttiva è realizzato nel campo di sterminio. La dolcezza c’è tutta nell’ultimo, e unico, sorriso di Saul al termine del film. Perché anche all’inferno ci si può ricordare di essere uomini.
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