fabrizio dividi
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venerdì 25 settembre 2015
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per amore del nostro cinema
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“Per amor vostro” è un film coraggioso, colto e di uno spessore raro. Basterebbe un tweet per commentare in sintesi il film di Giuseppe Gaudino, presentato in concorso all’edizione 2015 del Festival di Venezia e premiato per l’interpretazione femminile di Valeria Golino con la Coppa Volpi, la seconda per l’attrice (come Katherine Hepburn, per intenderci) e la terza consecutiva per l’Italia.
E invece, l’opera prima del regista di Pozzuoli che fino ad oggi si era rivelato più che altro un ottimo documentarista, merita considerazioni ben più profonde di uno scarno seppur lusinghiero commento.
Il film è un piccolo viaggio nel cuore profondo del cinema: mentre scorrono le immagini è puro godimento intravedere gli spunti (“pezzi di memoria cinematografica e televisiva” li definisce il regista durante l’incontro con il pubblico avvenuto presso il cinema Nazionale di Torino) che ci riportano ai fasti del cinema italiano degli ultimi 70 anni.
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“Per amor vostro” è un film coraggioso, colto e di uno spessore raro. Basterebbe un tweet per commentare in sintesi il film di Giuseppe Gaudino, presentato in concorso all’edizione 2015 del Festival di Venezia e premiato per l’interpretazione femminile di Valeria Golino con la Coppa Volpi, la seconda per l’attrice (come Katherine Hepburn, per intenderci) e la terza consecutiva per l’Italia.
E invece, l’opera prima del regista di Pozzuoli che fino ad oggi si era rivelato più che altro un ottimo documentarista, merita considerazioni ben più profonde di uno scarno seppur lusinghiero commento.
Il film è un piccolo viaggio nel cuore profondo del cinema: mentre scorrono le immagini è puro godimento intravedere gli spunti (“pezzi di memoria cinematografica e televisiva” li definisce il regista durante l’incontro con il pubblico avvenuto presso il cinema Nazionale di Torino) che ci riportano ai fasti del cinema italiano degli ultimi 70 anni. Penso soprattutto alla forza espressiva della protagonista che si muove tra un famiglia problematica e il sottobosco dello star system televisivo come Anna Magnani, tra “Mamma Roma” e “Bellissima”; per non parlare delle ovvie rimembranze felliniane che partono dalle citazioni iconiche delle suore -più streghe che sante- fino alle interpretazioni bonariamente critiche sulla cultura religiosa che, soprattutto al sud, sembra fatta di superstizioni, litanie e piccoli incantesimi. O a quella progressiva perdita di contatto con la realtà di Anna, a causa soprattutto di un marito volgare e violento, che vive sogni e difficoltà di ogni giorno con la tragica e a volte surreale leggerezza di una Giulietta Masina ne “La strada” o lo straniamento di una Ingrid Bergman in “Stromboli”. Proprio a partire da quella sorta di realismo visionario che Roberto Rossellini aveva sperimentato sulla sua compagna e musa del momento nel film celebre più per la sua vita privata che non per la storia del cinema, si collega però lo straordinario simbolismo che, se nel regista capofila del neorealismo veniva rappresentato dal vulcano, qui viene esplicitamente demandato al mare. Un mare iper-realistico, con delle visioni sul Golfo di Napoli che sono foriere di tragedie, spesso ineluttabili, attraverso il cupo fondale e le dense nuvole nere che vi si addensano. Ma anche traslato nell’acqua, protagonista di tutti gli incubi della protagonista: acqua invasiva, vomitata, mortifera e attanagliante, degna, nella sua portata visionaria, di un Tarkovsky o più recentemente di un Andrey Zvyagintsev (si pensi al mare color pece di “Il ritorno” o alla sua inquietante onnipresenza in “The banishment”.
Ed è proprio sul lato simbolico che “Per amor vostro” cresce come una onda che si carica in un mare impetuoso. Anna(rella), una immensa Valeria Golino, lavora in uno studio televisivo; è felice della sua occupazione, solo apparentemente di poca importanza. Il suo incarico è quello di trascrivere il gobbo, senza il quale gli attori non saprebbero ripetere una parola della loro parte. Ecco la chiave del film. Il suo ruolo, altamente simbolico, è proprio quello di porsi sempre a metà tra realtà e rappresentazione. Di inserirsi sempre (un dono? Una maledizione?) tra ciò che appare e ciò che “è”, e anche visivamente, quell’enorme cartello da cui spuntano solo i suoi occhi, non fa che creare una cortina invalicabile tra lei e i suoi sogni. Questo non si manifesta solo durante il suo lavoro. Il suo essere “medium” si esplicita anche in casa, dove traduce continuamente ciò che capita in tv al suo figlio sordomuto. E soprattutto nelle sue peregrinazioni cittadine (pedinata dal regista con una macchina a mano degna dei migliori Dardenne) quando scorge particolari e dettagli che sembrano rivelarsi a lei per prima. E perfino nei suoi ricordi, in cui rivive spesso la sua rappresentazione dell’angelo, quando le suore le urlavano di volare, dopo averla attaccata ad una fune. La sua “maledizione” sta proprio in questa capacità di vivere la realtà dietro le quinte, in una sorta di tragica consapevolezza che le fa conoscere in anticipo le strutture di un mondo in disfacimento, pura apparenza annegata in un oceano di degradazione di tutti i principi morali: amore, amicizia, professionalità e perfino familiarità più strette.
Il mondo di Anna è pervaso di sottocultura televisiva: e anche lei ne è vittima. La sua educazione sembra fermarsi a quella propinataci per anni dalla tv-caminetto voluta dalla Rai di Berbabei tra gli Anni ’60 e ’70. Spesso si interfaccia con il mondo esterno solo attraverso le canzoni del Quartetto Cetra, vera colonna sonora amaramente ironica del film; ma anche i suoi persecutori (demoni) sembrano avvicinarla solo per quel lavoro in tv che viene vissuto come una sorta di paradiso laico dove la felicità e i sogni si possono davvero raggiungere. Anche in questo caso non possiamo fare a meno di citare un film proprio di quel lungo fiume carsico post-neorealista che nacque nel dopoguerra e continua a riaffiorare di tanto in tanto. Mi riferisco a quel “Reality” tanto sottovalutato quanto grandioso dramma metropolitano di Garrone, che rappresenta la sua Napoli in maniera molto simile a quella di Gaudino: passionale certo, ma soprattutto schiava di aridi vagheggiamenti di arricchimenti facili e di gloria effimera, e il tutto rifratto da religiosità pervasiva e opprimente.
Qual è dunque il piccolo miracolo di “Per amor vostro”?
Da una parte la capacità di emulare il migliore cinema della nostra storia attraverso rimandi, sensazioni, piccoli e sapienti brividi di emozioni già vissute (pensiamo solo ai sogni degni di un Bergman o di un Bunuel; o alle raffigurazioni video artistiche che ricordano l’ultimo Greenaway). Dall’altra, quella di non dare mai l’impressione di citare (né tantomeno copiare) i capolavori del passato, ma solo di servirsene per creare qualcosa di nuovo. La capacità universalmente riconosciuta a un regista come Quentin Tarantino, è stata quella di rimescolare stilemi e rappresentare il peggio (e dunque il meglio) della cultura postmoderna, fino a plasmarne uno stile innovativo, personale e riconoscibile. A un livello più colto e raffinato possiamo affermare lo stesso per il nostro regista campano: una capacità rara, e credo seminale, che non potrà che creare emulazioni e generare nuova linfa al cinema italiano, e non solo.
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buio in sala
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lunedì 21 settembre 2015
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napoli visionaria, ma il regista perde la misura
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Non si può dire che “Per amor vostro” sia un’opera banale: per l’uso di linguaggi diversi, per le sovrapposizioni di stili, per la scelta di rappresentare il presente in bianco e nero (più bianco che nero), lasciando al colore solo i ricordi, o meglio, gli incubi. Una pellicola curiosa, fantasiosa, visionaria, in alcuni (brevi) tratti perfino poetica. Ma questa originalità non basta a farne un buon film. Perché il regista, Giuseppe Gaudino, perde spesso la misura. Eccede nell’uso della camera a mano, esagera nell’ossessione dei primissimi piani, ci regala un’insistente sequela di allegorie e tavolozze di folklore che spezzano continuamente il ritmo della narrazione.
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Non si può dire che “Per amor vostro” sia un’opera banale: per l’uso di linguaggi diversi, per le sovrapposizioni di stili, per la scelta di rappresentare il presente in bianco e nero (più bianco che nero), lasciando al colore solo i ricordi, o meglio, gli incubi. Una pellicola curiosa, fantasiosa, visionaria, in alcuni (brevi) tratti perfino poetica. Ma questa originalità non basta a farne un buon film. Perché il regista, Giuseppe Gaudino, perde spesso la misura. Eccede nell’uso della camera a mano, esagera nell’ossessione dei primissimi piani, ci regala un’insistente sequela di allegorie e tavolozze di folklore che spezzano continuamente il ritmo della narrazione. E questo nonostante l’encomiabile sforzo di Valeria Golino, fresca vincitrice della Coppa Volpi a Venezia, che fa di tutto per ricrearlo quell’equilibrio mancante, con una prestazione oggettivamente di livello. Senza squilli gli altri attori (Adriano Giannini, Massimiliano Gallo), mentre spicca il caratterista Salvatore Cantalupo. La storia è semplice: moglie quasi annullata da una vita familiare oggettivamente difficile, marito delinquente, tre figli adolescenti, uno dei quali sordomuto, due fratelli sbandati, due anziani genitori da badare in una Napoli claustrofobica che il regista ha disegnato come irredimibile. Nemmeno l’amore, che occhieggia come unica possibilità di salvezza, riesce a superare quella strettoia urbana e sociale dove la famiglia è costretta a vivere. Nemmeno il lavoro, dove Anna ottiene quelle piccole soddisfazioni che le consentono, a volte, di indossare un sorriso. Il colpo di scena arriva prevedibilissimo, un colpo a salve che non riesce a cambiare il corso della pellicola, troppo lunga, eccessiva, sovraccarica di elementi decorativi. Come un vecchio palazzo in rovina. Uscirne è un sollievo.
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(di francesco2)
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no_data
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sabato 19 settembre 2015
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anna e napoli. spiazzate, bellissimo.
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Ho visti ieri il film e credo proprio che tornerò per rivederlo. Travolta dalla narrazione, dalla storia, da un’attrice straordinaria che ti porta per mano nel mondo di Anna, ho sfiorato molti altri livelli e aspetti di un film semplice e allo stesso tempo ricco, complesso, colto, un film che travolge fino alla fine ma che lascia incompleti, insoddisfatti con il bisogno di comprendere, di sapere do più. Proprio come in uno di quei sogni così veri che quando ti svegli sei spiazzato e non capisci dov’è il confine e se quello che hai sognato è bene o male. Anna e la sua biografia, gli eventi che la riguardano, il suo processo di emancipazione, la sua bizzarra e cupa leggerezza… sono il motore di un film del quale però si intuisce un nucleo e un fulcro che la superano, che vanno oltre lei.
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Ho visti ieri il film e credo proprio che tornerò per rivederlo. Travolta dalla narrazione, dalla storia, da un’attrice straordinaria che ti porta per mano nel mondo di Anna, ho sfiorato molti altri livelli e aspetti di un film semplice e allo stesso tempo ricco, complesso, colto, un film che travolge fino alla fine ma che lascia incompleti, insoddisfatti con il bisogno di comprendere, di sapere do più. Proprio come in uno di quei sogni così veri che quando ti svegli sei spiazzato e non capisci dov’è il confine e se quello che hai sognato è bene o male. Anna e la sua biografia, gli eventi che la riguardano, il suo processo di emancipazione, la sua bizzarra e cupa leggerezza… sono il motore di un film del quale però si intuisce un nucleo e un fulcro che la superano, che vanno oltre lei. È i il film di un’artista,di un poeta, di un pittore, di un musico, di un antropologo, di un fine psicologo. È un film di “fatti” ma anche visionario che racconta il cuore di quella Napoli che forse solo chi la abita e la attraversa può comprenderne la vera natura e per noi “stranieri” diventa un viaggio nel miracoloso in un tragitto che mostra bellezze e ferocia, durezze e nobiltà. Bravo Gaudino, che conosco poco ma del quale mi riprometto di recuperare il suo passato, bravi gli attori, tutti, veramente, bravi il team dei produttori che ha scommesso e rischiato ma che ha vinto assolutamente la sfida.
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marcello1979
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sabato 19 settembre 2015
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un bel minestrone, riuscito..
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Direi Visionario...
Non tanto per la sceneggiatura che rimane comunque più che soddisfacente, quanto per le immagini..
A tratti noir, a tratti drammatico ma anche sentimentale..
Un bravo a Gaudino...un pò di Malik, ma finalmente un cinema nuovo che mischia le carte dopo Sorrentino e seguaci...
Una splendida Golino , merita i premi a lei concessi...ogni 15 anni...
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maurizio meres
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domenica 20 settembre 2015
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sogni e illusioni di una donna
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Film straordinario interpretato da una grandissima Valeria Golino ,tutto gira intorno a lei Anna nel film in una totale apertura della sua mente fatta di paure ,preoccupazioni,stati d'animo di sofferenza è una ricerca disperata di un po' d'amore ,lei apre e chiude quella porta sconosciuta del suo essere come se avesse la capacità di vivere più vite parallele tra sogni e realtà ,grande genialità del regista,così come stupende sono le filastrocche che raccontano la vita di Anna una donna vissuta fin da piccola nella totale indifferenza di tutti,ma di un altruismo unico ,storia vera in una Napoli variopinta ,tradizionalista ,e crudele .
Bellissima fotografia in un bianco nero luminoso,soffice e rimarcato quando le scene diventano intense e drammatiche,scenografie a volte surreali altre realistiche scelta riuscita,cambi scena netti non ci sono scene inutili .
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Film straordinario interpretato da una grandissima Valeria Golino ,tutto gira intorno a lei Anna nel film in una totale apertura della sua mente fatta di paure ,preoccupazioni,stati d'animo di sofferenza è una ricerca disperata di un po' d'amore ,lei apre e chiude quella porta sconosciuta del suo essere come se avesse la capacità di vivere più vite parallele tra sogni e realtà ,grande genialità del regista,così come stupende sono le filastrocche che raccontano la vita di Anna una donna vissuta fin da piccola nella totale indifferenza di tutti,ma di un altruismo unico ,storia vera in una Napoli variopinta ,tradizionalista ,e crudele .
Bellissima fotografia in un bianco nero luminoso,soffice e rimarcato quando le scene diventano intense e drammatiche,scenografie a volte surreali altre realistiche scelta riuscita,cambi scena netti non ci sono scene inutili .
Attori tutti orchestrati nei tempi da una splendida Golino,entra nella parte non solo nei modi e nella recitazione ma soprattutto nelle espressioni,una grande attrice si riconosce soprattutto dalla personalità recitativa,atteggiamenti,modi e intensità nei sguardi.
Film innovativo , Gaudino fa entrare lo spettatore nella mente dei personaggi sdoppiando le varie realtà così come sono e come dovevano essere,complimenti .
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pepito1948
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mercoledì 7 ottobre 2015
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bizzarro ma godibile
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Anna, napoletana di mezza età costretta a dimenarsi tra povertà e insoddisfazione, vive in perenne osmosi tra realtà e sogno, rimpianti variopinti e presente ingrigito da una soffocante quotidianità. Anna, schiacciata dalla paura del coraggio, non ha la forza di guardare in faccia la realtà, non la scuote con decisione facendone cadere i frutti marci, non squarcia il velo della delusione, e le sembra di nuotare in un mare costantemente agitato, sotto il peso immanente di nuvole grosse e nere. Anna sente la zavorra delle sue mancate realizzazioni ma fugge nell'immaginario romantico che spicca il volo da un sè "gobbo" teatrale che dialoga sul confine invisibile tra fiction e fantasia con il principe-eroe di una soap televisiva, bello e seduttivo.
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Anna, napoletana di mezza età costretta a dimenarsi tra povertà e insoddisfazione, vive in perenne osmosi tra realtà e sogno, rimpianti variopinti e presente ingrigito da una soffocante quotidianità. Anna, schiacciata dalla paura del coraggio, non ha la forza di guardare in faccia la realtà, non la scuote con decisione facendone cadere i frutti marci, non squarcia il velo della delusione, e le sembra di nuotare in un mare costantemente agitato, sotto il peso immanente di nuvole grosse e nere. Anna sente la zavorra delle sue mancate realizzazioni ma fugge nell'immaginario romantico che spicca il volo da un sè "gobbo" teatrale che dialoga sul confine invisibile tra fiction e fantasia con il principe-eroe di una soap televisiva, bello e seduttivo. Anna adora la famiglia, o meglio i suoi figli, vorrebbe che il marito fosse un tassello sano dell'intarsio ma avverte l'odore malsano dei suoi soldi, tampona come può la sua violenza illudendosi di arginarne l'impatto sulla solidità del gruppo. Anna è professionalmente brava, è generosa verso chi ha bisogno ma non si ama e soffre di nichilismo, e soprattutto rifiuta di vedere la fragilità delle fondamenta del suo castello, fatto di vacue compensazioni oniriche ed eteree alternative. Si lascia fluire come corpo immobile sulla corrente senza scansarsi dai tronchi galleggianti. Anna non ha certezze che la puntellino; almeno fino a quando la disillusione spezza il vincolo dell'inganno come una gomena alla bitta dopo una mareggiata; ora può navigare e pilotare la sua vita, sotto un cielo libero da nuvole scure. Anna, frantumata la rete dei suoi annullamenti, si affaccia al balcone del suo futuro, e riconquista i colori smarriti.
Già il fatto che i flash back della sua infanzia siano a colori mentre la storia si svolge in bianco e nero, contrariamente ad una prassi corrente, dà la sensazione spiazzante di una narrazione atipica. E questa sensazione è confermata dal taglio popolare da "tavola dei cantastorie", in cui un narratore corale "dipinge" e celebra in parole e musica la vita di Anna, napoletana verace che trova il coraggio di smitizzare il coraggio e trasformarlo in un ariete,scoprendone i benefici effetti salvifici. Gaudino ha concepito la storia di Anna incentrando tutto sulla sua figura, nata da un copione fluido ed in continuo cambiamento anche sul set, come hanno dichiarato il regista e la Golino; sicchè il personaggio si è sviluppato in corso d'opera, facendo in modo che l'imprevedibilità del ruolo ne accrescesse la capacità di affinamento e stimolasse al massimo la resa della protagonosta; il risultato ci ha offerto una performance dell'attrice superba e (av)vincente, in termini festivalieri e di apprezzamento generale. Tutti gli altri "vanno" verso di lei e da lei ricevono qualcosa, con lei si macchiano o si smacchiano, e la loro vita ne è fortemente influenzata. Diversamente da altri film su Napoli, qui la città non è protagonista, la sua presenza fisica è frammentata e poco incisiva, ma si rispecchia indirettamente in Anna, nelle sue contraddizioni, nell'ignavia come nel coraggio, nella negazione come nel risviglio della coscienza, nell' acquiescenza al malaffare dilagante (come l'usura che coinvolge i più deboli) come nei sussulti di reattività. Napoli c'è, vibra e promana da ogni passo di Anna.
Stilisticamente Gaudino ricorre massicciamente agli effetti speciali per rendere al meglio la visionarietà della protagonista che a tratti domina e sovrasta la narrazione dei fatti. Il regista usa linee e colori marcati del disegno, che accentuano i voli allucinatori di Anna e nel finale descrivono in crescendo i suoi convulsi movimenti, con un'intensità travolgente che accelera vorticosamente i cambi di registro, ed è questo forse il limite (o il pregio?) del film, che rivela un'archiettura bizzarra quanto originale e mette alla prova la tenuta emotiva dello spettatore.
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lbavassano
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martedì 28 marzo 2017
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forte, coraggioso e bello
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Sporco, tanto nell'immagine quanto nel sonoro che nella narrazione, utilizza gli stilemi del neorealismo contemporaneo (bianco e nero, camera a mano, primissimi piani), atti a raccontare una realtà di degrado, ma li contamina con i codici della sceneggiata e con quelli del teatro d'avanguardia, con i cori di quello greco. Li squarcia con lampi visionari. Mescola il macabro del folclore con il kitsch, Dante e il Quartetto Cetra, gli inferi ed i miracoli degli ex-voto. Sostenuto da una splendida interpretazione di Valeria Golino. Forte, coraggioso, e bello.
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maria
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domenica 20 settembre 2015
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un film finto
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Finte le immagini, perquanto belle non aiutano la comprensione della storia e dei personaggi e non comunicano emozioni:non ci si improvvisa Sorrentino o Malick e nemmeno Pappi Corsicato. Tanto meno Fellini, di cui il film ricorda(non so quanto consapevolmente) lo splendido "Le notti di Cabiria", nella scena della Solfatara e in tutto il rapporto di Anna con Migliaccio. Finta la Golino, sempre la stessa, eppure in questo ruolo avrebbe dovuto e potuto abbandonare il suo abituale narcisismo(secondo la giuria di Venezia l'ha fatto, mah...),magari prendendo seriamente esempio dalla Magnani alla quale "finge", appunto, di ispirarsi.Finta anche la storia, alla quale non si dà risalto, messa in secondo piano dalla sovrabbondanza dell'aspetto onirico e dall'eccessiva centralità della protagonista.
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Finte le immagini, perquanto belle non aiutano la comprensione della storia e dei personaggi e non comunicano emozioni:non ci si improvvisa Sorrentino o Malick e nemmeno Pappi Corsicato. Tanto meno Fellini, di cui il film ricorda(non so quanto consapevolmente) lo splendido "Le notti di Cabiria", nella scena della Solfatara e in tutto il rapporto di Anna con Migliaccio. Finta la Golino, sempre la stessa, eppure in questo ruolo avrebbe dovuto e potuto abbandonare il suo abituale narcisismo(secondo la giuria di Venezia l'ha fatto, mah...),magari prendendo seriamente esempio dalla Magnani alla quale "finge", appunto, di ispirarsi.Finta anche la storia, alla quale non si dà risalto, messa in secondo piano dalla sovrabbondanza dell'aspetto onirico e dall'eccessiva centralità della protagonista. A parte questo, il linguaggio scelto è insopportabile, un napoletano misto ad italiano, anzi diciamo meglio, un dialetto napoletano storpiato, e non sembra una scelta stilistica ma una pura superficialità. Si salvano le scene familiari col ragazzo sordomuto e la recitazione di Massimiliano Gallo,perquanto in un ruolo che per lui è diventato quasi un clichè:un personaggio che qui,in questo clima falso, con la sua autentica odiosità riesce quasi simpatico.
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cos53
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martedì 13 ottobre 2015
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bravissima la golino ma
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Bravissima Valeria Golino ma il film è soffocato da un eccesso di simbolismo. Ottima la scelta del bianco e nero che si squarcia solo nei colori vividi dei tramonti che Anna vede o immagina dalla sua finestra. Anche la Napoli dei bassifondi è ben delineata. Anna, icona del sacrificio, viene disegnata come una "santa", tra Maria Goretti e Madre Coraggio. Ma la parte onirica/simbolica toglie respiro a quella che poteva essere una storia ben raccontata. Adriano Giannini, il bello della soap, è la copia sciapa di suo padre. Tutto si regge, alla fine, sulle spalle della Golino, meritatissima Coppa Volpi a Venezia.
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supersantos
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giovedì 30 novembre 2017
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anna e la ricerca del coraggio
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Davvero un ottimo prodotto che non manca di una certa originalità a livello visivo,non credo che il simbolismo e la scelta del bianco e nero possano dar torto ad una storia piena di sentimenti veri.
Ottime le prove degli attori,sopratutto di una incantevole Golino che trova, nel ruolo di una donna forte e sensibile allo stesso tempo,una delle sue migliori interpretazioni.
Alcune scene,in particolare modo quelle della dura quotidianità,quando c'è poca aria per respirare,quando sogni e ti convinci che il mondo che ti circonda sia migliore di quello che è in realtà,sono molto credibili e danno numerosi spunti di riflessione.
Probabilmente la parte finale poteva essere strutturata in maniera più convincente,su questo credo ci siano pochi dubbi.
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Davvero un ottimo prodotto che non manca di una certa originalità a livello visivo,non credo che il simbolismo e la scelta del bianco e nero possano dar torto ad una storia piena di sentimenti veri.
Ottime le prove degli attori,sopratutto di una incantevole Golino che trova, nel ruolo di una donna forte e sensibile allo stesso tempo,una delle sue migliori interpretazioni.
Alcune scene,in particolare modo quelle della dura quotidianità,quando c'è poca aria per respirare,quando sogni e ti convinci che il mondo che ti circonda sia migliore di quello che è in realtà,sono molto credibili e danno numerosi spunti di riflessione.
Probabilmente la parte finale poteva essere strutturata in maniera più convincente,su questo credo ci siano pochi dubbi.
Tuttavia,Il lavoro di Gaudino è stato prezioso,nonostante non si possa parlare di capolavoro,credo che questa commedia drammatica sia una delle migliori che ho visto negli ultimi due anni,almeno in territorio italiano.
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