fabiofeli
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lunedì 18 luglio 2016
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un unico sì è bastato per rovinarmi la vita
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Nahid (Sarah Bayat) vive in Iran in una modesta casa con il figlio adolescente; è divorziata ed è pressata dal bisogno: fatica a pagare l’affitto e il becero padrone di casa cambia la serratura della porta costringendola a chiedere alla più indulgente moglie del figuro la nuova chiave per entrare. Svolge un lavoro che viene pagato poco e conta solo sull’aiuto di una cara amica e compagna di lavoro. Il marito di Nahid, Ahmad (Navid Mohammad Zadeh), nei fine settimana si occupa del figlio; vorrebbe riallacciare la relazione con la donna, ma Nahid non vuole tornare in una situazione insostenibile: Ahmad, che ha un passato di tossicodipendente, fa scommesse clandestine ed è sempre in debito con gli allibratori.
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Nahid (Sarah Bayat) vive in Iran in una modesta casa con il figlio adolescente; è divorziata ed è pressata dal bisogno: fatica a pagare l’affitto e il becero padrone di casa cambia la serratura della porta costringendola a chiedere alla più indulgente moglie del figuro la nuova chiave per entrare. Svolge un lavoro che viene pagato poco e conta solo sull’aiuto di una cara amica e compagna di lavoro. Il marito di Nahid, Ahmad (Navid Mohammad Zadeh), nei fine settimana si occupa del figlio; vorrebbe riallacciare la relazione con la donna, ma Nahid non vuole tornare in una situazione insostenibile: Ahmad, che ha un passato di tossicodipendente, fa scommesse clandestine ed è sempre in debito con gli allibratori. E’ un pessimo esempio per il figlio, che non vuole studiare: il ragazzo è portato per la matematica, ma si disinteressa di tutto il resto e spesso non va a scuola perché è affascinato dal gioco e dalle scommesse come il padre. Nahid si incontra con Massoud (Pejman Bazeghi), un vedovo benestante con una figlia piccola; questi gestisce un villaggio turistico sulle rive del mar Caspio e vuole sposarla, ma Nahid non può accettare perché ope legis le verrebbe sottratto il figlio da Ahmad. L’unica possibilità per la coppia è un matrimonio temporaneo: ma è una soluzione sul filo del rasoio, che non viene accettata dall’ex marito e dalla famiglia di Nahid. Si prospetta per Nahid una insopportabile convivenza con l’ex marito ed il figlio nella affollata casa paterna …
La regista al suo primo lungometraggio vince a Cannes 2015 il premio L’Avenir nella sezione Un Certain Regard, confermando che il cinema iraniano è vivo e fecondo: Kiarostami, Panahi e Farhadi sono solo una punta dell’iceberg di questo cinema perennemente alle prese con una ottusa censura. Il film, presentato assieme a Un mercoledì di Maggio, A girl walks home alone at night e A dragon arrives in una rassegna etichettata “Nuovo Cinema Teheran”, è una ulteriore conferma. La concatenazione dei fatti è sceneggiata con cura; i dialoghi ed i confronti – anche duri – tra i protagonisti sono credibili ed efficaci. Emerge Sara Bayat nel difficile ruolo di ex moglie e madre: una donna coraggiosa che combatte per vivere la sua vita, nonostante la durezza dello schiaffo che vorrebbe riportarla nel carcere del gineceo. I paesaggi sono desolanti come la condizione femminile: un mare grigio e perennemente mosso srotola le sue onde su una spiaggia che non conosce il sole; un canale nero, da percorrere con una barca, separa il grigio quartiere di Nahid da una città altrettanto plumbea, prefigurando una conferma dell’immutabilità di un destino senza vie d’uscita. Ma a volte il destino può cambiare.
Un buon film, da non mancare.
Valutazione *** e 1/2
FabioFeli
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flyanto
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venerdì 8 luglio 2016
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una donna in continua lotta
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"Nahid", l'opera prima della regista iraniana Ida Panahandeh, racconta la condizione in cui si trova l'omonima protagonista come donna, separata da un marito drogato e fannullone, con un figlio sotto la sua custodia e con i vari e pesanti problemi di carattere economico che la vessano di continuo. Nel corso delle sue giornate, si assiste alle sue lotte condotte contro il figlio adolescente che, a guisa del padre, non ha alcuna voglia alcuna di adempiere al proprio dovere e, cioè, di studiare seriamente, preferendo bighellonare per bars e dedicarsi al gioco d'azzardo, con l'ex-marito che vorrebbe tornare con lei con false promesse di trovarsi un lavoro onesto e con il proprio capo, innamorato di lei e vedovo con una piccola bambina a suo carico, che continuamente la chiede in sposa.
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"Nahid", l'opera prima della regista iraniana Ida Panahandeh, racconta la condizione in cui si trova l'omonima protagonista come donna, separata da un marito drogato e fannullone, con un figlio sotto la sua custodia e con i vari e pesanti problemi di carattere economico che la vessano di continuo. Nel corso delle sue giornate, si assiste alle sue lotte condotte contro il figlio adolescente che, a guisa del padre, non ha alcuna voglia alcuna di adempiere al proprio dovere e, cioè, di studiare seriamente, preferendo bighellonare per bars e dedicarsi al gioco d'azzardo, con l'ex-marito che vorrebbe tornare con lei con false promesse di trovarsi un lavoro onesto e con il proprio capo, innamorato di lei e vedovo con una piccola bambina a suo carico, che continuamente la chiede in sposa. Dopo numerosi tentennamenti a cedere definitivamente alla corte del proprio capo (vi è il rischio per una accordo legale che la donna perda definitivamente l'affidamento del proprio figlio nel caso si risposasse), numerose bugie pronunciate, sia pure a fin di bene, a tutti, Nahid converrà che la migliore soluzione per lei e per suo figlio sia proprio quella di maritarsi una seconda volta con il proprio datore di lavoro, che oltretutto possiede una sicurezza economica non indifferente al fine di poter condurre una battaglia legale per l'affido del ragazzo.
Nahid rappresenta la tipica donna moderna ed "emancipata" (per quello che il suddetto paese permette) alle prese, appunto, con numerosi problemi quotidiani, e il ritratto che viene rappresentato dalla Panahandeh è quanto mai realistico, esplicativo ed efficace ai fini di esporre, nonchè anche denunciare, certe limitazioni ormai anacronistiche vigenti ancora in Iran dove il genere maschile ancora è ancora prevaricatore e quello che in realtà comanda ed ha potere rispetto alla donna nella società di oggi. Ma, in generale, in tutta la vicenda di questa pellicola, contrariamente ad altre contemporanee sicuramente più dure nei loro contenuti, si respira un' aria di maggiore "apertura", forse, come un debole segnale di una piccola speranza per un futuro più "libero".
In conclusione, un film molto interessante nei suoi contenuti, ben diretto ed ben interpretato dagli attori locali (per noi quasi sconosciuti) tra i quali spicca, e lo spettatore ritrova piacevolmente, Sareh Bayat , già ammirata nel precedente "Una Separazione" del regista Farhadi.
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