“I mustang sono cavalli selvaggi che simboleggiano perfettamente le mie cinque eroine, il loro temperamento indomabile, focoso. Perfino visivamente le loro capigliature ricordano delle criniere, il loro scorrazzare nel villaggio ricorda quello di un branco di mustang... E la storia procede velocemente, qualche volta a tamburo battente. Per me il centro del film è proprio questa energia,
che somiglia a quella dei mustang del titolo.”
Deniz Gamze Ergüven
Sonay, Selma, Ece, Nur e Lale.
Cinque sorelle turche, dai 12 ai 18 anni. Sono orfane, vivono con la nonna e uno zio burbero in un villaggio lontano da Istanbul, sulla costa del Mar Nero.
Cinque splendide ragazze, cinque piccole donne, mustang fieri e vitali. Scalciano con l’energia straripante dell’adolescenza, assetate di conoscenza e di vita, emozionate dai primi innamoramenti.
E’ l’ultimo giorno di scuola. Dopo l’addio all’amata professoressa, trasferita a Istanbul, ragazzi e ragazze corrono alla spiaggia per un tuffo in mare con ancora addosso la divisa scolastica. Giocano tra le onde, con le ragazze a cavalcioni sulle spalle dei ragazzi. Giochi innocenti, senza malizia.
Non per le comari del villaggio che, si sa, non brillano certo d’iniziativa e corrono a riferire alla nonna dell’oltraggioso scandalo. Gli schiaffi della nonna saranno l’inizio di una via crucis di privazioni e vessazioni che le porteranno a una progressiva reclusione nella grande casa, trasformata in una prigione con tanto di sbarre e inferriate invalicabili.
L’unica via d’uscita che la retrograda e misogina tradizione patriarcale turca concederà alle ragazze sarà il matrimonio, naturalmente combinato tra famiglie “perbene” secondo regole e usanze secolari. Non sarà facile domare lo spirito libero e fiero delle protagoniste.
Le cinque sorelle, fortemente unite dall’ affetto e dalla complicità, non si arrenderanno facilmente e non mancheranno di tentare spericolate e rocambolesche fughe, azioni che finiranno però con l’inasprire l’ira dello zio/orco contro le nipoti/principesse e innalzare ancora di più le mura della prigione/castello.
La grande forza di Mustang è quella di non (voler) essere un film drammatico di denuncia secondo i canoni classici di quel tipo di cinema ma una favola nera, ricchissima di simbologie e di metafore. La grazia e la sensibilità con cui trasmette allo spettatore le emozioni e gli stati d’animo delle protagoniste, la loro caparbietà e l’ironia corrosiva, specialmente della più piccola, rivestono lo splendido esordio della giovane regista turca Deniz Gamze Ergüven di una freschezza e una vitalità contagiose.
L’enorme bravura della regista è quella di mantenere un grande equilibrio nel descrivere le contraddizioni della società turca, senza cadere in semplificazioni e banalizzazioni. Al contrasto tra il maschilismo bigotto dei costumi tradizionali e la gioiosa femminilità del mondo moderno si aggiunge quello tra la mancanza di prospettive della provincia remota e il sogno di libertà della grande città.
Ma non ci sono facili stereotipi: le figure femminili, per esempio, sono intense e complesse, in particolare la nonna delle ragazze, combattuta tra la comprensione dei bisogni delle nipoti e i rigidi principi cui è stata educata.
Mustang mette al centro soprattutto il desiderio e il corpo. Il desiderio represso degli adulti è opposto all’esuberanza e alla scoperta della sessualità delle ragazze, con i loro splendidi corpi acerbi e le loro chiome al vento.
Corpi solidali, spesso abbracciati e intrecciati, che verranno divisi, lunghi capelli simbolo di libertà che verranno tagliati. Quello che non sarà possibile sopprimere e soffocare è la speranza, il sogno di un futuro migliore in cui poter realizzare le proprie aspettative e realizzarsi come donne.
L’esordio della regista Deniz Gamze Ergüven è senza dubbio straordinario, importante per i temi trattati, un film destinato a essere ricordato. Non a caso la Francia lo ha candidato all’Oscar pur essendo girato in Turchia e parlato in turco (possibile per il fatto che la produzione è in parte francese).
Le cinque interpreti sono formidabili, unite e solidali come vere sorelle, tra l’altro solo una aveva avuto esperienze di recitazione. Eccellenti sono anche la fotografia, solare e luminosa negli spazi aperti e claustrofobica nella casa-prigione, il montaggio serrato, a tratti palpitante, oltre alle splendide musiche dell’australiano Warren Ellis, stretto collaboratore di Nick Cave.
Anche se la Turchia sta vivendo un momento storico difficile e complicato la Ergüven è ottimista, non le interessano le vicende politiche ma i cambiamenti culturali. “Malgrado tutto i tempi stanno cambiando in meglio” ha dichiarato,“oggi la società turca inizia ad interrogarsi sulla difesa dei diritti delle donne, come l’educazione delle ragazze. E’ una strada lunga, ma bisogna aver fiducia nel domani.”
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