jack beauregard
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lunedì 16 maggio 2016
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perplesso
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Leggo recensioni entusiastiche di questo film, a destra e manca, con riferimenti alle opere precedenti del regista, che purtroppo (o per fortuna) non ho avuto l'occasione di vedere.
Premesso questo, devo dire che il film mi ha lasciato abbastanza sconcertato.
Innanzitutto ho trovato assolutamente incomprensibile il cambio di formato cinematografico tra epoche, tutto sommato, abbastanza vicine tra loro 1999, 2014 e un ipotetico 2025. I tre periodi non sono oltretutto particolarmente caratterizzati esteticamente (il paesaggio cinese relativo è pressoché identico tra 99 e 14 e, pure nel finale, nel 25), perdendo l'opportunità, strettamente cinematografica, di mostrare il cambiamento. Altrettanto inspiegabile la presenza di alcune sequenze, specialmente nella prima parte, completamente sfuocate, o con colori lividi e sbiaditi, oppure sgranate.
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Leggo recensioni entusiastiche di questo film, a destra e manca, con riferimenti alle opere precedenti del regista, che purtroppo (o per fortuna) non ho avuto l'occasione di vedere.
Premesso questo, devo dire che il film mi ha lasciato abbastanza sconcertato.
Innanzitutto ho trovato assolutamente incomprensibile il cambio di formato cinematografico tra epoche, tutto sommato, abbastanza vicine tra loro 1999, 2014 e un ipotetico 2025. I tre periodi non sono oltretutto particolarmente caratterizzati esteticamente (il paesaggio cinese relativo è pressoché identico tra 99 e 14 e, pure nel finale, nel 25), perdendo l'opportunità, strettamente cinematografica, di mostrare il cambiamento. Altrettanto inspiegabile la presenza di alcune sequenze, specialmente nella prima parte, completamente sfuocate, o con colori lividi e sbiaditi, oppure sgranate.
Le relazioni tra i personaggi poi sono spesso il limite del ridicolo, specialmente nella prima parte, insopportabili sia Tao, che Zhang, si salva solo il personaggio di Lianzi, l'unico credibile e umano (e che a un certo punto il film colpevolmente dimentica). I dialoghi sono spesso imbarazzanti, mi auguro che questo sia in parte dovuto a qualche imprecisione del doppiaggio e/o alla difficoltà di rendere le espressioni cinesi nella nostra lingua (magari vederlo in lingua originale sarebbe stato meglio), altrimenti mi viene da pensare che i cinesi non abbiano la stessa struttura logico cognitiva del resto del mondo.
Per quanto riguarda lo sviluppo della storia, l'impressione è che si sia tentato di mettere troppa carne al fuoco, trattare un tema così vasto, come i cambiamenti economico sociali e di costume, avvenuti in Cina negli ultimi 15 anni e avere anche la pretesa di ipotizzare il prossimo decennio è un'operazione un po' troppo ambiziosa, che non trova un'eco efficace nelle vicende dei personaggi rappresentati, probabilmente troppo "poveri" e semplificati per poter assurgere a simboli delle trasformazioni avvenute e ancora da venire.
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[+] "freddo minestrone."
(di giurg 63)
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[+] più che perplesso, oppresso
(di giuliog02)
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dinoroar
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venerdì 6 maggio 2016
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sensazione di ...
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Inutile dilungarsi sulla storia, anzi, sulle storie che si intrecciano, si lasciano per poi reincontrarsi e perdersi per sempre in questo tempo di immensi cambiamenti. Chi è stato in Cina si ritroverà nel racconto delle pesanti contraddizioni di questo Paese sconfinato in bilico, mai come adesso, tra la modernizzazione a tutti i costi e conservazione di preziose tradizioni culturali. La cronologia è scandita in modo magistrale e alla fine del film rimane una sensazione di stanchezza, come se avessimo noi stessi percorso quel cammino temporale, e per la mole di input che riceve lo spettatore che necessitano di tempo per essere rielaborate. Alla fine del film si è "fatto il pieno" di cose sulle quali riflettere e ricercare.
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Inutile dilungarsi sulla storia, anzi, sulle storie che si intrecciano, si lasciano per poi reincontrarsi e perdersi per sempre in questo tempo di immensi cambiamenti. Chi è stato in Cina si ritroverà nel racconto delle pesanti contraddizioni di questo Paese sconfinato in bilico, mai come adesso, tra la modernizzazione a tutti i costi e conservazione di preziose tradizioni culturali. La cronologia è scandita in modo magistrale e alla fine del film rimane una sensazione di stanchezza, come se avessimo noi stessi percorso quel cammino temporale, e per la mole di input che riceve lo spettatore che necessitano di tempo per essere rielaborate. Alla fine del film si è "fatto il pieno" di cose sulle quali riflettere e ricercare. Non è uno spettacolo fine a se stesso, o come potrebbe apparire un intellettualoide esercizio di stile, ma una cruda narrazione di un Mondo in costante cambiamento; di un tritacarne immenso che tutt'oggi richiede le sue vittime ed una disparità sociale insopportabile. Al centro l'uomo, con le sue fragilità, aspirazioni, passioni.
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[+] meglio la cina capitalista
(di misesjunior)
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enrico danelli
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sabato 4 giugno 2016
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omogeneizzato culturale
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Ottimo film non tanto per la fattura (recitazioni quasi teatrali, dialoghi un po' scontati, qualche scollatura temporale), ma per il significato: come "La canzone perduta" di Mintas, il tema è esclusivamente la perdita di identità che tutto il mondo sta vivendo di fronte all'omogeneizzazione culturale imposta dall'occidente (leggasi nordamerica) a suon di miliardi. I tre personaggi e il figlio Dollar riassumono in diverse gradazioni questo processo: chi consapevolmente lo abbraccia entusiasticamente, chi lo rifiuta, chi lo subisce senza neppure averlo consapevolmente scelto (il figlio Dollar): Tutti ne escono perdenti. L'unica è Thao che sembra in grado di conciliare le tradizioni cinesi con il nuovo che avanza.
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Ottimo film non tanto per la fattura (recitazioni quasi teatrali, dialoghi un po' scontati, qualche scollatura temporale), ma per il significato: come "La canzone perduta" di Mintas, il tema è esclusivamente la perdita di identità che tutto il mondo sta vivendo di fronte all'omogeneizzazione culturale imposta dall'occidente (leggasi nordamerica) a suon di miliardi. I tre personaggi e il figlio Dollar riassumono in diverse gradazioni questo processo: chi consapevolmente lo abbraccia entusiasticamente, chi lo rifiuta, chi lo subisce senza neppure averlo consapevolmente scelto (il figlio Dollar): Tutti ne escono perdenti. L'unica è Thao che sembra in grado di conciliare le tradizioni cinesi con il nuovo che avanza. Le sue danze (all'inizio e alla fine del film) in stile orientale, ma al suono di una musica disco tipicamente occidentale, sembrerebbero la sintesi fra i due mondi: il risultato è tuttavia stridente, anzi irreale come la solitaria danza finale di Thao sotto la neve.
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jack beauregard
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martedì 17 maggio 2016
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i conti non tornano
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Non mi torna. Il padre di lei muore nel 2014, dopo che è apparso il titolo del film ed è cambiato il formato. In teoria il ragazzo dovrebbe avere 14-15 anni, ma poi quando lo si vede scendere dall'aereo si vede che è molto più piccolo. Poi arriva la conferma, nel 2025, che quando ha incontrato la madre aveva 7 anni, quindi è nato nel 2007, e nel 2025 ha 18 anni. E' vero che non ci sono date precise nè del matrimonio di Tao e Zhang, nè del momento della nascita di Dollar. Però il matrimonio (a cui non assistiamo) sembra databile nel 2000, perchè lei porta l'invito a Lianzi (che è disoccupato e decide di partire per cercare lavoro).
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Non mi torna. Il padre di lei muore nel 2014, dopo che è apparso il titolo del film ed è cambiato il formato. In teoria il ragazzo dovrebbe avere 14-15 anni, ma poi quando lo si vede scendere dall'aereo si vede che è molto più piccolo. Poi arriva la conferma, nel 2025, che quando ha incontrato la madre aveva 7 anni, quindi è nato nel 2007, e nel 2025 ha 18 anni. E' vero che non ci sono date precise nè del matrimonio di Tao e Zhang, nè del momento della nascita di Dollar. Però il matrimonio (a cui non assistiamo) sembra databile nel 2000, perchè lei porta l'invito a Lianzi (che è disoccupato e decide di partire per cercare lavoro). Quindi si pensa che non rimanga disoccupato per anni, nè che loro (Tao e Zhang) restino fidanzati per 7 anni prima di sposarsi, perchè è vero che si fanno le foto prima della cerimonia (altra stranezza), ma si suppone non con un così grande anticipo. Nella sequenza successiva assistiamo al parto di Tao e tutto farebbe che non ci sia stato un intervallo temporale così lungo, invece a posteriori capiamo che lei ha partorito nel 2007. Boh, mi sembra tutto abbastanza confusionario.
Non parliamo poi dell'incomunicabilità tra padre e figlio, che almeno fino al 2014 non c'era, visto che il bambino parlava solo cinese (anche via tablet con la nuova compagna del padre) e il padre, imbecille quanto vuoi, ma che è laureato (anche se per posta) e ha il mito dell'occidente capitalistico, vive da almenno 10 anni in Australia (chissà perchè non in America, che avrebbe avuto più senso, vista anche la passione per le armi) e non spiaccica e/o capisce neanche una parola di inglese, pur essendo da anni nel mondo del business. Inoltre risulta del tutto incomprensibile che nel 2014 (cioè ai nostri giorni) quando molti occidentali studiano il cinese per le opportunità offerte dai loro mercati, avvenga l'opposto (cioè fare in modo che un ragazzino scordi addirittura la propria lingua madre per impararne un'altra, lingua madre che è tra le più diffuse e richieste). Mi sembra veramente una visione un po' troppo "originale", per poter risultare credibile.
E Lianzi (l'unico personaggio "concreto" del film, e di cui non sapremo più niente) che ricompare nel 2014 malato, ma sposato probabilmente da poco e con un figlio appena nato, anche qui la distanza temporale non sembra tanto azzeccata.
Ma fossero solo questi i difetti di questo film...
Michele
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vanessa zarastro
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lunedì 23 maggio 2016
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l'america è vicina?
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“Al di là delle montagne” è un film impegnativo e ambizioso che vuole fare riflettere sui cambiamenti sociali in Cina (ma non solo) nel presente millennio e sulla sua progressiva occidentalizzazione. Il film abbraccia un quarto di secolo in tre scenari sottolineati anche da un formato diverso - dal quasi quadrato al cinemascope – e che vanno dal 1999, passano per il 2014 e arrivano al 2025. Siamo nel meno noto nord della Cina e Fenyang è una piccola città di provincia nelloShanxi – che letteralmente vuole dire “a ovest delle montagne”.
La prima parte narra la storia di tre amici: Tao, giovane carina e vitale, Lianzi un operaio gentile e sensibile e Zhang di origini borghesi molto attaccato ai soldi.
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“Al di là delle montagne” è un film impegnativo e ambizioso che vuole fare riflettere sui cambiamenti sociali in Cina (ma non solo) nel presente millennio e sulla sua progressiva occidentalizzazione. Il film abbraccia un quarto di secolo in tre scenari sottolineati anche da un formato diverso - dal quasi quadrato al cinemascope – e che vanno dal 1999, passano per il 2014 e arrivano al 2025. Siamo nel meno noto nord della Cina e Fenyang è una piccola città di provincia nelloShanxi – che letteralmente vuole dire “a ovest delle montagne”.
La prima parte narra la storia di tre amici: Tao, giovane carina e vitale, Lianzi un operaio gentile e sensibile e Zhang di origini borghesi molto attaccato ai soldi. Tra le gelosie dei maschiil ricco Zhang vincerà e sposerà Tao mentre Lianzi se ne andrà lasciando la città-cantiere di Fenyang (città natale anche del regista).
Il processo di emancipazione (ma anche di americanizzazione) continua e nella seconda parte dove Tao vive da sola, gestisce una stazione di servizio ed è divorziata. Il figlio Dollar è stato affidato al padre e tornerà da lei solo per assistere ai funerali del nonno. Tao nota che il bambino è molto preso dai simboli consumisti (a cinque anni già maneggia sapientemente l’Ipad) e dal modo sfarzoso di vivere che il padre gli offre in Australia.
Nel terzo sipario del film, Dollar cresciuto si mostra insoddisfatto; è un giovane sensibile che intreccia una strana storia (in cerca della madre?) con una sua maestra di cinese – anch’essa una cinese trapiantata a Toronto e finita in Australia - e, avendo nostalgia della madre, programma di tornare da lei. Tao vive ancora da sola ma, in una sorta di premonizione e di attesa, sembra sentire il ritorno del figlio per cui si mette a cucinare tanti ravioli e riprende la danza che faceva da ragazza dopo tanti anni tristi.
Le immagini sono bellissime, possiamo apprezzare da un lato lo sconfinato panorama australiano con la sua naturale abbagliante, ma anche le situazioni povere, precarie e malsane delle abitazioni dei lavoratori delle fabbriche di Fenyang.
Il film è un po’ un monito contro il capitalismo – Zhang sarà indagato per truffa e Dollar sarà infelice nel suo mondo di ricchi senza valori. Sembrerebbe che i luoghi, le tradizioni e le proprie identità culturali siano ancora molto importanti.
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raffele
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lunedì 1 agosto 2016
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radici ...
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efficace come una lama dal taglio lento, che si compiace nell'indurre una sofferenza oscura, disperante. In tanti di noi il boom economico e lo spostamento in città dei nostri genitori causò perdita di valori schietti, un benessere che era meno sano della lotta per la sopravvivenza dei nostri nonni nelle campagne, un annacquamento di altri valori e scopi, e confusione, incertezza, in ciò che vogliamo o respingiamo. Ma d'estate si tornava dai nonni, si respirava quel piccolo mondo antico di sapori veraci. La Cina cosiddetta emergente ha prodotto probabilmente fratture più traumatiche: nasci da un'altra parte del mondo, tuo padre ha i tratti come i tuoi ma parlate lingue diverse, sei uno di loro, dei tuoi amici, parli la loro lingua ma .
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efficace come una lama dal taglio lento, che si compiace nell'indurre una sofferenza oscura, disperante. In tanti di noi il boom economico e lo spostamento in città dei nostri genitori causò perdita di valori schietti, un benessere che era meno sano della lotta per la sopravvivenza dei nostri nonni nelle campagne, un annacquamento di altri valori e scopi, e confusione, incertezza, in ciò che vogliamo o respingiamo. Ma d'estate si tornava dai nonni, si respirava quel piccolo mondo antico di sapori veraci. La Cina cosiddetta emergente ha prodotto probabilmente fratture più traumatiche: nasci da un'altra parte del mondo, tuo padre ha i tratti come i tuoi ma parlate lingue diverse, sei uno di loro, dei tuoi amici, parli la loro lingua ma ... è come se non sapessi chi sei realmente, e cosa vuoi realmente. un' incontro, un' esperienza, oppure gli occhi severi, incomprensibili, di tua madre lontana, da piccolo, ti hanno lasciato una traccia. Un solco che resta. Tua madre che allora scelse. fra il nuovo, vincente ma venale, un uomo senza scrupoli che cavalca l'era del riscatto economico, ed il vecchio, perdente, l'uomo delle miniere. Ora tocca a te scegliere. e non ce la fai. Film lento, sommesso. In America, ma anche in Italia, struttura, ritmo, "colpi di scena" e piani-sequenza avrebbero vissuto di tempi e tentazioni diverse. Emozioni, belle e brutte, vissute in riva ad un canale cittadino, forse rendono anche esatta l'ambientazione, a discapito della fotografia e dell'appeal della pellicola.
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robert eroica
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sabato 7 maggio 2016
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al di la’ delle montagne, un nuovo cinema
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Diviso in tre parti, tre capitoli di una storia che non ha una fine, “Al di là delle montagne” del cinese Zhang-ke, è un film che annichilisce. Per la forza con cui racconta il passato (anno 1999), il presente (2014) e il futuro (2025) di due uomini, tre donne e un ragazzo. Per come usa l’ellissi narrativa, per come riesce magicamente a connettere piani temporali, spazi geografici, intermittenze emozionali. Si comincia come un piccolo melodramma sentimentale (lui, lei, l’altro) sullo sfondo di una Cina che sta cambiando pelle, si prosegue come una riflessione profonda sul rapporto che lega ognuno di noi all’altro (nessuno lascia mai nessuno e solo la morte può spezzare la catena del cuore), in un accumulo di esperienze, siano esse negative o positive, che restano sempre con noi.
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Diviso in tre parti, tre capitoli di una storia che non ha una fine, “Al di là delle montagne” del cinese Zhang-ke, è un film che annichilisce. Per la forza con cui racconta il passato (anno 1999), il presente (2014) e il futuro (2025) di due uomini, tre donne e un ragazzo. Per come usa l’ellissi narrativa, per come riesce magicamente a connettere piani temporali, spazi geografici, intermittenze emozionali. Si comincia come un piccolo melodramma sentimentale (lui, lei, l’altro) sullo sfondo di una Cina che sta cambiando pelle, si prosegue come una riflessione profonda sul rapporto che lega ognuno di noi all’altro (nessuno lascia mai nessuno e solo la morte può spezzare la catena del cuore), in un accumulo di esperienze, siano esse negative o positive, che restano sempre con noi. Si finisce (?) con la nostalgia di un ritorno ad un luogo (quasi) mai visto, ad una persona (quasi) mai conosciuta. Un film sulle radici, sulla conoscenza, sull’esperienza del vivere (la libertà di tutti parte sempre dall’individuo) sul dolore che necessariamente è dentro ogni vivere, dentro ogni ricordo, dentro ogni assenza. Ci sono scene al limite dell’incredibile in “Al di là delle montagne”, vuoi per catturare l’ineludibilità e imprevedibilità della morte, vuoi per intercettare l’irruzione aliena dentro il reale quotidiano: l’aereo che si schianta è il ritorno ossessivo del fuoco, registrato tramite un dispositivo che sembra essere la soggettiva di chi proviene da un altro mondo. E i suoni sono spesso distorti, incomprensibili, una sonda pronta a registrare l’invisibile, che sta al centro di ogni materia. E commuove il rispetto e il pudore con cui il qurantaseienne Zhang-ke (leone d’oro a Venezia con “Still Life” tanto per sfoderare qualche titolo, se ce ne fosse bisogno) accompagna ogni personaggio dentro il vortice delle proprie avventure. In maniera semplice e complessa, senza spiegare tutto, senza sapere tutto. Mettendosi di lato, ogni tanto, come se si lasciasse assorbire da una polisemia di significati che è tutta sulla superficie delle cose. Un cinema che viene dal futuro, come le note dei Pet Shop Boys che fanno danzare nella neve una donna ormai matura, che ricorda la sua giovinezza e la sua felicità. Se oggi il giapponese Ozu facesse ancora film, sarebbero questi.
Robert Eroica
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flyanto
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lunedì 9 maggio 2016
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tre esistenze, anzi 4, all'insegna della solitudin
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Già con "Still Life" (premiato al Festival di Venezia del 2006) il regista cinese Jia Zhang-Ke ha raccontato del suo paese e del suo inevitabile e veloce cambiamento nel corso degli anni. Con "Al di là delle Montagne" egli presenta di nuovo la stessa tematica, ma in una forma più poetica, attraverso le storie di tre, anzi quattro, individui nell'arco degli anni che vanno dal 1999 al 2025.
Vi sono infatti tre amici (due giovani ed una ragazza) legati da profondo e sincero affetto sin dall'infanzia, i quali nel 1999 cominciano a muovere i primi passi nel mondo del lavoro: uno lavora presso una miniera di carbone, l'altro, si è laureato in Giurisprudenza e, avendo il senso degli affari, sogna e si adopera in ogni modo al fine di diventare molto ricco, e la giovane donna, che lavora nel negozio di elettrodomestici del padre e con la passione per il canto, è contesa, affettivamente parlando, tra i due.
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Già con "Still Life" (premiato al Festival di Venezia del 2006) il regista cinese Jia Zhang-Ke ha raccontato del suo paese e del suo inevitabile e veloce cambiamento nel corso degli anni. Con "Al di là delle Montagne" egli presenta di nuovo la stessa tematica, ma in una forma più poetica, attraverso le storie di tre, anzi quattro, individui nell'arco degli anni che vanno dal 1999 al 2025.
Vi sono infatti tre amici (due giovani ed una ragazza) legati da profondo e sincero affetto sin dall'infanzia, i quali nel 1999 cominciano a muovere i primi passi nel mondo del lavoro: uno lavora presso una miniera di carbone, l'altro, si è laureato in Giurisprudenza e, avendo il senso degli affari, sogna e si adopera in ogni modo al fine di diventare molto ricco, e la giovane donna, che lavora nel negozio di elettrodomestici del padre e con la passione per il canto, è contesa, affettivamente parlando, tra i due. Nel tempo ciò porterà inevitabilmente alla rottura della loro lunga amicizia e precisamente quando la ragazza sceglierà tra i due contendenti l' esponente più facoltoso che poi sposerà e da cui avrà un figlio. Nel frattempo continuano a trascorrere gli anni ed i tre individui ormai si sono allontanati l'uno dall'altro in quanto l'uomo respinto è emigrato in un'altra provincia a lavorare e l'altro, nel frattempo, si è separato dalla giovane donna che è rimasta sola poichè il marito le ha portato via il figlio al fine di farlo studiare in un' esclusiva scuola internazionale. Le tre esistenze proseguiranno ormai sempre da sole, senza mai più incontrarsi nel corso degli anni, salvo nel 2006 una brevissima visita alla madre da parte del bambino in occasione della morte del nonno, e da parte dell'amico a suo tempo respinto per una richiesta sempre alla donna di denaro. Col passare degli anni, la situazione è in continuo divenire: la donna è rimasta in Cina a condurre la propria esistenza nella propria città natale di Fenyang, e ad aspettare che prima o poi ritorni a trovarla il figlio lontano, dell'amico non si hanno più notizie, probabilmente è morto a causa del brutto male per la cui operazione aveva richiesto dei soldi, e l'ex marito della donna si è trasferito in Australia dove ha fatto crescere il figlio e dove è diventato molto ricco ma senza l'affetto del ragazzo, solo molto più sensibile del padre e fortemente in crisi riguardo il suo futuro. Ognuno, per il momento almeno, vive così la propria vita....
Una trama lunga, presentata nei minimi dettagli come, del resto, è nella consuetudine cinematografica di Zhang-Ke soffermarsi molto sulle scene, evidenziandone tutti i minimi particolari. Raccontando la trasformazione della situazione personale dei personaggi, il regista racconta parallelamente anche la trasformazione veloce del suo paese, il cambiamento economico ed il disfacimento per ciò che concerne le tradizioni avvenuti in particolare dopo il passaggio nel 1996 di Hong-Kong alla Cina e con Macao come ultima colonia portoghese in Oriente. I tre protagonisti, aggiungendo nella parte finale anche quella del giovane figlio, sono degli individui che hanno avuto un'esistenza difficile e tutti quanti, in seguito al cambiamento della società e l'abbandono delle tradizioni, sono delle persone caratterizzate da uno stato di solitudine profondo che le porta a vivere una lontana dall'altra senza più alcuna possibilità di ricongiungersi o forse, chissà, in un lontano giorno futuro. E ciò che rende pregevole questa pellicola è l'atmosfera malinconica e nostalgica (peraltro molto ben emblematizzata da una canzone di una cantante cantonese) che prevale e pervade l'intera vicenda, creando un' opera, forse un poco troppo lenta nella prima parte, ma alquanto poetica e suggestiva.
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maumauroma
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giovedì 12 maggio 2016
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al di la delle montagne
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Protagonista assoluta di questa magnifica opera e' la nazione cinese con le sue tradizioni millenarie, con gli sconvolgimenti socio economici degli ultimi decenni, con il boom capitalistico che ha accentuato drammaticamente il solco tra nuovi ricchi delle grandi citta' e la povera vita delle province contadine. IL film si struttura o meglio si destruttura in tre spazi temporali tra recente passato, presente, e prossimo futuro. La giovane e bella Thao, il rampante e ambizioso Zhang, l'umile operaio Lianzi sono solo pedine che il regista Jie Zhang ki maneggia con estrema abilita' per rappresentare una Cina soggiogata dal Dio denaro, che sta inesorabilmente perdendo la sua identita' culturale e linguistica.
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Protagonista assoluta di questa magnifica opera e' la nazione cinese con le sue tradizioni millenarie, con gli sconvolgimenti socio economici degli ultimi decenni, con il boom capitalistico che ha accentuato drammaticamente il solco tra nuovi ricchi delle grandi citta' e la povera vita delle province contadine. IL film si struttura o meglio si destruttura in tre spazi temporali tra recente passato, presente, e prossimo futuro. La giovane e bella Thao, il rampante e ambizioso Zhang, l'umile operaio Lianzi sono solo pedine che il regista Jie Zhang ki maneggia con estrema abilita' per rappresentare una Cina soggiogata dal Dio denaro, che sta inesorabilmente perdendo la sua identita' culturale e linguistica.I giovani, come il figlio di Zhang, Dollar che in futuro emigreranno all'estero ,perderanno la coscienza delle loro radici ,non parleranno piu' la lingua dei padri e non sempre troveranno qualcuno che, come la professoressa di Melbourne, riuscira'a far emergere dai loro ricordi i tesori preziosi delle origini. Mentre le madri, in patria, sole sotto la neve, continueranno a danzare nella speranza di rivedere un giorno i figli.Grande regia, grandi interpreti, grande cinema
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angelo umana
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mercoledì 7 settembre 2016
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i guai dello sviluppo
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Film che non brilla per semplicità o linearità, si fa pesante, ricco di scene madri e frasi da ricordare. Abbraccia la vita di tre persone – una donna desiderata da due uomini, uno dei quali, il più “buono”, rinuncia alla contesa – lungo 26 anni, dal 1999 fino al 2014 e poi al 2025. Forse negli ultimi 11 anni il regista immagina o mostra cosa la Cina diventa o cosa è già diventata, cosa diventano gli uomini col progresso: in effetti il film è anche un viaggio tra usi strade e genti, fiumi immensi e panorami, dalla Cina rurale a quella moderna con ponti e grandi opere.
Naturalmente la protagonista divorzierà da colui che sposa, manifestamente cattivo incolto e arrogante dalle prime scene ma destinato a far soldi (il futuro di cinesi rampanti che imitano le orme di occidentali loro simili), tanto da chiamare Dollar il figlio che nasce dai due e che sarà affidato al padre trasferitosi in Australia.
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Film che non brilla per semplicità o linearità, si fa pesante, ricco di scene madri e frasi da ricordare. Abbraccia la vita di tre persone – una donna desiderata da due uomini, uno dei quali, il più “buono”, rinuncia alla contesa – lungo 26 anni, dal 1999 fino al 2014 e poi al 2025. Forse negli ultimi 11 anni il regista immagina o mostra cosa la Cina diventa o cosa è già diventata, cosa diventano gli uomini col progresso: in effetti il film è anche un viaggio tra usi strade e genti, fiumi immensi e panorami, dalla Cina rurale a quella moderna con ponti e grandi opere.
Naturalmente la protagonista divorzierà da colui che sposa, manifestamente cattivo incolto e arrogante dalle prime scene ma destinato a far soldi (il futuro di cinesi rampanti che imitano le orme di occidentali loro simili), tanto da chiamare Dollar il figlio che nasce dai due e che sarà affidato al padre trasferitosi in Australia. Dei 130’ di durata ben 50’ occorrono per il prologo, l’antefatto, solo allora compare il titolo e i cinesi diventano “moderni”, ma ancora con scene di cattivo gusto, come un pianto esagerato al funerale del padre della protagonista, cerimonia condotta da un presentatore macchietta che in precedenza si vede a svolgere la stessa mansione a una festa di nozze.
Altro tema centrale è la crescita di Dollar, un ragazzo che quasi perde la sua identità per via della lontananza dalla madre che non vede da quando era bambino, identità che ritrova in parte raggiunti i vent’anni, con l’aiuto della sua insegnante, altra storia improbabile di un amore breve che sembra un succedaneo del perduto affetto materno. Della madre conserva la chiave di casa che lei gli diede, forse partirà per ritrovarla ma per fortuna il film si chiude qui e ci risparmia l’epico reincontro. L’amico buono ricompare con moglie e bambino, ma è malato e abbisogna di denaro per le cure: la mancata sposa inevitabilmente lo aiuta ma il personaggio poi si perde nello sfilacciamento del racconto.
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