daminax14
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mercoledì 12 ottobre 2016
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film sognatore
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Premetto subito che il film merita di essere guardato. Ma lo definisco sognatore perché rischiano troppe volte di voler fare il passo più lungo della gamba. A cosa mi riferisco farò subito chiarezza.
La trama nella prima parte è semplice e banale. Due soldati sono in missione e devono uccidere un terrorista. Non sicuro di uccidere il reale bersaglio Mike desiste e vengono visti a causa del riflesso del fucile. Si incamminano ed improvvisamente si ritrovano in una zona disseminata di mine antiuomo. L'amico nonché collega, a causa del suo atteggiamento a dir poco sbruffone, morirà poco dopo. Mike ne calpesta una e dovrà individuare un modo per sfuggire alla morte. Fin qui passa circa metà film e la trama è appena al 10%.
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Premetto subito che il film merita di essere guardato. Ma lo definisco sognatore perché rischiano troppe volte di voler fare il passo più lungo della gamba. A cosa mi riferisco farò subito chiarezza.
La trama nella prima parte è semplice e banale. Due soldati sono in missione e devono uccidere un terrorista. Non sicuro di uccidere il reale bersaglio Mike desiste e vengono visti a causa del riflesso del fucile. Si incamminano ed improvvisamente si ritrovano in una zona disseminata di mine antiuomo. L'amico nonché collega, a causa del suo atteggiamento a dir poco sbruffone, morirà poco dopo. Mike ne calpesta una e dovrà individuare un modo per sfuggire alla morte. Fin qui passa circa metà film e la trama è appena al 10%. Perché la piega che prenderà non sarà più solo di thriller/azione ma i Fabio&Fabio tentano di caratterizzare la pellicola con sfumature psicologiche e sentimentali molto presenti in fase di conclusione. Mike, un classico marines che si arruola perché non ha più nessuno che tenga a lui, in un insieme tra illusioni e realtà dovrà sconfiggere gli scheletri che ha rinchiuso negli anni passati. Non aggiungo niente di più poiché rischierei di rovinare il film a chi non l'ha già visto, basandosi su rapporti difficili, che seppur poco complessi, riusciranno a farvi emozionare senza dubbio. Smuovo una critica al finale dopo l'allerta spoiler.
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Se non fosse stato il classico film d'azione avrei dato 2-2,5/5 stelle. Ma il tentativo di diversificarsi da altri film simili mi ha fatto propendere per le 3 stelle (che personalmente do ai film caldamente consigliati, poiché vi possono trasmettere emozioni importanti.) Unico rammarico è il finale. Un film che punta cosi tanto sulla psicologia e sui sentimenti non si può permettere di concludere in questo modo "brutale". Mi sarebbe piaciuto molto che Mike si incaricasse di parlare con il figlio del suo commilitone. Sarebbe stato molto appagante e commemorativo.
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mercoledì 12 ottobre 2016
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fai il tuo prossimo passo
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Il film si apre con lo sniper Mike Stevens e lo spotter Tommy Madison intenti a compiere una missione nel bel mezzo di un deserto medio orientale. La missione consiste nell'uccidere un importante ricercato, ma un errore commesso da Mike porta i due marines a dover fuggire a piedi nel deserto inseguiti dalla scorta armata del ricercato. I due si troveranno bloccati in un campo minato che provocherà la morte quasi immediata di Tommy. Questi primi minuti di film sono solo una scusa per giungere al vero inizio del film, ovvero quando Mike - accortosi di aver pestato una mina - rimane immobilizzato dovendo attendere per più di 50 ore l'arrivo dei soccorsi. La pericolosissima situazione in cui si viene a trovare il protagonista, il suo fortunato incontro con un berbero proveniente da un villaggio vicino e le allucinazioni provocate dal caldo del deserto e dallo stress estremo, porteranno il soldato Mike a vivere un vero e proprio viaggio all'interno della propria mente.
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Il film si apre con lo sniper Mike Stevens e lo spotter Tommy Madison intenti a compiere una missione nel bel mezzo di un deserto medio orientale. La missione consiste nell'uccidere un importante ricercato, ma un errore commesso da Mike porta i due marines a dover fuggire a piedi nel deserto inseguiti dalla scorta armata del ricercato. I due si troveranno bloccati in un campo minato che provocherà la morte quasi immediata di Tommy. Questi primi minuti di film sono solo una scusa per giungere al vero inizio del film, ovvero quando Mike - accortosi di aver pestato una mina - rimane immobilizzato dovendo attendere per più di 50 ore l'arrivo dei soccorsi. La pericolosissima situazione in cui si viene a trovare il protagonista, il suo fortunato incontro con un berbero proveniente da un villaggio vicino e le allucinazioni provocate dal caldo del deserto e dallo stress estremo, porteranno il soldato Mike a vivere un vero e proprio viaggio all'interno della propria mente. La mina che inizialmente è un semplice strumento di morte che lo tiene imprigionato nel deserto, nel corso del film si trasforma in una metafora, una mina mentale che tiene Mike imprigionato in determinati momenti della sua vita. Esattamente come deve lottare con tutte le sue forze per sfuggire alla mina vera e propria, Mike dovrà lottare per liberarsi anche dalla mina psicologica che gli impedisce di fuggire dagli spettri di un passato che ancora lo tormenta, per poter finalmente trovare la pace e fare un altro passo nel cammino della propria vita.
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filippo catani
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giovedì 13 ottobre 2016
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fare i conti con le proprie mine
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Un cecchino in missione per uccidere un terrorista rimane bloccato su una mina nel tentativo di salvare il proprio compagno saltato in aria. I soccorsi sono lontani un paio di giorni e l'uomo dovrà cercare di resistere alle insidie del deserto.
Un bellissimo film d'esordio. L'esempio di come si possa fare cinema di qualità in quella che potremmo definire una situazione bloccata ai livelli di Buried e Locke. Questa pellicola è senza dubbio di guerra ma non solo quella combattuta con le armi. Infatti la sceneggiatura con la comparsa dello splendido personaggio berbero si apre a una miriade di altre riflessioni che scorrono quasi come fossero allucinazioni nel deserto.
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Un cecchino in missione per uccidere un terrorista rimane bloccato su una mina nel tentativo di salvare il proprio compagno saltato in aria. I soccorsi sono lontani un paio di giorni e l'uomo dovrà cercare di resistere alle insidie del deserto.
Un bellissimo film d'esordio. L'esempio di come si possa fare cinema di qualità in quella che potremmo definire una situazione bloccata ai livelli di Buried e Locke. Questa pellicola è senza dubbio di guerra ma non solo quella combattuta con le armi. Infatti la sceneggiatura con la comparsa dello splendido personaggio berbero si apre a una miriade di altre riflessioni che scorrono quasi come fossero allucinazioni nel deserto. Spesso anche noi nella nostra quotidinianità abbiamo una mina che ci impedisce di andare avanti. Oppure siamo noi che ce la creiamo per non andare avanti. Resta il fatto che alla fine della storia è inevitabile lasciarsi andare a un bel pianto. Bravissimo Hammer a caricarsi i due terzi della pellicola sulle spalle e altrettanto bravi e coraggiosi i registi Guaglione e Resinaro e i produttori. Non possiamo anche non menzionare la bellissima fotografia e l'ottima e struggente colonna sonora. Uno dei film di questa stagione cinematografica che mi ha colpito di più.
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uppercut
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sabato 15 aprile 2017
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più che tarkovski, il modello è lanciostory
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No, dai, Tarkovski, no. Citare il maestro russo entro un commento a un filmetto ruspante ma davvero fragile, è davvero un eccesso di generosità critica. D'accordo incoraggiare gli esordi però è utile evidenziarne anche i limiti. E il limite più vistoso di Mine è la sua ansia di apparire credibile come film (aho', non ve pare girato dalla Bigelow...?) e non come storia. Lo sforzo è di sembrare un vero film e non un film vero. Si avverte come il brivido nel poter far parlare i due personaggi iniziali con nomi anglofoni che sanno tanto di film visto addirittura in 3D, con gli effettoni speciali e sai che costi per girare nel deserto...! Fabio & Fabio sembrano alle prese più con una provona d'esame alla scuola di cinema dove vogliono sbalordire i vecchi professori che ancora insegnano Truffaut (o Tarkovski.
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No, dai, Tarkovski, no. Citare il maestro russo entro un commento a un filmetto ruspante ma davvero fragile, è davvero un eccesso di generosità critica. D'accordo incoraggiare gli esordi però è utile evidenziarne anche i limiti. E il limite più vistoso di Mine è la sua ansia di apparire credibile come film (aho', non ve pare girato dalla Bigelow...?) e non come storia. Lo sforzo è di sembrare un vero film e non un film vero. Si avverte come il brivido nel poter far parlare i due personaggi iniziali con nomi anglofoni che sanno tanto di film visto addirittura in 3D, con gli effettoni speciali e sai che costi per girare nel deserto...! Fabio & Fabio sembrano alle prese più con una provona d'esame alla scuola di cinema dove vogliono sbalordire i vecchi professori che ancora insegnano Truffaut (o Tarkovski...) e non con personaggi da far crescere e seguire con cura, affetto, attenzione alla vita reale. Il protagonista ne esce con tutti i connotati di un personaggio alla Lanciostory che spara alla grande sia col fucile che con la lingua ("Cosa vuoi fare?" gli fa il compagno mentre gli islamici sono a dieci metri. E lui, gelido: "Qualcosa" e poi... bùm o forse pàm). Insomma dialoghi che sembrano in effetti rubati da L'infanzia di Ivan... Gioca' a fa' gli ammericani può essere davvero la strada da intraprendere per provare a risollevare le sorti di un cinema nazionale sempre più in odore di terzomondismo? La risposta si nasconde in fondo allo specchio. Una battuta del film di Tarkovski o di Mine?
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eleonoramillo
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giovedì 25 maggio 2017
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interiore e intenso
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Mine é un film intimistico ed essenziale, diretto e con un messaggio chiaro come pochi si vedono di recente al cinema. Mike è un soldato americano in missione in un deserto non ben specificato e durante la sua missione sente di aver calpestato una mina. Dopo aver perso il suo compagno di spedizione perchè esploso su una mina poco prima, cominceranno le 72 ore più difficili e decisive della sua vita. Durante queste 72 ore infatti dovrà ceracre di sopravvivere alla sete, alla fame, agli attacchi dei lupi e anche a quelli dei nemici. Ma in realtà la sfida primaria che deve affrontare MIke è quella di guardare dritto in faccia alla sua vita e al suo stato attuale.
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Mine é un film intimistico ed essenziale, diretto e con un messaggio chiaro come pochi si vedono di recente al cinema. Mike è un soldato americano in missione in un deserto non ben specificato e durante la sua missione sente di aver calpestato una mina. Dopo aver perso il suo compagno di spedizione perchè esploso su una mina poco prima, cominceranno le 72 ore più difficili e decisive della sua vita. Durante queste 72 ore infatti dovrà ceracre di sopravvivere alla sete, alla fame, agli attacchi dei lupi e anche a quelli dei nemici. Ma in realtà la sfida primaria che deve affrontare MIke è quella di guardare dritto in faccia alla sua vita e al suo stato attuale. Tramite una serie di Flashback infatti ricostruiamo la vita di MIke fatta di un' infanzia difficile causata da un padre violento e un amore forte ma che a causa del suo temperamento e paura di essere felice ha paura e teme di perdere. Essere bloccato quindi su una mina è in realtà una metafora di un blocco emotivo più profondo che coinvolge il protagonista e che tramite l'incontro con un beduino e la riflessione sulla sua vita che compie durante queste 72 ore riesce a suèperare. Quello che infatti MIke non riesce a fare è andare avanti, buttarsi alle spalle la vilolenza del padre e l' infanzia difficile, la malattia della madre e la paura di non iruscire a cogliere e vivere il bello della propria esistenza a pieno per paura di perdere le cose belle. E così dopo questa sfida fisica e mentale che deve affrontare il protagonista riesce a diventare finalmente libero di vivere a pieno la sua esitenza le sue emozioni e la sua felicità. Il deserto in cui si trova per la maggior parte del film si può vedere come una metafora della aridità e smarrimento interiore che vive il protagonista. MIne è un film semplice, dirittto forte e potente che permettte a qualunque spettatore di immedesimarsi perchè tutti abbiamo paura di affrontare certi ostacoli e certe paure per timore di non farcela e per paura che quello possa essere veramente il nostro ultimo passo. Armie Hammer riesce a sostenere il peso del film sulle sue spalle eseguendo una performance attoriale impeccabile e credibilr, la regia è curata e non banale c'è infatti una particolare attenzione alla scelta delle scene e alla fluidità del racconto ma senza perdere di vista il messaggio vuole essere trasmesso. Film da vedere per riflettere e analizzare una nuova generazione di autori italiani che riesce ad avere un respiro internazionale.
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alex62
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mercoledì 1 febbraio 2017
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«è per questo che sei qui…»
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Avere, sentirsi la guerra dentro e non poter fare nulla per liberarsene.
È la guerra ciò che cerca il cecchino Mike, protagonista di «Mine» e, pur di averla, è disposto a farsi paracadutare in pieno deserto, dall'altra parte del mondo. È pronto anche ad arruolarsi volontario, a lasciare la sua Jenny (Annabelle Wallis), il suo Paese…perché - dice - “si sente abbandonato da tutti”. Avverte che è rimasto solo, nonostante tutto.
Mike e Tommy sono amici e sono di pattuglia insieme per una missione molto rischiosa.
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Avere, sentirsi la guerra dentro e non poter fare nulla per liberarsene.
È la guerra ciò che cerca il cecchino Mike, protagonista di «Mine» e, pur di averla, è disposto a farsi paracadutare in pieno deserto, dall'altra parte del mondo. È pronto anche ad arruolarsi volontario, a lasciare la sua Jenny (Annabelle Wallis), il suo Paese…perché - dice - “si sente abbandonato da tutti”. Avverte che è rimasto solo, nonostante tutto.
Mike e Tommy sono amici e sono di pattuglia insieme per una missione molto rischiosa. Mike è un tiratore scelto, ma, al momento in cui dovrebbe, si rifiuta di fare il suo dovere, si rifiuta di uccidere, perché dovrebbe interrompere un momento di festa con il sangue.
La fuga dei due amici, verso una salvezza che si allontana sempre più s'interromperà in un campo minato. E per una settimana, quel campo diventerà il luogo in cui Mike si è bloccato, senza riuscire a fare un solo passo in avanti. Da luogo interiore si trasformerà in luogo fisico e in quel teatro si materializzeranno tutte le sue paure.
Lì lo dilanieranno i suoi demòni, tutti i suoi demòni saranno evocati e terranno un “Sabba” intorno al suo corpo sempre più assetato, affamato, ferito, debole.
Quando l'anima di un uomo muore, non c'è nessun rimedio. Può apparire all'esterno che la sua vita continui a scorrere esattamente come sempre, ma la sua anima si è spenta e questo gli impedisce di andare avanti. Diventa un contenitore vuoto e nulla ha più senso. Rimane intrappolato come in un carcere buio. Niente sembra poter cambiare la sua disperazione in luce.
Il protagonista, Armie Hammer, è di una bravura straordinaria. La regia è perfetta, ed è incredibile che sia una quasi-opera prima per due artisti autodidatti, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro. Due amici, proprio come Mike e Tommy, che hanno deciso di lanciarsi in questa incredibile avventura che è fare cinema.
Questo film meriterebbe grandi premi, in primo luogo perché è realizzato benissimo, e poi perché parla, in un modo schietto e pulito di uno dei peggiori crimini dei governi occidentali: l'aver disseminato di mine interi territori; aver rubato la vita, gli arti, la gioia a tante migliaia di uomini, donne e soprattutto bambini. Non stiamo parlando di “governi canaglia”, complici dei terroristi, ma dei nostri governi.
C'è una presenza oscura e malefica nel profondo di Mike, suo padre era un alcolizzato violento (come spesso accade siano gli alcolisti) e Mike ha conosciuto l'inferno, ci ha vissuto dentro: era la sua infanzia. Ma quel padre, così violento, così incapace di essere uomo, era suo padre e Mike, se non farà i conti con lui non potrà andare avanti. Ecco perché è arrivato col piede su quella mina. Quel campo minato è una straordinaria occasione per lui per evocare tutti i fantasmi che l'hanno condotto alla morte dell'anima.
E solo l'abbraccio di suo padre potrà liberarlo: perché, nonostante tutto, è suo padre.
Quando l'anima di un uomo muore, sembra non esserci nessun rimedio, perché noi non lo sappiamo, o facciamo finta d'ignorarlo, ma la nostra anima può morire.
Però indubitabilmente il Bene verrà da noi e la farà risorgere.
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alberto
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venerdì 19 maggio 2017
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ottimo esordio per fabio e fabio
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Abbiamo una nuova coppia nel cinema "italiano": Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, due registi esordienti ormai conosciuti con l'appellativo di Fabio e Fabio e che con "Mine" ( da alcuni pronunciato main da altri semplicemente mine) sono favoriti ai David di Donatello, da una parte perché hanno contribuito a proseguire il percorso sui generis che stanno attuando i nostri director (dal cinecomic di Mainetti allo sportivo "Veloce come il vento" di Rovere), dall'altra perchè in contemporanea hanno raccontato una storia che non è fine a se stessa, non si riduce ad un semplice trap-movie, ma al contrario riesce sia a intrattenere e a comunicare tensione allo spettatore, sia a lanciare un messaggio bellissimo e importante: nella vita un ostacolo, ciò che ti blocca e ti trattiene nel dubbio è uguale all'altro; vuoi rimanere con un piede su una mina ed essere costretto ad aspettare per molte ore i soccorsi, vuoi trovarsi davanti i propri genitori in pessimi rapporti, si tratta sempre di prove che la vita si diverte a piazzare e nonostante tutto, il passo in avanti va fatto, una volta che lasci il piede fermo è finita.
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Abbiamo una nuova coppia nel cinema "italiano": Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, due registi esordienti ormai conosciuti con l'appellativo di Fabio e Fabio e che con "Mine" ( da alcuni pronunciato main da altri semplicemente mine) sono favoriti ai David di Donatello, da una parte perché hanno contribuito a proseguire il percorso sui generis che stanno attuando i nostri director (dal cinecomic di Mainetti allo sportivo "Veloce come il vento" di Rovere), dall'altra perchè in contemporanea hanno raccontato una storia che non è fine a se stessa, non si riduce ad un semplice trap-movie, ma al contrario riesce sia a intrattenere e a comunicare tensione allo spettatore, sia a lanciare un messaggio bellissimo e importante: nella vita un ostacolo, ciò che ti blocca e ti trattiene nel dubbio è uguale all'altro; vuoi rimanere con un piede su una mina ed essere costretto ad aspettare per molte ore i soccorsi, vuoi trovarsi davanti i propri genitori in pessimi rapporti, si tratta sempre di prove che la vita si diverte a piazzare e nonostante tutto, il passo in avanti va fatto, una volta che lasci il piede fermo è finita. Nella campagna promozionale hanno promesso un semplice thriller valorizzato da un'interessante idea di base, ma la pellicola regala qualcosa di più: nel deserto in cui si trovano due soldati di ritorno da una missione fallita si materializzerà di tutto: insidie e sostegni, nemici e alleati, ricordi buoni e ricordi cattivi, ma soprattutto il più scontato tra i valori, la speranza. Il protagonista, interpretato da Armie Hammer (entrato molto nella parte), pur credendo di essere sfortunatissimo, scoprirà invece l'esatto opposto, grazie anche alle pillole di saggezza dell'intermezzo comico del film, impersonato dal simpaticissimo Clint Dyer. Fabio e Fabio hanno costruito dunque una sceneggiatura solida e hanno diretto in maniera sicura, tanto da non dover invidiare i thriller americani (va detto comunque che la produzione è americana/spagnola). Bella la fotografia di Villanova, appropriate le musiche di Balboni e Bonini e anche gli effetti digitali sono candidati ai David. Inoltre sono molte le scene in cui la tensione è alle stelle e non è escluso che a qualcuno potrebbe scappare una lacrimuccia. Un'opera davvero ben congegnata. Andiamone fieri.
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sir branco
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giovedì 13 ottobre 2016
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inaspettatamente fluido e flashback vaporosi
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Ciò che mi incuriosiva di Mine era la sua trama, il fatto che fosse - semplificando - per un terzo italiano e che fosse per i registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro l'opera prima.
La trama parla di un soldato che si ritrova in un campo minato, quando pesterà una mina però, grazie alla prontezza di riflessi, riuscirà a non sollevare il piede evitando così di innescarla. Si troverà quindi a dover resistere per ore fino all'arrivo dei rinforzi.
Il film non inizia nel miglior dei modi. Con delle scene d'azione girate con una shaky cam ridicola. Con degli scambi di battute fiacche. Con delle dune e catene montuose posticcie incollate all'orizzonte.
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Ciò che mi incuriosiva di Mine era la sua trama, il fatto che fosse - semplificando - per un terzo italiano e che fosse per i registi Fabio Guaglione e Fabio Resinaro l'opera prima.
La trama parla di un soldato che si ritrova in un campo minato, quando pesterà una mina però, grazie alla prontezza di riflessi, riuscirà a non sollevare il piede evitando così di innescarla. Si troverà quindi a dover resistere per ore fino all'arrivo dei rinforzi.
Il film non inizia nel miglior dei modi. Con delle scene d'azione girate con una shaky cam ridicola. Con degli scambi di battute fiacche. Con delle dune e catene montuose posticcie incollate all'orizzonte.
Ma come il film prosegue devo ammettere che ti cattura. Inizialmente il survival sembra voler prendere una piega descrittiva. Che a me non dispiace, adoro vedere la camera soffermarsi su tutti i procedimenti utili a sopravvivere. Ma l'organizzazione viene pian piano meno come pian piano meno viene la salute mentale del protagonista. Che comincia a farsi domande e ad avere visioni del passato.
Ed è qua che Mine si diversifica e trova il suo punto di forza. I flashback non sono utilizzati in modo morboso per aumentare forzatamente la drammaticità, ma anzi rimangono sospesi, non approfonditi eccessivamente, rappresentati come emozioni più che storie. Seppure non mi siano andate giù parecchie cose di Mine, devo ammettere che ha una fluidità da non sottovalutare, specialmente se pensiamo che si tratta di un'opera prima.
P.S.: Sto sperimentando con le “videorecensioni”, se volete supportarmi in questo esperimento visitate youtube.com/watch?v=LuBEQ4bz1d4 aiutandomi con un "mi piace", un’iscrizione o anche solo con una visualizzazione e se possibile fatemi sapere cosa ne pensate. Vi ringrazio :)
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dhany coraucci
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venerdì 21 ottobre 2016
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tra le dune sassose di una stupefacente creatività
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Si firmano Fabio & Fabio come se fossero una griffe di moda e in effetti si fanno portavoce, al pari dei nostri stilisti, della grande creatività italiana. Io personalmente non li avevo mai sentiti nominare ed ecco che arrivano nelle sale con una storia davvero particolare e con un cast tutto americano ed eccellente nel quale spicca il bellissimo Armie Hammer che avevo già notato nel film J.Edgar di Clint Eastwood e che ha creduto a tal punto al progetto italiano da esserne anche il produttore. Bisogna dare atto ai nostri connazionali che si misurano alla loro prima prova con un film difficilissimo, tutto giocato sul volto e sul corpo (immobile) di Armie, tiratore scelto dei Marines dislocato in un deserto terribile, nel nulla assoluto e assolato, dove le uniche certezze sono le micidiali tempeste di sabbia.
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Si firmano Fabio & Fabio come se fossero una griffe di moda e in effetti si fanno portavoce, al pari dei nostri stilisti, della grande creatività italiana. Io personalmente non li avevo mai sentiti nominare ed ecco che arrivano nelle sale con una storia davvero particolare e con un cast tutto americano ed eccellente nel quale spicca il bellissimo Armie Hammer che avevo già notato nel film J.Edgar di Clint Eastwood e che ha creduto a tal punto al progetto italiano da esserne anche il produttore. Bisogna dare atto ai nostri connazionali che si misurano alla loro prima prova con un film difficilissimo, tutto giocato sul volto e sul corpo (immobile) di Armie, tiratore scelto dei Marines dislocato in un deserto terribile, nel nulla assoluto e assolato, dove le uniche certezze sono le micidiali tempeste di sabbia. E' molto realistico e ci trasmette il calore e la sete e quel senso di inevitabilità che sono impressi in ogni granello di sabbia del Medio Oriente, ma è anche straniante e visionario, ammaliante e fantasioso e come spesso accade quando è un deserto a fare da cornice alla storia (vedi Il deserto dei Tartari) il paesaggio si trasforma in uno spazio mentale, nella complessa e sabbiosa successione di dune che simboleggia l'inconscio. Molto ben scritto! Molto interessante!
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gdahlia
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domenica 23 ottobre 2016
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un survival filosofico
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Per chi,come me, entra in sala credendo di trovarsi di fronte a un survival alla "127 ore" di Danny Boyle si troverà spiazzato... A dire il vero nella prima parte del film un po'di scene in stile "127 ore" le ho viste, cosa che inizialmente mi ha fatto pensare a una scopiazzatura facendomi storcere un po' il naso, ma fortunatamente il film prende subito una piega del tutto diversa andando a toccare temi filosofici e psicologici molto sensibili, cosa che ho apprezzato molto. Peccato per l'ultima parte che ho trovato personalmente un po' troppo melodrammatica, forse si poteva calcare leggermente meno il dito sui flashback. Sul finale niente da dire, rinchiude in sè tutto il senso del film e mi è piaciuto molto.
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Per chi,come me, entra in sala credendo di trovarsi di fronte a un survival alla "127 ore" di Danny Boyle si troverà spiazzato... A dire il vero nella prima parte del film un po'di scene in stile "127 ore" le ho viste, cosa che inizialmente mi ha fatto pensare a una scopiazzatura facendomi storcere un po' il naso, ma fortunatamente il film prende subito una piega del tutto diversa andando a toccare temi filosofici e psicologici molto sensibili, cosa che ho apprezzato molto. Peccato per l'ultima parte che ho trovato personalmente un po' troppo melodrammatica, forse si poteva calcare leggermente meno il dito sui flashback. Sul finale niente da dire, rinchiude in sè tutto il senso del film e mi è piaciuto molto. Scelgo di dare 4 stelle come incentivo alla freschezza che i due registi italiani hanno apportato al nostro panorama che ne ha sicuramente bisogno!
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