Dopo i lutti del figlio (La stanza del figlio) e della moglie (Caos calmo), ecco l'ultimo episodio di una sorta di trilogia... con Mia madre.
Come in altri film su di un tema narrativo (in questo caso la malattia della madre), sviluppa il vero soggetto, cioè lo smarrimento derivante dall'inadeguatezza (come in Habemus Papam).
Questa volta ad impersonarlo è una splendida Margherita Buy, in un ruolo che gli entra a pennello: una cinquantenne che per mestiere fa la regista e quindi per definizione gestisce i comportamenti ed i movimenti degli altri; nel passaggio topico in cui la madre si invecchia, torna bambina e muore, Margherita perde le proprie sicurezze nel lavoro, con il compagno, con la madre e con la figlia.
Simbolo di questa impossibilità a comprendere, gestire e controllare la realtà è un magnifico Turturro, praticamente nei panni di stesso e senza doppiaggio (che bello lo spezzone tagliato che circola in rete); irritante, funambolico e soprattutto ingestibile; una goccia per il sistema nervoso di Margherita. In tal senso la scelta di inserire in sceneggiatura un personaggio come Turturro è geniale: da una parte arricchisce di qualità e di leggerezza: dall'altra diventa l'improbabile personificazione della ingestibilità delle situazioni della vita.
Ma anche l'allagamento della casa, il confronto con un fratello "perfetto" nella gestione della madre, la figlia che si confida con la nonna e non con lei, l'ex compagno che mette a nudo i suoi difetti, la troupe ingestibile.
A differenza di Habemus Papam dove l'inadeguatezza era rispetto ad un compito immane ed improbabile (diventare papa appunto), questa volta l'inadeguatezza è verso la vita normale o meglio l'inadeguatezza che deriva dalla insana spinta a voler controllare e gestire la propria vita e spesso anche quella degli altri.
Una parola infine su Moretti attore. Non mi sembra abbia grandi qualità attoriali e in passato nei suoi film l'elemento stonato mi sembrava proprio la sua presenza; questa volta ha avuto l'intuizione di ritagliarsi un ruolo secondario, neutro, positivo, stabile, alter ego della protagonista inquieta, quasi un'altra margherita, quasi quel che vorrebbe essere margherita.
Moretti sembra non disturbare il film, come una presenza laterale del regista, che non è solo dietro, ma alle volte anche a fianco degli attori.
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