peer gynt
|
mercoledì 9 settembre 2015
|
l'ermellino innamorato
|
|
|
|
Brillante commedia francese, dalla scrittura impeccabile, che racconta del giudice Xavier Racine, uomo di legge rigido e inflessibile, maniacale e razionale, che riconoscendo nella giurata Ditte Lorensen-Coteret l'anestesista che lo aveva assistito durante una sua passata ospedalizzazione si innamora come un ragazzino ed inizia una corte tenace, ma non priva di garbo, nei confronti della bella signora (il giudice è il sempre ottimo Fabrice Luchini, la giurata è una fascinosa attrice olandese, Sidse Babett Knudsen). La dialettica fra l'umanità dell'infermiera anestesista, che sa comunicare al paziente con una semplice stretta di mano una partecipazione emotiva, e la disumanità del giudice che vuole mantenersi distante dalle mille storie di veri esseri umani che gli passano davanti, è resa con sincera intensità e senza alcuna retorica.
[+]
Brillante commedia francese, dalla scrittura impeccabile, che racconta del giudice Xavier Racine, uomo di legge rigido e inflessibile, maniacale e razionale, che riconoscendo nella giurata Ditte Lorensen-Coteret l'anestesista che lo aveva assistito durante una sua passata ospedalizzazione si innamora come un ragazzino ed inizia una corte tenace, ma non priva di garbo, nei confronti della bella signora (il giudice è il sempre ottimo Fabrice Luchini, la giurata è una fascinosa attrice olandese, Sidse Babett Knudsen). La dialettica fra l'umanità dell'infermiera anestesista, che sa comunicare al paziente con una semplice stretta di mano una partecipazione emotiva, e la disumanità del giudice che vuole mantenersi distante dalle mille storie di veri esseri umani che gli passano davanti, è resa con sincera intensità e senza alcuna retorica. E lo studio del mondo femminile, come spesso nel cinema francese, è ampio e variegato (non ultima l'adolescente figlia di Ditte, che mostra il lato, sempre amato dai francesi, incosciente e seduttivo delle jeunes filles en fleurs). Infine, dettaglio che non guasta e contribuisce a rendere piacevolissima la visione di questo film, troviamo anche spunti di riflessione su verità e giustizia e sul sottile rapporto che lega la ritualità della giustizia al teatro e sul gioco delle parti fra accusati e accusatori (e allora il nome del personaggio, Racine, è come un abito di scena, non meno evidente dell'ermellino del titolo).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a peer gynt »
[ - ] lascia un commento a peer gynt »
|
|
d'accordo? |
|
alex2044
|
lunedì 21 marzo 2016
|
bravi tutti regista attori comprimari e comparse
|
|
|
|
La Corte è un film minimalista , fatto di poche inquadrature ma con un risultato finale per nulla insoddisfacente anzi . Merito di Fabrice Luchini che nella parte del presidente della corte è come sempre impeccabile con i suoi sguardi sempre più espliciti di qualunque profluvio di parole insomma il solito fuoriclasse ma anche e qui è la sorpresa , di Sidse Babett Knudsen che nella parte della giurata , di cui il presidente è segretamente innamorato , è bravissima ed intesissima . Il piccolo duello fra di loro a base sguardi , nel finale del film ,è un piccolo gioiello di intensità espressiva ed anche emotiva .
[+]
La Corte è un film minimalista , fatto di poche inquadrature ma con un risultato finale per nulla insoddisfacente anzi . Merito di Fabrice Luchini che nella parte del presidente della corte è come sempre impeccabile con i suoi sguardi sempre più espliciti di qualunque profluvio di parole insomma il solito fuoriclasse ma anche e qui è la sorpresa , di Sidse Babett Knudsen che nella parte della giurata , di cui il presidente è segretamente innamorato , è bravissima ed intesissima . Il piccolo duello fra di loro a base sguardi , nel finale del film ,è un piccolo gioiello di intensità espressiva ed anche emotiva . I premi che hanno ricevuto , in tempi diversi , Venezia e Cesar , per le loro interpretazioni sono assolutamente meritati .Gli attori sono quindi molto importanti ma il regista Christian Vincent , anche lui premiato a Venezia per la sceneggiatura , ha avuto il notevole merito di inserire quella che non è altro che una storia d'amore fra le pieghe di un caso giudizioziaro , complicato e terribile , che tiene desta l'attenzione dello spettatore per tutta la durata del film . Con alcune scene come quella che descrive il primo incontro in un bistrot ,durante una pausa del processo , fra i giurati assolutamente formidabile . Un momento di cinema per niente banale nel quale con pochi ma precisi accenni vengono tratteggiati i caratteri dei componenti la giuria . Facendoli illuminare di luce propria anche se solo per pochi attimi . Non è da tutti una capacità di sintesi del genere che viene ulteriormente dimostrata nella descrizione dei caratteri dei genitori della piccola vittima , due giovani sbandati chiusi nel loro dolore misto a rimorso e di quella dell'atmosfera del processo particolarmente istruttiva per chi non è avvezzo a simili avvenimenti . Per concludere il film finisce in gloria per i due protagonisti ed è giusto così quasi a dimostrare che la vita è sentimento o non è anche per quelli un po' restii a lasciarsi andare . Insomma bravi tutti , regista , attori , comprimari , comparse . Bisogna ammetterlo i francesi per quanto riguarda un cinema medio sono proprio bravi perchè riescono a trarre dal poco molto .
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alex2044 »
[ - ] lascia un commento a alex2044 »
|
|
d'accordo? |
|
vanessa zarastro
|
mercoledì 30 marzo 2016
|
il privato del giudice
|
|
|
|
In linea con libri e film francesi dove gli ispettori, i giudici o i Presidenti della corte d’appello sono umani, anche quando professionalmente severi. Cristian Vincent apre uno squarcio sul privato del giudice integerrimo Xavier Racine, molto ben interpretato da Fabrice Luchini: una brutta influenza, un divorzio in atto. Ha un assoluto bisogno di complicità che cerca e trova in una giurata estratta a sorte Ditte Lorensen-Coteret (la brava Sidse Babett Knudsen) che guardacaso è un’infermeria dell’ospedale dove Racine era stato ricoverato tempo addietro per un brutto incidente. Il volto sorridente di Ditte al suo risveglio è rimasto per Racine un volto amico che si sente rassicurato dalla presenza della donna.
[+]
In linea con libri e film francesi dove gli ispettori, i giudici o i Presidenti della corte d’appello sono umani, anche quando professionalmente severi. Cristian Vincent apre uno squarcio sul privato del giudice integerrimo Xavier Racine, molto ben interpretato da Fabrice Luchini: una brutta influenza, un divorzio in atto. Ha un assoluto bisogno di complicità che cerca e trova in una giurata estratta a sorte Ditte Lorensen-Coteret (la brava Sidse Babett Knudsen) che guardacaso è un’infermeria dell’ospedale dove Racine era stato ricoverato tempo addietro per un brutto incidente. Il volto sorridente di Ditte al suo risveglio è rimasto per Racine un volto amico che si sente rassicurato dalla presenza della donna. Infatti le chiederà di assistere anche ad un nuovo processo dove lei non ricopre alcun ruolo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a vanessa zarastro »
[ - ] lascia un commento a vanessa zarastro »
|
|
d'accordo? |
|
pintaz
|
lunedì 4 aprile 2016
|
in piedi, la corte...
|
|
|
|
Il Presidente della Corte d'Assise (Fabrice Luchini) è un giudice integerrimo. Viene definito "a doppia cifra" in quanto le condanne prevedono un minimo di 10 anni. Chiamato a presiedere un caso di omicidio di una bimba di 7 mesi da parte del padre, la propria fermezza al limite della spigolosità inizia a crollare quando si rende conto, tramite estrazione, che nella giuria popolare ritrova Birgit, una donna che aveva conosciuto in un ospedale a causa di un brutto incidente avvenuto anni prima, amandola, senza che lei ne fosse a conoscenza. Film essenziale ma straordinariamente delicato. Nella primissima parte della pellicola si pensa a un giallo con la cronologia della ricostruzione degli eventi drammatici avvenuti all'interno dell'appartamento dove è morta la piccola.
[+]
Il Presidente della Corte d'Assise (Fabrice Luchini) è un giudice integerrimo. Viene definito "a doppia cifra" in quanto le condanne prevedono un minimo di 10 anni. Chiamato a presiedere un caso di omicidio di una bimba di 7 mesi da parte del padre, la propria fermezza al limite della spigolosità inizia a crollare quando si rende conto, tramite estrazione, che nella giuria popolare ritrova Birgit, una donna che aveva conosciuto in un ospedale a causa di un brutto incidente avvenuto anni prima, amandola, senza che lei ne fosse a conoscenza. Film essenziale ma straordinariamente delicato. Nella primissima parte della pellicola si pensa a un giallo con la cronologia della ricostruzione degli eventi drammatici avvenuti all'interno dell'appartamento dove è morta la piccola. Lentamente l'attenzione viene rivolta ai due protagonisti con un continuo contraltare tra il desiderio di amare da parte di lui (forse unico mai provato nella vita), e il rifiuto, iniziale, di lei incredula di tanta passione nei suoi confronti.
Il primo incontro fra il giudice e la dottoressa all'interno di un piccolo locale di provincia è fantastico. Gli sguardi, i piccoli sorrisi, la delusione nel rifiuto, la voglia di non chiudere nessuna porta ma di aprirsi l'uno all'altra. Uno spaccato di cinema veramente speciale.
Inutile negare che lo sguardo finale di lui vale il prezzo del biglietto. Con voce greve alla soglia dell'ultima frustrazione arrivata senza nemmeno poter sospirare, si accinge a iniziare l'ennesimo processo con le parole di rito. Quando si accorge che lei rientra in aula con lo stesso vestito con il quale si erano conosciuti, lentamente gli occhi si fondono con la bocca formando non un sorriso ma una gioia mista a incredulità che nessuna parola, ma solo gli sguardi, possono far comprendere. Quel gusto unico dell'incontro desiderato da sempre farà apparire la toga di ermellino, da quel momento, meno ingombrante...
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pintaz »
[ - ] lascia un commento a pintaz »
|
|
d'accordo? |
|
giulio vivoli
|
domenica 10 aprile 2016
|
amore e giustizia
|
|
|
|
La potenza evocatrice di un incontro capace di trasformare la personalità e cambiare naturalmente visione e senso della vita: è quello che accade ad un inflessibile Fabrice Luchini, giudice di Corte d’ Assise che passa dal cappotto blu e la sciarpa rossa alla toga con ermellino, dal carattere chiuso e schivo, lo stile di vita austero e abitudinario, nel ritrovare in aula di tribunale come giurato popolare la premurosa anestesista che lo aveva accudito e colpito sentimentalmente durante una precedente degenza ospedaliera. Il film è una godibile commedia molto delicata sia nel racconto che nelle immagini, fatte di sguardi discreti e imbarazzati e di tenere carezze, il tutto avvolto in un’atmosfera da favola sentimentale vera e credibile, perché resta sempre a contatto con la realtà quotidiana: due diverse solitudini che si incontrano, i commenti ironici e sarcastici dei giurati togati e popolari, un processo per infanticidio a carico di due genitori giovani e sbandati ad appesantire la vicenda di pathos e seriosità.
[+]
La potenza evocatrice di un incontro capace di trasformare la personalità e cambiare naturalmente visione e senso della vita: è quello che accade ad un inflessibile Fabrice Luchini, giudice di Corte d’ Assise che passa dal cappotto blu e la sciarpa rossa alla toga con ermellino, dal carattere chiuso e schivo, lo stile di vita austero e abitudinario, nel ritrovare in aula di tribunale come giurato popolare la premurosa anestesista che lo aveva accudito e colpito sentimentalmente durante una precedente degenza ospedaliera. Il film è una godibile commedia molto delicata sia nel racconto che nelle immagini, fatte di sguardi discreti e imbarazzati e di tenere carezze, il tutto avvolto in un’atmosfera da favola sentimentale vera e credibile, perché resta sempre a contatto con la realtà quotidiana: due diverse solitudini che si incontrano, i commenti ironici e sarcastici dei giurati togati e popolari, un processo per infanticidio a carico di due genitori giovani e sbandati ad appesantire la vicenda di pathos e seriosità. Fino ad una sentenza assolutoria in nome della legge che “non deve affermare la verità, ma i principi del diritto”, frutto di rinnovati indulgenza ed equilibrio di giudizio, che l’arrivo dell’Amore porta magicamente con sé.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a giulio vivoli »
[ - ] lascia un commento a giulio vivoli »
|
|
d'accordo? |
|
alex62
|
sabato 8 ottobre 2016
|
le passanti
|
|
|
|
Che splendido film! Una piccolo e umile canto alla Bellezza, la bellezza che rende la vita meno amara, che ci rende meno tetra addirittura la morte prossima ventura.
Non possiamo sapere la verità: essa non è alla nostra portata; qualsiasi tentativo di svelarla: letteralmente di togliere ogni velo e poterla osservare in tutta la sua nudità, ci è precluso. La verità, forse grazie a Dio, non è sotto il nostro dominio. Ma…quel baluginio scintillante, istantaneo che possiamo cogliere nella bellezza, quella che ci viene offerta di rado, quella di una donna principalmente, quella che infine chiamiamo charme ed è sempre più rara, in questo universo volgare e violento, lì, in quell'istante perfetto scopriamo che averci privato della verità non è il capriccio arbitrario di Dèi privi di scrupoli verso i miseri mortali.
[+]
Che splendido film! Una piccolo e umile canto alla Bellezza, la bellezza che rende la vita meno amara, che ci rende meno tetra addirittura la morte prossima ventura.
Non possiamo sapere la verità: essa non è alla nostra portata; qualsiasi tentativo di svelarla: letteralmente di togliere ogni velo e poterla osservare in tutta la sua nudità, ci è precluso. La verità, forse grazie a Dio, non è sotto il nostro dominio. Ma…quel baluginio scintillante, istantaneo che possiamo cogliere nella bellezza, quella che ci viene offerta di rado, quella di una donna principalmente, quella che infine chiamiamo charme ed è sempre più rara, in questo universo volgare e violento, lì, in quell'istante perfetto scopriamo che averci privato della verità non è il capriccio arbitrario di Dèi privi di scrupoli verso i miseri mortali. Gli Dèi c'invidiano anzi, proprio per quella intensità, della quale essi sono ETERNAMENTE privi, l'intensità di quegli sparuti momenti di Bellezza che ci vengono elargiti. Loro vivono senza fine, quindi il loro benessere è estensivo, mentre noi abbiamo di fronte ogni istante il gelido destino che ci attende, quel fato che ad ogni istante può coglierci e farci scomparire, per sempre. Ma propio la coscienza del fatto che quesgli sparuti istanti di Bellezza possono finire un istante dopo, li rende per noi d'inestimabile valore: è questo che gli Dèi c'invidiano.
Questo regista, Christian Vincent, ce lo sa raccontare con una umiltà ed una sapienza molto rare nel cinema di oggi. Ci convice a lasciarci avvincere e convincere da una vicenda giudiziaria che si rivela, ma solo alla fine, niente altro che una semplice “scenografia”! Il dramma era altrove e noi ci lasciamo estraniare grazie all'arte di due splendidi attori e una ressa di comprimari memorabili. I protagonisti sono: Fabrice Luchini e Sidse Babett Knudsen. La seconda, splendida 47enne attrice danese la vedremo spesso quest'anno, dopo il César vinto proprio per l'interpretazione come protagonista femminile nel film La Corte. Il primo, figlio di genitori entrambi umbri, l'avevamo visto primeggiare, di recente, in due film strambi: Molière in bicicletta e Gemma Bovery. In entrambi il nostro era infelicemente innamorato di donne irraggiungibili. Ed entrambi i film alludevano a o sbeffeggiavano grandi classici della letteratura. Anche in questa pellicola c'è un'astuto rincorrersi di colte citazioni, però sempre mimetizzate e mai fatte calare dall'alto, come sul volgo incolto e plebeo. Insomma senza alcuna saccenza.
Ma la citazione che svela il tema del racconto riguarda una stupenda canzone di Brassens, Le passanti. Le parole sono dello sfortunato poeta Antoine Pol.
“…se la vita è andata male, / si pensa con un po' di rimpianto / a tutte quelle felicità intraviste, / ai baci che non si osò prendere, / ai cuori che forse vi attendono, / agli occhi mai più rivisti…”.
Ci sono due vite andate male alle spalle dei due protagonisti, che si ritrovano i volti segnati da alcune rughe espressive, solchi che però non sono riusciti a nascondere una vitalità ancora incuriosità e sensuale. Inoltre c'è l'amarezza del rimpianto per non aver saputo o voluto cogliere quella grande occasione di riscatto che forse viene offerta una volta sola, chissà, forse mai più…come si trattasse di una sentezza di condanna che può spezzare un'esistenza intera. C'è un desiderio di donarsi che non ha trovato il luogo perfetto, che vuol dire l'essere umano unico al mondo con il quale condividere tutto di sé. L'imputato del processo in corso invece l'ha trovato ed è disposto a sacrificare la sua libertà pur di salvarlo: di tratta della moglie.
Il giudice Racine invece si è convinto che si è lasciato sfuggire, come acqua che scorre fra le mani, la compagna perfetta e non vuole arrendersi, nonostante l'età, le convenienze e la timidezza…Il momento culminante si consuma sulla scala del bistrot che conduce al piano superiore, appartato, dove si svolgono gl'incontri tra i due protagonisti.
Lì il giudice decide: sceglie di andare fino in fondo nella sfida esistenziale più importante.
E dunque il finale del film contraddice meravigliosamente il finale della canzone:
“Allora, nelle sere di stanchezza / mentre si popola la propria solitudine / di fantasmi del ricordo / si piangono le labbra assenti / di tutte quelle passanti / che non si è saputo trattenere”.
Proprio per sfuggire alla solitudine popolata di fantasmi, anticamera di una morte solitaria.
E invece il giudice timido, che è stato sempre guidato da un'etica severa ma limpida, che ha imparato, dopo tante battaglie e sconfitte che lui non possiede la verità e che la verità continuerà a nascondersi, per quanto la si persegua, infine sceglie: trattiene la sua splendida passante…e lei si lascia trattenere.
Lei sceglie di continuare a posare il suo sguardo su di lui…
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alex62 »
[ - ] lascia un commento a alex62 »
|
|
d'accordo? |
|
no_data
|
lunedì 28 marzo 2016
|
la realtà sotto la lente di ingrandimento
|
|
|
|
La realtà ha un doppio binario e lo dice sapientemente il titolo scelto per il mercato italiano dal distrubutore, che una volta ogni tanto ha centrato pienamente l'essenza del film. Così La Corte che vista da lontano è intesa come Istituzione giudiziaria con i suoi giudici avvocati, giudici, giurati e pubblici ministeri se guardata con la lente di ingrandimento, da vicino si trasforma in una "corte", nella storia, cioè, del corteggiamento di un Presidente di Corte di Appello, Xavier Racine (magistralmente interpretato da Fabrice Luchini[+]
La realtà ha un doppio binario e lo dice sapientemente il titolo scelto per il mercato italiano dal distrubutore, che una volta ogni tanto ha centrato pienamente l'essenza del film. Così La Corte che vista da lontano è intesa come Istituzione giudiziaria con i suoi giudici avvocati, giudici, giurati e pubblici ministeri se guardata con la lente di ingrandimento, da vicino si trasforma in una "corte", nella storia, cioè, del corteggiamento di un Presidente di Corte di Appello, Xavier Racine (magistralmente interpretato da Fabrice Luchini ) imperturbabile e solenne giudice, inflessibile terrore di tutti gli imputati (quando lo si guarda da lontano), in un timido e impacciato corteggiatore se osservato da vicino nel suo intimo. Un film minimalista che è tutto giocato sulla realtà vista in modo affrettato e superficiale (quando osservata da lontano) ed una molto più umana, a tutto tondo, quando viene osservata al microscopio. Una regia così magistralmente prepotente da risultare quasi inesitente per la capacità di lasciare pieno spazio all'espressività dei voti di tutti gli interpreti che se la giocano tutta nei non pochi primi piani. Infatti è tutto un gioco di alternanza tra primi piani a campi lunghi che trasformano un avvocato quasi totalmente inesistente (sempre impegnato in conversazioni telefoniche con "altri" clienti) in un magistrale Perry Mason fondamentale per la vita del proprio cliente/imputato. In ultima analisi la scelta di osservare la vita in profondità con serena e pacata saggezza trasforma la vita e la rende degna di essere vissuta cosa che, forse, non sarebbe se fosse vista con superficialità e distacco. Un film che lascia dopo 98' di visione totalmente in pace con se stessi e gli altri; appagati dall'aver potuto assistere non ad una proiezione cinematografica ma ad uno svolgersi della vita di alcune persone nella loro piena e totale quotidianità.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a no_data »
[ - ] lascia un commento a no_data »
|
|
d'accordo? |
|
no_data
|
lunedì 28 marzo 2016
|
la realtà sotto la lente di ingrandimento
|
|
|
|
La realtà ha un doppio binario e lo dice sapientemente il titolo scelto per il mercato italiano dal distrubutore, che una volta ogni tanto ha centrato pienamente l'essenza del film. Così La Corte che vista da lontano è intesa come Istituzione giudiziaria con i suoi giudici avvocati, giudici, giurati e pubblici ministeri se guardata con la lente di ingrandimento, da vicino si trasforma in una "corte", nella storia, cioè, del corteggiamento di un Presidente di Corte di Appello, Xavier Racine (magistralmente interpretato da Fabrice Luchini[+]
La realtà ha un doppio binario e lo dice sapientemente il titolo scelto per il mercato italiano dal distrubutore, che una volta ogni tanto ha centrato pienamente l'essenza del film. Così La Corte che vista da lontano è intesa come Istituzione giudiziaria con i suoi giudici avvocati, giudici, giurati e pubblici ministeri se guardata con la lente di ingrandimento, da vicino si trasforma in una "corte", nella storia, cioè, del corteggiamento di un Presidente di Corte di Appello, Xavier Racine (magistralmente interpretato da Fabrice Luchini ) imperturbabile e solenne giudice, inflessibile terrore di tutti gli imputati (quando lo si guarda da lontano), in un timido e impacciato corteggiatore se osservato da vicino nel suo intimo. Un film minimalista che è tutto giocato sulla realtà vista in modo affrettato e superficiale (quando osservata da lontano) ed una molto più umana, a tutto tondo, quando viene osservata al microscopio. Una regia così magistralmente prepotente da risultare quasi inesitente per la capacità di lasciare pieno spazio all'espressività dei voti di tutti gli interpreti che se la giocano tutta nei non pochi primi piani. Infatti è tutto un gioco di alternanza tra primi piani a campi lunghi che trasformano un avvocato quasi totalmente inesistente (sempre impegnato in conversazioni telefoniche con "altri" clienti) in un magistrale Perry Mason fondamentale per la vita del proprio cliente/imputato. In ultima analisi la scelta di osservare la vita in profondità con serena e pacata saggezza trasforma la vita e la rende degna di essere vissuta cosa che, forse, non sarebbe se fosse vista con superficialità e distacco. Un film che lascia dopo 98' di visione totalmente in pace con se stessi e gli altri; appagati dall'aver potuto assistere non ad una proiezione cinematografica ma ad uno svolgersi della vita di alcune persone nella loro piena e totale quotidianità.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a no_data »
[ - ] lascia un commento a no_data »
|
|
d'accordo? |
|
no_data
|
lunedì 11 aprile 2016
|
luchini for president
|
|
|
|
Dopo “La cuoca del Presidente”, Christian Vincent fa centro pieno con il suo nuovo film, di cui firma anche la sceneggiatura (premiata a Venezia). LA CORTE è la storia d'amore tra uno scorbutico Presidente di Corte d'Assise e una giurata, di cui l'uomo si era perdutamente innamorato qualche anno prima quando lei, anestesista. l'aveva assistito per un'operazione chirurgica all'anca. Vincent ci fa seguire l'intero processo che vede un uomo accusato di aver ucciso a calci la figlioletta neonata. Noi non sappiamo come siano andati realmente i fatti, e non lo sa neanche la giuria, ragione in più per riflettere sull'applicazione della giustizia.
[+]
Dopo “La cuoca del Presidente”, Christian Vincent fa centro pieno con il suo nuovo film, di cui firma anche la sceneggiatura (premiata a Venezia). LA CORTE è la storia d'amore tra uno scorbutico Presidente di Corte d'Assise e una giurata, di cui l'uomo si era perdutamente innamorato qualche anno prima quando lei, anestesista. l'aveva assistito per un'operazione chirurgica all'anca. Vincent ci fa seguire l'intero processo che vede un uomo accusato di aver ucciso a calci la figlioletta neonata. Noi non sappiamo come siano andati realmente i fatti, e non lo sa neanche la giuria, ragione in più per riflettere sull'applicazione della giustizia. Ma il processo serve a Vincent solo da sfondo per la dichiarazione d'amore del Presidente Racine (un monumentale Fabrice Luchini, premiato anche lui a Venezia) alla bella Ditte (la danese Sidse Babett Knudsen, che ne ha ricavato quest'anno il César). Detto così il film sembra poca cosa, ma nella sua semplicità la messa in scena è così perfetta che la storia d'amore si incastona nel processo come un diamante. Inutile aggiungere che Luchini riesce a far apparire poesia anche la battuta più banale e a farti penetrare nei pensieri, negli umori e nei sentimenti del suo personaggio. Il finale poi riesce a rappresentare l'essenza dell'amore e del corteggiamento.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a no_data »
[ - ] lascia un commento a no_data »
|
|
d'accordo? |
|
alberto58
|
lunedì 18 aprile 2016
|
fbarice e le donne
|
|
|
|
Nel 2011, prima di partire per Parigi, incocciai nel DVD del film "Parigi" e così me lo comprai pensando che se anche si fosse trattato di un film mediocre, di certo avrebbe parlato della città che mi apprestavo a visitare. Il film parlava effettivamente di Parigi, anzi, dei parigini, e lo trovai tutt'altro che mediocre tant'è che me lo sono rivisto una decina di volte. Il personaggio che più mi colpì fu proprio lui, Fabrice Luchini, che impersonava un anziano professore di storia della Sorbona, il cui ruolo e' minacciato dalla depressione causata dalla morte del papà, e che rimane folgorato dalla bellezza e dalla vitalità di una sua allieva al punto di abbandonare ogni prudenza e mettere tutto in gioco.
[+]
Nel 2011, prima di partire per Parigi, incocciai nel DVD del film "Parigi" e così me lo comprai pensando che se anche si fosse trattato di un film mediocre, di certo avrebbe parlato della città che mi apprestavo a visitare. Il film parlava effettivamente di Parigi, anzi, dei parigini, e lo trovai tutt'altro che mediocre tant'è che me lo sono rivisto una decina di volte. Il personaggio che più mi colpì fu proprio lui, Fabrice Luchini, che impersonava un anziano professore di storia della Sorbona, il cui ruolo e' minacciato dalla depressione causata dalla morte del papà, e che rimane folgorato dalla bellezza e dalla vitalità di una sua allieva al punto di abbandonare ogni prudenza e mettere tutto in gioco. Ruba il suo numero di cellulare e la tempesta di Sms finché lei lo scopra ma, vinta dal suo candore, invece di denunciarlo gli cede e lui cade in deliquio confessando tutto al fratello ed alla cognata. Questi non lo giudicano, anzi, curiosi e divertiti chiedono dettagli e lui confessa di sentirsi "come se avesse quindici anni".
"La Corte" pare una storia diversa, più incentrata sulle dinamiche di un difficile processo in cui "la verità non si saprà mai e l'unica e' fare la cosa giusta" come dice Luchini, ma a me ha subito ricordato la trama di Parigi. Ancora una volta Fabrice e' stregato dallo sguardo di una donna e non esita a mettere tutto a rischio pur di ricevere ancora quello sguardo profondo e penetrante, che sa di pura vita.
Anche il suo comportamento nel processo ne viene influenzato, per una volta il giudice "a doppia cifra" ascolta le parti della difesa. Peraltro anche l parte giudiziaria del film è interessante perché fa vedere come di fronte difficili situazioni umane e familiari arrivare ad accertare la verità sia praticamente impossibile e talvolta, sia pure in perfetta buona fede, qualcuno questa verità potrebbe tentare di costruirla.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a alberto58 »
[ - ] lascia un commento a alberto58 »
|
|
d'accordo? |
|
|