Youth - La giovinezza |
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Un film di Paolo Sorrentino.
Con Michael Caine, Harvey Keitel, Rachel Weisz, Paul Dano.
continua»
Titolo originale Youth.
Drammatico,
Ratings: Kids+13,
durata 118 min.
- Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna 2015.
- Medusa
uscita mercoledì 20 maggio 2015.
MYMONETRO
Youth - La giovinezza
valutazione media:
3,65
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La fuga dall’horror vacui continuadi Bruce HarperFeedback: 1664 | altri commenti e recensioni di Bruce Harper |
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domenica 20 dicembre 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Amo i contrasti binari, sono gli assi cartesiani su cui si costruisce una visione del mondo. E si solidifica una roba magmatica ed aleatoria come l’analisi dei film. In questo Youth il cuore drammatico dell’opera è a mio avviso il conflitto DESIDERIO vs APATIA. Empatia vs inadeguatezza. Pieno vs vuoto. Del resto perché Youth? Se i protagonisti benché gajardi sono due cariatidi. Perché questo conclamato paradosso? Perché gli anziani, ci dice Sorrentino, sono liberi dalla condanna del desiderio. E così facendo offrono il fianco alla razionalizzazione, alla riflessione filosofica della loro ricerca. Youth è il desiderio, le emozioni, e il desiderio non è una benedizione, una conquista, ma una condanna. Guardate la faccia dell’anaffettivo Caine quando il medico gli presenta i risultati degli esami rivelandogli quello che lo aspetta: youth! Guardate la fine che fa Keitel, l’alter-ego umanista, illuminato, l’ottimista, dopo che tutta la fiducia da lui riposta nell’umanità viene rinnegata dal più mortifero dei tradimenti. In Sorrentino solo la bellezza, l’estetica, è una fuga, un rifugio al disincanto, si riveste di un senso morale e filosofico. E’ l’antidoto al senso di vuoto, l’alternativa al modello nichilista e all’apatia. La finzione è la soluzione al vero. Anzi ad essere vero, nel mondo di Sorrentino, è la finzione stessa, il trucco, il travestimento, lo spettacolare, il magico, perché il vero come ci viene raccontato, la purezza, l’autentico, le EMOZIONI, SONO UNO SFORZO VANO, sterile e tremendamente doloroso. Le emozioni sono sopravvalutate. La finzione, la maschera (Maradona, Hitler, la regina), è l’unico vero strumento per affrontare il mondo e contrastare il senso di inadeguatezza. “Nessuno è all’altezza”, anche un attore affermato che tenta invano di rendere credibile un plateale monologo sulla forza del desiderio. In Sorrentino l’estetica e la morale dei suoi film sono sempre strettamente interconnessi. Che cos’è il travestimento se non la voglia di dare un senso, un valore, a ciò che un senso e un valore non ce l’ha. Che cos’è l’estetizzazione, la messinscena barocca, se non un tentativo di trovare un’alternativa alla purezza, alla semplicità, di COLMARE IL VUOTO CON IL PIENO. Pensiamo al barocco nato dalla controriforma, o alla pop-art in risposta all’astrattismo. Ma perché Sorrentino rifugge la purezza? Non perché egli disprezzi il semplice, la purezza, ma perché la purezza (delle emozioni) gli fa paura, lo atterrisce, lo lascia senza risposte, impotente, in balia del senso di vuoto, e per questo la dissimula, la esorcizza, diluendola in un trionfo della magniloquenza estetica. I personaggi di Sorrentino sono sempre alla ricerca di qualcosa, ma la distanza che colmano è sempre in uno spazio interiore, introspettivo, mistico. All’esterno, che si tratti delle macerie di Roma o degli splendori dolomitici, regna l’immobilismo. Quando Caine scopre di essere sano non si compiace di quell’agnizione ma ripiomba nello sconforto. Perché la spiegazione di quel senso di vuoto non è in quei risultati, non ha motivi scientifici, misurabili, è altrove. Un altro buco nell’acqua che lo costringe ad iniziare una nuova, inesausta, ricerca, a trovare il coraggio per riaffrontare nuovamente il mondo (per entrare a Venezia dalla porta principale e non da quella secondaria, arbitraria, effimera, dei sogni) e provare di nuovo, ciclicamente, inesorabilmente, il senso della propria inadeguatezza.
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