peer gynt
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mercoledì 2 settembre 2015
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bello senz'anima
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Ricostruzione della tragica salita in vetta all'Everest del maggio 1996 che costò la vita a 8 persone, si tratta di un film ben fatto ma sostanzialmente senz'anima. Classico film di genere, con una lunga prima parte dedicata al viaggio preparatorio e all'acclimatazione all'alta quota, e una seconda parte con la tragedia vera e propria, non manca di credibilità e di attenzione nella ricostruzione dei fatti accaduti (naturalmente, secondo la versione scelta dagli autori del film, quella del fotografo Jon Krakauer, uno dei sopravvissuti), ma non centra il bersaglio della grande avventura epica che ti resta dentro. L'unico personaggio ben delineato è quello dello scalatore protagonista, Rob Hall, che con la sua società Adventure consultant portava a caro prezzo clienti anche poco esperti di alpinismo in cima all'Everest.
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Ricostruzione della tragica salita in vetta all'Everest del maggio 1996 che costò la vita a 8 persone, si tratta di un film ben fatto ma sostanzialmente senz'anima. Classico film di genere, con una lunga prima parte dedicata al viaggio preparatorio e all'acclimatazione all'alta quota, e una seconda parte con la tragedia vera e propria, non manca di credibilità e di attenzione nella ricostruzione dei fatti accaduti (naturalmente, secondo la versione scelta dagli autori del film, quella del fotografo Jon Krakauer, uno dei sopravvissuti), ma non centra il bersaglio della grande avventura epica che ti resta dentro. L'unico personaggio ben delineato è quello dello scalatore protagonista, Rob Hall, che con la sua società Adventure consultant portava a caro prezzo clienti anche poco esperti di alpinismo in cima all'Everest. Mentre molto superficiale è il carattere dello scalatore concorrente di Hall, l'americano Scott Fischer (interpretato da Jake Gillenhaal), che ci si presenta come un compagnone sempre allegro e gran bevitore, ma in definitiva piuttosto incosciente di fronte al metodico e prudente Hall. Gli altri personaggi, caratterizzati per qualche dettaglio naïve (ad esempio il postino scalatore, il texano con la voglia d'avventura etc.), non brillano di luce propria, ma sembrano solo comprimari del dramma di Rob Hall. Mancano in questo film quei contenuti etici e, in un certo senso, anche mistici che film come "Grido di pietra" (che Werner Herzog girò nel 1991 da un'idea di Reinhold Messner) erano riusciti a comunicare. Questo "Everest" resta un film di cronaca, ben fatto, facile da seguire nel suo sviluppo narrativo, arricchito dal 3D (a nostro parere non strettamente necessario) e da qualche nome illustre in personaggi di contorno (Keira Knightley, che interpreta la moglie incinta di Rob Hall, avrà in tutto il film sì e no una decina di minuti per sviluppare il suo personaggio di moglie piangente in ansia) ma che ci tiene anche a non offendere nessuno: infatti la parte più sacrificata è proprio quella polemica, il tema che crediamo stia più a cuore a scalatori come Messner, ovvero la commercializzazione dell'alpinismo che diventa mancanza di rispetto per il silenzio e la sacralità della montagna e stupida ricerca di un'avventura dalle conseguenze mortali.
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franci9292
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lunedì 28 settembre 2015
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docufilm ben raccontato e strutturato
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film ispirato a una storia vera e, quindi, molto realistico e attenuto a quella che è stata la tragica vicenda che, nel Maggio del 1996, coinvolse le due spedizioni dirette sulla montagna più alta del mondo, capeggiate da Rob Hall e Scott Fischer, alpinisti professionisti che persero la vita insieme a 5 dei loro clienti: Doug Hansen, Andrew Harris, Yasuko Namba, Tsewang Paljor e Tsewang Samanla.
Un film che ha voluto raccontare più che romanzare quello che è veramente accaduto su quelle altezze.
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Partiamo dal presupposto che si tratta di un film ispirato a una storia vera e, quindi, molto realistico e attenuto a quella che è stata la tragica vicenda che, nel Maggio del 1996, coinvolse le due spedizioni dirette sulla montagna più alta del mondo, capeggiate da Rob Hall e Scott Fischer, alpinisti professionisti che persero la vita insieme a 5 dei loro clienti: Doug Hansen, Andrew Harris, Yasuko Namba, Tsewang Paljor e Tsewang Samanla.
Un film che ha voluto raccontare più che romanzare quello che è veramente accaduto su quelle altezze. Incredibili capacità attoriali che han fatto si che lo spettatore potesse rivivere, in quei 121 minuti di proiezione, tutto il pathos e il coinvolgimento necessari richiesti ad un pubblico sensibile a quella terribile tragedia.
Eccezionale il regista che, riuscendo a sfruttare quel margine di tempo richiesto per un film cinematografico, è stato in grado di non lasciare nulla al caso e mettere in evidenza ogni singolo stato d'animo e peculiarità fisica e caratteriale dei vari protagonisti. Rob Hall e Scott Fischer, per esempio, stesso lavoro, stessa passione ma estramemente diversi. Il primo più responsabile e consapevole delle proprie capacità; il secondo sicuramente più incosciente e meno consapevole dei propri limiti; Il patologo di Dallas: Beck Weathers, inspiegabilmente sopravvissuto due notti a 8.000 metri, che durante il film dirà di non sentirsi completo nel suo rapporto matrimoniale e familiare e di sentirsi felice e realizzato solo scalando le alte vette ma che, paradossalmente, riuscirà a salvarsi dalla drammatica vicenda grazie al pensiero della moglie e dei figli. Si, lo definirei un docufilm, perchè l'unica pretesa è stata quella di raccontare e far rivivere quella terribile giornata dell'11 Maggio 1996, come una sorta di diario elettronico: scandite le ore e i vari cambiamenti climatici che il trascorrere del tempo mutava nuovamente. Un docufilm che, oltre a voler ricordare due figure importanti dell'alpinismo, ci insegna anche a non sfidare la natura e le proprie capacità e limiti. La vita è una sola, non bisognerebbe permettersi di scherzare con essa. Scalare l'Everest è oltrepassare i limiti che il nostro corpo ci impone; più che coraggio la ritengo incoscienza.
Stephen Littleword scriveva che: "il coraggio non è sfidare i pericoli più grandi di te, è affrontare il mostro più feroce, dentro di te".
In conclusione ritengo che il coraggio, il vero coraggio, lo abbia avuto Beck rimettendosi in cammino, dopo due notti in una nube di neve e gelo, in condizioni tragiche, pensando unicamente al proprio matrimonio e ai propri figli e a come riuscire a riparare alle sue numerose assenze e alle proprie mancazne nel rapporto con la moglie.
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neger
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lunedì 12 ottobre 2015
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piacevole, da vedere
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Una storia vera che scorre via veloce e che coinvolge lo spettatore via via in crescendo. Dalla partenza dal caos metropolitano, all'arrivo in Nepal, dove paesaggi stupendi e pace incontrastata fanno da padroni. Di questo film colpiscono il senso di sfida (inteso come la voglia di oltrepassare i propri limiti) ed il piacevole valore dell' amicizia che è rimarcato in più parti del film e che riscalda il cuore. Un film non smelenso, perfino l'epilogo in tragedia non viene trattato con pesanti e scontate scene malinconiche o piagnistei stucchevoli.
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parieaa
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mercoledì 14 ottobre 2015
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ottima confezione, il resto un po' meno
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Everest è un film vecchio stile, l'ultimo di una lunga serie di lavori che raccontano dell'eterna lotta dell'uomo contro la montagna. Forse un po' troppo fuori tempo massimo, ma comunque gradevole e ben fatto. Almeno nell'estetica. La storia è forse un po' troppo strappalacrime, ma d'altronde racconta una tragedia e quindi era inevitabile. Quello che però è mancato, secondo me, una più profonda caratterizzazione di tutti i personaggi, perchè se da un lato capisco che erano davvero tanti, dall'altro non si può puntare così tanto sul lato umano degli scalatori e sulle loro motivazioni che li portano a sfidare il titano, senza poi analizzarli davvero a fondo: la giapponese è stata brutalmente ignorata, il personaggio di Brolin è solo abbozzato, Wortington poteva benissimo non esserci.
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Everest è un film vecchio stile, l'ultimo di una lunga serie di lavori che raccontano dell'eterna lotta dell'uomo contro la montagna. Forse un po' troppo fuori tempo massimo, ma comunque gradevole e ben fatto. Almeno nell'estetica. La storia è forse un po' troppo strappalacrime, ma d'altronde racconta una tragedia e quindi era inevitabile. Quello che però è mancato, secondo me, una più profonda caratterizzazione di tutti i personaggi, perchè se da un lato capisco che erano davvero tanti, dall'altro non si può puntare così tanto sul lato umano degli scalatori e sulle loro motivazioni che li portano a sfidare il titano, senza poi analizzarli davvero a fondo: la giapponese è stata brutalmente ignorata, il personaggio di Brolin è solo abbozzato, Wortington poteva benissimo non esserci...insomma se si punta a costruire un film sul perchè qualcuno sia così pazzo da sfidare l'Everest, bisogna farlo come si deve. Il regista ci ha provato, specialmente nella scena in cui tutti si interrogano sul perchè sono lì, ma poi punta tutto sui bellissimi paesaggi, sulla suggestione della tempesta e sul dolore della moglie del protagonista gravida e lasciata sola a casa a soffrire. Interessante invece la scelta di puntare un po' il dito contro l'intero business delle scalate, che per soldi portano (quasi) chiunque in uno dei posti più inospitali del pianeta...per poi pagare un prezzo ben più alto(SPOILER se ne sono morti così tanti in fin dei conti è colpa del solo protagonista, che con il suo buonismo, misto ad interesse pecuniario, causa quasi tutto da solo). Mi aspettavo un film un po' diverso, ma tutto sommato è migliore di quanto atteso, anche perchè gli ultimi predeccessori del genere sono stati davvero pessimi. Un po' di ossigeno per il filone:
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ollipop
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lunedì 19 ottobre 2015
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cruda cronistoria di un dramma senza eroi
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Cruda e realistica cronaca di una spedizione alpinistica il cui fallimento frutto di disorganizzazione e sconcertante impreparazione non crea eroi ma solo vittime di un sogno:
la montagna ,quella montagna che deve e può appagare la ricerca di se stessi e dei propri limiti.
ma questo sogno trascina ogni anno decine di improvvisati scalatori e di guide tutti a mettere in gioco la propria vita per raggiungere quella vetta dove non c' un premio ma spesso l'incognita di una morte che arriva col sibilo del vento presago di tempesta senza scampo
Si muore per una bombola di ossigeno incredibilmente vuota; si lotta comunque per salvare il cliente che non è' più il cliente ma diventa senza sentimentalismi l'amico che s
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Cruda e realistica cronaca di una spedizione alpinistica il cui fallimento frutto di disorganizzazione e sconcertante impreparazione non crea eroi ma solo vittime di un sogno:
la montagna ,quella montagna che deve e può appagare la ricerca di se stessi e dei propri limiti.
ma questo sogno trascina ogni anno decine di improvvisati scalatori e di guide tutti a mettere in gioco la propria vita per raggiungere quella vetta dove non c' un premio ma spesso l'incognita di una morte che arriva col sibilo del vento presago di tempesta senza scampo
Si muore per una bombola di ossigeno incredibilmente vuota; si lotta comunque per salvare il cliente che non è' più il cliente ma diventa senza sentimentalismi l'amico che sta morendo: la montagna comunque affratella chi l'affronta e il dramma di chi non ce la fa è' un dramma universale : le polemiche se verranno verranno dopo dopo;
l'elicottero col suo pilota che a ottomila metri sfida tutte le leggi del volo rende come sempre giustizia all'uomo e a quegli uomini che mettono in gioco la propria vita per la vita degli altri
Il film rende perfettamente il dramma vissuto , denuncia esplicitamente la commercializzazione di una pratica che perde l'aulicita' dell'impresa ma al tempo stesso religiosamente affronta la morte ed il dolore che sempre e comunque ne consegue
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paulnacci
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martedì 29 settembre 2015
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grande cast ma risultato cosi cosi ....
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Un grande Cast di attori per mettere in scena una tragedia avvenuta realmente nel 1996 , dopo quale si sono messe in discussione le spedizioni commerciali per tentare la scalata dell' Everest. A mio avviso le scene in quota non rendono l' idea delle vere difficoltà e delle fatica che si prova a scalare a quelle quote .Inoltre credo che i personaggi non sono tutti ben carattezizzati secondo me il ruolo di Bukreev non risalta come meritebbe. Comunque nel complesso un film gradevole ma non imperdibile.
[+] un survival-movie appassionato e tradizionale
(di antonio montefalcone)
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xcacel
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venerdì 8 luglio 2016
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la realtà dietro alle scalate degli 8000 m
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Chi, come me, si aspettava, con un po' di scetticismo un action movie alla "vertical limit" pieno di voli in dirupi e agganci all'ultimo istante, non potrà che restare favorevolmente impressionato da questo che in realtà è quasi un documentario, romanzato il giusto, su una storia veria, che mi ha appassionato, tanto da voler leggere il libro di Krakauer.
La "lentezza" della parte iniziale non è altro che una maniera per descrivere la lunga preparazione (si parla di mesi) che occorre per una scalata di questo tipo, ed allo stesso tempo porre l'accento sui presupposti di quella che sarebbe stata una delle tragedie alpinistiche più grandi sull'Everest.
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Chi, come me, si aspettava, con un po' di scetticismo un action movie alla "vertical limit" pieno di voli in dirupi e agganci all'ultimo istante, non potrà che restare favorevolmente impressionato da questo che in realtà è quasi un documentario, romanzato il giusto, su una storia veria, che mi ha appassionato, tanto da voler leggere il libro di Krakauer.
La "lentezza" della parte iniziale non è altro che una maniera per descrivere la lunga preparazione (si parla di mesi) che occorre per una scalata di questo tipo, ed allo stesso tempo porre l'accento sui presupposti di quella che sarebbe stata una delle tragedie alpinistiche più grandi sull'Everest. Approssimazione, gente che balla e beve superalcolici al campo base a 5000 m di quota, corde che avrebbero dovuto esserci e misteriosamente non erano state messe, bombole d'ossigeno mezze vuote. Si resta scettici, poi però basta leggersi i racconti e si scopre che in realtà è andata così, e il resoconto operato dal regista è più che mai veritiero.
La scelta è azzeccata, il film racconta una storia vera, grazie ad una fotografia impressionante, e fa rivivere l'esaltazione della conquista della vetta e il quasi istantaneo maturarsi di una tragedia, nei ritmi propri di chi si avventura nella "zona mortale" oltre gli 8000 m. Come accade a Doug, basta pochissimo a fare la differenza tra la vita e la morte, Rob si volta e in un attimo l'amico/cliente non c'era più. Il film non eccede nelle drammatizzazioni di queste morti, le racconta in maniera molto fedele, ricostruendo meticolamente dinamiche, orari, luoghi, ma risultando molto più avvincente di un documentario.
Film bellissimo, da vedere.
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great steven
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martedì 23 luglio 2019
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l'ottundente fascino dell'altitudine.
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EVEREST (USA, 2015) diretto da BALTASAR KORMAKUR. Interpretato da JASON CLARKE, JOSH BROLIN, SAM WORTHINGTON, JAKE GYLLENHAAL, KEIRA KNIGHTLEY, ROBIN WRIGHT PENN, JOHN HAWKES, EMILY WATSON, MICHAEL KELLY
Talvolta, per scrivere un articolo giornalistico, mantenere una promessa, ispirare le generazioni venute dopo, combattere la depressione, arricchirsi, accumulare obiettivi, alimentare il proprio sogno e realizzare quello degli altri, si arriva a compiere qualunque impresa impossibile, perfino scalare l’Everest. Alla frontiera tra Cina e Nepal, la vetta è la destinazione di un gruppo formato da persone provenienti da tutto il mondo, il quale ha deciso di affidarsi all’esperto scalatore Rob Hall e alla sua società, l’Adventure Consultants, per sfidare la Natura.
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EVEREST (USA, 2015) diretto da BALTASAR KORMAKUR. Interpretato da JASON CLARKE, JOSH BROLIN, SAM WORTHINGTON, JAKE GYLLENHAAL, KEIRA KNIGHTLEY, ROBIN WRIGHT PENN, JOHN HAWKES, EMILY WATSON, MICHAEL KELLY
Talvolta, per scrivere un articolo giornalistico, mantenere una promessa, ispirare le generazioni venute dopo, combattere la depressione, arricchirsi, accumulare obiettivi, alimentare il proprio sogno e realizzare quello degli altri, si arriva a compiere qualunque impresa impossibile, perfino scalare l’Everest. Alla frontiera tra Cina e Nepal, la vetta è la destinazione di un gruppo formato da persone provenienti da tutto il mondo, il quale ha deciso di affidarsi all’esperto scalatore Rob Hall e alla sua società, l’Adventure Consultants, per sfidare la Natura. Rob è sposato con Jan e ha una figlia in arrivo che spera di trasformare in una futura, provetta scalatrice. Le cose si complicano quando al campo base si affolla un gruppo di dilettanti capitanati da Scott Fischer, rivale di Rob e alpinista scanzonato col vizio dell’alcol. I due professionisti decidono comunque di integrare i loro rispettivi gruppi e accordarsi per raggiungere la cima più alta del pianeta il 10 maggio 1996, e partono proprio quel giorno col favore di un tempo clemente. Ma ben presto la scarsa preparazione dei clienti, unita all’organizzazione approssimativa, rischia di mietere vittime. Nondimeno alcuni alpinisti toccano con mano la meta a 8.848 metri d’altezza col sostegno di Rob, sempre generoso coi suoi clienti. Poi si scatena una bufera che soffia sul monte, spezzando il destino di uomini e donne troppo presuntuosi e fiduciosi in sé stessi in modo irrevocabile. Con la montagna non si scherza, né si tentano esperimenti folli. Mettere alla prova le proprie capacità di resistenza fino al limite della tollerabilità umana è un pericolo contro cui gli alpinisti si premuniscono per dovere e per coerenza. Colui o colei che si accinge a dimostrare che niente è impossibile contro la Natura non si rende mai conto della limitatezza in cui ristagna, non che sia un disonore: del resto, andare oltre i propri limiti rappresenta dalla notte dei tempi un bisogno dell’essere umano tra i meno controllabili sul piano degli impulsi istintivi. Quello che fa la differenza (l’incognita insidiosa) è il tradimento. La Natura, sulle prime, si mostra accogliente e invitante, dopodiché si può scegliere un momento qualunque per rivelare il vero volto con sadica malvagità e perversa mancanza di pietà. Nelle cosmogonie la montagna assume il significato della distanza che separa il cielo degli dei immortali dal mondo terreno, e si può dunque interpretare come l’ascesi della linea verticale con cui noi ci mettiamo in contatto con le entità superiori, per chi vi crede fermamente e senza discrimine di religioni o convinzioni personali. L’Everest è infatti non a caso un sito geografico e orografico meglio conosciuto dai nepalesi che, man mano che ci si avvicina alla vetta, lo venerano costruendo alle sue pendici monasteri dediti all’adorazione. Rob Hall (un fantastico J. Clarke), in veste di profanatore delle leggi naturali ma comunque graziato dall’Alto poiché ha già scalato l’Everest ben cinque volte, non vuole negare il piacere della gloria a nessuno, soprattutto all’amico e cliente Doug, che ha intrapreso la scalata a beneficio dei bambini che frequentano la stessa scuola elementare dei suoi figli. Quella di Hall è una quieta pazzia inconsapevole di sé stessa che cova in perfetto silenzio nel suo animo indomito di esploratore, sempre pronto per partire alla ricerca di terreni sconosciuti in cui sondare le abilità che richiedono le esperienze estreme. La sua intenzione di allargare il sogno a persone troppo piccole per permettersi anche solo di sfiorarlo viene abbattuta quando la realtà gli si para innanzi con le facce e i corpi sofferenti dei suoi amici che piombano nell’ipotermia e con la tempesta di neve che congela tutto ciò che raccatta sul suo cammino inesorabile. Questo film d’avventure, che rievoca un genere cinematografico molto apprezzato nella Germania pre-nazista, scelto come apripista del Festival di Venezia 2015, è costruito a regola d’arte dal regista islandese che toglie ogni romanticismo al fascino della montagna, emblema della visione distorta e laica dell’Occidente, per narrare gli iter di uomini comuni che affermano con un po’ di incertezze di sapere quel che fanno, ma difettano del vero coraggio e dell’autentico talento che dovrebbero serbare in cuore per sentirsi completi così da non azzardarsi troppo in là al fine di riempire un vuoto esistenziale. Kormákur denuncia con efficacia le mode turistiche europee e americane, assieme alla razionalizzazione forzata di miti immortali legati alla vita e alla morte, che intravedono nelle spedizioni di massa la direzione giusta per accedere ad una sorta di celebrità completamente autoreferenziale, spina nel fianco e chiodo fisso che viene prodotta dall’avvelenamento procurato dalla mediocrità quotidiana. Ottimi gli effetti speciali. Eccellente anche la scelta di introdurre una colonna sonora rarefatta che sottolinea col maggior impeto soltanto i passaggi più intensi. Recitazione straordinaria degli attori (si distinguono in particolar modo la parca Jan di K. Knightley, il testardo Beck di J. Brolin e lo sconsiderato S. Fischer di J. Gyllenhaal).
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carlo02
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venerdì 2 ottobre 2015
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dignitoso
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Film dignitoso, in linea con la qualità media america dei prodotti di questo tipo. Durante la visione mi sono domandato quanto film americani così ho visto nella mia vita! Pur se tratto da una storia vera già all'inizio i sceneggiatori scoprono le carte e lo spettatore individua subito chi non tornerà a casa.
Come al termine di Argo ho apprezzato le foto dei veri protagonisti di questa storia . Consiglio la visione in 3D anche se la bellezza dei riprese può esser fuorviante per il giudizio del film . Buon cast , nessuna stella ma tantissimi attori notevoli tra i quali promeggia Emily Watson
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raysugark
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domenica 7 febbraio 2016
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everest
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Everest riconosciuta anche come la montagna più alta di tutto il mondo, è talmente imponente da ispirare agli alpinisti di provare a scalarla fino alla sua cima alta 8848 metri. I primi alpinisti che hanno scalato l'Everest, uno su quattro sono morti e il resto è riuscito a sopravvivere. Nel corso del tempo la presenza dei morti tra gli alpinisti è diminuito, con nuove attrezzature che potranno funzionare o meno. Il regista islandese Baltasar Kormákur, ha mostrato un grande interesse di poter narrare un fatto realmente accaduto nell'Everest. Questa pellicola narra dell'incredibile storia vera, dove nel 1996 un gruppo di alpinisti esperti scalano l'imponente montagna dell'Everest fino ad arrivare alla sua cima di 8848 metri di altezza.
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Everest riconosciuta anche come la montagna più alta di tutto il mondo, è talmente imponente da ispirare agli alpinisti di provare a scalarla fino alla sua cima alta 8848 metri. I primi alpinisti che hanno scalato l'Everest, uno su quattro sono morti e il resto è riuscito a sopravvivere. Nel corso del tempo la presenza dei morti tra gli alpinisti è diminuito, con nuove attrezzature che potranno funzionare o meno. Il regista islandese Baltasar Kormákur, ha mostrato un grande interesse di poter narrare un fatto realmente accaduto nell'Everest. Questa pellicola narra dell'incredibile storia vera, dove nel 1996 un gruppo di alpinisti esperti scalano l'imponente montagna dell'Everest fino ad arrivare alla sua cima di 8848 metri di altezza. Tutto poteva andare per il verso giusto, finché una gelida tempesta ostacola quei pochi alpinisti, rimasti ancora bloccati in cima alla montagna. La pellicola mantiene in modo fedele a come erano realmente andati i fatti accaduti sugli alpinisti, senza dover obbligatoriamente dare alcuna modifica. Mostrando come gli alpinisti si preparavano ad incamminare verso la cima della montagna correndo dai piccoli rischi, fino ad arrivare grandissimi pericoli di vita. Nella pellicola la montagna viene rappresentata come un luogo di grande bellezza, ma allo stesso tempo un luogo spietato con attorno della neve ghiacciata. La montagna ha anche un clima talmente gelido, da togliere il fiato ai protagonisti nel corso del loro viaggio. Le performance degli attori partendo da Jason Clarke fino ad arrivare Jake Gyllenhaal, riescono colpire profondamente mostrando la massima fedeltà nella caratterizzazione dei protagonisti. La regia di Baltasar Kormákur riesce a sorprendere, facendosi accompagnare dalle riprese straordinarie sul territorio avvolto dalla bufera spietata. La fotografia rispecchia molto l'atmosfera della pellicola, aiutandosi dalla variazione della luce e dei colori naturali in tutta la sua durata. Infine la fotografia accompagna anche le emozioni e le sensazioni dei personaggi, a seconda di come i personaggi si sentono nel corso della storia tra divertimento, angoscia e tristezza. L'atmosfera viene accompagnato anche grazie alla colonna sonora di Dario Marianelli, che riesce a passare dal suono epico dell'enorme paesaggio ghiacciato, al suono angosciante nei momenti di grande tensione, fino ad arrivare al suono intenso nei momenti più commoventi. Everest diventa ancora più coinvolgente grazie all'uso del 3D, da poter impressionare ancora di più il pubblico, in tutta la sua durata nella profondità dell'incredibile paesaggio. La pellicola è stato presentato al Festival di Venezia, ricevendo ottime accoglienze dai critici rimasti impressionati in tutta la sua durata. Allo stesso modo Everest ha avuto ancora più clamore, grazie all'incasso mondiale di 203 milioni di dollari in confronto al budget di 55 milioni di dollari, sorprendendo il pubblico che lo attendevano con grande impazienza. Purtroppo queste grandi riconoscenze non riescono a raggiungere ingiustamente agli Academy Awards, per la sua profondità nella visione della pellicola. Non viene riconosciuto dagli Academy Awards, neanche per l'ottimo uso nelle parti tecniche. Everest di Baltasar Kormákur è uno dei migliori film del 2015.
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