fabiofeli
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venerdì 5 febbraio 2016
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ti cerco, ma tu stammi lontano
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Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico che conduce una vita solitaria a Caracas. Lo vediamo adescare un ragazzo su un autobus, mostrandogli senza parlare un mazzetto di banconote: nella sua casa lo fa denudare ma non lo tocca e si masturba. L’incontro dell’uomo con un altro ragazzo che vive in strada, Elder (Luis Silva), termina con una aggressione ai suoi danni, perché il giovane, violento e cialtrone, si ritiene un “macho” e disprezza l’omosessualità. Inaspettatamente Armando lo cerca ancora e, pur se tra contrasti, altri gesti violenti e furti, sorge e si sviluppa un legame tra i due, un surrogato di rapporto padre-figlio, che lentamente li porta a conoscersi meglio.
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Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico che conduce una vita solitaria a Caracas. Lo vediamo adescare un ragazzo su un autobus, mostrandogli senza parlare un mazzetto di banconote: nella sua casa lo fa denudare ma non lo tocca e si masturba. L’incontro dell’uomo con un altro ragazzo che vive in strada, Elder (Luis Silva), termina con una aggressione ai suoi danni, perché il giovane, violento e cialtrone, si ritiene un “macho” e disprezza l’omosessualità. Inaspettatamente Armando lo cerca ancora e, pur se tra contrasti, altri gesti violenti e furti, sorge e si sviluppa un legame tra i due, un surrogato di rapporto padre-figlio, che lentamente li porta a conoscersi meglio. Le due solitudini – Elder ha un padre assente ed in carcere e il padre di Armando, responsabile di non chiari abusi nei suoi confronti, è altrettanto lontano –sembrano destinate a solidarizzare nel vociare e nel traffico caotico di Caracas. Elder forza Armando a un rapporto sessuale che nessuno dei due sembra volere: il primo non vuole rinunciare ad una opinione di sé come “macho” e Armando ha orrore di un qualsiasi rapporto con il corpo altrui. Una azione estrema di Elder e il tradimento di Armando concludono la storia in tragedia …
L’opera prima di Vigas, vincitore a Venezia, è un “melting pot” latino-americano: regista venezuelano, protagonista cileno, sceneggiatore messicano. Sembra parlare solo di omosessualità, ma poi sposta l’attenzione e indaga i rapporti umani: il personaggio di Elder, violento e ingenuo, ricorda i ragazzi di vita pasoliniani, ma il rapporto tra lui e Armando rispecchia, come accade spesso nelle vicende di Fassbinder, un conflitto alla ricerca del potere dell’uno sull’altro; nello scontro la spunta, pur se a prezzo di rinnovata solitudine, il più forte dal punto di vista economico e sociale. Il giovane recita in modo credibile; ma il vero valore aggiunto del film è l’interpretazione di Castro, l’indimenticabile Toni Manero di Larrain, con una mimica fatta di “sottrazioni” alla Eduardo nella quale un sopracciglio sollevato è un intero discorso. Anche Caracas, metropoli allucinata, rumorosa e disordinata, fotografata a volte fuori fuoco per lasciare in evidenza i personaggi, è a suo modo co-protagonista. Da non mancare.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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maumauroma
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mercoledì 10 febbraio 2016
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ti guardo
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Nel rapporto tra Armando, meticoloso e solitario odontotecnico con il vezzo di cercare, adescare a pagamento, portare a casa e consumare rapidi e distaccati momenti di piacere onanistico con ragazzi trovati nei bassifondi di Caracas, e Elder, uno di questi. teppistello spiantato abituato piu' al furto che al lavoro saltuario, si coagulano lotte di classe e di cultura e discriminazioni sociali e familiari. Il pugno che Armando riceve al loro primo incontro fungera' da catalizzatore per l'imprevedibile dipanarsi della storia tra i due. Essi si troveranno, forse a loro stessa insaputa,a ricoprire un ruolo recoproco di vittime e carnefici tra sentimenti turbati e il crepuscolo degli affetti.
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Nel rapporto tra Armando, meticoloso e solitario odontotecnico con il vezzo di cercare, adescare a pagamento, portare a casa e consumare rapidi e distaccati momenti di piacere onanistico con ragazzi trovati nei bassifondi di Caracas, e Elder, uno di questi. teppistello spiantato abituato piu' al furto che al lavoro saltuario, si coagulano lotte di classe e di cultura e discriminazioni sociali e familiari. Il pugno che Armando riceve al loro primo incontro fungera' da catalizzatore per l'imprevedibile dipanarsi della storia tra i due. Essi si troveranno, forse a loro stessa insaputa,a ricoprire un ruolo recoproco di vittime e carnefici tra sentimenti turbati e il crepuscolo degli affetti.Armando finira' per utilizzare il fragile Elder,ormai soggiogato, per l'eliminazione della persona che piu' odia e che ritiene responsabile delle sue problematiche esistenziali. Il film di Vigas si fa apprezzare per una regia essenziale e tagliente come un bisturi,attraverso un sapientissimo utilizzo della macchina da presa spesso tenuta fissa a testimoniare gli eventi, per la rappresentazione sbiadita di una Caracas squallida e inquinata dalla poverta' e dai rumori, simbolo di un paese soggiocato da una terribile crisi economica, dove si fa la fila anche per un pezzo di pane. Grande prova degli attori e magnifica assenza di una colonna sonora.E nell'ultimo sguardo di Armando si racchiude il mistero dei suoi sentimenti, tra inquietudine,nostalgia,
tristezza, soddisfazione. rimpianto.
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fabiofeli
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venerdì 5 febbraio 2016
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ti cerco, ma tu stammi lontano
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Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico che conduce una vita solitaria a Caracas. Lo vediamo adescare un ragazzo su un autobus, mostrandogli senza parlare un mazzetto di banconote: nella sua casa lo fa denudare ma non lo tocca e si masturba. L’incontro dell’uomo con un altro ragazzo che vive in strada, Elder (Luis Silva), termina con una aggressione ai suoi danni, perché il giovane, violento e cialtrone, si ritiene un “macho” e disprezza l’omosessualità. Inaspettatamente Armando lo cerca ancora e, pur se tra contrasti, altri gesti violenti e furti, sorge e si sviluppa un legame tra i due, un surrogato di rapporto padre-figlio, che lentamente li porta a conoscersi meglio.
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Armando (Alfredo Castro) è un odontotecnico che conduce una vita solitaria a Caracas. Lo vediamo adescare un ragazzo su un autobus, mostrandogli senza parlare un mazzetto di banconote: nella sua casa lo fa denudare ma non lo tocca e si masturba. L’incontro dell’uomo con un altro ragazzo che vive in strada, Elder (Luis Silva), termina con una aggressione ai suoi danni, perché il giovane, violento e cialtrone, si ritiene un “macho” e disprezza l’omosessualità. Inaspettatamente Armando lo cerca ancora e, pur se tra contrasti, altri gesti violenti e furti, sorge e si sviluppa un legame tra i due, un surrogato di rapporto padre-figlio, che lentamente li porta a conoscersi meglio. Le due solitudini – Elder ha un padre assente ed in carcere e il padre di Armando, responsabile di non chiari abusi nei suoi confronti, è altrettanto lontano –sembrano destinate a solidarizzare nel vociare e nel traffico caotico di Caracas. Elder forza Armando a un rapporto sessuale che nessuno dei due sembra volere: il primo non vuole rinunciare ad una opinione di sé come “macho” e Armando ha orrore di un qualsiasi rapporto con il corpo altrui. Una azione estrema di Elder e il tradimento di Armando concludono la storia in tragedia …
L’opera prima di Vigas, vincitore a Venezia, è un “melting pot” latino-americano: regista venezuelano, protagonista cileno, sceneggiatore messicano. Sembra parlare solo di omosessualità, ma poi sposta l’attenzione e indaga i rapporti umani: il personaggio di Elder, violento e ingenuo, ricorda i ragazzi di vita pasoliniani, ma il rapporto tra lui e Armando rispecchia, come accade spesso nelle vicende di Fassbinder, un conflitto alla ricerca del potere dell’uno sull’altro; nello scontro la spunta, pur se a prezzo di rinnovata solitudine, il più forte dal punto di vista economico e sociale. Il giovane recita in modo credibile; ma il vero valore aggiunto del film è l’interpretazione di Castro, l’indimenticabile Toni Manero di Larrain, con una mimica fatta di “sottrazioni” alla Eduardo nella quale un sopracciglio sollevato è un intero discorso. Anche Caracas, metropoli allucinata, rumorosa e disordinata, fotografata a volte fuori fuoco per lasciare in evidenza i personaggi, è a suo modo co-protagonista. Da non mancare.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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flyanto
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lunedì 25 gennaio 2016
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quando i rapporti non devono sconfinare
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Vincitore del Leone d'Oro all'ultima Mostra del Cinema a Venezia, "Ti Guardo" segna il felice esordio del regista venezuelano Lorenzo Vigas.
La storia ruota tutta intorno al maturo protagonista (Alfredo Castro), un uomo benestante, odontotecnico e dunque dotato di studi superiori nonchè gay, il quale "abborda" per strada giovani e bei ragazzi di periferia, e dunque poveri e di scarsa istruzione scolastica, al fine di condurli nella propria abitazione e farli spogliare. In realtà egli non consuma mai direttamente rapporti fisici con loro bensì si accontenta di guardarli, ammirarli soprattutto dal di dietro e poi masturbarsi.
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Vincitore del Leone d'Oro all'ultima Mostra del Cinema a Venezia, "Ti Guardo" segna il felice esordio del regista venezuelano Lorenzo Vigas.
La storia ruota tutta intorno al maturo protagonista (Alfredo Castro), un uomo benestante, odontotecnico e dunque dotato di studi superiori nonchè gay, il quale "abborda" per strada giovani e bei ragazzi di periferia, e dunque poveri e di scarsa istruzione scolastica, al fine di condurli nella propria abitazione e farli spogliare. In realtà egli non consuma mai direttamente rapporti fisici con loro bensì si accontenta di guardarli, ammirarli soprattutto dal di dietro e poi masturbarsi. Quando conoscerà il giovane di strada Elder (Luis Silva) al protagonista cambia totalmente la propria esistenza. Dopo un'iniziale contrarietà e diffidenza, nonchè svariate azioni all'insegna della violenza fisica e del furto, da parte del giovane, questi si affezionerà sempre di più al suo maturo compagno quasi incarnasse un poco la figura mancante, in quanto in prigione, del padre naturale. Man mano che i giorni passano e la relazione si consolida sempre di più, si avvicina anche la sua tragica fine....
La pellicola di Vigas può ricordare un poco alcune precedenti di Pier Paolo Pasolini per argomento e soprattutto per situazioni dove, appunto, un uomo più maturo e più ricco approccia giovani aitanti di strada e poveri, ma ovviamente qui vengono a mancare sia l'originalità che e soprattutto la maestria registica del regista bolognese. Il film, comunque, non è assolutamente da sottovalutare : per quanto non sia al livello dei modelli pasoliniani a cui si ispira, per essere un' opera prima e per trattare un argomento assai delicato come quello delle relazioni tra uomini omosessuali, esso risulta quanto mai riuscito e soprattutto molto esplicativo. Testimonianza di una società, quella povera del Sud America, ma rispecchiante anche la nostra italiana delle aree più disagiate, l'opera di Vigas ne è una perfetta e quanto mai realistica nonchè cruda rappresentazione. La riuscita del film poggia anche molto , se non in egual misura alla regia, sull'ottima, disperata e dolente interpretazione di Alfredo Castro, già pregevole nel suo drammatico e fatiscente ruolo del precedente "Tony Manero", e da menzionare è anche il giovane Luis Silva, qui al suo esordio cinematografico, pienamente all'altezza del suo ruolo di giovane sbandato.
Interessante.
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jack beauregard
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venerdì 8 aprile 2016
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confine invalicabile
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Venezuela, Caracas, un odontotecnico, cinquantenne e solitario, nel tempo libero adesca ragazzi emarginati, li invita a casa sua e si masturba in loro presenza, senza però avere nessun contatto fisico. Un giorno, uno di questi, si ribella e reagisce violentemente. In seguito, attraverso varie vicende, nasce tra di loro una sorta di legame.
Film duro, parlato pochissimo, dove però si capisce tutto: bastano brevi cenni infatti per comprendere che la figura paterna (o forse la sua mancanza) hanno influito negativamente sui due protagonisti. Questo diventerà sia il vero trait d'union tra i due, che la causa della tragedia, a cui peraltro non assistiamo direttamente (è visualizzata solo attraverso 3 bossoli e un breve accenno).
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Venezuela, Caracas, un odontotecnico, cinquantenne e solitario, nel tempo libero adesca ragazzi emarginati, li invita a casa sua e si masturba in loro presenza, senza però avere nessun contatto fisico. Un giorno, uno di questi, si ribella e reagisce violentemente. In seguito, attraverso varie vicende, nasce tra di loro una sorta di legame.
Film duro, parlato pochissimo, dove però si capisce tutto: bastano brevi cenni infatti per comprendere che la figura paterna (o forse la sua mancanza) hanno influito negativamente sui due protagonisti. Questo diventerà sia il vero trait d'union tra i due, che la causa della tragedia, a cui peraltro non assistiamo direttamente (è visualizzata solo attraverso 3 bossoli e un breve accenno).
L'odontotecnico è quasi sempre impassibile, apparentemente apatico e imperturbabile, per tutto il film, eppure riesce a comunicare.
Che cosa? Desiderio, frustrazione, odio? Oppure nessuno di questi sentimenti? E come li comunica?
Soprattutto grazie a un regia efficace e a un montaggio che contrappone lo sguardo a un qualcosa che non sempre si vede, ma che a volte solo si intuisce: emblematica è la scena dell'ascensore, che subito non avevo compreso, ma invece è determinante, per il significato di lontananza tra lui e il padre (non a caso il titolo originale del film è "da lontano"). Ma non solo, anche il continuo (e forse un po' troppo abusato) ricorso al "fuori fuoco" gioca il suo ruolo, creando un senso di disorientamento e lasciando un alone di "incomprensibilità" nei confronti del protagonista (un possibile difetto che però si trasforma anche in pregio, dato che contribuisce a mantenere viva e desta l'attenzione nello spettatore, senza mai cali di tensione). In pratica siamo a una forma di montaggio che va oltre l'effetto Kulesov.
Ma La tensione, appunto, resta costante per tutto il film. Ci sono momenti violenti, altri sgradevoli, in generale è un film molto crudo, praticamente senza nessuna concessione alla dolcezza o alla tenerezza, anche nelle situazioni più intime.
L'ambientazione è fondamentale in questo senso, il degrado civile e morale di Caracas (ma probabilmente potrebbe essere anche Bogotà, Città del Messico o una qualunque altra metropoli, non necessariamente sudamericana) è reso con realismo, rinunciando al commento musicale extradiegetico, ma lasciando solo i suoni e rumori della strada.
Sia le relazioni tra emarginati che i contatti con classi sociali più agiate sono dominati dall'unico dio esistente: il denaro. Sembra quasi non esserci spazio per altri sentimenti.
Forse questa è anche l'unica spiegazione per il finale (che comunque non mi ha convinto del tutto): quando alla fine il ragazzo mostra un vero sentimento nei suoi confronti e l'odontotecnico (che fino ad allora ha sempre e solo "guardato") cede definitivamente e completamente, abbandonandosi al contatto carnale, è come se varcasse una linea, un confine (di classe?), come se si abbassasse di livello, pentendosi subito dopo. L'osservatore, colui che ha sempre guardato (bramato, desiderato) senza mai toccare, si è alla fine sporcato. Chi ha portato per anni rancore e odio verso un padre (colpevole non si sa precisamente di cosa, ma non è questo che importa), senza però mai riuscire a dare sfogo a questa rabbia, si trova improvvisamente spiazzato, scavalcato da un evento troppo rapido e imprevisto, perchè possa controllarlo.
E tutto diventa chiaro all'alba, alla luce livida del mattino dopo, quando seduto a tavola "guarda" il suo possibile futuro: un ragazzo nudo e affamato che cerca nel frigo qualcosa da mangiare, un giovane istintivo e violento, che vive per soddisfare i bisogni primari, la fame, il sesso, il possesso. Una persona difficile, incontrollabile, ma con dei sentimenti. Quelli che a lui mancano, perchè lui è solo uno che "guarda".
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