claudiofedele93
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venerdì 23 ottobre 2015
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"attento a crimson peak"
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Il fantasma è una delle figure più emblematiche ed affascinanti che la letteratura abbia mai creato, sia che si parli di testi relegati a quella antica che a quella moderna, capace di fungere sia come solo elemento estetico o decorativo, che come simbolo di un qualcosa, o per meglio dire, un qualcuno, un tempo vivo, ma adesso non più, tornato dagli inferi per pura casualità o con uno scopo preciso, assumendo un duplice significato carico di una sfumatura metaforica. Si parli di comuni poltergeist, antichi spiriti irrequieti, minacce o semplici ombre che vagano indisturbate e senza meta, appena percettibili dai nostri sensi, la presenza di queste entità ha goduto, fin da subito, di un certo privilegio all’interno di innumerevoli storie e racconti, ed esattamente come nei libri, anche su pellicola il mondo dell’occulto ha influenzato alcune tra le menti più visionarie e creative di sempre, ed una di queste, al giorno d’oggi, è quella di Guillermo Del Toro, il quale, dopo la parentesi fantascientifica del 2013 di Pacific Rim, torna a narrare una storia più intima, meno spettacolare e divertente, estremamente macabra, ma sopratutto figlia di una letteratura ed un metodo di fare cinema di altri tempi, di cui oggi abbiamo pressoché qualche sbiadito ricordo.
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Il fantasma è una delle figure più emblematiche ed affascinanti che la letteratura abbia mai creato, sia che si parli di testi relegati a quella antica che a quella moderna, capace di fungere sia come solo elemento estetico o decorativo, che come simbolo di un qualcosa, o per meglio dire, un qualcuno, un tempo vivo, ma adesso non più, tornato dagli inferi per pura casualità o con uno scopo preciso, assumendo un duplice significato carico di una sfumatura metaforica. Si parli di comuni poltergeist, antichi spiriti irrequieti, minacce o semplici ombre che vagano indisturbate e senza meta, appena percettibili dai nostri sensi, la presenza di queste entità ha goduto, fin da subito, di un certo privilegio all’interno di innumerevoli storie e racconti, ed esattamente come nei libri, anche su pellicola il mondo dell’occulto ha influenzato alcune tra le menti più visionarie e creative di sempre, ed una di queste, al giorno d’oggi, è quella di Guillermo Del Toro, il quale, dopo la parentesi fantascientifica del 2013 di Pacific Rim, torna a narrare una storia più intima, meno spettacolare e divertente, estremamente macabra, ma sopratutto figlia di una letteratura ed un metodo di fare cinema di altri tempi, di cui oggi abbiamo pressoché qualche sbiadito ricordo.
Siamo a cavallo di due importanti secoli, tra il 1800 ed il ‘900, Edith Cushing, giovane aspirante scrittrice, vive a Buffalo, New York, assieme a suo padre, Carter Cushing, proprietario di una modesta rete di industrie locali, che assieme ad altri colleghi mantengono viva l’economia della piccola cittadina, quando casualmente si imbatte in Sir Thomas Sharpe, baronetto inglese, proprietario di una cava di argilla rosso sangue in Inghilterra, venuto in America per cercare il supporto finanziario adeguato da parte del padre di quest’ultima e dei suoi colleghi affinché possa, l’industria di famiglia, tornare ai fasti di un tempo ed alla sua costante produttività. Sir Thomas, tuttavia, non riscontrando successo negli affari, si consola con la figlia del signor Cushing, di cui si innamora, sebbene il padre sia contrario al matrimonio. Venuto questi a mancare in circostanze sospette, e convolati a nozze i novelli sposi, i due decidono di tornare nel vecchio continente, nella magione della famiglia Sharp, un antico maniero situato in Cumbria, dove ad attenderli vi è Lady Lucille, la sorella di Thomas. Edith capirà, però, ben presto che Allerdale Hall è tutto tranne che un luogo sicuro, e se la casa, da un lato, sembra essere viva, dall’altro non lo sono da meno i fantasmi che sembrano ogni notte costellare i suoi incubi, tanto verosimili da sembrare reali.
Arrivato al suo nono lungometraggio, Guillermo Del Toro, decide di tornare sui propri passi, quelli che lo hanno fatto conoscere al grande pubblico, donandogli una fama internazionale, grazie ad opere come Cronos, La Spina del Diavolo e lo straordinario Il Labirinto del Fauno, ricercando una forma ed una innovazione che attinge a piene mani da specifici autori e correnti di pensiero, che il regista messicano, con maestria ed attenzione, ripropone ed amalgama in maniera perfetta con un tocco di personalità necessaria a marcare il suo timbro di cinema d’autore capace di unire la realtà al fantastico puro.
Crimson Peak è a tutti gli effetti un racconto gotico, un horror ed un thriller, e nel vederlo, la prima impressione è quella di essere stati catapultati all’interno di una storia scritta nel diciannovesimo secolo, o di avere tra le mani un prodotto lontano anni luce dagli standard odierni, particolarmente oscuro ed invitante, che, proprio come Thomas Sharpe fa con Edith, ci spinge a prender parte ad un valzer di terrore e morte, ove ogni cosa, dal terreno, al pavimento, dalle pareti e al soffitto, della magione desolata, dagli echi Dickiensiani di Grandi Speranze, o da quelli di Edgar Allan Poe con il racconto La Casa degli Usher, sembra trasudare colpa e violenza.
Edith Cushing è l’assoluta protagonista di una classica storia di fantasmi, dai forti richiami vittoriani di un tempo, il cui scopo finale, tuttavia, non è quello di concentrare l’attenzione nel sovrannaturale, sebbene questo sia presente in modo massiccio e accompagni la sventurata per gran parte della vicenda; gli spiriti ultraterreni, esattamente come nell’El Espinazo de Diablo, dal quale Crimson Peak eredita l’impostazione narrativa e il rocambolesco svolgersi degli eventi oltre che alcuni temi importanti, si palesano ai nostri occhi come presenze apparentemente spaventose, che incutono timore e scuotono, nel nostro animo, un’inquietudine interminabile, facendoci credere che non siano altro che spettri malvagi, i quali vogliono unicamente suscitare in noi paura o persino farci del male, ma per Del Toro il male non viene mai da ciò che temiamo, da quello che ad una prima occhiata può sembrare “diverso” o impercettibile, anzi, esso può arrivare più probabilmente da chi non si sospetterebbe mai, perché, in fondo, un fantasma è un qualcosa di puro, rappresenta l’anima del defunto e la sua più intima essenza, ed è per questo motivo che, sradicato da tutti i vizi umani, questi si rivelerà come un qualcosa di completamente diverso da quanto siamo abituati a credere, o a cui gli usi ed i costumi della società ci hanno convito a pensare, al quale Del Toro serva uno specifico compito di emissario, in questo caso, come lo fu, ad esempio, Jacob Marley per Scrooge in A Christmas Carol. Il vero orrore nasce dalle persone, da ciò che bramano, dalla loro perversione, dall’avidità e dal cieco egoismo.
La pellicola, infatti, prende molto a cuore l’elemento della dualità e del contrasto, lo fa inizialmente con la descrizione di una società Americana orientata al futuro e consapevole del proprio potenziale, incredibilmente incentivata a fare la storia e piena di innovazioni tecnologiche, contrapposta ad un’Inghilterra dal sapore antico, decadente e ormai passata, dove non vi è nulla di nuovo che possa dare qualche avvisaglia sul progresso ottenuto, nel mondo, con gli anni grazie all’avvento dell’industria. La campagna della regione della Cumbria sembra vivere in un limbo bucolico perenne, un quadretto drammatico nel quale le persone interagiscono continuamente tra loro come se gli anni si fossero fermati per sempre e dove ogni cosa non ne vuol sapere di cambiare.
A tutto ciò vi si sovrappone un sentito duello di personalità, da una parte abbiamo infatti Edith, timida ragazza figlia della borghesia più progressista, che dal basso si è fatta spazio nella società con la fatica ed il sudore della fronte, intenzionata a scrivere racconti di fantasmi, che ama Mary Shelley (la quale al contrario di Jane Austen “non è morta illibata, ma vedova”) e nutre una ardente passione per la scrittura ed i libri; mentre dall’altra, Lady Lucille, si presta ad essere identificata come una donna dalla personalità forte, sicura e cosciente di ciò che è, cinica e caparbia, che tiene alle tradizioni di famiglia ed in particolare al fratello Thomas. Le due, fin da subito, sono un caleidoscopio di diversità che arriveranno ad una climax finale efficace, tanto potente visivamente da mettere in disparte la figura del baronetto, che nella conclusione sembra assumere quasi un ruolo di contorno.
Del Toro, infatti, ispirandosi ad alcuni dei più classici tra i romanzi gotici dei due secoli passati, sembra, con questa sua ultima fatica, voler fare un grande omaggio a racconti come Lo Zio Silas di Sheridan Le Fanu, I Misteri di Udolpho, Il Castello di Otranto di Walpole e ad alcune novelle di Hoffman. L’intera impostazione sprigiona fin dalla prima inquadratura un attaccamento a quel tipo di letteratura e di cinema che contribuisce a rendere l’atmosfera perennemente ispirata, reale e verosimile, mai artificiosa o artefatta da un senso di già visto; l’illimitato estro creativo del padre di molte tra le pellicole più visionarie degli ultimi anni, si percepisce in ogni angolo, anche quando la telecamera indugia su piccoli aspetti quotidiani o particolari di uso comune come può essere una candela, un candelabro o una tazza di tè. Palesi, inoltre, i rimandi a Alfred Hitchcock e alla sua “Rebecca, la Prima Moglie”, sotto il profilo della sceneggiatura, mentre appaiono, fin dai titoli di testa, altrettanto chiare le orme seguite da Guillermo per la scelta dei colori e della cromatura delle immagini portate sullo schermo, le quali strizzano l’occhio al technicolor usato da Mario Bava per alcuni dei suoi progetti più importanti come i Wurdulac e La Maschera del Demonio, dando così all’insieme di colori un tocco pastello e rilassato che, grazie alla fotografia Dan Lausten, si amalgama perfettamente al genere trattato, tratteggiando una messa in scena forte e potente.
Il film sotto il profilo tecnico è una vera e propria gioia per gli occhi, ogni inquadratura sembra essere studiata con certosina cura, rivelandosi completamente capace di catturare l’essenza in ogni scena senza mai apparire invadente; la telecamera, che abilmente si muove tra una parte all’altra della casa degli Sharpe danza da un piano all’altro, ci guida con scrupolo dentro i più oscuri meandri del maniero desolato intriso di odio ed orrore. A ribaltare tutto ciò vi è una trama che, per quanto coerente e compatta, non si mostra poi particolarmente originale, configurandosi alla perfezione con quel tipo di storie gotiche vittoriane dal retrogusto dei romanzi delle sorelle Bronte, quali Cime Tempestose o il più noto Jane Eyre. Sia chiaro, non avere una sceneggiatura particolarmente potente, tuttavia, non è per forza un punto di debolezza, specialmente quando possiedi una padronanza tecnica da vendere, cosa che accade per Crimson Peak, che se da un lato non ammalierà per la sua storia, dall’altro riuscirà a valorizzarla interamente con sequenze degne di nota e spettacolari, o con momenti ricchi di tensione, percepibili facilmente ad un occhio attento e vigile, che fin dal primo momento contamineranno un racconto che ambisce, nella sua apparenza, a descrivere una perfetta rappresentazione della nostra esistenza.
Vera protagonista indiscussa rimane la magione degli Sharpe, la quale sembra cadere a pezzi da un momento all’altro, che si palesa quasi come la rappresentazione interiore dell’animo dei proprietari, dimostrando una decadenza che da puro elemento estetico o decorativo, si manifesta quale metafora dell’animo umano. Allerdale Hall è un luogo oscuro, costantemente ricoperto di neve, freddo, situato lontano da un qualsiasi centro abitato e costruito su una cava di argilla che, dall’essere la causa della propria fortuna, sembra diventata la motivazione principale di tale decadimento. L’argilla rosso sanguigno, rivestirà le pareti dei sotterranei del maniero, schizzerà via dai tubi dei rubinetti e sgorgherà dal pavimento come il sangue da una ferita, perché in essa si manifesta la colpa degli Sharpe, il loro cuore e la loro natura ambigua, la loro essenza perversa e le reali intenzioni che, come un qualunque thriller che si rispetti, si mostreranno allo spettatore lentamente.
Nel dare un giudizio definitivo a Crimson Peak bisogna tenere in grande considerazione molti elementi, di vario tipo e natura, che hanno un loro peso nell’economia del lungometraggio. La nuova pellicola di Guillermo Del Toro nella sua interezza non mostra, di fatto, un’originalità tale da gridare al miracolo, sotto il profilo della storia, perché il regista messicano sembra essere tornato più sui suoi passi che desideroso di traghettare lo spettatore verso nuovi orizzonti inesplorati, realizzando un’opera con la quale di certo sapeva di avere gran dimestichezza fin da subito, e non è un caso che, nel prendere in analisi alcune tematiche, la sceneggiatura di questo prodotto sia “vecchia” di dieci anni e risalga a quella fase in cui Del Toro diresse El Laberinto del Fauno e La Spina del Diavolo; tuttavia, muovere delle pesanti critiche a Crimson Peak significherebbe snaturarne il grande valore che risiede all’interno di esso e comporterebbe dare meno importanza ad alcuni aspetti cruciali. La storia degli Sharpe e di Edith sembra essere un sentito omaggio al cinema del passato, ma anche e sopratutto alla letteratura e all’arte del 1800, nella sua sfumatura più estetica, ed è soprattutto grazie a questi elementi descritti, alla cura posta nelle scenografie, nei set e nell’impianto degli effetti digitali utilizzati, alla fotografia dichiaratamente ispirata ai film di Mario Bava ed alla bravura degli attori, specialmente da tenere in considerazione le performance dei tre protagonisti (in particolar modo di Jessica Chastain e Mia Wasikowka), che mostra di avere un’animo nobile e sincero, una pura dimostrazione di amore verso un’arte alla quale Guillermo Del Toro continua a servire molta della sua creatività, amalgamandola a tanti elementi di natura diversa, ma incapaci di stonare in una rappresentazione del mondo che è sempre contraddistinta dall’impronta personale dell’autore.
Crimson Peak è probabilmente la pellicola gotica migliore degli ultimi anni, non tanto per l’elemento narrativo, sebbene sia diretta con straordinaria maestria, ma per l’attenzione e le ispirazioni riposte da Del Toro per un genere che ad oggi sembrava quasi completamente scomparso. Come in Shining di Kubrick anche la casa degli Sharpe, sotto un’interminabile tempesta di neve, gode di vita propria e manifesta l’orrore che si è manifestato all’interno, con quell’argilla rossa che si fa metafora delle morti avvenute tra quelle mura, che cola sul volto dei protagonisti diventando un tutt’uno con il sangue e la violenza che scorre da quest’ultimi sui loro corpi. Coloro i quali amano questo specifico genere di storie, ed aspettavano un racconto di fantasmi con una morale forte, nelle corde del regista messicano, che si ispirasse ai classici cinematografici di un tempo come la Jane Eyre di Orson Welles, o ai pittori romantici ed agli scrittori Vittoriani come Bronte, Dickens, Henry James e Shelley, rimarrà soddisfatto di Crimson Peak e di tutti quei particolari che ne contrassegnano l’originalità e la bellezza visiva. L’unica grande critica da fare a Del Toro sta proprio nella scelta di non aver proposto un tipo di cinema nuovo, di essersi “accontentato”, a livello di sceneggiatura, di qualche situazione non particolarmente brillante a causa di una sceneggiatura poco accattivante in alcuni frangenti; aspetti che, nel complesso, non rovinano affatto l’esperienza che propone Crimson Peak, la storia di fantasmi migliore di questo 2015, e di certo capace di dare nuova linfa ad un genere quasi scomparso, ma che a tratti fanno sentire il loro peso. Il grande cuore di questa macabra vicenda restano le persone, la loro natura e le loro perversioni, aspetti nettamente più spaventosi dei fantasmi e del sovrannaturale, che condanniamo ignorantemente in quanto differente da noi per natura e perché manifestazione di un qualcosa che non comprendiamo appieno. Il vero orrore, ancora una volta, per Guillermo Del Toro, non viene dai fantasmi, ma da coloro che abbiamo attorno, che lasciamo entrare nelle nostre vite quando, dentro di noi, come in Edith, a dettar legge non è la regione, ma l’istinto e l’ingenuità.
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[+] il regista messicano torna al gotico e al fiabesco
(di antonio montefalcone)
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laurence316
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lunedì 21 maggio 2018
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dopo pacific rim un altro passo falso
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Del Toro ritorna con un film più “contenuto” (quantomeno se raffrontato col precedente Pacific Rim), e realizza questo Crimson Peak, un horror che ha l’ambizione di omaggiare il lungo filone gotico (per non parlare poi di quello della casa infestata) e che, tristemente, si rivela un secondo passo falso, dopo quello compiuto con il gigantesco film d’azione fantascientifico sui robottoni.
Se la regia è come sempre impeccabile e le scenografia quanto di più inventivo si sia visto negli ultimi anni (come ad esempio nel caso del luogo che da il titolo al film, con le pareti della casa che “trasudano” liquido color sangue), se costumi e fotografia sono curati nei minimi dettagli, il film finisce però per rivelarsi un mezzo fiasco e non regala particolari emozioni.
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Del Toro ritorna con un film più “contenuto” (quantomeno se raffrontato col precedente Pacific Rim), e realizza questo Crimson Peak, un horror che ha l’ambizione di omaggiare il lungo filone gotico (per non parlare poi di quello della casa infestata) e che, tristemente, si rivela un secondo passo falso, dopo quello compiuto con il gigantesco film d’azione fantascientifico sui robottoni.
Se la regia è come sempre impeccabile e le scenografia quanto di più inventivo si sia visto negli ultimi anni (come ad esempio nel caso del luogo che da il titolo al film, con le pareti della casa che “trasudano” liquido color sangue), se costumi e fotografia sono curati nei minimi dettagli, il film finisce però per rivelarsi un mezzo fiasco e non regala particolari emozioni.
Rappresenta solo uno stanco compendio dei più svariati luoghi comuni dell’horror trattati in maniera per nulla innovativa e, spesso, quando vorrebbe far paura, non riesce a provocare nemmeno un sussulto (salvo, forse, per la sequenza iniziale).
Lo svolgimento e il finale sono ampiamente prevedibili, e il film, più che cerebrale o sottile, è piuttosto alquanto banale, un po’ freddo, sicuramente viziato da alcuni difetti di base, di sceneggiatura. Anche tralasciando l’enorme incongruità di fondo ben individuata dal Mereghetti (“perché lo spettro non mette subito in guardia Edith da ciò che l’aspetta anziché intimarle solo di stare alla larga da Crimson Peak?”), il film presenta almeno un’altra grossa incongruità (riguardante il fatto che chiunque subisca una caduta simile a quella subita da un certo personaggio verso la fine del film, ammesso che sopravviva, di sicuro finirebbe quantomeno per spezzarsi la schiena ed essere, di conseguenza, impossibilitato a fare tutto ciò che, invece, il suddetto personaggio si dimostra in grado di fare).
Non basta la confezione impeccabile a celare tutti questi macroscopici difetti e, seppur a tratti godibile, Crimson Peak è un film sottotono per il regista (al di là di alcune buone trovate visive), poco consistente a livello narrativo e non molto memorabile (l’esatto opposto, insomma, di quel capolavoro che è Il labirinto del fauno).
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corazzata potiomkin
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martedì 27 ottobre 2015
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"il fantasma è solo un pretesto"
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Questa frase, pronunciata all'inizio del film da Edith, risulta essere la chiave interpretativa del film.
In apparenza Crimson Peak è un horror con tutti i crismi: le premonizioni, gli spettri, gli scheletri ... ma a ben guardare tutta quanta la storia starebbe in piedi benissimo anche senza di loro. E la storia è una trama tutta intessuta intorno al sentimento più indecifrabile che ogni essere umano possa provare: un sentimento che può essere esaltante fino a farti sentire vicino agli dei, ma che può anche portarti alla dannazione, trasformandosi in qualche cosa di mostruoso, pur continuando ad essere, nel profondo, la stessa, identica, immutabile "cosa" che fu al momento della sua nascita nel grembo della nostra anima: l'amore.
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Questa frase, pronunciata all'inizio del film da Edith, risulta essere la chiave interpretativa del film.
In apparenza Crimson Peak è un horror con tutti i crismi: le premonizioni, gli spettri, gli scheletri ... ma a ben guardare tutta quanta la storia starebbe in piedi benissimo anche senza di loro. E la storia è una trama tutta intessuta intorno al sentimento più indecifrabile che ogni essere umano possa provare: un sentimento che può essere esaltante fino a farti sentire vicino agli dei, ma che può anche portarti alla dannazione, trasformandosi in qualche cosa di mostruoso, pur continuando ad essere, nel profondo, la stessa, identica, immutabile "cosa" che fu al momento della sua nascita nel grembo della nostra anima: l'amore.
A tutto questo De Toro ha saputo dare forma, costruendo un film intenso e toccante. Uno di quei film che, una volta spente le luci e abbandonata la sala, ti rimane dentro. Come un fantasma.
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[+] lascia stare la corrazzata
(di deadman)
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parieaa
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lunedì 9 novembre 2015
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i fantasmi non vogliono dire per forza horror
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Premessa d'obbligo, che peraltro hanno già fatto numerosi altri utenti, è che questo film non è da considerarsi assolutamente un horror, bensì un fantasy\thriller gotico con sole venature sparse di horror e mi domando pure cosa lo abbia fatto catalogare in tale categoria, perchè se bastano solo i fantasmi, allora anche i Ghostbusters diventerebbero in automatico un film dell'orrore...quindi vorrei anche aggiungere che gli amanti dell'horror puro che si sono recati a vedere Crimson Peak e ne sono rimasti delusi per la mancanza di violenza e spaventi, non dovrebbero prendersela solo con il film e il regista, ma più che altro con coloro che catalogano i film in modo allegro, generalista e ambiguo.
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Premessa d'obbligo, che peraltro hanno già fatto numerosi altri utenti, è che questo film non è da considerarsi assolutamente un horror, bensì un fantasy\thriller gotico con sole venature sparse di horror e mi domando pure cosa lo abbia fatto catalogare in tale categoria, perchè se bastano solo i fantasmi, allora anche i Ghostbusters diventerebbero in automatico un film dell'orrore...quindi vorrei anche aggiungere che gli amanti dell'horror puro che si sono recati a vedere Crimson Peak e ne sono rimasti delusi per la mancanza di violenza e spaventi, non dovrebbero prendersela solo con il film e il regista, ma più che altro con coloro che catalogano i film in modo allegro, generalista e ambiguo. Detto ciò credo che il film in sè sia stato un po' troppo sottovalutato, anche se sui vari siti di critica ha comunque ricevuto recensioni abbastanza positive, perchè di film di questo tipo se ne vedono e se ne vedranno sempre di meno, ossia un film dove c'è poca computer grafica (o che comunque rimane assolutamente in secondo piano) e vengono invece prediletti i costumi (sfarzosi e bellissimi, ma mai esagerati), le scenografie (marchio di fabbrica del regista, ricostruite fin nei minimi dettagli e assolutamente meravigliose, che fungono egregiamente da sfondo alle vicende in scena...insomma la casa che letteralmente trasuda sangue\argilla rossa dalle pareti, che scricchiola, geme e finanche respira per tutto il tempo è una trovata veramente azzeccata per creare il senso di inquietudine che permea l'intera sequenza ambientataci) e il trucco. La fotografia è molto dark, in pieno stile gotico per l'appunto. La colonna sonora è carina, ma sono gli effetti sonori a farla da padrone. Il cast è una mezza nota dolente, perchè se la Chastain è stata davvero bravissima e Hiddleston da sufficienza, Hunnam e la Wasikowska potevano decisamente fare di meglio (soprattutto quest'ultima, che mantiene la stessa espressione per tutto il film e che appare quasi antipatica in qualche occasione, anche se devo dire che personalmente non la sopporto sin dai tempi del pessimo Alice, quindi magari sono un po' troppo soggettivo). La regia e lo sile di Del Toro si vedono e si sentono abbastanza, anche se meno che in altri suoi lavori. Da considerare comunque il fatto che lo script su cui ha lavorato non era suo,e che per ragioni di tempo, si dice, non abbia avuto modo di metterci troppo mano, e che quindi tutte le colpe non ce le abbia lui, bensì i produttori della Legendary (ed inoltre sembra lo abbiano quaso obbligato a farlo, come "ricatto" per poi poter avere ,forse, il permesso di fare o Pacific Rim 2 o Hellboy 3 o alle montagne della follia). In effetti l'aspetto che poteva ,e doveva, essere curato meglio, era proprio la sceneggiatura, e precisamente la cura dei dialoghi, la gestione dei colpi di scena e lo sviluppo generale. Menzione d'onore per i fantasmi, che personalmente ho trovato molto ben fatti e curati, in perfetto accordo con la simbologia gotica; d'altronde sono creature del "signore dei Mostri". La sensazione che rimane è però che potessero fare tutti un po' meglio. Rimane comunque un (quasi) ottimo film non horror. Voto reale 3 stelle e mezzo.
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marezia
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lunedì 26 ottobre 2015
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ma, scusate, perché no?
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Il titolo dell'aggiunta alla recensione vera e propria mi è venuto leggendo le altre e vado a spiegarlo: il difetto che si addebita al film è la prevedibilità del suo intreccio e la lentezza dello stesso, almeno fino ad un certo punto - come uno degli utenti ha fatto GIUSTAMENTE notare ma, a ben vedere, il concetto di difetto si spiega con L'ERRONEITA' DELLA DICITURA HORROR che spiazza lo spettatore catapultandolo fin dalle prime battute in un ambiente signorile e agiato in cui si incrociano affari e sogni - d'amore e di altro genere - e lasciandolo in attesa. Io ho trovato NATURALE che la storia avesse un senso e che il senso fosse raccontato con un andamento da film in costume ma non perché sia una cima ma perché INTELLIGENTE.
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Il titolo dell'aggiunta alla recensione vera e propria mi è venuto leggendo le altre e vado a spiegarlo: il difetto che si addebita al film è la prevedibilità del suo intreccio e la lentezza dello stesso, almeno fino ad un certo punto - come uno degli utenti ha fatto GIUSTAMENTE notare ma, a ben vedere, il concetto di difetto si spiega con L'ERRONEITA' DELLA DICITURA HORROR che spiazza lo spettatore catapultandolo fin dalle prime battute in un ambiente signorile e agiato in cui si incrociano affari e sogni - d'amore e di altro genere - e lasciandolo in attesa. Io ho trovato NATURALE che la storia avesse un senso e che il senso fosse raccontato con un andamento da film in costume ma non perché sia una cima ma perché INTELLIGENTE. Possibile che un recensore o, chi come lui l'ha visto con un ottica da critico, non si sia reso conto che la prima parte DOVEVA ESSERE IL PIU' CLASSICA POSSIBILE per poter poi lasciare il campo ad una NUOVA REALTA' CON QUALCHE TOCCO DI SOPRANNATURALE FUNZIONALE ALLA TRAMA? Io l'ho capito subito e ho apprezzato il cambio di registro perché, a differenza di chi lo ha stroncato, ci ho visto una MESCOLANZA PERFETTA DI FANTASY GOTICO E REALTA' BORGHESE - quando ancora c'era la borghesia. L'ultima parte poi è un inno all'amore - malato e non - e la chiusa dice la verità, riconsegnandoci alla nostra condizione di potenziali eterni fantasmi. P.S. Alle volte penso che se la critica non esistesse, sarebbe meglio perché questo è il classico caso in cui chi osserva non sa giudicare buttando a mare il bambino e l'acqua sporca.
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armando bonacci
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sabato 24 ottobre 2015
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un meraviglioso affresco gotico
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Sono un grandissimo ammiratore di del Toro, ho apprezzato tutta la sua filmografia a partire dal discreto "Cronos" al criticatissimo "pacific rim" (che per me è molto meglio di qualsiasi film di Trasformers e di parecchi cine-comics parecchio blasonati). Attendevo questo Crimson Peak con talmente tanta trepidazione che sono andato a vederlo di pomeriggio, che dire? Sono uscito dalla sala con un grandissimo senso di soddisfazione,per tutta la durata del film sono rimasto incantato dalla scenografia curatissima e dalla cura per i costumi e i colori, non ho sentito la noia nemmeno per un secondo, anzi, il film ha catturato a grandi linee tutta la mia attenzione nella parte centrale, a tal punto che le mie ginocchia tremavano dall'adrenalina.
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Sono un grandissimo ammiratore di del Toro, ho apprezzato tutta la sua filmografia a partire dal discreto "Cronos" al criticatissimo "pacific rim" (che per me è molto meglio di qualsiasi film di Trasformers e di parecchi cine-comics parecchio blasonati). Attendevo questo Crimson Peak con talmente tanta trepidazione che sono andato a vederlo di pomeriggio, che dire? Sono uscito dalla sala con un grandissimo senso di soddisfazione,per tutta la durata del film sono rimasto incantato dalla scenografia curatissima e dalla cura per i costumi e i colori, non ho sentito la noia nemmeno per un secondo, anzi, il film ha catturato a grandi linee tutta la mia attenzione nella parte centrale, a tal punto che le mie ginocchia tremavano dall'adrenalina. Molti si sono lamentati della struttura troppo "classica" e del poco spessore della protagonista, come dico sempre l'importante non è il cosa succede ma il come e del Toro trascina lo spettatore in un vortice di follia per niente scontato, se qualcuno si lamenta del carattere troppo ovvio della protagonista Edith probabilmente è abituato a troppi personaggi sopra le righe, quando per me Edith è perfetta nella sua semplicità (mica ti puoi aspettare che sia una Beatrix Kiddo), lei si adatta solo a ciò che accade intorno a lei, quindi tutte queste lamentele non le capisco. Per me l'ultimo film di del Toro è un film riuscitissimo, con rimandi che vanno da Hitchcock, a Bava ad alcune inquadrature e scene che ricordano Shining o Profondo Rosso, tutte cose che solo chi mastica l'horror può apprezzare. Il discorso sulle farfalle e le falene nere è il fulcro del film e del Toro come aveva fatto per "la spina del diavolo" ci insegna che l'essere umano può far molto più paura dei fantasmi, ora non mi resta che attendere "le montagne della follia" e vedere cosa partorirà il buon Guillermo.
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jacopo b98
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domenica 1 novembre 2015
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un film incompreso per cinefili!
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VALUTAZIONE REALE: ***½
Nella New York di fine '800, la giovane scrittrice Edith Cushing (Wasikowska) preferisce dedicarsi a romanzi gotici sul genere Mary Shelley piuttosto che scrivere le storie romantiche e sdolcinate che la società bene di New York vuole leggere. Un giorno fa la conoscenza di Thomas Sharpe (Hiddleston), un baronetto inglese in rovina che si trova a New York in cerca di investitori. I due si innamorano, si sposano e tornano in Inghilterra, stabilendosi nella grande magione in rovina degli Sharpe, dove Thomas vive da quando è bambino assieme alla sorella Lucille (Chastain) a cui è profondamente legato. Ma la casa e gli Sharpe custodiscono molti segreti.
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VALUTAZIONE REALE: ***½
Nella New York di fine '800, la giovane scrittrice Edith Cushing (Wasikowska) preferisce dedicarsi a romanzi gotici sul genere Mary Shelley piuttosto che scrivere le storie romantiche e sdolcinate che la società bene di New York vuole leggere. Un giorno fa la conoscenza di Thomas Sharpe (Hiddleston), un baronetto inglese in rovina che si trova a New York in cerca di investitori. I due si innamorano, si sposano e tornano in Inghilterra, stabilendosi nella grande magione in rovina degli Sharpe, dove Thomas vive da quando è bambino assieme alla sorella Lucille (Chastain) a cui è profondamente legato. Ma la casa e gli Sharpe custodiscono molti segreti. Crimson Peak è il nono film del messicano Del Toro che, anche sceneggiatore con Matthew Robbins, voleva confezionare il proprio omaggio definitivo al cinema horror gotico. Accolto male da pubblico e critica, che hanno criticato la "poca originalità della trama" e "l'incapacità di spaventare realmente lo spettatore", è invece un film molto più complesso di ciò che mostra superficialmente e soprattutto è un film essenzialmente per cinefili. Infatti per comprendere appieno Crimson Peak bisogna addentrarsi profondamente all'interno del suo nucleo tematico e soprattutto guardare l'opera più che come si guarda un film come si ammira un quadro. Infatti l'opera di Del Toro è innanzitutto un'opera estetica, che vuole ricostruire il melodramma-horror di ambientazione gotica prima ancora che a livello narrativo a livello puramente visivo e sotto questo aspetto il film non solo è riuscito ma è assolutamente eccezionale. La cura estetica che Del Toro inserisce in ogni singola inquadratura è straordinaria: la fotografia di Dan Laustsen è da Oscar e lavora sulla palette dei colori associando tonalità differenti a ogni ambientazione filmica, dagli ocra newyorchesi al bianco candido sporcato di sangue e argilla della magione. La scelta delle inquadrature è curata, una vera e propria riflessione sulla messa in scena classica di natura pittorica, la geometria delle inquadrature è di un’eleganza rara a vedersi (che non sa mai di esercizio di stile), e l’inquietudine che donano le leggiadre carrellate di Del Toro su e giù per l’antica magione è davvero ammirevole. Altra cosa che va detta è che sono ormai un po’ di anni che, forse anche per colpa dell’autore stesso, i film del regista messicano ci vengono venduti come horror e il problema è che Crimson Peak, anche se omaggia l’horror, non è un horror: è invece un melodramma dall’andatura lenta, solenne e potente. Non certo, paradossale per un film costato 55 milioni di dollari, un prodotto commerciale, ma di fatto un film per estimatori, costruito per loro e che può essere apprezzato soltanto da loro. È un film di critica sociale, di profondo dramma insito della storia degli Sharpe (il rapporto incestuoso tra fratello e sorella come rifugio al dolore e alla sofferenza), un’opera che riesce a essere tragicamente commovente anche quando una sorella accoltella il suo amato fratello con tutto l’odio e l’amore che una persona sia capace di provare. Al risultato finale donano un apporto fondamentale il magistrale lavoro scenografico di Tom Sanders e le musiche di Fernando Velazquez. Attori eccellenti.
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ladyanair�96
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sabato 7 novembre 2015
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del toro ritorna alle origini
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Il poliedrico regista messicano Guillermo del Toro,dopo le due trasposizioni cinematografiche di “Hellboy”, acclamato fumetto del 1993 di Mike Mignola, e dopo un'incursione nel mondo della fantascienza con “Pacific Rim”, che strizza l'occhio alla cultura orientale di anime e manga, ritorna gloriosamente alle origini con un gothic romance a tinte fosche che ricorda l'atmosfera dark, favolistica e poetica del suo capolavoro indiscusso “Il labirinto del fauno”, pur non riuscendo a eguagliarlo. “Crimson Peak” racconta la tormentata storia d'amore tra Edith, giovane aspirante scrittrice, e l'affascinante quanto pericoloso Sir Thomas, sempre scortato dalla sua ambigua sorella Lucille e avvolto da un aurea di mistero.
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Il poliedrico regista messicano Guillermo del Toro,dopo le due trasposizioni cinematografiche di “Hellboy”, acclamato fumetto del 1993 di Mike Mignola, e dopo un'incursione nel mondo della fantascienza con “Pacific Rim”, che strizza l'occhio alla cultura orientale di anime e manga, ritorna gloriosamente alle origini con un gothic romance a tinte fosche che ricorda l'atmosfera dark, favolistica e poetica del suo capolavoro indiscusso “Il labirinto del fauno”, pur non riuscendo a eguagliarlo. “Crimson Peak” racconta la tormentata storia d'amore tra Edith, giovane aspirante scrittrice, e l'affascinante quanto pericoloso Sir Thomas, sempre scortato dalla sua ambigua sorella Lucille e avvolto da un aurea di mistero. Del Toro confeziona un film dalle atmosfere suggestive e conturbanti, rese magistralmente grazie a un'ottima fotografia e ad uno strepitoso uso del colore che ricorda i giochi cromatici dei maestri dell'horror nostrano Mario Bava e Dario Argento . I colori riempiono lo schermo e i nostri occhi portandoci all'interno della meravigliosa quanto inquietante dimora nella quale si svolgerà la seconda metà del film.
La nota dominante è il colore rosso declinato in tutte le sue sfumature, dal borgogna al cremisi che dà il nome al film; ogni singola scena si configura come un dipinto macabro di Goya o Bacon.
L'ottima interpretazione degli attori, a partire da Mia Wasikowska che si muove con disinvoltura in questa favola nera, fino alla lucida follia portata sullo schermo dall'intensa Jessica Chastain e allo charme tipicamente british di Tom Hiddleston, unita a una regia magistrale e a un montaggio sonoro molto curato che sottolinea i momenti salienti del film, rendono la visione di “Crimson Peak" estremamente gradevole, specie per gli appassionati del genere. Del Toro ha infatti dichiarato di essersi ispirato alla letteratura gotica di età vittoriana, da Ann Radcliffe a Charlotte Bronte, dalle quali mutua gli stilemi tipici dell'horror gotico. La vera protagonista del film è infatti proprio la dimora dei fratelli Sharpe, arredata con gusto barocco, un vero e proprio organismo vivente che pare respirare e trasudare sangue; bellissimo il contrasto cromatico tra il candore della neve e della nebbia che avvolge la casa e l'argilla rosso sangue che trasuda dalle pareti. Una nota di merito va anche ai curatissimi costumi tipicamente vittoriani ma con una nota di eccentricità,funzionali alla caratterizzazione dei personaggi; ocra,ambra e bianco per l'ingenua protagonista e nero e rosso per gli ambigui fratelli Sharpe. Un film, quindi, perfetto dal punto di vista estetico e formale ma che pecca di originaltà nel plot. Se ci fosse stato quel “quid” nel dipanarsi della vicenda e se avesse avuto un ritmo narrativo più incalzante nella prima parte, avrebbe potuto eguagliare il "Labirinto del fauno". Non mancano però spunti di riflessione interessanti in quanto si presenta come un film sull' “unheimlich”, ovvero sul perturbante, per usare un termine freudiano descritto da Freud stesso in questi termini: "una sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo a ciò che ci è familiare". Un film su perversioni e ossessioni, su eros e thanatos, capace di tenere incollati allo schermo grazie a un buon ritmo narrativo e a discreti espedienti atti a provocare angoscia. Consigliato agli amanti del regista e del genere .
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(di thescali)
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iris 29
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domenica 25 ottobre 2015
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un horror/thriller inquietante e psicologico
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Un horror/thriller ben strutturato con trama e personaggi affascinanti, misteriosi, intriganti e inquietanti. La storia in parte ricorda quella di barbablù ma con un finale completamente diverso. Ottima recitazione sopratutto da parte di Jessica Chastain. Alcune scene e riprese ricordano "Il labirinto del fauno" sempre di del Toro. I costumi e le locations sono fantastiche e il tutto riesce a coinvolgere lo spettatore che fino all'ultimo minuto rimane con il fiato sospeso.
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tmpsvita
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sabato 24 ottobre 2015
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una casa cigolante cela un segreto raccapricciante
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Un horror, un thriller o un dramma, difficile dire a quale dei tre generi il appartenga, probabilmente a tutti e tre. Che il film sia un horror o un thriller poco importa se dietro alla macchina da presa si trova Guillermo Del Toro, un regista che apprezzo moltissimo per i suoi vecchi lavori, come il labirinto del fauno e pacific rim, un regista visionario che lascia la sua impronta in ogni film, da lui diretto, con una mestria unica. E anche quest'ultimo lavoro non è da meno. Dal punto di vista tecnico la pellicola è impeccabile, dalla straordinaria regia alla fotografia accattivante e suggestiva, dalla colonna sonora travolgente alle scenografie mozzafiato, come la casa ricostruita pezzo per pezzo in uno studios, straordinari anche i costumi.
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Un horror, un thriller o un dramma, difficile dire a quale dei tre generi il appartenga, probabilmente a tutti e tre. Che il film sia un horror o un thriller poco importa se dietro alla macchina da presa si trova Guillermo Del Toro, un regista che apprezzo moltissimo per i suoi vecchi lavori, come il labirinto del fauno e pacific rim, un regista visionario che lascia la sua impronta in ogni film, da lui diretto, con una mestria unica. E anche quest'ultimo lavoro non è da meno. Dal punto di vista tecnico la pellicola è impeccabile, dalla straordinaria regia alla fotografia accattivante e suggestiva, dalla colonna sonora travolgente alle scenografie mozzafiato, come la casa ricostruita pezzo per pezzo in uno studios, straordinari anche i costumi. La trama è coinvolgente tanto da non far staccare gli occhi dello spettatore dallo schermo, bellissima la caratterizzazione dei personaggi e dei rapporti tra di loro, come quello del protagonista con la sorella. Ottimi effetti speciali, fantasmi realistici e raccapriccianti. Il ritmo all'inizio troppo lento migliora con il proseguire delle vicende. Un'altra cosa che mi è piaciuta molto è che il film non ha paura di mostrare scene troppo violente o troppo esplicite per paura della censura, infatti sono presenti moltissime scene visivamente forti come la scena in cui (spoiler) la sorella conficca il coltellino sotto l'occhio del fratello(fine spoiler). Comunque non è uno splatter e non regala violenza gratuita, rozza, volgare o troppo abbondante, la violenza nel film è una violenza molto ben calibrata, non eccede mai, è una crudezza così, non vorrei sembrare pazzo, bella da vedere. Dal punto di vista interpretativo il film è davvero ottimo, anche perchè si avvale di un cast non di poco conto, come l'affascinante Jessica Chastain ( Interstella, The Martian, Zero Dark Thirty), il bravissimo Tom Hiddleston. Il film però perde un po' nella partenza troppo lenta. Voto 8,5/10.
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