sergio dal maso
|
sabato 26 settembre 2015
|
quando tutto sembra perduto
|
|
|
|
“ … tu che adesso scendi non guardarmi, ti dico, questo è un sentiero per ‘comici spaventati guerrieri’ e io non voglio nè vincere nè perdere, solo che tu mi ricordi (…)”
"Vengo con te," disse Lucia. Comici Spaventati Guerrieri (S.
[+]
“ … tu che adesso scendi non guardarmi, ti dico, questo è un sentiero per ‘comici spaventati guerrieri’ e io non voglio nè vincere nè perdere, solo che tu mi ricordi (…)”
"Vengo con te," disse Lucia. Comici Spaventati Guerrieri (S. Benni)
Cosa saremmo senza i nostri ricordi? Privati delle capacità cognitive, della memoria del nostro passato, della lucidità nel ricordare gli affetti e le emozioni della nostra vita, siamo ancora noi stessi?
Sono domande spiazzanti che inevita-bilmente disorientano, difficili da affrontare. Crudeli come il morbo di Alzheimer, una malattia degenerativa che annienta le attività celebrali affievolendo giorno dopo giorno i ricordi e le capacità mnemoniche. Una patologia spietata, senza cure, che colpisce l’identità e la mente lasciando invece immune il corpo. Tra l’altro difficile da diagnosticare perché nello stadio iniziale ha dei sintomi comuni all’affaticamento e allo stress della normale vita quotidiana. E’ per questo che Alice Howland, brillante linguista di successo, docente alla Columbia University di New York, non dà molta importanza all’amnesia di alcune parole nel corso di una conferenza, o al senso di smarrimento nel parco in cui fa jogging da sempre. Il successivo responso medico sarà implacabile: Alice è affetta da una rara forma di Alzheimer precoce. La vita della protagonista e la serenità dell’affiatata e amata famiglia ne vengono sconvolte.
I registi Westmoreland e Glatzer scelgono però di lasciare sullo sfondo il dramma dei figli e del marito. Still Aliceè girato praticamente in soggettiva, al centro della storia c’è solo Alice, il suo coraggio e le sue fragilità, l’intima umanità con cui affronta la terribile evoluzione della malattia. Tutto è ricondotto al punto di vista della protagonista, spesso gli altri personaggi sono addirittura esclusi dal campo visivo, su alcuni dialoghi non c’è controcampo lasciando la camera fissa su Alice. Gli intensi primi piani del suo viso, le riprese sfocate, i campi lunghi sui particolari, il montaggio con frequenti salti temporali, ci permettono di “sentire” il dolore e l’intima tragedia che Alice Howland si trova ad affrontare.
Ma se si crea fin da subito una forte empatia con lo spettatore, che quasi accompagna da vicino Alice nella sua decadenza psichica, gran parte del merito è senza dubbio dell’immensa bravura di Julianne Moore.
La grande umanità con cui vive il calvario della malattia, l’evoluzione dello sguardo sempre più spento, il lento ma inesorabile decadimento della sua espressività dimostrano capacità attoriali straordinarie. Basti pensare alla scena in cui una Alice oramai “assente” guarda il video che aveva registrato all’inizio della malattia: sembrano due persone diverse che si guardano ma non si riconoscono, niente è più efficace per far comprendere la ferocia e la disumanità del morbo di Alzheimer.
Eppure Still Alice riesce a mantenersi equilibrato e sincero, commovente senza scadere mai nel melodramma e nel ricatto emotivo. La scelta di non mostrare il decorso finale della malattia, per esempio, dimostra intelligenza e grande sensibilità da parte dei registi. Va detto che per Richard Glatzer non era un film come un altro, lo ha fortemente voluto pur essendo malato nella fase terminale di SLA (sclerosi laterale amiotrofica), altra malattia tremenda, per ironia della sorte quasi opposta all’Alzheimer visto che devasta il corpo lasciando lucida la mente.
Il regista americano si è spento il 10 marzo 2015, tre settimane dopo il trionfo di Julianne Moore agli Oscar. Oltre alla splendida interpretazione dell’attrice protagonista occorre sottolineare anche quella di Kristen Steward, la figlia minore, inizialmente ribelle e conflittuale, che resterà con la madre per assisterla nella fase finale della malattia.
Tornando alla domanda iniziale - se senza ricordi siamo ancora noi stessi - la risposta più bella l’ha data Lisa Genova, autrice del romanzo Perdersi a cui è ispirato il film: “l’essenza e il valore di una persona non sono basate sull’intel-letto, sul linguaggio o sulla memoria … quando tutto è perduto l’amore è ancora lì, e tiene insieme la realtà, non solo le persone”.
E’ proprio in quell’ultima toccante parola pronunciata nella struggente scena finale, nell’ultimo sussulto di due occhi ormai inespressivi che Alice riassume e restituisce un senso alla sua vita, trovando un motivo per continuare a vivere. Nel nome dell’amore, dato e ricevuto, Alice c’è ancora. Still Alice.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sergio dal maso »
[ - ] lascia un commento a sergio dal maso »
|
|
d'accordo? |
|
maria cristina nascosi sandri
|
sabato 14 febbraio 2015
|
still alice suona un po’ come still life .........
|
|
|
|
STILL LIFE, recens. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Still Alice suona un po' come still life che in lingua inglese sta per 'natura morta', ma, letteralmente, si potrebbe tradurre 'ancora in vita'.
E così anche Still Alice può esser tradotto in Alice morta o Ancora Alice o Alice (ancora) viva, nonostante l'Alzheimer che, ottuso nemico, si porta via la vita, il vissuto, l'intelligenza di un eccellente e pensante essere umano e ne fa sparire ogni traccia, fatto salvi gli affetti suoi più cari e vicini, il marito, i figli, i nipoti.
Rimane, dunque, l'amore - questa è la fine del film, rigoroso, fedele, nei confronti della tematica narrata, opera a quattro mani della coppia Richard Glatzer e Wash Westmoreland, trasposta dall'omonimo romanzo best-seller del 2007 di Lisa Genova - come ultimo viatico, tra il cosciente e l'inconscio di una bella mente che s'allontana per sempre col sorriso ormai dell'assenza dalla scena della vita attiva, appagante che aveva avuto, per entrare in una definitiva non-vita.
[+]
STILL LIFE, recens. di Maria Cristina NASCOSI SANDRI
Still Alice suona un po' come still life che in lingua inglese sta per 'natura morta', ma, letteralmente, si potrebbe tradurre 'ancora in vita'.
E così anche Still Alice può esser tradotto in Alice morta o Ancora Alice o Alice (ancora) viva, nonostante l'Alzheimer che, ottuso nemico, si porta via la vita, il vissuto, l'intelligenza di un eccellente e pensante essere umano e ne fa sparire ogni traccia, fatto salvi gli affetti suoi più cari e vicini, il marito, i figli, i nipoti.
Rimane, dunque, l'amore - questa è la fine del film, rigoroso, fedele, nei confronti della tematica narrata, opera a quattro mani della coppia Richard Glatzer e Wash Westmoreland, trasposta dall'omonimo romanzo best-seller del 2007 di Lisa Genova - come ultimo viatico, tra il cosciente e l'inconscio di una bella mente che s'allontana per sempre col sorriso ormai dell'assenza dalla scena della vita attiva, appagante che aveva avuto, per entrare in una definitiva non-vita.
E' vero senza ricordi, non c'è presente - il che si riallaccia molto bene con l'ebraico Il passato l'abbiam davanti...
Still Alice è un buon film, ben interpretato da un'ottima e ben documentata Julianne Moore che dà prova di grande sensibilità e maturità artistica in ascesa, non a caso candidata all'Oscar quest'anno come miglior attrice, dopo aver vinto un Golden Globe.
Giusto e ben narrato il plot dell'iter verso l'abyme, la discesa agli inferi della malattia conclamata, solo a brevi tratti un tantino poco credibile.
Ma l'aver condotto quello stesso iter con un pizzico di ironia - più forse auto-ironia - riscatta quelle piccole perdonabili ridondanze.
Sì, Still Alice può ancora dare qualche speranza, nel suo narrare tanta disperazione: ancora in vita, dunque, dopo l'arrivo della malattia, non 'non più vita'...
[-]
[+] alzheimer
(di antoniozeg)
[ - ] alzheimer
|
|
[+] lascia un commento a maria cristina nascosi sandri »
[ - ] lascia un commento a maria cristina nascosi sandri »
|
|
d'accordo? |
|
ashtray_bliss
|
sabato 24 gennaio 2015
|
noi non siamo la nostra malattia !
|
|
|
|
E con questa emblematica frase, pronuniciata dalla protagonista Alice, che fa' da echo e leit-motif alla pellicola intera. Una pellicola che si distacca notevolmente dai toni melodrammatici e strappalacrime che solitamente si presentano al grande pubblico (vedi i film di Cassavettes o gli affini de "Colpa delle Stelle") quando trattasi di descrivere mallatie insidiose ed incurabili. Ma Still Alice piu' che un film drammatico si presenta come una cronaca lucida di un'destino inesorabile dal quale e' impossibile fuggire. Ma altresi rappresenta la tenacia, la determinazione, la lotta umana e verosimile di una donna che non si arrende ma combatte ogni giorno per trattenere frammenti di memoria, di vita intera.
[+]
E con questa emblematica frase, pronuniciata dalla protagonista Alice, che fa' da echo e leit-motif alla pellicola intera. Una pellicola che si distacca notevolmente dai toni melodrammatici e strappalacrime che solitamente si presentano al grande pubblico (vedi i film di Cassavettes o gli affini de "Colpa delle Stelle") quando trattasi di descrivere mallatie insidiose ed incurabili. Ma Still Alice piu' che un film drammatico si presenta come una cronaca lucida di un'destino inesorabile dal quale e' impossibile fuggire. Ma altresi rappresenta la tenacia, la determinazione, la lotta umana e verosimile di una donna che non si arrende ma combatte ogni giorno per trattenere frammenti di memoria, di vita intera.
Alice, una brillante linguista, moglie e madre di tre figli si vede costreta ad affrontare un calvario inimmaginabile: Si vede spazzare via tutte le sue memorie e facolta' cognitive, dalle piu' basilari alle piu' complesse, a causa di una fulminante quanto precoce forma di Alzheimer.
L'arte di perdere. L'arte di combattere e di vincere. Queste sono le due battaglie principali contro le quali Alice deve lottare quotidianamente, appunto per non perdere la cosa piu' essenziale; se stessa.
Ma la malattia, subdola e incontrollabile, incurabile continua a gallopare, prendendo poco a poco il sopravvento su questa brillante donna di carriera e deprivandola della cosa che rende ogni persona unica e speciale; la memoria. E con la perdita di memoria segue la perdita della dignita', della cognizione, dell'orientamento. Tutto svanisce, pezzo dopo pezzo ma in maniera irreversibile. Eppure il film riesce a mantenere una presa asciutta e lucida nonostante il soggetto drammatico messo in scena. Privo di sentimentalismi gratuiti o dialoghi strappalacrime, privo di intrecci che mirano a conquistare il pubblico sentimentalista, il film mantiene una posizione coerente e verosimile verso la sua protagonista. La arma di coraggio, di tenacia, di verosimiglianza ma non la fa' mai apparire come una vittima della malattia, o un sogetto in cerca di comprensione/compassione dal suo pubblico. Questo e' l'elemento chiave del film. Paragonabile anche se lontanamente al crudo realismo dei fratelli Dardenne, anche qui la coppia registica ci propone uno spaccato amaro e crudo, ma veritiero di una malattia silenziosamente aggressiva. Che attacca senza che te ne rendi conto, ma ti porta via tutto, poco alla volta.
In questa prigione progressiva, Alice cerca il tempo per ricongiungersi con i tre figli e col marito, ma principalmente con la figlia piu' piccola Lydia (K.Stewart). Una figlia che e' alla ricerca della creativita', e della libera espressione trovando rifugio nelle opere teatrali di cui si nutre. Figlia apparentemente distante, per via dei km e degli affetti che la dividono dai genitori e da gli altri fratelli ma che in realta' si rivela la piu' vicina al calvario della madre, nel quale decidera' di assisterla.
In Still Alice troviamo una Julianne Moore in splendida forma, carica di umanita' che dona al suo personaggio spessore umano e determinazione senza caricarlo di inutili drammaticita' teatrali. Si immedesima nella lotta quotidiana di una donna che non si arrende ma si aggrappa alla vita, alla memoria, alle parole prima che svaniscano, prima di disimpararle per sempre. Col sostegno di un poco presente e comprensivo marito (A. Baldwin) piu' preoccupato a non perdere le offerte di lavoro che prendersi cura di una moglie alla deriva e prigioniera della sua stessa malattia; e quello dei tre figli Alice cerca di condurre una vita apparentemente normale, anche se segnata.
Ottima pellicola di rilievo, supportata da una streptosa interpretazione da parte della Moore. Fluida e ben costruita sceneggiatura, lineare nello svolgersi e pungente quanto basta da spronare lo spettatore a con-vivere per un'ora e mezza con la protagonista e assistere egli stesso alla violenta devastazione che apporta l'Alzheimer.
Nessuna vittoria o lieto fine qui, ma solo un susseguirsi di amare realta'. Con un messaggio positivistico in fondo: quello di lottare sempre e comunque, senza dimenticare che noi non siamo la nostra malattia. E che forse, di tutte le cose che questa riesce a portar via, l'amore e' l'unico sentimento che non si puo' disimparare o dimenticare.
Assolutamente consigliato.
[-]
[+] concordo con te. film emotivamente coinvolgente.
(di antonio montefalcone)
[ - ] concordo con te. film emotivamente coinvolgente.
|
|
[+] lascia un commento a ashtray_bliss »
[ - ] lascia un commento a ashtray_bliss »
|
|
d'accordo? |
|
luigi chierico
|
mercoledì 2 marzo 2016
|
ancora e sempre
|
|
|
|
La bravissima Julianne Moore interpreta mirabilmente la parte di Alice tanto da meritare ancora un Oscar. Vedremo la sua bellezza fatta di un sottile fascino consumarsi nel tempo, prima ancora che sia giunta la vecchiaia a lasciarle le mani e il volto solcati dalle rughe,spenti gli occhi luminosi,la memoria persa ma non l’intelligenza e la forte volontà di vivere contro ogni avversità. L’impegno nel lavoro che l’ha resa famosa nel mondo e nel sociale,la cura affettuosa con la famiglia:il marito Jhon(Alec Baldwin),i figli Anna(Kate Bosworth),Lydia(l’ottima Kristen Stewart) e Tom(Hunter Parrish), la sostengono in ogni momento della parabola discendente che la vita le ha riservato,annebbiandole la vista e con essa i ricordi,persino le parole a lei tanto care dovranno essere cercate in un labirinto in cui la sua mente si è cacciata.
[+]
La bravissima Julianne Moore interpreta mirabilmente la parte di Alice tanto da meritare ancora un Oscar. Vedremo la sua bellezza fatta di un sottile fascino consumarsi nel tempo, prima ancora che sia giunta la vecchiaia a lasciarle le mani e il volto solcati dalle rughe,spenti gli occhi luminosi,la memoria persa ma non l’intelligenza e la forte volontà di vivere contro ogni avversità. L’impegno nel lavoro che l’ha resa famosa nel mondo e nel sociale,la cura affettuosa con la famiglia:il marito Jhon(Alec Baldwin),i figli Anna(Kate Bosworth),Lydia(l’ottima Kristen Stewart) e Tom(Hunter Parrish), la sostengono in ogni momento della parabola discendente che la vita le ha riservato,annebbiandole la vista e con essa i ricordi,persino le parole a lei tanto care dovranno essere cercate in un labirinto in cui la sua mente si è cacciata. Tutto quello che ha fatto per una vita se ne sta andando. Ma lei continua a parlare ed a commuovere, passa da un discorrere veloce ad uno lento,quasi stentato. Noi la seguiamo e ci commuoviamo quando cede, quando si perde,noi vorremmo piangere al suo posto allorché una notte si dispera per aver smarrito il cellulare,non siamo superficiali con lei,comprendiamola,amiamola ed abbracciamola,lei ha perso l’unico contatto con la realtà non un una semplice scatola di sms e numeri telefonici. La figlia le chiede”Mamma sei malata?” Alice tace, non ha il coraggio di risponderle,ma lo sguardo ed il volto della divina Julianne non possono tacere. Che tristezza quando al bar, nei pressi dell’università dove ha insegnato e che ora non riconosce, le sentiamo dire stupita:“ma non ho finito, dobbiamo andar via?” e Jhon rispondere:“vuoi ancora restare qui?” alla dolce Alice,stanca,sciupata ma tenerissima.Talora un solo sguardo è sufficiente ad aprire tutto ciò che si ha in animo di dire mentre si tace. Non è la fine di Alice, ma quella che vediamo è Julianne,ed in essa riconosciamo tanti amici,amiche e parenti anziani.
A fare del film un ottimo lavoro si aggiunge la musica ed alcune bellissime canzoni,un splendida fotografia,mai fine a se stessa ma a cornice dei sentimenti che travagliano la protagonista ed i suoi cari. Nella consapevolezza di non poter più ricordare prende continuamente appunti,sul suo computer si crea un file in cui la sua immagine sia in grado di dirle come suicidarsi.Una scena scioccante e dire che c’è gente che questi malati li deride. Come dimenticare cosa hanno dato in affetto, amore,scienza e nella società prima di essere solo corpi inermi incapaci di tornare indietro,là dove noi siamo ancora presenti? Ci risponde Alice:” Domani potrò dimenticare di essere stata qui, ma quel che importa è che oggi ci sono stata”.
Il film è ricco di bella musica,belle canzoni, tristissima quella che accompagna lei e noi alla fine”Vedo le parole e non riesco a raggiungerle” e così ”Imparo ad apprendere l’arte del perdere ogni giorno tutto quello che mi viene portato via, è atroce” e tornano alla mente avvolti dalla nebbia nel buio i momenti più importanti della vita. Sulla spiaggia Alice va via senza salutare. Lydia dice di aver visto in sogno da un aereo:” Anime salire,dalla terra,laggiù in basso.Anime di defunti,di persone morte per la fame,per la guerra,per epidemie.Salire fluttuando come paracadutisti al contrario.Con le mani sui fianchi, ruotavano e giravano. E le anime univano le mani, si agganciavano alle caviglie formando una trama,una grande rete di anime.” Andando via dicendo:“A presto rivederti Julianne”.
.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a luigi chierico »
[ - ] lascia un commento a luigi chierico »
|
|
d'accordo? |
|
ladyorchid
|
martedì 27 gennaio 2015
|
perdere se stessi
|
|
|
|
Qui non siamo di fronte al solito film sulle malattie incurabili che mira a conquistare il pubblico con toni ed eventi a tutti i costi strazianti e con l'obiettivo di far risaltare l'eroe americano compianto di turno e che entra nella storia perchè ha una morbo e fa qualcosa di straordinario..ci troviamo di fronte a una sorta di cronaca purtroppo comune a tanti di noi..Alice Howland (una straordinaria Julianne Moore) è una comune madre, moglie, e professoressa di linguistica che ama il suo lavoro e si sente realizzata ed appagata per questo..E' un pilastro e un punto di riferimento per suo marito e i suoi figli, ed è una persona incredibilmente tenace e solare.
[+]
Qui non siamo di fronte al solito film sulle malattie incurabili che mira a conquistare il pubblico con toni ed eventi a tutti i costi strazianti e con l'obiettivo di far risaltare l'eroe americano compianto di turno e che entra nella storia perchè ha una morbo e fa qualcosa di straordinario..ci troviamo di fronte a una sorta di cronaca purtroppo comune a tanti di noi..Alice Howland (una straordinaria Julianne Moore) è una comune madre, moglie, e professoressa di linguistica che ama il suo lavoro e si sente realizzata ed appagata per questo..E' un pilastro e un punto di riferimento per suo marito e i suoi figli, ed è una persona incredibilmente tenace e solare. E' tenace perchè sin dai primi segni del suo morbo precoce, se da un lato è preoccupata, dall'altro lotta con tutta se stessa per non sprofondare nel totale oblio della sua persona..Si attacca con tutta la sua forza ai frammenti di memoria che le ricordano che è una donna eccezionale..ed è solare. E' solare, nonostante tutto. Non si piange continuamente addosso, ma anzi continua a regalare, finchè la sua malattia glielo concede, bellissimi sorrisi e sprazzi di vitalità alla sua famiglia..che non capisce che lei non è una malata qualsiasi. Perchè gli altri, mentre la forza fisica viene a mancare, possono ancora ricordare gli eventi che hanno segnato la loro vita..lei no. A lei il suo morbo strappa via tutti i suoi ricordi più preziosi..e la rende un'estranea in un corpo che fatica a riconoscere, circondata da visi che ora sembrano quelli di persone sconosciute mai incontrate prima..perchè questo non è un distubo della personalità o un male che guarisce con l'amore dei propri cari..Alzheimer è una belva che piano piano divora tutte le tue funzioni cognitive e fisiche e ti priva di tutto ciò che hai. Non è il classico film da finale strappalacrime, qui le lacrime cadono durante..toccante e commovente il discorso che tiene davanti ad una platea, e laceranti alcuni episodi che ci renderanno partecipi della sua evidente perdita di memoria e di cognizione..un film che merita di essere visto, di cui non a caso la sensibilità dietro tutto ciò è opera del regista Richard Glatzer, affetto da sclerosi laterale amiotrofica. Un film che suggerisco a tutti per la delicata tematica trattata in modo veritiero..credo che riguardi tutti noi..perchè è un morbo che è più diffuso di quanto si pensi..e credo sia uno dei più temibili dal punto di vista psicologico. Attualmente la Moore è in lizza per l'oscar alla migliore attrice, e io personalmente credo che se lo meriterebbe tutto. E' riuscita perfettamente a rappresentare il declino di una donna affetta da questa malattia, ed è un'attrice straordinaria, espressiva come poche . Il finale del film mi lascia con una domanda a cui non trovo e non voglio trovare risposta..chi saremmo senza i nostri ricordi e senza la nostra memoria?..
[-]
[+] una sconfinata giovinezza
(di angelo umana)
[ - ] una sconfinata giovinezza
|
|
[+] lascia un commento a ladyorchid »
[ - ] lascia un commento a ladyorchid »
|
|
d'accordo? |
|
mericol
|
venerdì 27 febbraio 2015
|
una grave malattia, una grande volontà di vivere
|
|
|
|
Alice,insegnante di linguistica in una Università americana, ha una famiglia felice, il marito e tre figli. Le viene diagnosticato un Alzheimer precoce, probabilmente ereditario, quindi a più rapida evoluzione. Anche una sua figlia sembra destinata alla stessa malattia.
Alice prevede la distruzione graduale del suo patrimonio intellettuale. Perderà progressivamente l’uso di parole comuni, l’orientamento nei luoghi in cui ha vissuto l’intera vita. Finirà per non riconoscere volti familiari. Perderà la memoria del passato. Senza il passato, non ci sarà presente, né futuro.
Il progresso intellettivo che ha visto gradualmente svolgersi in se stessa, che ha visto nascere e poi progredire nei suoi figli, mamma attenta e premurosa com’è stata, il tesoro intellettivo, prerogativa del genere umano, verrà progressivamente ma inesorabilmente a dissolversi.
[+]
Alice,insegnante di linguistica in una Università americana, ha una famiglia felice, il marito e tre figli. Le viene diagnosticato un Alzheimer precoce, probabilmente ereditario, quindi a più rapida evoluzione. Anche una sua figlia sembra destinata alla stessa malattia.
Alice prevede la distruzione graduale del suo patrimonio intellettuale. Perderà progressivamente l’uso di parole comuni, l’orientamento nei luoghi in cui ha vissuto l’intera vita. Finirà per non riconoscere volti familiari. Perderà la memoria del passato. Senza il passato, non ci sarà presente, né futuro.
Il progresso intellettivo che ha visto gradualmente svolgersi in se stessa, che ha visto nascere e poi progredire nei suoi figli, mamma attenta e premurosa com’è stata, il tesoro intellettivo, prerogativa del genere umano, verrà progressivamente ma inesorabilmente a dissolversi. I medici dichiarano che la velocità della comparsa e accentuazione dei sintomi procede in rapporto diretto alla ereditarietà e al livello intellettivo antecedente alla malattia...
Alice vede trasformarsi quindi la sua mente e il suo fisico. Ne prevede la drammatica conclusione. Reagisce con forza, con la ferma volontà di vivere ancora.
All’inizio della malattia ha salvato in un video, che ora rivede, la sua immagine con l’invito a se stessa, quando sarà giunto il momento, di aprire un cassetto dell’armadio, trovare un flacone carico di compresse, assumerle tutte in un solo colpo, adagiarsi sul letto e riposare serenamente. Per sempre evidentemente! Alice incerta inizialmente, non segue alla fine questo disperato messaggio.
La più giovane tra i suoi figli. Lydia, ha la passione del teatro. Legge alla mamma testi letterari. Il bello al quale si rende partecipe, supera i limiti tracciati dalle parole e dai ricordi, che non ha più Il bello e l’amore danno sensazioni istantanee, senza dover ricorrere a parole o a ricordi.. Il bello e l’amore! Vale la pena ancora vivere e incamminarsi con la figlia ,a conclusione, lungo un sentiero non carico forse di lunghi tempi di vita, ma colmo di bello e di amore.
Un tema così impegnativo, un personaggio tanto complesso,richiede una interpretazione maiuscola. I registi (Glatzer e Westmoreland ) la trovano in una straordinaria Julianne Moore, migliore attrice protagonista ai recenti Oscar 2015. Non a caso, tra l’altro, il premio per il migliore protagonista maschile è stato attribuito a Eddie Redmayne per “La teoria del tutto”, anch’egli interprete magnifico di un personaggio, difficile da portare sullo schermo, che alla crudele malattia reagisce con la ferma volontà di vivere e creare.
[-]
[+] trama film
(di mari66)
[ - ] trama film
|
|
[+] lascia un commento a mericol »
[ - ] lascia un commento a mericol »
|
|
d'accordo? |
|
gabrykeegan
|
lunedì 2 febbraio 2015
|
un racconto di intelligenza e dignità
|
|
|
|
La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto dalla neuroscienziata Lisa Genova. La storia è quella di migliaia di persone e di famiglie, che devono fare i conti con una malattia perfida e contro cui non c'è ancora una cura.
Proprio questo fa sì che il modo di affrontare i vari stadi di progressivo avanzamento faccia la differenza nel contrastare uno dei mali più brutti.
[+]
La pellicola è l'adattamento cinematografico del romanzo Perdersi, scritto dalla neuroscienziata Lisa Genova. La storia è quella di migliaia di persone e di famiglie, che devono fare i conti con una malattia perfida e contro cui non c'è ancora una cura.
Proprio questo fa sì che il modo di affrontare i vari stadi di progressivo avanzamento faccia la differenza nel contrastare uno dei mali più brutti.
La protagonista, dapprima caparbia nel voler continuare a insegnare e combattere a suon di test ed esercizi, diventa piano piano più docile e incapace di poter anche solo essere cosciente di avere un problema.
Già dall'inizio si notano i riferimenti alla memoria e ai ricordi, in certe piccole frasi che passano inosservate. Mano a mano che passa il tempo, lo spettatore segue con la propria mente il percorso neurologico di un cervello brillante che si affievolisce e inizia ad avere buchi.
Un progressivo cammino verso la totale assenza di ricordi e di capacità. Il dramma di una donna intelligente che da un momento all'altro si trova non solo a perdere la memoria delle cose normali, ma ad affrontare il fatto che perderà tutte le conoscenze acquisite in anni di studio, con la fatica necessaria per formare un impianto cerebrale forte.
La malattia che tutti conoscono è questa volta trattata su una donna in età ancora giovane e questo acuisce la drammaticità di una situazione portata però avanti con fiera consapevolezza dei propri mezzi e con la dignità necessaria che necessitano le gravi difficoltà della vita.
Intorno a lei è la famiglia a fare da scudo e ad affrontare con tutte le tensioni giustificate un evento tragico, ma che rafforza il rapporto d'amore, che fa uscire fuori risorse mai sperate e paure ovvie, in cui anche gli uomini si scoprono fragili e sensibili, mentre le donne fanno appiglio al proprio istinto di protezione.
Inutile dire che la candidata all'Oscar Julianne Moore sia la vera star di questo lungometraggio che non è per niente banale e melenso, ma anzi fa riflettere con lucidità e lancia segnali di incoraggiamento per chi si interessa di questa malattia o la ha affrontata direttamente.
L'attrice viene incaricata dal regista e dagli sceneggiatori di reggere l'intera trama con la propria bravura ed eleganza. Una dignità professionale che si trasforma in una dignità umana, con espressioni delicate e una recitazione impeccabile nei momenti clou del film, che scorre via leggero.
La Moore rende bene l'idea dello spaesamento, del non ricordare le parole evidenziando il tutto con un sorriso che alleggerisce la sofferenza o con un pianto secco, con gli occhi gonfi e rossi che significano impotenza ma allo stesso tempo capacità di saper far fronte a tutto con intelligenza.
Da professoressa importante, diventa donna indifesa e incapace di esprimere i propri pensieri. Ed è fondamentale il rapporto con la figlia minore (Kirsten Stewart) che l'aveva sempre vista come la padrona di casa, la genitrice pretenziosa.
La ragazza matura col progressivo indietreggiare della madre e accresce l'empatia, portando il proprio amore a un livello successivo, quello in cui i ricordi escono dal cuore e non hanno bisogno delle connessioni cerebrali.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gabrykeegan »
[ - ] lascia un commento a gabrykeegan »
|
|
d'accordo? |
|
angelo umana
|
martedì 27 gennaio 2015
|
"voglio perciò ricordarti com'eri"
|
|
|
|
Anna Maria Pasetti sul Fatto Quotidiano del 22 gennaio 2015 definisce questo film “Classico dramma da commozione con dignità, offre più spunti di riflessione e apprezzamenti umani che non cinematografici”.
Julianne Moore ha già ricevuto il Golden Globe per la sua intensa interpretazione, facile che un altro premio arrivi dagli Oscar. Deve essere professionalmente preparata un’attrice ultra cinquantenne che si mette nella parte di un’insegnante di linguistica all’ università e relatrice a convegni, che comincia a perdere la memoria e i suoi punti fermi, lei che era un’ambiziosa sé stessa affascinata dalla comunicazione, che si definiva in base alla sua intelligenza, proprietà di linguaggio, argomentazioni.
[+]
Anna Maria Pasetti sul Fatto Quotidiano del 22 gennaio 2015 definisce questo film “Classico dramma da commozione con dignità, offre più spunti di riflessione e apprezzamenti umani che non cinematografici”.
Julianne Moore ha già ricevuto il Golden Globe per la sua intensa interpretazione, facile che un altro premio arrivi dagli Oscar. Deve essere professionalmente preparata un’attrice ultra cinquantenne che si mette nella parte di un’insegnante di linguistica all’ università e relatrice a convegni, che comincia a perdere la memoria e i suoi punti fermi, lei che era un’ambiziosa sé stessa affascinata dalla comunicazione, che si definiva in base alla sua intelligenza, proprietà di linguaggio, argomentazioni.
Forse però ha ragione la Pasetti: il film commuove, raggiunge lo scopo come gli americani sanno fare, ha belle immagini, una bellissima Kristen Stewart nella parte di una dei figli della protagonista, quella dei tre che empatizza di più con la madre, c’è la casa al mare e le passeggiate della protagonista sul bagnasciuga, la famiglia che non la lascia sola nel suo decadimento, può perfino tenere una conferenza sulla sua malattia. E’ coraggioso che il regista Richard Glatzer abbia deciso di mettere in scena il libro dallo stesso titolo, del 2007, di Lisa Genova (neuroscienziata e novellista 45enne americana) sulla malattia di Alzheimer, lui che è malato di Sla. Però … però gli americani sanno spettacolarizzare tutto, ci comprano con le emozioni. Che distanza rispetto alla vecchiaia dimessa mostrata in Amour di Haneke e rispetto all’alzheimer triste di Una sconfinata giovinezza di Pupi Avati (film del 2012 e 2010 rispettivamente).
Qui vengono date delle istruzioni su come affrontare la malattia, visto che con il progredire della vita media delle nostre società, ancora in parte opulente, sarà forse diffusissima: registrare un messaggio che ci ricordi cosa fare per avvelenarsi e farla finita in un attimo di lucidità, quando essa sia andata troppo avanti, imparare l’arte del perdere, non sentirsi ridicoli e incapaci perché questo è la nostra malattia, non siamo noi, esser dotati di smartphone con cui esercitarsi con le parole – eppure sono gli smartphones, i navigatori satellitari e i motori di ricerca che ci stanno disabituando a ricordare e forse ragionare – essere soddisfatti che la propria vita non è stata una tragedia pure se breve come quella delle farfalle bellissime ed effimere.
E’ ottimista Julianne Moore: vorrebbe che tutto andasse avanti, rimanere in contatto con quella che era una volta, pensare a cose ancora da fare nella vita: lo spirito attivo americano. Eppure il medico non le nasconde che la malattia progredisce più in fretta e più gravemente in chi si è dedicato ad attività intellettuali. Le tornano davanti immagini dell’infanzia, la regressione a un tempo felice che era pure nel film di Pupi Avati. Rimanere ancora Alice, Still Alice, ma che non sia una vita ferma, una Still Life (altro film di Uberto Pasolini del 2013).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a angelo umana »
[ - ] lascia un commento a angelo umana »
|
|
d'accordo? |
|
zarar
|
martedì 27 gennaio 2015
|
dalla parte di lei
|
|
|
|
Guardando questo film, non ho potuto fare a meno di tornare con la mente a Away from her di Sarah Polley, e - più ancora - ad Amour di Michael Haneke, per me bellissimo. I temi sono simili, la durezza straziante dell’argomento è estrema in tutti e tre, gli attori sono notevoli tutti. Tra i tre Still Alice è quello che ho amato meno, anche se ha avuto su di me un forte impatto emotivo e se ho trovato molto interessante e coraggiosa la prospettiva assunta: in Still Alice infatti il regista non è narratore onnisciente (colui che guarda dall’esterno), né adotta lo sguardo di un colui che è più vicino al malato, angosciato di fronte all’essere amato che soffre e si allontana psicologicamente e intellettualmente in modo irrecuperabile.
[+]
Guardando questo film, non ho potuto fare a meno di tornare con la mente a Away from her di Sarah Polley, e - più ancora - ad Amour di Michael Haneke, per me bellissimo. I temi sono simili, la durezza straziante dell’argomento è estrema in tutti e tre, gli attori sono notevoli tutti. Tra i tre Still Alice è quello che ho amato meno, anche se ha avuto su di me un forte impatto emotivo e se ho trovato molto interessante e coraggiosa la prospettiva assunta: in Still Alice infatti il regista non è narratore onnisciente (colui che guarda dall’esterno), né adotta lo sguardo di un colui che è più vicino al malato, angosciato di fronte all’essere amato che soffre e si allontana psicologicamente e intellettualmente in modo irrecuperabile. Qui chi narra è Alice stessa, che si accampa prepotentemente in primo piano e tiene il campo fino a quando c’è ancora un barlume di vita nel suo cervello. E’ lei che ci parla seguendo la sua parabola discendente, con il suo shock iniziale, le sue paure e i suoi smarrimenti, ma anche il suo coraggio, i suoi tentativi di razionalizzare la sua condizione, la sua volontà di essere strenuamente padrona di sé fino a programmare il suicidio per quando ciò non sarà più possibile; è lei che manifesta il senso di impotenza e di orrore per non poter realizzare il suo progetto (la scena più bella di tutto il film), e che, proprio quando si sta ‘allontanando’ definitivamente, è ancora in grado di offrire una chiave di senso per il suo essere ancora Alice, per se stessa e per gli altri: l’amore. Questa scelta di affrontare il tema dell’Alzheimer dando voce (e dunque dignità e forza e umanità) ad un malato che tutti pensano non abbia più niente da dire è una grande idea, e Julianne Moore fa il massimo per darle corpo. Ma alla regia e alla sceneggiatura mancano una maggiore naturalezza, un tono meno programmatico e declaratorio, più sfumato, più ambiguo e sottile: tutto è troppo detto, scandito, spiegato, sottolineato. Anche la macchina da presa segue la storia con un approccio di tipo documentario, assai convenzionale.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a zarar »
[ - ] lascia un commento a zarar »
|
|
d'accordo? |
|
flyanto
|
venerdì 30 gennaio 2015
|
l'inesorabile corso che prend il morbo di alzheime
|
|
|
|
Film in cui si racconta di una donna di circa 50 anni la quale viene colpita prematuramente dal morbo di Alzheimer: il suo declino mentale sarà inesorabile e piuttosto repentino nonostante l'affetto e le cure dei familiari a lei vicini.
Questa pellicola, assai triste, prende in esame il veloce ed inevitabile corso che il morbo di Alzheimer segue colpendo, come in questo caso specifico, persone non ancora anziane ma, anzi, nel pieno delle proprie facoltà mentali ed anche particolarmente vive e brillanti per ciò che riguarda l'intelletto. La protagonista, molto egregiamente interpretata da Julianne Moore, subisce un tracollo mentale che la condurrà alla smemoratezza totale e poi all'inevitabile morte, e nel riflettere codesta situazione, il duo dei registi Richard Glatzer e Wash Westmoreland, colgono l'occasione per affrontare un tema purtroppo ormai divenuto di quotidiana attualità dal momento che codesta malattia continua inesorabilmente a colpire gli esserei umani.
[+]
Film in cui si racconta di una donna di circa 50 anni la quale viene colpita prematuramente dal morbo di Alzheimer: il suo declino mentale sarà inesorabile e piuttosto repentino nonostante l'affetto e le cure dei familiari a lei vicini.
Questa pellicola, assai triste, prende in esame il veloce ed inevitabile corso che il morbo di Alzheimer segue colpendo, come in questo caso specifico, persone non ancora anziane ma, anzi, nel pieno delle proprie facoltà mentali ed anche particolarmente vive e brillanti per ciò che riguarda l'intelletto. La protagonista, molto egregiamente interpretata da Julianne Moore, subisce un tracollo mentale che la condurrà alla smemoratezza totale e poi all'inevitabile morte, e nel riflettere codesta situazione, il duo dei registi Richard Glatzer e Wash Westmoreland, colgono l'occasione per affrontare un tema purtroppo ormai divenuto di quotidiana attualità dal momento che codesta malattia continua inesorabilmente a colpire gli esserei umani. Un film pertanto che induce lo spettatore a riflettere seriamente e soprattutto sull'impotenza, sino ad oggi, della Medicina a riguardo e dell'individuo in sè che pian piano, ma progressivamente e piuttosto repentinamente, regredisce sino ad uno stato in cui egli non è più padrone delle proprie facoltà mentali, nonchè motorie in generale, in quanto regolate dal cervello stesso.
Il film risulta chiaro e conciso nella sua rappresentazione, senza inutili sentimentalismi ma abbastanza crudo e realistico per presentare la situazione alquanto critica e difficile che sono costretti ad affrontare sia colui (in questo caso, colei) che viene colpito dalla spietata malattia sia i familiari e gli amici stessi che intorno assistono impotenti e rammaricati, per non dire disperati, una fine annunciata ed in certi casi non sempre dignitosa.
Consigliato a chi è interessato senza aspettarsi alcun divertissement.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flyanto »
[ - ] lascia un commento a flyanto »
|
|
d'accordo? |
|
|