pepito1948
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mercoledì 17 dicembre 2014
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un'insolita alleanza
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Nel 1984-85 oltre 160.000 minatori britannici si mobilitarono per 51 settimane contro l'annuncio della Thatcher di chiudere vari siti estrattivi mettendo in pericolo più di 20.000 posti di lavoro. Lo sciopero, che portò i protagonisti e le loro famiglie allo stremo delle forze, si chiuse con la resa dei lavoratori a seguito di una votazione in cui prevalse per un soffio il sì alla ripresa del lavoro. Fu una debacle cui seguirono ondate di licenziamenti e ritorsioni governative di vario genere.
Con gli scioperanti solidarizzarono vari settori della società civile britannica, ma anche all'estero. In particolare tra i tanti si mosse la comunità omosessuale -allora soggetta a continue aggressioni da parte sia delle autorità sia di larga parte della popolazione- che ritenne di intervenire per comunanza di obiettivi, ossia la conquista di una libertà mai avuta o perduta.
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Nel 1984-85 oltre 160.000 minatori britannici si mobilitarono per 51 settimane contro l'annuncio della Thatcher di chiudere vari siti estrattivi mettendo in pericolo più di 20.000 posti di lavoro. Lo sciopero, che portò i protagonisti e le loro famiglie allo stremo delle forze, si chiuse con la resa dei lavoratori a seguito di una votazione in cui prevalse per un soffio il sì alla ripresa del lavoro. Fu una debacle cui seguirono ondate di licenziamenti e ritorsioni governative di vario genere.
Con gli scioperanti solidarizzarono vari settori della società civile britannica, ma anche all'estero. In particolare tra i tanti si mosse la comunità omosessuale -allora soggetta a continue aggressioni da parte sia delle autorità sia di larga parte della popolazione- che ritenne di intervenire per comunanza di obiettivi, ossia la conquista di una libertà mai avuta o perduta.
In questo quadro storico è ambientato il film di Warchus, regista di provenienza teatrale, che, sullo sfondo di un dramma sociale acutissimo e ispirandosi a fatti storici meno noti, costruisce un racconto in forma di commedia a lieto fine (sorvolando sulla infausta conclusione della vertenza sindacale) e soffermandosi sullo scontro- incontro di un piccolo gruppo di gay e lesbiche, deciso a raccogliere fondi a sostegno degli scioperanti, con i ruvidi e poco accoglienti abitanti di un piccolo centro del Galles, ovviamente tutti intenti a fronteggiare le dure conseguenze dello sciopero. Dopo le difficoltà iniziali dovute a diffidenze e radicati pregiudizi, tra gli effeminati ma volenterosi omosex e i virili minatori scatta la solidarietà, cadono (quasi) tutte le barriere, e quando sarà il momento le parti si invertiranno: toccherà agli ex scioperanti andare in soccorso dei loro benefattori.
Naturalmente i riferimenti alla situazione politica del momento sono ridotti al massimo (ma l'affermazione della linea di fermezza ad oltranza della Thatcher in televisione crea un shock che richiama per un momento la dura realtà che la Gran Bretagna stava vivendo)), perchè non è questo il focus del film, quanto la dinamica di rapporti tra due mondi che sembravano sideralmente lontani ma che lo stato di necessità e la comune lotta contro un'atroce ingiustizia induce ad un'alleanza singolare quanto, alla fine, vincente, almeno sul piano dell'unità fra diversi e della comprensione delle reciproche esigenze.
Dal macrocosmo di una società frastagliata e oppressa dal potere, e turbata dall'arrivo di nuovi mostri come l'AIDS, emergono i dettagli umani: da una parte il leader giovanissimo che trascina e infonde coraggio ma poi sarà il primo a mollare, il figlio di papà e mammà che fa coming out, il gay macho che con il ballo conquista l'"avversario-alleato", dall'altra giovani e vecchi convertiti all’insolita alleanza e pronti a tendere la mano, il protagonismo fattivo delle donne, le resistenze di una famiglia irriducibile ecc. Il tutto descritto con garbo ed intelligenza, pur senza uscire dagli schemi della commedia divertente, ancorchè a sfondo sociale.
A primo acchitto l'atmosfera morbida ed a tratti brillante può sembrare non consona al cupo dramma dei minatori, ma il film non vuole affrontare tale argomento se non come cornice ad una storia tutta incentrata sull'evoluzione di realtà antropologiche agli antipodi che si ritrovano quando lo stato di necessità fa cadere ogni preconcetto quanto inconsistente ostacolo. Insomma, in un momento in cui il mondo è lacerato da divisioni e da conflitti che allontanano creando artificiose barriere, Warchus ci ricorda, frugando tra le pieghe della Storia, che talvolta la solidarietà e la fratellanza possono essere così solide e motivate da superare ogni diversità. Il tutto è condito con ottima musica, un cast all'altezza, una regia accorta e non invadente, dialoghi intelligenti.
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vanessa zarastro
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domenica 14 dicembre 2014
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solidariety for ever
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Anche se giudicato da alcuni critici un’astuta operazione commerciale il film Pride diverte e rallegra lo spettatore. Gli ingredienti politically correct anti-thatcheriani si sommano a cliché di successo – il tema del ballo ad esempio è stato usato da Ken Loach nel recentissimo Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e di libertà.
Prideè un film così pieno di valori condivisibili che difendono le minoranze discriminate siano esse gay e lesbiche, operai, o solo gallesi oppure semplicemente donne.
In un periodo difficile della storia inglese come quello degli anni Ottanta, il gruppo LBSM (Lesbians and Gays Support The Miners) guidati da Mark - un simpatico Ben Schnetzer - si proietta verso la battaglia in difesa dei minatori in sciopero contro i tagli della Thatcher.
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Anche se giudicato da alcuni critici un’astuta operazione commerciale il film Pride diverte e rallegra lo spettatore. Gli ingredienti politically correct anti-thatcheriani si sommano a cliché di successo – il tema del ballo ad esempio è stato usato da Ken Loach nel recentissimo Jimmy’s Hall – Una storia d’amore e di libertà.
Prideè un film così pieno di valori condivisibili che difendono le minoranze discriminate siano esse gay e lesbiche, operai, o solo gallesi oppure semplicemente donne.
In un periodo difficile della storia inglese come quello degli anni Ottanta, il gruppo LBSM (Lesbians and Gays Support The Miners) guidati da Mark - un simpatico Ben Schnetzer - si proietta verso la battaglia in difesa dei minatori in sciopero contro i tagli della Thatcher. Il difficile rapporto tra gay e lesbiche con la piccola comunità gallese di operai si trasformerà in solidarietà reciproca in un bel finale consolatorio. Un film ricco di persone e personaggi che ritrovano ideali e motivazioni di battaglie nello svolgersi degli eventi in un crescendo che, se anche prevedibile, coinvolge e appaga. Le crisi tra le coppie, le educazioni familiari soffocanti, le difficoltà di rapporti con le comunità di origine saranno tutti risolti per il meglio nell’entusiasmo generale. Mattew Warchus ci presenta un cast variegato dal più istrione Dominic West al serioso Paddy Considine.
La musica ha un ruolo conduttore nel film come nella crescita non facile del rapporto delle due “comunità”. La musica pop degli anni Ottanta - come Bronski Beat, Frankie Goes to Hollywood, Soft Cell, Culture Club, Dead or Alive - ha rappresentato esempi di rovesciamento dei cliché eterosessuali e può considerarsi la colonna sonora di quell’epoca. Il regista recupera quel decennio come momento di solidarietà della protesta sociale e della rivendicazione dei diritti, in contrapposizione al fatto che è stato sempre associato alla de-ideologizzazione e al disimpegno.
Il Gay Pride nella sua versione pop è la formula di successo di Mattew Warchus regista che viene dal teatro. Il regista ha colto lo spunto di una storia vera per farlo diventare un grazioso e piacevole spettacolo.
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chicca83
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mercoledì 17 dicembre 2014
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spaccato di storia contemporanea inglese
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Film bellissimo che, raccontando storie di vita vissuta nell'Inghilterra della Thatcher, ha tanto da insegnare alla società dei nostri giorni.
Un coloratissimo ed effervescente gruppo di omosessuali individua nei minatori in sciopero contro il governo Thatcher una vicinanza morale, quella degli esclusi dalla società, e si lancia in una improbabile quanto rischiosa operazione: raccogliere fondi per supportare la comunità di scioperanti di uno sperduto villaggio del Galles.
Il fatto, realmente accaduto, permette al bravissimo regista di esplorare tutte le contraddizioni di una metropoli come la Londra di quegli anni, divisa tra l'omofobia e il cosmopolitismo, tra lo spirito di solidarietà e l'indifferenza.
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Film bellissimo che, raccontando storie di vita vissuta nell'Inghilterra della Thatcher, ha tanto da insegnare alla società dei nostri giorni.
Un coloratissimo ed effervescente gruppo di omosessuali individua nei minatori in sciopero contro il governo Thatcher una vicinanza morale, quella degli esclusi dalla società, e si lancia in una improbabile quanto rischiosa operazione: raccogliere fondi per supportare la comunità di scioperanti di uno sperduto villaggio del Galles.
Il fatto, realmente accaduto, permette al bravissimo regista di esplorare tutte le contraddizioni di una metropoli come la Londra di quegli anni, divisa tra l'omofobia e il cosmopolitismo, tra lo spirito di solidarietà e l'indifferenza. Il tutto in un vero affresco che di quel periodo storico così controverso ci restituisce davvero tutto: i colori, la musica, la cronaca. I protagonisti partono quindi alla scoperta del Galles più retrogrado, per scoprire e farci scoprire (colpo di scena) che la diversità è fonte di confronto più che di problemi.
Splendida anche la colonna sonora, che include dal punk al folk a delineare in modo sempre più preciso i vari 'mood' del film.
Una storia trattata con tale leggerezza e grazia da fare allo stesso tempo sorridere e commuovere, indignare e divertire.
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flyanto
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mercoledì 17 dicembre 2014
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la lotta per i diritti degli omosessuali ai tempi
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Film che narra il reale fatto accaduto in Inghilterra negli anni '80, al tempo della politica della Thatcher, quando un gruppo di individui omosessuali, uomini e donne, agirono con manifestazioni di protesta vari ai fini di sostenere il popolo dei minatori del Galles minacciati di vedere chiuse le proprie miniere con conseguente stato di disoccupazione. Dopo le prime incertezze nonchè diffidenze da parte dei suddetti minatori, i due gruppi si riunirono e per un anno agirono sostenendosi gli uni con gli altri, anche per ciò che riguarda la lotta al fine di fare valere gli stessi diritti nei confronti degli omosessuali.
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Film che narra il reale fatto accaduto in Inghilterra negli anni '80, al tempo della politica della Thatcher, quando un gruppo di individui omosessuali, uomini e donne, agirono con manifestazioni di protesta vari ai fini di sostenere il popolo dei minatori del Galles minacciati di vedere chiuse le proprie miniere con conseguente stato di disoccupazione. Dopo le prime incertezze nonchè diffidenze da parte dei suddetti minatori, i due gruppi si riunirono e per un anno agirono sostenendosi gli uni con gli altri, anche per ciò che riguarda la lotta al fine di fare valere gli stessi diritti nei confronti degli omosessuali. Insomma, le loro battaglie portarono il Parlamento inglese a mutare in loro favore alcune importanti leggi.
Questa pellicola riporta sullo schermo un importante episodio della storia politica inglese e lo fa in maniera molto dettagliata (in alcuni punti, addirittura eccessiva) e piuttosto attinente ai fatti reali attraverso le svariate vicende personali dei singoli personaggi, arrivando così a presentare un quadro piuttosto esaustivo, o per lo meno, abbastanza efficace e chiaro, della realtà politica inglese ai tempi del Ministro Thatcher. Pertanto il film si snoda come un documentario "romanzato" ma assai interessante anche per quegli spettatori che non conoscono a fondo l'andamento effettivo degli avvenimenti riguardanti le lotte condotte in Inghilterra a favore dei diritti degli omosessuali.
L' efficacia nonchè il valore di questa pellicola si basa in ogni caso soprattutto sulla bravura di tutti gli attori che vi hanno preso parte, a noi, forse, conosciuti in parte, e sulla'ottima ricostruzione storica degli ormai lontani anni '80 per ciò che riguarda i costumi e le musiche del tempo (nonchè la sempre più incalzante minaccia dell'AIDS), pertanto è come fare un salto nel passato con anche un poco di nostalgia.
Interessante soprattutto come documento storico.
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catcarlo
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venerdì 9 gennaio 2015
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pride
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E’ davvero una buona idea quella che hanno avuto alla Teodora Film distribuendo questo lavoro in pieno periodo natalizio: al contrario delle consuete, grevi commedie che affliggono il periodo, ‘Pride’ è una pellicola intelligente e a suo modo ‘impegnata’ che sa far ridere e commuovere con leggerezza ispirandosi a una storia tuttaltro che divertente. Un piccolo gruppo di omosessuali londinesi si mette in testa di aiutare i lavoratori delle miniere gallesi in sciopero contro il governo Thatcher, da cui l’acronimo Lgsm ovvero ‘Lesbiche e gay sostengono i minatori’: trascinati dall’entusiasta e carismatico Mark (Ben Schnetzer), riesce loro più facile raccogliere i fondi che farli accettare ai beneficiari.
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E’ davvero una buona idea quella che hanno avuto alla Teodora Film distribuendo questo lavoro in pieno periodo natalizio: al contrario delle consuete, grevi commedie che affliggono il periodo, ‘Pride’ è una pellicola intelligente e a suo modo ‘impegnata’ che sa far ridere e commuovere con leggerezza ispirandosi a una storia tuttaltro che divertente. Un piccolo gruppo di omosessuali londinesi si mette in testa di aiutare i lavoratori delle miniere gallesi in sciopero contro il governo Thatcher, da cui l’acronimo Lgsm ovvero ‘Lesbiche e gay sostengono i minatori’: trascinati dall’entusiasta e carismatico Mark (Ben Schnetzer), riesce loro più facile raccogliere i fondi che farli accettare ai beneficiari. Malgrado l’appoggio del sindacalista di riferimento (Paddy Considine), lo scontro con il mondo, maschilista e omofobo, del Galles rurale: non può altro che essere frontale: la passione dei ragazzi riesce però a fare breccia, prima fra le donne guidate dall’infaticabile Hefina (Imelda Staunton), poi tra i più vecchi e saggi come il Cliff di Bill Nighy e infine tra i giovanotti che trovano vie per giungere alle ragazze alle quali mai avevano pensato. Come insegna la storia, fu una guerra persa, ma i minatori mantennero la promessa di contraccambiare l’aiuto prima sfilando al Gay Pride – tutta la sequenza è accompagnata dalla sempre commovente ‘There is power in a Union’ di Billy Bragg – e poi votando a favore dei diritti civili per gli omosessuali. Warchus e lo sceneggiatore Stephen Beresford amalgamano tutti questi elementi in un racconto di due ore che conferma ancora una volta la capacità tutta inglese di narrare con levità anche i momenti più difficili della propria storia: ovviamente, per gli aspetti umoristici è ampiamente sfruttato il confronto di due mondi che più opposti non si potrebbero immaginare, ma stando ben attenti a evitare qualsiasi volgarità come, sul lato opposto, seppur tra tradimenti e divisioni, i momenti drammatici vengono affrontati a ciglio asciutto. Un difetto che, invece, si può imputare agli autori, è quello di aver avuto accumulare troppe sottotrame e personaggi, finendo così per far perdere di mordente al filone principale: ci sono il ragazzino che scopre la propria sessualità (George MacKay), il gay gallese che sono anni che non vede la madre (Andrew Scott) e molte altre figure minori, per non parlare dell’accenno superficiale al diffondersi della sieropositività. A questi aspetti solo abbozzati, si contrappongono segmenti invece tirati un po’ per le lunghe, il più evidente dei quali è la messa in scena dell’incursione delle donne dei minatori in città, anche se serve come contraltare alle prime avventure gallesi dei ragazzi del Lgsm a bordo di un pullmino da figli dei fiori. Però si tratta di punti deboli che vengono messi in evidenza più attraverso uno sguardo a posteriori: la visione del film scorre infatti in modo assolutamente piacevole, grazie anche a un cast di attori che ha lavorato come gruppo evitando le primedonne, anche se almeno è da aggiungere a quelle elencate in precedenza l’energica prova di Jessica Gunning nei panni della volitiva Sian. Il resto lo fanno la fotografia (di Tat Radcliffe) - che accentua il contrasto tra la colorata capitale e gli spenti villaggi gallesi sperduti al termine di strette stradine - e la colonna sonora che, prima del Bragg di cui sopra, infila una collana di pezzi che hanno fatto la storia del gay-pop (senza farsi mancare gli Smiths, ovviamente): sia stata più o meno romanzata la vicenda reale, il risultato è comunque godibilissimo e ha il pregio di riportare d’attualità un momento storico che ha visto la chiusura di un’epoca e l’apertura di un’altra tutto sommato peggiore.
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gioinga
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martedì 30 dicembre 2014
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l'unione indissolubile tra amore e diritti
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L'amore omosessuale nell'Inghilterra degli anni '80, ai tempi del governo Thatcher, porta un gruppo di giovani attivisti gay a fare una scelta rivoluzionaria: unirsi ai minatori in protesta, in modo da costruire un fronte unico di azione. L'ostilità iniziale dei lavoratori si trasforma in profonda amicizia. L'ignoranza cede il passo alla conoscenza e alla gioia. Un film profondamente politico, nel senso più nobile del termine. Da non perdere!
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mattiabertaina
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martedì 30 dicembre 2014
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lgsm e minatori politically (un)correct
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“Secondo te è meglio Thatcher vaffanculo o Thatcher fottiti?” - “Direi Thatcher vaffanculo, è più viscerale”. É il 1984 e siamo aldilà del Canale della Manica. Non è un periodo storico economicamente felice e la contestazione per la Lady di ferro sale di giorno in giorno con cortei ed atti di protesta. Un piccolo e sparuto gruppo di gay e lesbiche (LGSM - Lesbiche e gay sostengono i minatori) organizzano una raccolta fondi per sostenere la protesta dei minatori, dopo la notizia che diverse cave di carbone subiranno l’onta della chiusura. Ecco l’incipit, decisamente accattivante, di “Pride”, opera prima di Matthew Warchus, regista venuto dal mondo del teatro, che traspone sullo schermo uno storia vera, accaduta nella Londra degli anni ’80, avvalendosi di un cast variegato e di un registro politically (un)correct.
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“Secondo te è meglio Thatcher vaffanculo o Thatcher fottiti?” - “Direi Thatcher vaffanculo, è più viscerale”. É il 1984 e siamo aldilà del Canale della Manica. Non è un periodo storico economicamente felice e la contestazione per la Lady di ferro sale di giorno in giorno con cortei ed atti di protesta. Un piccolo e sparuto gruppo di gay e lesbiche (LGSM - Lesbiche e gay sostengono i minatori) organizzano una raccolta fondi per sostenere la protesta dei minatori, dopo la notizia che diverse cave di carbone subiranno l’onta della chiusura. Ecco l’incipit, decisamente accattivante, di “Pride”, opera prima di Matthew Warchus, regista venuto dal mondo del teatro, che traspone sullo schermo uno storia vera, accaduta nella Londra degli anni ’80, avvalendosi di un cast variegato e di un registro politically (un)correct. Ci sono Bill Nighy, Paddy Considine, Andrew Scott, Dominic West e ci sono meccanismi di narrazione rodati, che funzionano su cliché, strizzando l’occhio ora a “Full Monty”, ora a “Billy Elliott”, ma senza essere banali, condensando leggerezza e venature drammatiche; l’insolito connubio gay-minatori crea un mix potenzialmente esplosivo se si pone mente a quegli anni, agli stereotipi sociali, alle convenzioni ed ai pregiudizi che sono duri a morire ancora oggi, nel 2014. Incomprensioni ma anche solidarietà, atteggiamenti refrattari ma anche atti di grande generosità si snodano per tutta la durata della pellicola senza subire brusche sterzate e grossi colpi di scena ma ristorando lo spettatore nella narrazione di una “bella storia” che valeva la pena di essere raccontata anche sul grande schermo. “Pride” unisce con saggezza un plot narrativo già visto che però può raggiungere un largo bacino di spettatori senza lasciare delusi, salvo i cinefili più attenti ed esigenti. Una storia di diritti e di lotta che vale la visione.
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antonietta dambrosio
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giovedì 5 febbraio 2015
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storia di un'amicizia ripulita da pregiudizi
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Pride - recensione
Pride è solidarietà ed unione, amicizia ripulita da ogni pregiudizio, coesione di forze distanti solo se guardate attraverso la lente deformante degli automatismi che chiudono ed allontanano categorie, generazioni, posizioni politiche e religiose ed ogni tipo di gabbia sociale nella quale l'umanità si identifica privandosi della libertà di muoversi su diverse prospettive, di ascoltare ed osservare chi è alla distanza di un passo, di uno sguardo, del suono della voce, di un sorriso o di una stretta di mano. Mondi che si incontrano e si mescolano lasciando che l'amore rompa i muri di quelle gabbie unendo tutti attraverso il filo del diritto per ognuno di non essere lasciato ai margini senza voce e senza dignità.
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Pride - recensione
Pride è solidarietà ed unione, amicizia ripulita da ogni pregiudizio, coesione di forze distanti solo se guardate attraverso la lente deformante degli automatismi che chiudono ed allontanano categorie, generazioni, posizioni politiche e religiose ed ogni tipo di gabbia sociale nella quale l'umanità si identifica privandosi della libertà di muoversi su diverse prospettive, di ascoltare ed osservare chi è alla distanza di un passo, di uno sguardo, del suono della voce, di un sorriso o di una stretta di mano. Mondi che si incontrano e si mescolano lasciando che l'amore rompa i muri di quelle gabbie unendo tutti attraverso il filo del diritto per ognuno di non essere lasciato ai margini senza voce e senza dignità. E la vita offre il suo fianco migliore nel momento in cui le diverse identità si esprimono nel rispetto di ognuna, lasciandosi cogliere dallo stupore mentre la ricchezza di ogni singolo mondo scivola nell'altro. Siamo ancora nell'Inghilterra che sacrifica la scomoda verità in nome di un ottuso perbenismo, e così come Tyldum ha posato il suo sguardo sul martirio di Alan Turing, Matthew Warchus mette in luce la storia di lesbiche e gay armati di secchi che nel 1984 sostennero con una raccolta fondi la causa dei minatori uniti in sciopero contro la decisione della Thatcher di chiudere venti miniere di carbone nel Galles del sud. La scena si apre con il Gay Pride di Londra del 1984 dove il giovane Joe (George MacKay) si immerge timidamente lontano dallo sguardo miope ed ostile della famiglia e si unisce al piccolo gruppo di gay e lesbiche guidati dalla tenacia e dalla forza travolgente di Mark (Ben Schnetzer) che andando ben oltre lo sdegno della società e della comunità di minatori verso i quali si muove in soccorso, mette in moto una autentica battaglia contro la Thatcher, la polizia e gli organi di stampa. Al loro fianco ci sono la lesbica Steph, Mike (Joseph Gilgun), il libraio Gethin (Andrew Scott) ed il suo compagno Jonathan (Dominic West) ed insieme formano la Lgsm (Lebiche e Gay Supportano i Minatori) che dalla libreria Gay's the Word partono verso il Sud di un Galles, visto attraverso una fotografia dai toni tenui, non ancora pronto a ricevere il sostegno di un gruppo tanto diverso e la cui assonanza è data solo dagli stessi nemici. La comunità di minatori guidata da Dai (Paddy Considine) li accoglie sulle prime con estrema riluttanza, ma è la tenacia di Mark, la fragilità di Gethin, il fresco entusiasmo di Joe ed il ballo travolgente di Jonathan che spazzano via il pregiudizio lasciando spazio alla solidarietà sostenuta dall'intelligenza di Cliff (Bill Nighy), di Hefina (una vulcanica Imelada Staunton) e di Sian e dalla curiosità dell'anziana Gwen. Si toccano momenti di estrema dolcezza e mentre sul fondo aleggia la minaccia dell'Aids trionfa il sentimento dell'amicizia capace di abbattere pregiudizi e barriere sociali. Giusta la colonna sonora in accordo con i tempi che supporta interpreti eccellenti guidati da un grande Matthew Warchus che ha meritato la Queer Palm al Festival di Cannes 2014 e la nostra autentica emozione.
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fabiofeli
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martedì 23 dicembre 2014
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il pane e le rose
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Durò un anno la lotta ingaggiata 30 anni fa dal NUM, il sindacato dei minatori inglesi, contro il governo della Thatcher, che voleva “riformare” il settore, leggasi chiusura di miniere e 20.000 licenziamenti subito, per poi liquidarlo del tutto. Il NUM decretò uno sciopero ad oltranza, che ebbe la solidarietà di gran parte di sigle sindacali non solo britanniche, ma nel marzo 1985 lo revocò con decisione a stretta maggioranza.
Nel film si racconta dell’appoggio dato al NUM nel 1984 da un’organizzazione di omosessuali, il LGSM (Lesbiche e Gay Sostenitori dei Minatori). Mark (Ben Schnetzer ), un giovane attivista del gruppo, sostiene che tutti quelli che si battono contro il governo conservatore, per il diritto al lavoro o alla diversità sessuale, fanno parte dello stesso fronte.
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Durò un anno la lotta ingaggiata 30 anni fa dal NUM, il sindacato dei minatori inglesi, contro il governo della Thatcher, che voleva “riformare” il settore, leggasi chiusura di miniere e 20.000 licenziamenti subito, per poi liquidarlo del tutto. Il NUM decretò uno sciopero ad oltranza, che ebbe la solidarietà di gran parte di sigle sindacali non solo britanniche, ma nel marzo 1985 lo revocò con decisione a stretta maggioranza.
Nel film si racconta dell’appoggio dato al NUM nel 1984 da un’organizzazione di omosessuali, il LGSM (Lesbiche e Gay Sostenitori dei Minatori). Mark (Ben Schnetzer ), un giovane attivista del gruppo, sostiene che tutti quelli che si battono contro il governo conservatore, per il diritto al lavoro o alla diversità sessuale, fanno parte dello stesso fronte. Con lui ci sono Joe, (George MacKay), un giovane timoroso di fare outing con i suoi familiari, e Janthan (Dominic West), attempato sieropositivo all’Hiv, inspiegabilmente non avviato allo stadio finale della malattia; insieme raccolgono soldi per i minatori in sciopero durante le manifestazioni degli omosessuali, e decidono di consegnarli in un piccolo paese del Galles - adagiato su una lunga vena di antracite che gira sotto le terre emerse e sul fondo dell’oceano Atlantico - a Dai (Paddy Considine), un sindacalista; questi accetta l’aiuto economico e mostra loro un vessillo con due mani che si stringono: dichiara che quando lotti contro un nemico più forte e scopri un amico che non conoscevi è una bella sensazione. Ma non è semplice per la comunità locale dei minatori superare i pregiudizi sugli omosessuali. La combattiva Sian (Jessica Gunning), l’anziano Cliff (Bill Nighy) e la simpatica Hefina (Imelda Staunton) si schierano subito con Dai; capeggia l’opposizione una attempata vedova, che vede negli omosessuali un pericolo per il tradizionale ordine familiare e vuole rifiutare l’aiuto del LGSM. Il muro dei contrari comincia a sgretolarsi grazie ad un “numero” di ballo alla John Travolta di Janthan nel circolo locale; il muro del rifiuto pare cadere del tutto, quando Sian, edotta da Mark, fa rilasciare alcuni minatori fermati illegalmente dalla polizia. Ma il gruppo dei contrari ha altre frecce al suo arco. La sconfitta dei minatori non impedisce che molti di loro con le bandiere con la stretta di mano partecipino massicciamente ad una manifestazione per il riconoscimento dei diritti dei movimenti omosessuali.
La storia è vera e anche i personaggi corrispondono a persone reali. Gli attori sono ben diretti e molto bravi. Il film ha il limite di narrare talora la vicenda alla maniera di Hollywood, che spesso prevede repentini rovesciamenti di fronte alla “arrivano i nostri”; ad esempio, nel pur buon film Norma Rae di Martin Ritt, l’operaia sindacalista impersonata da Sally Field, riesce a convincere a scioperare un gruppo apparentemente scettico di lavoratori con poche parole: scattano subito, inaspettatamente a grande maggioranza, le mani alzate dei favorevoli. Lo stile britannico per storie analoghe sul mondo del lavoro di Ken Loach o del Peter Cattaneo di Full Monty, che in qualche modo si avvicina al tema di questo film, è più aderente alla realtà, sviluppando il racconto senza salti miracolosi. In Pride, comunque, l’humour inglese emerge nelle innumerevoli situazioni comiche per il rovesciamento paradossale dei luoghi comuni sui gusti sessuali, omo o etero che siano, e il film scorre gradevole e divertente.
Valutazione ***
FabioFeli
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eugenio
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martedì 6 gennaio 2015
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orgoglio e lotta
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In piena era conservatorista inglese,nel 1984 sotto la scure del primo ministro Thatcher, si assiste ad un fatto poco noto qui in Italia ma dalla profonda implicazione sociale, che ci riguarda un po' tutti in tema di grande crisi: la chiusura di una miniera di carbone nello Yorkshire, con la conseguente perdita di oltre ventimila posti di lavoro.
Nel nuovo film di Matthew Warchus, Pride, questo è solo l'antefatto di una battaglia che vedrà lo sciopero dei minatori capitanati da Arthur Cargill, e le forze dell'ordine -anche qui paradossalmente un'altra dicotomia tra gli affamati e in lotta per i propri diritti, e chi il lavoro lo ha ed è costrette ad attaccare per fermare e reprimere con violenza la violenza- (vedi i morti e moltissimi feriti durante le manifestazioni).
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In piena era conservatorista inglese,nel 1984 sotto la scure del primo ministro Thatcher, si assiste ad un fatto poco noto qui in Italia ma dalla profonda implicazione sociale, che ci riguarda un po' tutti in tema di grande crisi: la chiusura di una miniera di carbone nello Yorkshire, con la conseguente perdita di oltre ventimila posti di lavoro.
Nel nuovo film di Matthew Warchus, Pride, questo è solo l'antefatto di una battaglia che vedrà lo sciopero dei minatori capitanati da Arthur Cargill, e le forze dell'ordine -anche qui paradossalmente un'altra dicotomia tra gli affamati e in lotta per i propri diritti, e chi il lavoro lo ha ed è costrette ad attaccare per fermare e reprimere con violenza la violenza- (vedi i morti e moltissimi feriti durante le manifestazioni).
Fin qui nulla di nuovo. Nel film corre parallelo pero' il filone dei diritti degli omosessuali, la cui storia, anch'essa colma di discriminazioni, è per certi versi solidale a quello dei minatori. Un gruppo di giovani attivisti gay londinesi, organizzati dal ventiduenne Mark Ashford e facenti capo alla libreria Gay's The World, si ribattezza LGSM (“Lesbiche e gay a sostegno dei minatori”) e decide, quasi empaticamente, di supportare economicamente la causa dei lavoratori delle miniere. L'entusiasmo e il forte spirito del gruppo fanno man mano breccia nella visione di pregiudizi e machismi dei minatori, che grazie all'incontro con Dai Donovan, sindacalista dei minatori di Dulais, una piccola zona rurale nel Galles, si avvicineranno lentamente a quel mondo "strano e particolare, di pervertiti anonimi" ma dalla grande umanità.
Il passo è breve e le difficoltà iniziali, caratterizzate da repressioni violente e bigottismo borghese, faranno si' che la diffidenza nell'iniziativa, si tramuti in solidarierà e lavoro comune per un'affermazione unitaria dei diritti di libertà e lavoro.
Ci vorrà tempo ma nel 1985 le unioni sindacali della categoria marciarono in prima fila al Gay Pride, in un’unione senza precedenti tra lavoratori e persone in lotta per la parità di diritti, proprio prima che il cosiddetto riflusso - accennato nel personaggio che vuole una festa e non un corteo- spazzasse via il sogno.
Questo significa fare commedia: rappresentare con garbo una storia vera romanzandola e lasciandoci divertire (perchè no) con battute salaci, balli sacatenati (come quella di Dominic West sulle note disco di Shame Shame Shame) e risate amare su storie umanemente irreprensibili.
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