Perez.

Nonostante tutto Perez c'è ancora, per sua figlia (ma anche per il suo amico e collega); c'è nonostante una carriera rovinosa, secondo i canoni del successo fatto di soldi e cause vinte, ma che invece forse dimostra come spesso il non fare è meglio dello strafare. E la sua salvezza verrà da dove nessuno si aspetterebbe di trovarla; e se dai diamanti non nasce niente, questa volta c'è l'eccezione. Nasce un nuovo coraggio, forse sopito ma mai realmente scomparso, e che trova la forza nell'amore per una figlia che sta smarrendo tutto. Sta a Perez trovare la bussola, nella peggiore condizione immaginabile, nell'ambiente ostile fatto di personaggi grigi, opachi, fatto di palazzi che sono a Napoli ma che hanno un grigiore e una modernità che ne rende inafferabile il senso, la logica, rispetto alla Napoli che tutti conoscono; è scura e grigia anche l'anima dei protagonisti, tutti sull'orlo di un abisso senza fine. La scintilla di vita che si accende miracolosamente nasce ancora una volta dall'amore paterno, amore senza condizione, determinato, crudele nella sua fierezza. Zingaretti esce da gigante in questa interpretazione, come la regia e la sceneggiatura, invisibile e quindi che rasenta la perfezione, con una fotografia così adatta da farci diventare tutti meteoropatici. Filo narrativo che non perde mai di tensione, che non scade mai nel moralismo, nel giudizio, rimanendo attaccato alla realtà che sta descrivendo. Una speranza, l'ennesima, per il cinema italiano, e per gli italiani.