Escobar |
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Un film di Andrea Di Stefano.
Con Benicio Del Toro, Brady Corbet, Claudia Traisac, Carlos Bardem, Ana Girardot, Laura Londoño, Lauren Ziemski, Henry Bravo, Aaron Zebede, Micke Moreno, Elmis Castillo, Tenoch Huerta.
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Titolo originale Escobar: Paradise Lost.
Thriller,
Ratings: Kids+13,
durata 120 min.
- Francia, Spagna, Belgio 2014.
- Good Films
uscita giovedì 25 agosto 2016.
MYMONETRO
Escobar
valutazione media:
3,23
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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LA BRAVURA NEL DESCRIVERE LA FEROCIAdi fabriziogFeedback: 5087 | altri commenti e recensioni di fabriziog |
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martedì 30 agosto 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
“Escobar” è il bel film di Andrea di Stefano che consiglio di vedere a quasi tutti (ad esclusione dei più sensibili). La pellicola ripercorre le ignominie poste in essere dal uno dei più famosi e potenti trafficanti di cocaina, il colombiano patron dei cartelli di Medellin Pablo Emilio Escobar Gaviria (1949-1993). Benicio del Toro non solo interpreta magistralmente il ruolo di Escobar, ma accosta la sua corporeità ed espressività mimica a quella del “capo dei capi” della droga sudamericana. Fra imbarazzante, inspiegabile ed arrogante religiosità, vicinanza sinallagmatica alla Chiesa Cattolica, alto senso della famiglia e belluina ferocia che non risparmia donne e infanti, torture ed brutali eliminazioni fisiche, la narrazione filmica procede con ritmica placidità avvinghiando lo spettatore alla sedia. Abile Di Stefano a fare intuire l’orrore, accennandolo appena senza entrare mai nei dettagli, evitando pervicacemente di mostrare al pubblico “le frattaglie”. La bravura di un regista, seguendo gli insegnamenti della tragedia greca, consiste proprio nel far sentire il disgusto e il raccapriccio senza far vedere nulla o, al più, lambendo la rappresentazione della truculenza di certe immagini. Non v’è capacità nello sbattere in faccia l’uccisione di un bimbo di pochi mesi, ma nel farla capire con l’angosciante sonorità di un pianto frignante non più percepita attraverso la cornetta di un telefono. Fabrizio Giulimondi
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