dimmiunacosabella
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sabato 11 aprile 2015
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ncapace, memoria e poesia
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Il film di Eleonora è un film bello e poetico.E sincero
Una delle ultime frasi che Anima in Pena pronuncia è: “Ho tutta questa memoria negli occhi che mi salva” E’ qui la chiave di lettura di tutto il film. Salvarsi, attraverso la memoria. Anche se è un percorso doloroso, straziante. Ma i ricordi sono lì, ti strattonano, non puoi non ascoltarli. Bisogna scendere negli abissi. Ed Eleonora, coraggiosamente, lo fa. La tuta che fa indossare e indossa in alcune scene è probabilmente una tuta da astronauta, ma mi piace pensare che possa essere una tuta da palombaro, per scandagliare le acque profonde della memoria, delle cose non dette, delle risposte non date. E lei chiede con la sua bella voce da ragazza, gentile ma autorevole, chiede, e non si può non risponderle, con espressione di imbarazzo, schermendosi con una risata o facendo finta di non sentire.
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Il film di Eleonora è un film bello e poetico.E sincero
Una delle ultime frasi che Anima in Pena pronuncia è: “Ho tutta questa memoria negli occhi che mi salva” E’ qui la chiave di lettura di tutto il film. Salvarsi, attraverso la memoria. Anche se è un percorso doloroso, straziante. Ma i ricordi sono lì, ti strattonano, non puoi non ascoltarli. Bisogna scendere negli abissi. Ed Eleonora, coraggiosamente, lo fa. La tuta che fa indossare e indossa in alcune scene è probabilmente una tuta da astronauta, ma mi piace pensare che possa essere una tuta da palombaro, per scandagliare le acque profonde della memoria, delle cose non dette, delle risposte non date. E lei chiede con la sua bella voce da ragazza, gentile ma autorevole, chiede, e non si può non risponderle, con espressione di imbarazzo, schermendosi con una risata o facendo finta di non sentire. Che? Chiede Mafalda,a una domanda sulla morte,la meravigliosa Mafalda, che a tutte le altre domande ha saputo rispondere con arguziae voce squillante. E vengono fuori storie, che a volte fanno accapponare la pelle oppure ci fanno sorridere. Come può esistere l’anima, se si pensa ai morti nei sommergibili, da dove può essere uscita l’anima laggiù in basso, no, l’anima non esiste... E sempre Mafalda: se esiste la mamma esiste Dio, si dice sempre Oddio mamma... Oppure la buffa Marianna che parla delle sue giornate, dei libri non letti, dell’amore. O lo splendido Giacomo che mima il suo primo bacio. E il ballo della minuscola badante? Un’esplosione di energia pura, contagiosa. E poi il padre di Eleonora che fa il grande dono alla figlia di mostrarsi, anche se schivo, e quando parla della moglie che non c’è più ha gliocchi sempre più stretti e umidi di pianto Ma Eleonora, incalza, con amorevolezza ma incalza. Perché papà? Dimmi papà... E in quei momenti ci costringe a confrontarci con l’ambivalenza dei sentimenti e con la paura della vecchiaia e della morte. Noi li amiamo i nostri genitori, ma non sopportiamo, proprio non sopportiamo, che diventino vecchi, fragili, insicuri. E allora ci dà fastidio quello che dicono, come mangiano, come si muovono lenti.Ma è solo dolore. Ed Eleonora ce lo mostra con coraggio. Perché ci vuole coraggio a esporsi, a parlare di domeniche tristi, di solitudine, di mamme che non ci sono più. Ma ci sono anche i giovani nel film. E i giovani che Eleonora intervista spesso sono senza cultura, sembrano persi, ma sono belli lo stesso perché lei riesce a catturare la loro anima, che nonostante tutto è luminosa e vibrante. C’è molto amore in questo film e molto rispetto. E c’è Saudade, questa parola portoghese intraducibile, che vuol dire tante cose: malinconia,rimpianto,tenerezza. Terracina, la città di Eleonora, la mia città, appare bellissima.Ed Eleonora ce la porge in alcune immagini surreali, a volte metafisiche (la piazza bianca, gli archi del tempio, le statue del museo). E lei appare e scompare, chiara, eterea, oppure con una tunica scura che svolazza e ci offre il suo corpo agile, per un attimo nudo o ricoperto di Gentilini, sdraiato in un letto per strada, che rotola sugli scalini della cattedrale.... La fotografia meriterebbe un discorso a sé. Alcune immagini dei visi dei ragazzi e delle ragazze ricordano le foto di Henri Cartier Bresson. E quell’ombrellone sfilacciato, quella madre di spalle, la spiaggia deserta... Pura poesia.
Eleonora grazie.Per la tua gentilezza, la tua forza, la tua generosità. Aspettiamo il tuo prossimo film. Non vediamo l’ora.
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(di amgiad)
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mattiabertaina
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lunedì 1 dicembre 2014
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volti
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N-capace, come a dire, “capace, ma anche incapace”. Un viaggio tra Roma e Terracina quello di Eleonora Danco, attrice ed autrice di teatro alla sua opera prima, presentata in concorso alla 32ma edizione del TorinoFilmFestival. La Danco si muove con disinvoltura, avvolta a volte in un pigiama, a volte in una tunica, ponendo domande ai due estremi anagrafici che popolano la terra laziale: da un lato i giovani, dall’altro gli anziani, tralasciando deliberatamente la zona di mezzo. La Danco non si pone paletti ponendo domande in stile para-giornalistico con scenografie insolite e ambienti inaspettati. C’è il giovane ragazzo indeciso se intraprendere la carriera da idraulico o da “pizzettaro”, c’è il padre della regista che risponde infastidito difendendo la propria privacy, c’è la ragazza che ha smesso la scuola da estetista, c’è il pensionato convinto che non esista nulla dopo la morte.
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N-capace, come a dire, “capace, ma anche incapace”. Un viaggio tra Roma e Terracina quello di Eleonora Danco, attrice ed autrice di teatro alla sua opera prima, presentata in concorso alla 32ma edizione del TorinoFilmFestival. La Danco si muove con disinvoltura, avvolta a volte in un pigiama, a volte in una tunica, ponendo domande ai due estremi anagrafici che popolano la terra laziale: da un lato i giovani, dall’altro gli anziani, tralasciando deliberatamente la zona di mezzo. La Danco non si pone paletti ponendo domande in stile para-giornalistico con scenografie insolite e ambienti inaspettati. C’è il giovane ragazzo indeciso se intraprendere la carriera da idraulico o da “pizzettaro”, c’è il padre della regista che risponde infastidito difendendo la propria privacy, c’è la ragazza che ha smesso la scuola da estetista, c’è il pensionato convinto che non esista nulla dopo la morte. C’è molta società in “N-capace”, trasposta in modo genuino, spontaneo, naturale, con una presenza scenica costante della regista, che dona un tocco spesso straniante, teatrale, spiazzante. Alcuni fotogrammi passeranno agli annali, come la Danco immersa in una vasca da bagno piena di biscotti Gentilini o le picconate inferte per strada tra l’indifferenza (studiata e voluta) dei passanti. Un film fatto di volti, di pensieri, di progetti, di convinzioni, spaziando dalla scuola al sesso, dal lavoro al futuro; un film specchio della realtà bilanciato con grande talento dall’autrice: alle affermazioni drammatiche di alcuni intervistati facevano da contraltare una narrazione ed uno stile leggero, immediato, inaspettatamente diretto e genuino, dove il ritmo ed i tempi sono tutto e fanno la fortuna sì di un piccolo lavoro, ma di una certa pregiata fattura. Un esordio cinematografico che fa bene sperare. Un film consigliato, nella speranza che possa trovare una distribuzione che permetta una buona circuitazione nelle sale.
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