zarar
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domenica 1 febbraio 2015
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non c'è storia
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Una sequenza di curatissime – anche troppo - stampe vittoriane e di paesaggi romantici immersi nella tavolozza accesa e molecolare di Turner, sullo sfondo dei quali la silhouette del pittore si staglia come in un quadro di Friedrich (le prime poco armonizzate con i secondi); e in questo contesto un lungo, troppo lungo e troppo uguale a se stesso, alternarsi ciclico di arrivi, partenze e vagabondaggi di un Turner personaggio rozzo, tagliato con l’accetta, che ha difficoltà ad esprimersi al di là del grugnito, che ha un rapporto anaffettivo o di una affettività alla King Kong con i suoi prossimi, che ha reazioni imprevedibili e bizzarre. Ma – insinua il regista – quest’uomo di una materialità estrema, di una goffaggine disarmante, si porta dentro un altro mondo, in cui è la luce, potente e devastante, o intrisa di malinconia e di indefinitezza, che domina assoluta, e fonde cielo, terra e mare in atmosfere accese oppure di panica immersione nella dolcezza della natura.
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Una sequenza di curatissime – anche troppo - stampe vittoriane e di paesaggi romantici immersi nella tavolozza accesa e molecolare di Turner, sullo sfondo dei quali la silhouette del pittore si staglia come in un quadro di Friedrich (le prime poco armonizzate con i secondi); e in questo contesto un lungo, troppo lungo e troppo uguale a se stesso, alternarsi ciclico di arrivi, partenze e vagabondaggi di un Turner personaggio rozzo, tagliato con l’accetta, che ha difficoltà ad esprimersi al di là del grugnito, che ha un rapporto anaffettivo o di una affettività alla King Kong con i suoi prossimi, che ha reazioni imprevedibili e bizzarre. Ma – insinua il regista – quest’uomo di una materialità estrema, di una goffaggine disarmante, si porta dentro un altro mondo, in cui è la luce, potente e devastante, o intrisa di malinconia e di indefinitezza, che domina assoluta, e fonde cielo, terra e mare in atmosfere accese oppure di panica immersione nella dolcezza della natura. Sono le atmosfere che rompono i confini del disegno accademico e ci restituiscono un universo che ha un unico respiro e un’unica vita misteriosa che lo anima sotterraneamente. Bello. Solo che tutto questo è più dichiarato che espresso, diluito in una narrazione troppo lunga e statica, all’interno della quale non c’è storia, né esteriore né interiore, ma piuttosto una serie di sketch con il sapore dell’aneddoto, per di più poco correlati tra loro. Anche lo specifico filmico – molto tradizionale - è dissociato tra diverse suggestioni figurative, tra romantiche e dickensiane, con una prevalenza per le seconde. Così è soprattutto il Turner sbracato e greve che ci resta dentro e la difficoltà di comunicare del personaggio si trasferisce al film nel suo complesso. Una scena da ricordare: Turner e la giovane e sensibile pianista a cui chiede di suonare Purcell: viene fuori Dido and Aeneas, e il pittore fa un rozzo ma commovente tentativo di cantare il lamento di Didone abbandonata: un bel momento, in cui si coglie veramente tutto un mondo emotivo che esiste anche se fa fatica ad emergere.
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[+] nonostante tutto... il vuoto
(di felicia t)
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goldy
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venerdì 30 gennaio 2015
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strepitoso
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sarà questo film per quelli che sanno "vedere" e capaci di "prendere" quello che il film sa dare. Uno spaccato di vita di un uomo vero nella sua realtà quotidiana scontrosa, burbera, rozza oserei dire, ma posseduto da principi saldi, forti, che trasmette nelle sue tele. Un concetto dell'arte come comunicazione per tutti e non solo per collezionisti speculatori. C'è nel film un'attenzione al dettaglio, al particolare dove non solo la vita del pittore è in eveidenza ma tutto un brulichio fatto di pettegolezzi, opinioni, impressioni, gossip. Un affresco di metà Ottocento Londinese che rende estremamente godibile ogni scena o situazione capace di far vivere un'epoca pronta a grandi cambiamenti.
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sarà questo film per quelli che sanno "vedere" e capaci di "prendere" quello che il film sa dare. Uno spaccato di vita di un uomo vero nella sua realtà quotidiana scontrosa, burbera, rozza oserei dire, ma posseduto da principi saldi, forti, che trasmette nelle sue tele. Un concetto dell'arte come comunicazione per tutti e non solo per collezionisti speculatori. C'è nel film un'attenzione al dettaglio, al particolare dove non solo la vita del pittore è in eveidenza ma tutto un brulichio fatto di pettegolezzi, opinioni, impressioni, gossip. Un affresco di metà Ottocento Londinese che rende estremamente godibile ogni scena o situazione capace di far vivere un'epoca pronta a grandi cambiamenti. Uno su tutti la forografia che Turner guardava con diffidenza , consapevole che questa sarabbe stata la sua grande antagonista. Che film!
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[+] inutilmente interminabile
(di maovidiochi)
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pepito1948
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mercoledì 4 febbraio 2015
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la luce è dio
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Nel comune sentire il modello duale stevensoniano che esprime la doppiezza dell’uomo come bipolarità positivo/negativo, Jekill è ragionevolezza, equilibrio, sapere, bellezza esteriore, laddove il suo contraltare Hide rappresenta antiteticamente il lato oscuro, ombroso, animale, nebuloso dell’essere umano. Ma un’altra interpretazione, oltre il racconto, inverte i ruoli, assegnando ad Hide l’aspetto più autentico della natura dell’uomo, la dimensione inconscia, emotiva, sensitiva in contrasto con la fredda ragione (non la ragionevolezza), il calcolo, l’equilibrio inteso come prigione del divenire, la linea retta e la regola inderogabile della parte “avversa”.
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Nel comune sentire il modello duale stevensoniano che esprime la doppiezza dell’uomo come bipolarità positivo/negativo, Jekill è ragionevolezza, equilibrio, sapere, bellezza esteriore, laddove il suo contraltare Hide rappresenta antiteticamente il lato oscuro, ombroso, animale, nebuloso dell’essere umano. Ma un’altra interpretazione, oltre il racconto, inverte i ruoli, assegnando ad Hide l’aspetto più autentico della natura dell’uomo, la dimensione inconscia, emotiva, sensitiva in contrasto con la fredda ragione (non la ragionevolezza), il calcolo, l’equilibrio inteso come prigione del divenire, la linea retta e la regola inderogabile della parte “avversa”.
Turner è quest’ultimo, sintesi di bruttezza del corpo, refrattarietà alle comuni convenzioni comportamentali, ruvidità e volgarità nei rapporti sociali, incapacità di adeguarsi ai doveri socialmente imposti (come quelli di un matrimonio sterile di sentimenti), ma anche di una vibrante ricchezza interiore che lo porta a fissare su tela, passando attraverso lo scattoso movimento creativo di una matita sul un foglio di carta, i “suoi” paesaggi pieni di tormentate onde marine, di catastrofi atmosferiche, di squarci di luna tra nuvole opprimenti, fino ai trionfi di luce pura, quasi avulsa dagli elementi materiali del mondo naturale, comprese le inutili figure umane. Quel mondo naturale delle cui estreme manifestazioni non rinuncia a fare parte, facendosi legare ad un albero di una nave in tempesta, come Ulisse volle sfidare senza tappi di cera il canto ammaliante delle sirene.
Turner grugnisce, scorrazza e polemizza nell’Accademia tra tronfi critici imberbi e colleghi indifferenti, recalcitra all’idea di trattare amorevolmente la sua fedele governante, ma dirige la sua valanga d’amore represso verso l’umile albergatrice che gli offre il dono più gradito: una stanza con finestra direttamente sul mare, forza scatenante di un estro incontenibile. Turner ama il mare nei suoi eccessi, ama la luce solare nelle sue infinite combinazioni cromatiche, i contrasti marcati, gli archi possenti delle onde, e la stanza sul mare diviene il suo paradiso occasionale e la sua beneficiante la sua stabile amante. Alla sua morte i chiaroscuri della sua anima si scindono nei percorsi delle donne a lui vicine, l’una verso la luce di una finestra dai vetri tenuti gioiosamente lindi, l’altra verso il buio inconsolabile di una casa immersa nella polverosa immobilità di ricordi e cimeli e di una incompresa ingratitudine.
Questo è il quadro prezioso che Leigh ci offre del grande artista, che rifiutò i calligrafismi estetizzanti dell’Accademia ufficiale per abbandonarsi ad una visione della natura libera e personale, lirica e a momenti visionaria ma attenta anche ai segnali della rivoluzione industriale, facendosi precursore del movimento impressionista che di lì a qualche decennio avrebbe trionfato in Europa. Leigh usa il suo pennello descrivendo a piccoli passi la campagna inglese con i colori preferiti che Turner userà nelle sue opere “luminose”, il giallo, l’arancione, l’ocra, facendo cadere la barriera tra rappresentazione d’ambiente e rappresentazione pittorica, tra realtà ed arte, guidando lo spettatore nel mondo di Turner in modo discreto quasi per abituare l’occhio un po’ alla volta ai colori prima tenui dell’Inghilterra dell’800, poi a quelli più marcati o violenti dell’artista, e per farci accettare le sue contraddizioni tra il fuori e il dentro, la misoginia e lo slancio d’amore nel quale sembrano stemperarsi la selvatica distanza dalla normalità umana e la pertinace tendenza alla solitudine come reazione verso l’irrilevanza del genere umano. “La luce è Dio” è il viatico verso l’oltre la vita, che dà ai posteri la chiave di lettura dei suoi “fantastici enigmi”.
Leigh, esponente illustre del realismo inglese che fa capo al grande Loach, confezione con eleganza ma senza alcuna retorica un ritratto di Turner (e della società inglese della prima metà dell’’800) lontano un miglio dai tradizionali biopic. Lo stile è sempre sobrio, senza picchi emotivi, mostrando una costante attenzione al mondo dei semplici, all’umanità delle frizioni dell’animo, alle apparenti bruttezze che nascondono le profonde virtù, alla forza trainante ed al prorompere delle emozioni e degli affetti fuori dagli ordinari clichè sociali, alle linee angolose e irregolari. Agli Hide, insomma.
Una splendida fotografia ed una sceneggiatura all’altezza coronano un’opera affascinante, nobilitata dal grande Timothy Spall, autore di un’interpretazione sempre fuori dalle righe e mai straripante verso eccessi istrionistici.
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tomdoniphon
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domenica 1 marzo 2015
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leigh al suo meglio
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Gli ultimi venticinque anni di vita del pittore William Turner (Timothy Spall, qui nella interpretazione della sua carriera), narrati da Leigh con una maestria degna dei suoi precedenti capolavori, primo tra tutti “Segreti e bugie” (1996).
Lo spettatore che si accinge a vedere il film deve essere tuttavia avvisato: non si trova davanti al classico bio-pic hollywoodiano romanzato, stereotipato, convenzionale, con il solito ricorso ai buoni sentimenti, utili a conquistare i soci dell’Academy (non è un caso che il film non sia stato considerato agli Oscar). Mr Turner è invece l’esatto contrario: Leigh non nasconde gli aspetti più controversi del pittore, con un carattere a dir poco scontroso, un pessimo rapporto con la donna che gli diede due figlie, oltre ad un atteggiamento dispotico nei confronti della propria governante.
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Gli ultimi venticinque anni di vita del pittore William Turner (Timothy Spall, qui nella interpretazione della sua carriera), narrati da Leigh con una maestria degna dei suoi precedenti capolavori, primo tra tutti “Segreti e bugie” (1996).
Lo spettatore che si accinge a vedere il film deve essere tuttavia avvisato: non si trova davanti al classico bio-pic hollywoodiano romanzato, stereotipato, convenzionale, con il solito ricorso ai buoni sentimenti, utili a conquistare i soci dell’Academy (non è un caso che il film non sia stato considerato agli Oscar). Mr Turner è invece l’esatto contrario: Leigh non nasconde gli aspetti più controversi del pittore, con un carattere a dir poco scontroso, un pessimo rapporto con la donna che gli diede due figlie, oltre ad un atteggiamento dispotico nei confronti della propria governante. Ma, in sottofondo, il regista ci descrive un personaggio molto più profondo di quello che possa apparire a prima vista; basti citare la sequenza in cui gli viene comunicata la morte di una delle sue due figlie: all’apparenza la terribile notizia non sembra suscitare nel pittore alcun dolore, ma lo spettatore (grazie ad una geniale inquadratura da dietro che sottolinea il movimento delle dita della mano) può constatare come in realtà egli soffra, ma non voglia darlo a vedere.
Ma a rendere il film un capolavoro è la capacità del regista di rappresentarci l’”anima” del pittore, disposto a tutto pur di cogliere la purezza delle immagini che si sarebbe poi accinto a dipingere: ecco allora che deve farsi legare all’albero di una nave per capire cos’è una tempesta in mare; deve scoprire nel mondo reale i panorami e gli squarci veri per poi dipingerli; anche quando sta per morire, deve correre in strada (in vestaglia) per vedere di persona (per poi dipingere) una ragazza trovata morta sulle rive del fiume.
Un film lento, non facile, fuori moda a tutti i livelli. E per questo da amare senza ritegno, quantomeno per chi ama il cinema e auspica che questo (ed il gusto dello spettatore) non vengano definitivamente "schiacciati" dalle serie televisive.
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filippo catani
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martedì 3 febbraio 2015
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l'uomo e l'artista turner
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William Turner è un artista ormai abbastanza affermato che vive in compagnia del padre. Coltiva pessimi rapporti con la moglie e praticamente non ne ha con le figlie. Nel frattempo l'uomo continua a dipingere e a compiere i suoi studi sulla luce.
Il film è davvero molto interessante e vive dell'interpretazione superlativa di Spall (premiato a Cannes) che riesce perfettamente a calarsi nei panni del pittore inglese da tutti considerato l'antesignano dell'Impressionismo. Geniale e sempre pronto a dipingere e a vivere le emozioni in prima persona (anche se ormai passato come vero ci sono dubbi che si sia fatto veramente legare all'albero di una nave durante una tempesta), Turner aveva un modo tutto suo di gestire le emozioni e i rapporti personali dovuto anche in parte alla sua stessa biografia.
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William Turner è un artista ormai abbastanza affermato che vive in compagnia del padre. Coltiva pessimi rapporti con la moglie e praticamente non ne ha con le figlie. Nel frattempo l'uomo continua a dipingere e a compiere i suoi studi sulla luce.
Il film è davvero molto interessante e vive dell'interpretazione superlativa di Spall (premiato a Cannes) che riesce perfettamente a calarsi nei panni del pittore inglese da tutti considerato l'antesignano dell'Impressionismo. Geniale e sempre pronto a dipingere e a vivere le emozioni in prima persona (anche se ormai passato come vero ci sono dubbi che si sia fatto veramente legare all'albero di una nave durante una tempesta), Turner aveva un modo tutto suo di gestire le emozioni e i rapporti personali dovuto anche in parte alla sua stessa biografia. Dopo aver visto morire la sorellina dovette subire anche il ricovero della madre che ebbe un crollo in seguito alla prematura morte della piccola. William svilupperà così un fortissimo attaccamento alla figura paterna con cui condividerà tutta l'esistenza. Ora scorbutico, ora generoso Turner viveva in modo conflittuale il rapporto con le alte sfere e gli altri artisti a lui contemporanei (soprattutto Constable) ma soprattutto non coltivava rapporti nè con la moglie nè con le figlie (terribile la scena dell'annuncio della morte di una di loro) ma capace altresì allo stesso tempo di intrattenere una relazione con una locandiera che lo accompagnerà fino alla fine. Insomma un artista complesso che ha lasciato un segno indelebile con i suoi studi sulla luce e i suoi paesaggi e che decise anche di destinare l'intera sua opera al popolo britannico affinchè ne potesse usufruire gratuitamente ma alla sua morte il progetto non andò in porto. Gran merito della riuscita della pellicola va anche a Leigh capace di ricreare non solo perfettamente le atmosfere dell'Ottocento ma che ci regala dei bellissimi scorci e panorami proprio in stile turneriano. Insomma un film da vedere e che non passa certa inosservato.
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dinoroar
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lunedì 2 febbraio 2015
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esercizio di stile: stop!
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Una grande prova di regia, costumi, fotografia, recitazione, ma ... manca la storia. Il film risulta noioso perché oggettivamente la vita del protagonista è poco interessante. Genio della pittura, uomo comune nella vita; anzi, se certi passaggi fossero veri e non romanzati, uomo mediocre con una vita non meritevole di essere raccontata.
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vanessatalanta
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giovedì 19 febbraio 2015
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un film difficile
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Forse due ore e mezzo sono troppe per questo film, senza volermi ergere a regista dilettante credo che si sarebbe potuta tagliare una mezz'ora senza nuocere troppo. Inutile dire che la fotografia e i colori sono fantastici, quel che invece mi si è stampato nel cervello è stata la luce: in ogni inquadratura, esterna o interna che sia, la luce è pura magia, l'essenza dell'ispirazione pittorica, come afferma nelle sue ultime parole sul letto di morte Turner: "Il sole è Dio!!", notare bene, non "Dio è il sole..". Uomo scomodo e tormentato tra bisogno di affetto e difficoltà ad aprirsi agli altri, ma di fondo generoso e buono.
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Forse due ore e mezzo sono troppe per questo film, senza volermi ergere a regista dilettante credo che si sarebbe potuta tagliare una mezz'ora senza nuocere troppo. Inutile dire che la fotografia e i colori sono fantastici, quel che invece mi si è stampato nel cervello è stata la luce: in ogni inquadratura, esterna o interna che sia, la luce è pura magia, l'essenza dell'ispirazione pittorica, come afferma nelle sue ultime parole sul letto di morte Turner: "Il sole è Dio!!", notare bene, non "Dio è il sole..". Uomo scomodo e tormentato tra bisogno di affetto e difficoltà ad aprirsi agli altri, ma di fondo generoso e buono. Il regista ci presenta un personaggio iconoclasta, beffardo, incurante per molti versi della morale e dell'atteggiamento più "cortigiano" dei colleghi, ci ricorda che quello del pittore e dell'artista in generale è un mestiere, non una sacra missione. La sua sofferenza nei confronti del disprezzo dei colleghi e dei potenti non lo distolgono mai dalle sue convinzioni, dal suo vagabondare alla ricerca di quel che la sua anima e i suoi occhi anelano. La sua pittura sempre più "rarefatta" rispetto ai manierismi dell'epoca (vedi i primi quadri dei preraffaelliti che contempla con disgusto..) non cede né alle lusinghe né alla riprovazione, sempre portando in primo piano quella luce fatata che trova nel cielo, enorme, contrapposto alla spesso esigua striscia di terra che lo esalta e sottolinea.
I dialoghi e le scene di vita comune, anche se lenti e forse troppo dilatati, danno un'esatta rappresentazione della società dell'epoca, della vita vuota ed oziosa della maggioranza dei ceti abbienti, che perdevano ore a discutere delle virtù dell'uvaspina, non avendo necessità di occuparsi di nulla e sfoggiando una cultura d'accatto. Son poi forse tanto cambiati i tempi, per chi ha assistito alle discussioni di certi "salotti"? Timothy Spall riesce seppure con qualche eccesso a rendere la ruvidezza esteriore del personaggio, come la sua intima vulnerabilità, il profondo legame col padre ed il gioioso abbandono con cui si lega finalmente all'affetto della donna semplice e ricca di umanità e calore che gli sarà vicina fino all'ultimo. Come non esiste un quadro perfetto così nemmeno un film perfetto, ma possono entrambi aggiungere qualcosa alla nostra visione della vita e dell'arte, per me è stato così.
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il cinefilo
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martedì 10 febbraio 2015
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quando il cinema è a un passo dalla morte
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Ancora due parole su questo scempio, da parte mia: la programmatica staticità del ritmo rivela aspetti ben più gravi di quanto si possa temere, infatti costringe tutti i personaggi, nessuno escluso, ad apparire più vecchi di almeno vent'anni rispetto alla loro età effettiva...e considerando che l'età media, in questo film, oscilla al di sopra degli 82 anni c'è poco da stare allegri.
Nelle prime inquadrature vediamo mr.Turner scrutare dei mulini a vento e basterebbe questo piano-sequenza a spingere la serietà del regista verso quel precipizio dal quale non esiste ritorno...ossia il fallimento.
Il fallimento accompagna la macchina da presa fin dai primi 5 ridicoli minuti in cui Leigh, crogiolandosi negli allori dell'auto-compiacimento perbenista più deplorevole, passa in rassegna inquadrature statiche, rigide, fredde e completamente prive d'anima e per di più concentrandosi su volti anonimi, patetici, incartapecoriti dall'inesorabile avanzare della terza età.
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Ancora due parole su questo scempio, da parte mia: la programmatica staticità del ritmo rivela aspetti ben più gravi di quanto si possa temere, infatti costringe tutti i personaggi, nessuno escluso, ad apparire più vecchi di almeno vent'anni rispetto alla loro età effettiva...e considerando che l'età media, in questo film, oscilla al di sopra degli 82 anni c'è poco da stare allegri.
Nelle prime inquadrature vediamo mr.Turner scrutare dei mulini a vento e basterebbe questo piano-sequenza a spingere la serietà del regista verso quel precipizio dal quale non esiste ritorno...ossia il fallimento.
Il fallimento accompagna la macchina da presa fin dai primi 5 ridicoli minuti in cui Leigh, crogiolandosi negli allori dell'auto-compiacimento perbenista più deplorevole, passa in rassegna inquadrature statiche, rigide, fredde e completamente prive d'anima e per di più concentrandosi su volti anonimi, patetici, incartapecoriti dall'inesorabile avanzare della terza età...un altra chicca per gli appassionati del trash involontario è la moglie trascurata di Turner che viene a ossessionarlo in compagnia delle sue figlie, esteticamente ancora peggio dell'altra, le cui fattezze potrebbero ricordare maggiormente una mummia in attesa dell'imbalsamazione piuttosto che una donna vivente.
L'irresponsabile cineasta costringe lo spettatore a subire due ore e mezza di primi piani assolutamente insignificanti, all'insegna di una non meglio precisata sciatteria stilistico-moraleggiante.
Malgrado i danni inferti da regista e interprete alla stessa sceneggiatura(scritta da Leigh medesimo, che si conferma un masochista all'ultimo stadio)proseguono inesorabili, determinati a contaminare ogni possibile valore estetico possa sopravvivere allo scempio...e dopo aver definitivamente raso al suolo le speranze dello spettatore di una maggiore dose di azione(tutto questo nell'arco dei primi 95 minuti)i due artefici di questa catastrofe cinematografica senza pari si apprestano a sferrare il colpo di grazia ai poveri spettatori paganti inanellando un infinità di altre inquadrature rigidi, puerili, scadenti dove la smisurata prosopopea del suo narcisistico autore tende ad ingigantirsi vieppiù...e nemmeno la fotografia di Dick Pope può nulla contro l'orrore.
Se si dovesse parlare, un giorno, di qualcosa che possa certificare al mondo intero l'effettiva morte del cinema questo titolo potrebbe arrivare dritto in cima a un eventuale classifica...e vincere.
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[+] una stella per il cinefilo,
(di marezia)
[ - ] una stella per il cinefilo,
[+] esagerato!!
(di luanaa)
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vanessa zarastro
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domenica 15 febbraio 2015
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arte versus rapporti umani
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Un film biografico girato con un ritmo un po’ troppo lento, che contrappone lo splendore dell’arte, la bellezza della natura e il piacere della musica a esseri umani per lo più brutti e spregevoli. M. W. Turner, detto il “pittore della luce”, uno dei maggiori paesaggisti mai esistiti, usa lo sguardo come una macchina fotografica per fissare paesaggi fissi o in movimento come naufragi o tempeste in mare. Vissuto prevalentemente a Londra a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è considerato un precursore dell’impressionismo. Turner è assetato di immagini, di paesaggi naturali ma con un tocco di mano dell’uomo - il mare con la nave, la campagna londinese con la locomotiva, la campagna olandese con il mulino e così via.
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Un film biografico girato con un ritmo un po’ troppo lento, che contrappone lo splendore dell’arte, la bellezza della natura e il piacere della musica a esseri umani per lo più brutti e spregevoli. M. W. Turner, detto il “pittore della luce”, uno dei maggiori paesaggisti mai esistiti, usa lo sguardo come una macchina fotografica per fissare paesaggi fissi o in movimento come naufragi o tempeste in mare. Vissuto prevalentemente a Londra a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è considerato un precursore dell’impressionismo. Turner è assetato di immagini, di paesaggi naturali ma con un tocco di mano dell’uomo - il mare con la nave, la campagna londinese con la locomotiva, la campagna olandese con il mulino e così via.
Caratteristica umana – o meglio disumana - di Turner (ben interpretato da Timothy Spall) è quella di avere un pessimo rapporto con le donne: con la governante che usa per sveltine senz’anima, con l’affittacamere il rapporto sembra essere univoco, con la moglie (mai sposata ufficialmente) recriminante e con le due figlie il rapporto è assente – non va neanche al funerale della figlia minore.
Si salvano nel film solo due personaggi, due anime semplici naturalmente, lontani dall’arte e dal potere: il padre di M. Willy Turner un ex- barbiere generoso che lavora sempre senza fermarsi mai e che svolgeva il ruolo di assistente al figlio, e Sophia Booth la vedova affittacamere che non chiedeva nulla se non di accudire e prendersi cura di qualcun altro. Il pittore ha un brutto carattere è orso e scontroso, parla pochissimo invece grugnisce spesso. Forse il regista Mike Leigh lo ha fatto diventare un po’ goffo per tentare di renderlo simpatico al pubblico e in tal modo da far amare anche la sua arte.
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luanaa
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giovedì 26 febbraio 2015
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no a timothy spall
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Il film è molto ben fatto miscelando la pittura di Turner ad immagini filmiche in modo sublime tanto da far sorgere il dubbio è pittura e/o realtà od entrambi: MAGICO!!!...e non nel solito modo pacchiano americano tutto estetica quando vengono fatti biopic che si rifanno alla storia letteraria anglosassone.Ma anche un film dissacrante perchè rivela nel contempo il contrasto tra realtà e realizzazioni pittoriche (Al contrario di uno dei miei miti Ken Russel che faceva esattamente l'opposto in modo estremamente affascinante).. ed interessante,perchè come ho detto presenta una regia multistrato e non condotta nel consueto modo lineare. Ma ho trovato Assolutamente non credibile uno degli attori preferiti da Leigh ovvero Timothy Spall.
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Il film è molto ben fatto miscelando la pittura di Turner ad immagini filmiche in modo sublime tanto da far sorgere il dubbio è pittura e/o realtà od entrambi: MAGICO!!!...e non nel solito modo pacchiano americano tutto estetica quando vengono fatti biopic che si rifanno alla storia letteraria anglosassone.Ma anche un film dissacrante perchè rivela nel contempo il contrasto tra realtà e realizzazioni pittoriche (Al contrario di uno dei miei miti Ken Russel che faceva esattamente l'opposto in modo estremamente affascinante).. ed interessante,perchè come ho detto presenta una regia multistrato e non condotta nel consueto modo lineare. Ma ho trovato Assolutamente non credibile uno degli attori preferiti da Leigh ovvero Timothy Spall...nei panni di Turner...NO..non ci sta assolutamente la sua fisionomia grossolana senza neanche un lampo negli occhi.Questo a mio parere lo sbaglio maggiore di Leigh in un un film che poteva essere davvero un capolavoro!
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