Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate |
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Un film di Peter Jackson.
Con Ian McKellen, Martin Freeman, Richard Armitage, Evangeline Lilly, Lee Pace.
continua»
Titolo originale The Hobbit: The Battle of Five Armies.
Fantastico,
Ratings: Kids+13,
durata 144 min.
- USA, Nuova Zelanda 2014.
- Warner Bros Italia
uscita mercoledì 17 dicembre 2014.
MYMONETRO
Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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Quell'Hobbit che serve solo al titolo..
di Alexander 1986Feedback: 12308 | altri commenti e recensioni di Alexander 1986 |
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venerdì 2 gennaio 2015 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Capitolo conclusivo della trilogia prequel a ''Il signore degli anelli'' ovvero di un grande pasticcio. La sufficienza (scarsa) va all'opera complessiva piuttosto che a questa pellicola. Pellicola che in verità non avrebbe dovuto neppure esistere. I capitoli de ''The Hobbit'' previsti inizialmente erano solo due. E sarebbero stati comunque sufficienti a comprendere una storia originale necessitante già di una bella annacquata: perché questa avventura di Bilbo e Gandalf (Ian McKellen) era stata concepita da Tolkien come un simpatico siparietto senza pretese, non certo come il kolossal melodrammatico che ne è venuto fuori. Lasciamo magari perdere questo discorso perché se le case di produzione non s'applicassero alle speculazioni sui successi passati non farebbero il loro mestiere. Ma c'è modo e modo di fare le cose e Peter Jackson ha usato quello più fastidioso: il fan-service. Un'accondiscendenza verso i fans così pesante da arruolare alla causa del film un personaggio come Legolas - un Orlando Bloom goffamente ringiovanito con le lenti a contatto - amato dalle ragazzine ma qui piuttosto inutile. Oppure anticipando ossessivamente i medesimi temi che fecero grande il Signore degli anelli (l'amicizia e l'amore oltre la razza, la lotta interiore contro la seduzione del potere) ponendosi quindi in competizione con un avversario imbattibile anziché battere una via diversa e altrettanto nobile. Rendendo infine The Hobbit un pendant più superfluo che ornamentale. La prova più evidente di questo fallimento è proprio la resa del protagonista, Bilbo Baggins ovvero l'hobbit del titolo. Il suo valore di punto di vista alternativo rispetto alla Grande Storia cui suo malgrado partecipa avrebbe dovuto rappresentare il senso ultimo dell'opera. Lo stesso senso che ne Il Signore degli anelli fu incarnato da Frodo e dai suoi amici hobbit: la morale (più esopea che cristiana) del potere dei più piccoli nel cambiare le sorti del mondo. Lì funzionava, qui no. E non per le doti attoriali di Martin Freeman, modeste ma sufficienti. Il problema è che l'insistenza per tutti e tre i film della saga nel rendere l'idea dell'estraneità di Bilbo rispetto alla realtà che lo circonda - lui, l'uomo semplice al cospetto di re e condottieri - finisce per rendere il personaggio effettivamente estraneo al tutto. Il film scorre meglio quando lui non è chiamato in causa. Eppure si intitola 'The Hobbit'... La scelta più discutibile fatta da Jackson appare però, paradossalmente, la rinuncia al meccanismo fan-service proprio nelle battute finali de La battaglia delle cinque armate. Al sesto capitolo di una saga che, comprendendo Il Signore degli anelli, impegna lo spettatore a tempi di durata biblici, il regista neozelandese ci propina per la prima volta un finale dolceamaro (fatichiamo a dire: maturo) rispetto al classico lieto fine. E' un po' come se a coronamento di una elegantissima torta il pasticcere, per darsi un tono di originalità, non mettesse la classica ciliegia ma una prugna. Se Jackson avesse voluto sorprenderci davvero, avrebbe dovuto applicare questo empito a tutta l'opera. Quando decidi di seguire per filo e per segno una ricetta da manuale, per quanto banale possa essere, anche solo resistere alla tentazione di apporre qualche correzione di testa tua può richiedere un certo coraggio. Un coraggio che Jackson, in verità, con questa trilogia de 'Lo Hobbit' non ha mai avuto.
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