Leviathan

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Un film di Andrey Zvyagintsev. Con Aleksey Serebryakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov.
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Titolo originale Leviafan. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 140 min. - Russia 2014. - Academy Two uscita giovedì 7 maggio 2015. MYMONETRO Leviathan * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Silenzio nel turbine Valutazione 3 stelle su cinque

di ninoraffa


Feedback: 4338 | altri commenti e recensioni di ninoraffa
lunedì 9 ottobre 2017

Intorno al quinto secolo avanti Cristo, lo sconosciuto autore del Libro di Giobbe racconta che Satana dopo un giro per la Terra, va a visitare Dio proponendogli di mettere alla prova Giobbe. Secondo il diavolo, Giobbe è giusto e pio perché Dio lo gratifica di ogni ricchezza e felicità, ma se la sua sorte cambiasse sarebbe pronto a ribellarsi. Il Padre Eterno accetta la sfida, concedendo a Satana potere sul malcapitato, che in brevissimo tempo perde figli, casa, ricchezze e salute, ritrovandosi coperto di piaghe nella polvere. Giobbe, ignaro dei celesti conciliaboli, s’interroga sulla ragione delle sue disgrazie: secondo gli amici ha dei peccati nascosti da scontare, la moglie invece deride la sua fede malriposta spronandolo a maledire Dio; ma lui dal fondo del dolore continua a rivendicare la sua innocenza e insieme la fedeltà all’Eterno. Alla fine è Dio stesso a troncare ogni discussione: appare nel turbine senza dare altra spiegazione che la sua ineffabile trascendenza; quindi premia Giobbe con la guarigione, il raddoppio delle sue originarie ricchezze e altri 140 anni di vita prospera circondato da una numerosa rinnovata discendenza.

E’ stato osservato che da millenni andiamo narrando varianti di poche storie fondamentali; e forse il senso di queste ripetizioni non è nelle trame ormai scontate, ma negli esiti e nelle condizioni di contorno che riflettono il mutare dei tempi. Dal Vecchio Testamento alla Russia post-sovietica, Andrei Zvyagintsev in “Leviathan” racconta il suo Giobbe senza scomodare le potenze celesti. Kolja, ex militare, con un debole per l’alcol e la mano pesante, vive a nord, sul mare di Barents, insieme al figlio e alla seconda moglie, Lilya, in una casa isolata costruita con le sue mani. Il corrotto sindaco del posto – diretto spiritualmente nei suoi crimini dall’amico vescovo e protetto dall’icona di Putin appesa in ufficio – mette gli occhi sulla proprietà di Kolja per una speculazione edilizia, avendo buon gioco ad espropriarla per pochi soldi con la complicità di magistratura e polizia. Kolja quindi si rivolge all’ex commilitone Dimitri, adesso avvocato a Mosca, che arriva dalla capitale confidando più in un dossier compromettente raccolto sul sindaco, che sulla giustizia.

Leviatano: per Giobbe (e Melville) mostruosa creatura degli abissi, incarnazione del caos primordiale, e per estensione, l’imperscrutabile potere di Dio di domare e ordinare le forze cosmiche; quindi per Hobbes il simbolo dello Stato Assoluto, concentrazione di ogni potere religioso e civile in nome dell’ordine sociale. Sulla stessa scia, il Leviatano di Zvyagintsev è in tutta evidenza lo Stato post sovietico, mostro tentacolare nutrito di mazzette e appalti, spogliato della sua antica grandezza metafisica, e per questo altrettanto temibile del suo arcano progenitore, ma insieme ignobile e meschino.

Leviatano: balena in ebraico moderno. L’ottima fotografia del film, ben accordata alla colonna sonora, torna sullo scheletro bianco di un cetaceo sulla spiaggia desolata; e poi relitti rugginosi di navi ed edifici; i denti della pala meccanica che alla fine divorano pezzo a pezzo la casa di Kolja; la luce livida che bagna un mare funebre; un paesaggio roccioso che mette a nudo le ossa della terra. Ma il mostro non sta solo fuori: serpeggia dentro i protagonisti nella vodka che ne accompagna la caduta, o nel doppio tradimento di Lilya e Dimitri, inconsapevoli autori tra le stesse lenzuola della rovina propria e di Kolja.

“Siamo tutti innocenti, fino a prova contraria… ma chi darà mai questa prova? e a chi?“ chiede Dimitri a Lilya. Lei risponde: “Credi in Dio?” E lui: “Perché siete tutti fissati con Dio? Io sono avvocato, credo ai fatti.”  Nel mondo di Zvyagintsev la nuova superstizione dei fatti sostituisce quella vecchia, ma insieme al peccato inevitabilmente scompare ogni possibile innocenza o redenzione. I fatti senza Dio, o anima, o  spirito, o senso, o giudizio, in qualsiasi modo vogliamo chiamarlo, non consentono altro finale. I ragazzi vanno a bere e fumare tra i ruderi di una chiesa diroccata, sotto un San Giovanni Battista mezzo scrostato che già rassegna il collo alla spada; nella pompa liturgica della cattedrale, il Vescovo rimesta Chiesa e Patria arringando in nome di Cristo e Verità i suoi oligarchi. Dio nel film è una ricorrente comparsa – nei discorsi farisaici del prelato politicante, nelle domande attonite dei protagonisti, nelle parole accorate del povero Pope – ma è solo figura dipinta, ripetizione di qualcosa sentita dire di sfuggita, favola, riflesso, eredità perduta, forse ricordo di gente che un tempo ci aveva creduto. Neppure rimpianto, che sarebbe già qualcosa. Meno che mai speranza. Nella Russia del XXI secolo, come nella maggior parte dei nostri luoghi, nessuno attende una voce nel turbine che risollevi Giobbe dalla polvere.

Film consigliato. Ottima regia e interpretazione senza sbavature. Leggibile a più livelli: sul piano politico, efficace primo piano del volto ordinario e sinistro di certi modelli statali capitalistico-autoritari ai quali si guarda con sempre maggiore interesse dalle nostre parti. Inquietante, e abbastanza nota, rappresentazione di una realtà alternativa – e competitiva – rispetto alle nostre declinanti democrazie.      

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