Leviathan

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Un film di Andrey Zvyagintsev. Con Aleksey Serebryakov, Elena Lyadova, Vladimir Vdovichenkov, Roman Madyanov.
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Titolo originale Leviafan. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 140 min. - Russia 2014. - Academy Two uscita giovedì 7 maggio 2015. MYMONETRO Leviathan * * * - - valutazione media: 3,42 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un moderno Giobbe nella Russia di Putin Valutazione 4 stelle su cinque

di Zarar


Feedback: 13464 | altri commenti e recensioni di Zarar
venerdì 8 maggio 2015

Il film è la storia di una lotta titanica, impossibile, masochista di un individuo contro un potere che lo sovrasta ed è troppo più forte di lui: lo stato ‘Leviatano’ di Thomas Hobbes attualizzato nella Russia di Putin. Qui affarismo, corruzione, ipocrisia, ottusità burocratica nel migliore dei casi, vera e propria violenza e criminalità nel peggiore, si intrecciano come le spire del mostro biblico nella realtà politica e burocratica, nella magistratura e nella polizia,  - last but not least – nella stessa Chiesa  ortodossa, tutti complici nello schiacciare freddamente sacrosanti diritti individuali quando intralciano i loro interessi. Ma è anche qualcosa di più: è la storia un individuo travolto da un destino ostile che va al di là del suo conflitto con il potere, e che non gli lascerà scampo fin nei suoi affetti più cari, togliendogli – moderno e torturato Giobbe - tutto di tutto, amici,  moglie, figlio, fino alla sua personale libertà. Lui è Kolja, che in una sperduta località dell’estremo Nord della Russia, sul mare di Barents, fa l’impossibile per difendere contro un progetto di speculazione edilizia la sua casa. Barricato nel suo elementare senso di giustizia, rischia tutto e perde tutto nell’impresa. Kolja non è l’eroe solare che tutela un suo idillio verde ‘tutto natura’ contro il cemento. In questo senso la storia ci tocca ancora più profondamente e ne intuiamo il valore simbolico: quello che egli difende  è davvero qualcosa di minimale, un bene ed una vita a cui è già difficile dare un valore.  La natura in mezzo a cui Kolja vive è infatti quanto di più triste si possa immaginare, nella sua pallida mezza luce che non è mai sole o buio pieno;  la sua casa un po’ squinternata è aperta a tutti i venti, schiacciata sotto un cielo basso e livido, tra rocce nude e incombenti,  esposta ad un mare di piombo che si frantuma rabbiosamente contro scogli enormi (ricordo flash: ‘L’uomo di Aran’). Sulla spiaggia uno scheletro di balena, sullo sfondo il buco nero di una chiesa diroccata…  Lo stesso Kolja non ha il taglio dell’eroe: è un buon diavolo, ma non sempre capisce bene quel che fa e quel che vuole, o i problemi di sua moglie e suo figlio, beve troppo ed è portato a reazioni incontrollate. Intorno personaggi che si muovono come altrettanti automi, apaticamente indifferenti o posseduti da un’ossessione, prepotentemente esibita contro gli altri o inespressa e autodistruttiva. Proprio perché Kolja ha così poco, sentiamo ancora di più la forza del suo diritto e la sua sconfitta. Non per caso, molto di più che gli attori, parla in questo film lo scenario in cui sono immersi, sempre carico di una sua vitalità minacciosa, simbolo perfetto del mostro biblico personaggio–chiave del film: una fotografia bellissima e potenti inquadrature ci restituiscono molto bene nel paesaggio livido e tormentato e nell’impostazione delle singole scene il senso di un potere oscuro e minaccioso, della violenza inaspettata, dell’inesorabile sproporzione delle forze, dell’indifferenza cieca, del caso che può colpirti tanto quanto la deliberata cattiveria. Da segnalare la scena della lettura delle sentenze in tribunale: un pezzo di bravura da non dimenticare. 

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antonio montefalcone mercoledì 13 maggio 2015
un’astratta parabola umana, dolente e disperata…
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Zvyagintsev, regista de “Il ritorno”, ha vinto il Premio per la sceneggiatura a Cannes ’14 e il Globo d’Oro per il film straniero con questa rilettura tragica ed impietosa del testo “Il Leviatano” di Hobbes e della legge del più forte. L’opera, di rara forza astratta ed espressiva, utilizza il terribile mostro del titolo, a metà tra Moby Dick e un dinosauro, come allegoria della Russia odierna corrotta nello Stato e nelle istituzioni (dalla politica alla religione, dalla giustizia alle forze dell’ordine), pronta a dominare su tutto e divorare aspirazioni, libertà, diritti. E’ una pellicola di denuncia sociale, rigorosa e chiara, piena di sferzante ironia e sofferta condizione umana nel ritrarre un popolo che vive nella corruzione, ma anche in un continuo status di impotenza e rassegnazione. [+]

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