Jersey Boys

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Un film di Clint Eastwood. Con John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lomenda, Vincent Piazza, Christopher Walken.
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Biografico, durata 134 min. - USA 2014. - Warner Bros Italia uscita mercoledì 18 giugno 2014. MYMONETRO Jersey Boys * * * - - valutazione media: 3,28 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Sherry, oh, Sherry Baby! Valutazione 4 stelle su cinque

di ClaudioFedele93


Feedback: 9200 | altri commenti e recensioni di ClaudioFedele93
domenica 23 novembre 2014

Quando capisci di possedere un talento naturale capisci che bene o male il tuo destino è già segnato. Clint Eastwood a ottantaquattro anni è ancor oggi un regista capace di saper tener in mano una macchina da presa e girare film di qualità senza lasciar indietro nulla del suo stile registico, così semplice e raffinato in grado di far entrare con naturalezza ogni spettatore in una qualunque storia questi s’appresti a raccontare sul grande schermo.

Jersey Boys, che riprende in parte i componenti contenutistici dell’omonimo musical di Broadway di successo con non a caso anche in quella produzione il giovane John Lloyd Young nel ruolo di Frankie Valli, interpretazione che gli ha cambiato letteralmente la vita mettendolo sotto le luci della ribalta tra i giovani attori, è una pellicola che serve a testimoniare ancora una volta la passione di Eastwood non solo per la settima arte, ma anche e sopratutto per la musica. Già calato nel ruolo di compositore per molti suoi film, oltre che di attore, il pupillo di Sergio Leone firma un prodotto che verte principalmente sulla storia dei Four Season, un gruppo di ragazzi nati e cresciuti nella parte sbagliata del New Jersey, nel quale inserisce tutta la sua eleganza ed il suo stile, conferendo all’opera una cura ed una precisione innata non solo tecnicamente, ma anche esteticamente complice una fotografia ed una ricostruzione scenografica da manuale.

Quando, infatti, ci si trova ad adattare una biografia sul grande schermo il rischio che questa dopo un po’ diventi noiosa è sempre, costantemente, presente; bisogna fare i conti con i momenti più interessanti, carichi di pathos e le sequenze meno dinamiche, che alternano i successi ed i fallimenti di un uomo o una donna. I Ragazzi del Jersey però godono di un’empatia e di un’enfasi del tutto particolare che non arriva mai a toccare dei veri e propri picchi emotivi, ma aggiungendo ironia e sarcasmo riesce sempre a mantenere alta e intatta l’attenzione verso la pellicola da parte dello spettatore. Non vi era alcun motivo, di fatto, di rendere questa vicenda un qualcosa di spettacolare o barocco, anche se un po’ di storia della Musica recente è stata comunque fatta e necessitava di essere considerata con gran rispetto, bisognava però cercare di saper trattare il materiale a disposizione con una delicatezza e una genuinità che poche persone al mondo sanno cogliere e tra queste vi è giusto appunto il regista del drammatico Million Dollar Baby, dello straziante Changeling e del crudele Mystic River che centra il bersaglio anche con questo lavoro, portando alla luce un piccolo gioiello composto perfettamente e senza nemmeno un piccolo graffio di imperfezione.

Sapendo di lavorare con dei giovani attori, scommettendo su di loro per certi versi, Eastwood è riuscito a rimanere in ogni momento con i piedi per terra, non accentuando in modo eccessivo i momenti carichi di dramma né arricchendo in modo estremo le tante fasi che hanno visto i Four Season alla ribalta. Il film è un costante miscuglio di lente salite e piccole discese che rendono in modo perfetto quel che può essere la vita di un’artista oltre che del semplice uomo, che questi sia solista o componente di un gruppo, costretto a vivere un’esistenza fatta da due facce della stessa medaglia: il successo. Ogni membro della band è caratterizzato in modo convincente, studiato nel minimo particolare così da non focalizzare l’attenzione solo su Frankie, che rimane il frontman del gruppo, e i momenti in cui quest’ultimo lascerà spazio agli altri giovani cantanti della comitiva saranno molteplici. Un elemento non da poco è infatti quello di voler far dialogare i protagonisti direttamente con lo spettatore, mettendoli con lo sguardo davanti alla telecamera e facendo condividere con il pubblico i loro pensieri e paure. Un escamotage estremamente elaborato ma efficace che non solo alleggerisce la storia, dandole il giusto ritmo e atmosfera oltre ad un tocco di sano didascalismo, ma ci incanala in quegli anni ’60 tanto rumorosi e musicalmente frizzanti, una giungla melodica dove se non eri tu il cacciatore diventavi una preda o peggio ancora un nessuno.

Non vi è infatti una vera e propria denuncia fatta dal regista verso quei tempi ormai andati, sebbene non si risparmi a mostrare alcuni aspetti del New Jersey ove traspare il marcio e il peggio della società. Non è un caso ritrovarsi di fronte al personaggio di Christopher Walken che interpreta il mafioso Angelo De Carlo, un uomo messo a capo della malavita che vive in una casa di lusso, elemento chiave per capire al meglio il luogo ed il tempo dove il gruppo si è formato e cresciuto. Eppure, nella figura di De Carlo, non vi è un’accesa critica a quest’ultimo né una rappresentazione canonica del capo mafia in stile Il Padrino o Quei Bravi Ragazzi, questi bensì viene visto più come un “protettore” e l’idea di non rendere in apparenza terribile un uomo del genere, oltre a renderlo meno stereotipato, ci fa capire al tempo stesso quanto l’ironia abbondi tra le righe dei dialoghi e le sequenze del lungometraggio tanto da rendere un personaggio che per eccellenza dovrebbe “far paura” quasi una parodia di se stesso, ma che grazie allo straordinario talento di Walken non va mai sopra le righe e rimane costantemente credibile.

Elemento cardine, inoltre, dell’intera produzione rimane poi la musica ed i testi. Cast e Regista si sono di certo messi di buona lena nel curare non solo le canzoni, ma anche il modo migliore per metterle sul grande schermo e rappresentarle senza appesantire troppo il lungometraggio né però alleggerirlo in salsa Glee o opere affini. Con un background del genere bastava mettere in scena quelle canzoni iconiche che hanno fatto la storia della musica degli anni ’60 ed un tocco d’artista come quello di Eastwood capace di rendere perfetta ogni inquadratura e farci credere davvero, tra un’esibizione e l’altra, di essere in quei anni ad assistere ad un evento dei Four Seasons.

Chi dice che Jersey Boys sia una delle opere minori di Eastwood probabilmente non tiene conto di tutti quei fattori e particolari che fanno "eccezionale" il cinema di quest’uomo. E' vero, questa pellicola non ha la drammaticità né il pathos di molti altri suoi lavori ed è sempre costellata da una grande ironia, apparente leggerezza e dinamismo, però rimane nel complesso un prodotto perfetto sotto ogni punto di vista, tecnico ed estetico. Clint probabilmente è una di quelle persone che se non facesse il suo lavoro, se non si occupasse di Cinema, non sarebbe davvero in grado di fare altro e la riprova di quanto appena detto l'abbiamo perché oggi, alla sua età, ha una voglia matta di girare come pochi giovani registi hanno tutt’ora, capace di saper mettere in scena una pellicola girata con la tecnica e lo stile perfetto di un uomo elegante e sofisticato di altri tempi rendendola immortale, innovativa e modernissima.

Jersey Boys è un'opera essenzialmente biografica che sprizza euforia e voglia di mettersi in gioco da ogni poro, attraverso ogni inquadratura da parte di chi è inquadrato e da chi tiene in mano la telecamera pur rimanendo dei canoni del genere; è un azzardo riuscito ed una scommessa vinta anche per quel che riguarda il cast e le canzoni ancora belle ed immortali presenti nel film. A concludere il tutto rimane il genio, la sensibilità di chi ha preso le redini dell’intero progetto che mai come qui è stato tanto capace di catturare i volti di Frankie Valli e dei Four Seasons e renderli magnifici oltre che umani ed umili, la dimostrazione di un talento vivente immortale capace di realizzare uno dei cammei più belli degli ultimi anni, e solo per quel cammeo fatto con grande naturalezza a riprova del tuo infinito estro, Clint, il film acquista sulla carta qualcosa in più. In un mondo musicale fatto oggigiorno solo di talent show di spettacolo ancor prima che di musica, Jersey Boys ci ricorda quanta fatica abbiano fatto gli artisti di un tempo per uscir fuori dal loro piccolo mondo e arrivare in alto, a toccare con mano il successo che li ha resi immortali.

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