gaiart
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domenica 7 settembre 2014
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il giovane (elio) è favoloso!
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Il giovane favoloso
“Non vivono fino alla morte,
se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita”
A parte l’interpretazione magistrale di Elio Germano, uno dei più grandi attori italiani, il giovane (Elio) è favoloso non solo narrando il Leopardi, con le sue ansie e problematiche fisiche crescenti negli anni, (volgendo a un finale in cui arriva persino ad accartocciarsi su se stesso), ma è magico anche per la sensibilità con cui intesse la poesia, le antinomie filosofiche, la fragilità, la forza e l’emblema della cultura italiana ottocentesca.
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Il giovane favoloso
“Non vivono fino alla morte,
se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita”
A parte l’interpretazione magistrale di Elio Germano, uno dei più grandi attori italiani, il giovane (Elio) è favoloso non solo narrando il Leopardi, con le sue ansie e problematiche fisiche crescenti negli anni, (volgendo a un finale in cui arriva persino ad accartocciarsi su se stesso), ma è magico anche per la sensibilità con cui intesse la poesia, le antinomie filosofiche, la fragilità, la forza e l’emblema della cultura italiana ottocentesca.
Germano non ha rivali e meritava di sicuro la Coppa Volpi a Venezia. Cosa che ovviamente non è avvenuta!
Ma si sa, il mondo non va mai come lo si vuole e, di pari passo alla perdita progressiva di poesia dalle nostre vite, che si sgretolano tra “Grandi e Varie Bruttezze”, oltre al mancato premio a Germano, non va nessun riconoscimento né al bellissimo film, nè al geniale regista Mario Martone. La poesia è morta!
A celebrarne il funerale, i tre luoghi eletti da Martone nell’escursus del giovane per riesumarla: la claustrofobica Recanati con la natura e lo studio “matto e disperatissimo” nella biblioteca paterna, la Firenze che non è congeniale dati i circoli politici e letterari che emargineranno il poeta e infine la magica Napoli, patria di Martone. Sarà un caso che anche Sorrentino è di Napoli o la genialità da Oscar sgorga solo là e al sud?
Il regista ha saputo ricreare un ambiente naturale ideale e ostile, elegante negli interni, motivati da ottime scenografie, personaggi calzanti, originali guizzi di sceneggiatura come il Vesuvio in eruzione e l’avventura sessuale tra le prostitute nei bassifondi del periodo napoletano di Leopardi, o altri vari espedienti per non avvolgere del tedio leopardiano anche il cine-spettatore, date le due ore e venti di proiezione.
Interessante poi l’accostamento di visioni antiche a musica contemporanea, ricreando lo spaesamento del poeta sui suoi lettori che, in questo caso, ha fatto vincere il primo Premio Piero Piccioni indetto dalla Gervasuti Foundation - Official Collateral Venice Film Festival Award – accostando Rossini alla musica elettronica del tedesco Sasha Ring (alias Apparat) e il canadese Doug Van Nort con il brano Outer.
Ottimi anche gli altri attori; sarà forse perché aveva fondato a Taranto "La setta dei poeti estinti" che Michele Riondino sente bene il ruolo di Antonio Ranieri, che si spupazza la bella Anna Mouglalis, Fanny. Egli è anche l’amico fidato di Leopardi, che lo salva da tutto e tutti, proteggendolo con quell’amore da Pater Familias assente in Monaldo - Massimo Popolizio.
Quest’ultimo passato dall’essere l’avido e ignorantone chirurgo plastico, ricostruttore di visi e corpi sfasciati ne La grande Bellezza alla sua antitesi, Monaldo Leopardi, padre coltissimo, autoritario e dispotico, riesce alla perfezione.
Così come l’intento di Martone di riesumare la poesia, ormai estinta in un paese di politici, soubrettes e quaquaraquà.
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peer gynt
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lunedì 1 settembre 2014
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come filmare l'anima di un poeta
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Raramente capita di vedere un film biografico così scorrevole e così aderente all'anima del personaggio rappresentato. Martone riesce con grande convinzione ad estrarre dal suo film il Leopardi più attuale possibile. Ne divide la vicenda biografica in 3 atti ideali, rappresentati dai tre luoghi che più hanno segnato l'esperienza umana e artistica del poeta: la chiusa e conservatrice Recanati, dove accende una luce inaspettata la visione della popolana Silvia, inscritta nella finestra di fronte; la capitale intellettuale Firenze, dove Leopardi viene letto soprattutto dal punto di vista politico e per questo viene emarginato; e infine la Napoli di Martone, la parte più ispirata dal punto di vista figurativo, forse proprio a causa della carta d'identità partenopea del regista.
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Raramente capita di vedere un film biografico così scorrevole e così aderente all'anima del personaggio rappresentato. Martone riesce con grande convinzione ad estrarre dal suo film il Leopardi più attuale possibile. Ne divide la vicenda biografica in 3 atti ideali, rappresentati dai tre luoghi che più hanno segnato l'esperienza umana e artistica del poeta: la chiusa e conservatrice Recanati, dove accende una luce inaspettata la visione della popolana Silvia, inscritta nella finestra di fronte; la capitale intellettuale Firenze, dove Leopardi viene letto soprattutto dal punto di vista politico e per questo viene emarginato; e infine la Napoli di Martone, la parte più ispirata dal punto di vista figurativo, forse proprio a causa della carta d'identità partenopea del regista. Qui per sottolineare la qualità del lavoro di Mario Martone basti citare due scene: l'avventura di Leopardi nelle grotte dove esercitano la loro professione le prostitute napoletane, vera e propria discesa agli inferi del poeta nella carnalità irriverente e violenta, e la dura requisitoria di Leopardi contro la Natura, gigantesca statua di sabbia (con le fattezze di sua madre) che va progressivamente sgretolandosi. Due scene di forte impatto visivo, che preludono al finale, dominato dal colera che si diffonde in Napoli e dal Vesuvio, che trasforma il mondo in quel luogo inospitale e quasi infernale dove solo la ginestra resta ad illuminare con il suo vivo colore una terra arida e deserta.
Infine non va taciuta la superlativa prova di Elio Germano nei panni, anche fisicamente sofferti, di un poeta tutto ripiegato su se stesso dal dolore della sua (e della nostra) condizione umana.
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maurizio meres
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sabato 18 ottobre 2014
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il poeta ribelle
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La realtà di questo film con una sceneggiatura accurata sfiora la perfezione cinematografica,l'anima del poeta si sente fortemente le sue poesie sono musica e proietta lo spettatore nell'oblio poetico nei sentimenti più profondi,attraverso la sofferenza fisica la voglia di amare e di sognare ,la ricerca continua di se stesso ,aprirsi mentalmente e confrontarsi in quel periodo storico, la voglia di vivere sopraffatta dalla sua negativita interiore.
Film perfetto l'ambientazione a Recanati conoscendola benissimo rispecchia in tutto la realtà di quel periodo nella sua casa tutt'ora si respira il profumo dei libri,tutto è rimasto come allora,la sua finestra dove sognava l'amore,il suo angolo nel giardino dove attraverso un meraviglioso panorama pensava leggeva e respirava un po' di libertà rimanendoci per ore fissando chissà che cosa ,ma sempre con la mente proiettata nella ricerca del sapere.
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La realtà di questo film con una sceneggiatura accurata sfiora la perfezione cinematografica,l'anima del poeta si sente fortemente le sue poesie sono musica e proietta lo spettatore nell'oblio poetico nei sentimenti più profondi,attraverso la sofferenza fisica la voglia di amare e di sognare ,la ricerca continua di se stesso ,aprirsi mentalmente e confrontarsi in quel periodo storico, la voglia di vivere sopraffatta dalla sua negativita interiore.
Film perfetto l'ambientazione a Recanati conoscendola benissimo rispecchia in tutto la realtà di quel periodo nella sua casa tutt'ora si respira il profumo dei libri,tutto è rimasto come allora,la sua finestra dove sognava l'amore,il suo angolo nel giardino dove attraverso un meraviglioso panorama pensava leggeva e respirava un po' di libertà rimanendoci per ore fissando chissà che cosa ,ma sempre con la mente proiettata nella ricerca del sapere.Le altre ambientazioni di quel periodo,Firenze noiosa e faziosa,Roma opprimente per il poeta schiava di se stessa ,Napoli arrogante ma gioiosa ,forse qui trova la sua libertà ,ma anche la sua fine non fece in tempo a ritornare nella sua Recanati o forse non volle tornarci.
Strutturalmente il film è perfetto Martone riesce a far scorrere il film splendidamente tagli scena perfetti ambientazioni superlative, tutti gli attori bravissimi ,ottima la figura del padre di Leopardi magnificamente interpretata dal bravissimo Massimo Popolizio ,che dire di Elio Germano si è talmente immedesimato entrando nell'anima del poeta da farlo sentire ancora tra noi ,una delle più belle interpretazioni cinematografiche di tutti i tempi,sicuramente questo film entrerà nei classici,potrebbe essere anche usato come insegnamento scolastico per riavvicinare la gioventù e non solo al grande patrimonio letterario Italiano.Un italiano non può perdersi questo film è la nostra storia e scolasticamente amato e odiato.
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antonello chichiricco
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venerdì 31 ottobre 2014
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un'opera fondamentale per il cinema italiano
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Tre sole piccole cose mi hanno infastidito in questo film:
la scelta poco felice del titolo (frutto della scrittrice Anna Maria Ortese ma a mio avviso inadeguato sia nel significato etimologico, sia in quanto epiteto elogiativo), l’inserimento nella, peraltro bella, colonna sonora di un brano cantato in inglese (quantunque discreto e appena accennato) in un contesto che più italiano non si può, e infine quel bislacco manifesto ufficiale con foto sottosopra, una trovata di cui mi sfugge il significato.
Per il resto senza alcun dubbio “Il giovane favoloso” è da considerarsi un’opera fondamentale per il nostro cinema di qualità.
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Tre sole piccole cose mi hanno infastidito in questo film:
la scelta poco felice del titolo (frutto della scrittrice Anna Maria Ortese ma a mio avviso inadeguato sia nel significato etimologico, sia in quanto epiteto elogiativo), l’inserimento nella, peraltro bella, colonna sonora di un brano cantato in inglese (quantunque discreto e appena accennato) in un contesto che più italiano non si può, e infine quel bislacco manifesto ufficiale con foto sottosopra, una trovata di cui mi sfugge il significato.
Per il resto senza alcun dubbio “Il giovane favoloso” è da considerarsi un’opera fondamentale per il nostro cinema di qualità. Il primo pregio del regista Martone è stato non cercare tanto la somiglianza fisica fra il personaggio e l’interprete (come invece accade spesso nelle biografie filmiche, anche ai limiti del posticcio), quanto una valenza interpretativa adeguata all’importanza umana e artistica del protagonista. In questo senso la scelta di Elio Germano si è rivelata azzeccatissima. Elio, a mio avviso, figura oggi insieme a Kim Rossi Stuart e Pierfrancesco Favino fra i più versatili attori uomini dell’attuale panorama del nostro cinema. Anche Germano come gli altri due è un eccellente trasformista, è abilissimo nel riprodurre inflessioni dialettali ed è dotato di una gamma espressiva che ne fa densa e credibile la recitazione.
Il film in ordine cronologico racchiude molto della vita tormentata di Giacomo Leopardi.
Il racconto inizia dall’infanzia spensierata nell’amata-odiata Recanati, avamposto provinciale di una società chiusa e arretrata, imperniandosi e dipanandosi nell’estenuante intensissima acculturazione e produzione letteraria adolescenziale (nella storia dell’arte universale diversi sono stati gli enfant prodige, con un celeberrimo Mozart nella musica, ma sicuramente con un gigante come Leopardi nella poesia), un’adolescenza sorvegliata dall’inesorabile oppressiva invadenza dei genitori e più in generale ideologicamente schiacciata da un ambiente culturale reazionario e clericale (Giacomo ai tempi della Restaurazione del Congresso di Vienna, 1815, aveva 17 anni e Recanati apparteneva alla Stato Pontificio). La narrazione si snoda sul filo teso dell’ incontenibile spasimo di conoscenza di Leopardi, favorito anche dal suo estimatore Pietro Giordani, arrivando finalmente all’agognata apertura al mondo con la delusione di Roma - corte papale corrotta, nobiltà depravata, invasa da puttane – e in parte di Firenze, dove stringe una fortissima amicizia con l’esule Antonio Ranieri e in seguito con la di lui sorella Paulina (entrambe splendide persone che accudendolo affettuosamente non lo lasceranno più), a Firenze entra in contatto con letterati quali Capponi, Colletta, Manzoni (quest’ultimo ne ammira la cultura e la poesia ma ne aborrisce le idee) e il cattoliberale Tommaseo che, a lui fortemente avverso, lo attacca a più riprese in pubblico e sulla stampa (nel film non se ne fa menzione ma Leopardi, intervallando con brevi ritorni a Recanati, soggiornerà anche a Milano, Bologna e Pisa), fino ad arrivare, sempre più minato nel fisico, all’epilogo della sua breve martoriata esistenza, costellata di sofferti aneliti e amori infelici, che lo vede estinguersi, ancora ragazzo, nel dolce struggente notturno napoletano.
Da rifiutare senza mezzi termini l’etichetta di “film erudito”. E’ un film per tutti, e chi non riesce ad apprezzarlo, anche in difetto di grande cultura, è un insensibile.
La sceneggiatura, curata nei minimi particolari, è valorizzata da una scenografia filologicamente corretta. Efficace l’ambientazione nella discesa al purpureo ”inferno” prostitutorio partenopeo, in cui il Nostro, ancora “illibato”, avrebbe dovuto liberarsi ai piaceri del sesso mentre invece viene beffato e deriso da un’orda di impietosi scugnizzi, così come è ben resa la scena della baldoria nell’osteria in cui Leopardi riesce significativamente a liberare col popolo quel genuino trasporto affettivo che non trova nella mondanità aristocratica che lui, da nobile redento, malcelatamente detesta.
Un film intensamente emotivo, un toccante affresco amorevole nei confronti del più moderno e intellettualmente integro dei poeti italiani, un altissimo lucido pensiero, ai suoi tempi fastidiosa spina nel fianco, col suo classicismo laico-romantico e ateismo materialista, di un sistema socialmente aberrante e retrivo che ancora oggi fa proseliti. Un poeta, letterato e filosofo italiano, in assoluto fra i più apprezzati al mondo. Un vero “Cercante oltre la siepe”.
Ottimi gli attori, tutti. Oltre a Germano ho apprezzato in particolare Massimo Popolizio (Monaldo Leopardi, il padre) e Paolo Graziosi (il suo precettore, l’abate Sanchini).
Antonello Chichiricco
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valentino giorgi
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mercoledì 29 ottobre 2014
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leopardi: un poeta moderno
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Il giovane favolosoè un breve viaggio che ripercorre a tratti la vita di Leopardi. Inizia dall’insofferente Recanati, una prigione tagliata fuori dal mondo in cui il giovane poeta è rinchiuso, costretto tra uno studio “matto e disperatissimo” e la severa educazione del padre. Solo il rapporto epistolare con il famoso classicista Pietro Giordani darà a Leopardi brevi momenti di conforto e riconoscimento personale; anche grazie a Giordani il poeta maturerà l’idea di fuggire da Recanati per farsi una nuova vita altrove. Ci prova e viene scoperto dal padre ma questo non impedirà una sua futura e definitiva evasione. Dieci anni dopo, Leopardi vive a Firenze insieme al suo amico Ranieri che lo sostiene e assiste quasi come fosse infermo.
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Il giovane favolosoè un breve viaggio che ripercorre a tratti la vita di Leopardi. Inizia dall’insofferente Recanati, una prigione tagliata fuori dal mondo in cui il giovane poeta è rinchiuso, costretto tra uno studio “matto e disperatissimo” e la severa educazione del padre. Solo il rapporto epistolare con il famoso classicista Pietro Giordani darà a Leopardi brevi momenti di conforto e riconoscimento personale; anche grazie a Giordani il poeta maturerà l’idea di fuggire da Recanati per farsi una nuova vita altrove. Ci prova e viene scoperto dal padre ma questo non impedirà una sua futura e definitiva evasione. Dieci anni dopo, Leopardi vive a Firenze insieme al suo amico Ranieri che lo sostiene e assiste quasi come fosse infermo. Lì entrerà in contatto con l’élite intellettuale fiorentina, liberale, borghese, patriottica, ma troppo tradizionalista per comprendere la portata delle opere leopardiane: apprezzavano la lirica e l’erudizione del poeta ma ritenevano che le teorie sul pessimismo fossero pericolose e controproducenti per l’epoca. In un periodo in cui gli animi dei letterati erano animati dal sogno patriottico dell’Italia unita il pessimismo leopardiano annichiliva gli spiriti entusiasti che ardevano per le insurrezioni. Di conseguenza i tormenti e le sofferenze del poeta, secondo un’analisi rigidamente classicista, venivano letti come le cause di una realtà materiale oggettiva che fosse politica o legata alle debilitazioni fisiche dell’autore piuttosto che frutto di ragionamenti teorici. Il pessimismo di Leopardi invece è una presa di coscienza filosofica estremamente moderna, molto simile a Shopenhauer, letterariamente più vicino alle inquietudini di uno Svevo o di un Pirandello. Leopardi fa una riflessione esistenziale sull’uomo preso nella sua individualità senza declinarla collettivamente (dandogli quindi un senso politico), la sua filosofia non è pratica ma speculativa, è un’interpretazione della realtà che assume l’assolutezza in quanto filtrata dalla sensibilità del poeta; per questo i suoi contemporanei non riuscivano a capirlo. Aveva poco a che vedere con i pensieri degli intellettuali fiorentini dell’epoca, più intenti agli studi classici e alla situazione politica italiana. La portata innovatrice del poeta è compresa solo da pochi intimi, tra cui l’amico Ranieri sempre intento a sostenere e assistere un Leopardi che diventa ogni giorno più debole. L’amore non corrisposto con la bella Fanny, invece, contribuisce a una nuova svolta della poetica leopardiana, un nuovo approdo al pessimismo dopo brevi momenti di aspettative e speranze – che si dissolvono in una segreta infelicità quando scopre della relazione tra l’amata e l’amico Ranieri. Privo di ogni illusione, Leopardi si trasferisce ancora affrontando le ultime parti della sua vita quasi arrancando. Goffo e lento come un vecchietto si aggira nei vicoli di Napoli senza che nessuno ancora conosca la sua grandezza, parla con la gente, va a prendere il suo gelato, ma soprattutto se ne sta a letto, per i dolori non riesce neppure a scrivere; prova anche ad avere un rapporto con una prostituta ma non ci riesce a causa delle burle di alcuni ragazzini. Ormai sempre più debole è qui che la sua vita giunge al termine. Si trova nella villa di Ranieri ai piedi del Vesuvio quando, sussurrando i versi de La Ginestra, Leopardi tira il suo ultimo sospiro.
Il film racconta con minuzia di particolari molti episodi della vita del poeta concentrandosi giustamente sulla figura di Leopardi interpretato dal capacissimo Elio Germano. L’attore riesce bene ad approfondire l’interiorità e la psicologia del personaggio mettendo in luce le ossessioni e le inquietudini del poeta: quello che soffre è un Leopardi moderno capace di dire molto anche ai giorni d’oggi, non un autore rinchiuso in libri polverosi ma un uomo in grado di parlare al presente. Il Leopardi pensato dal regista Mario Martone è quello che facilmente ci si può immaginare quando a scuola si studia l’autore. È deboluccio e gracile, insicuro e infelice, ma dotato di intelligenza e lucida ironia. Possiamo dire che è un personaggio azzeccato in quanto corrisponde all’idea che le persone generalmente hanno di Leopardi. Un altro elemento fondamentale nel film sono gli scritti del poeta che assumono, come si può intuire, un valore importante. Le poesie recitate, quasi sussurrate dietro un sottofondo di immagini evocative e musica elettronica mischiata a sinfonie classiche, scandiscono la narrazione e accompagnano lo spettatore durante tutta la vicenda. Sono importanti anche perché fanno capire (o almeno ci provano) lo sviluppo della poetica leopardiana nel corso degli anni. Per quanto riguarda gli aspetti un po’ più tecnici del film, il giovane favoloso ha una buona fotografia e una sceneggiatura molto attenta, soprattutto nei dialoghi molto profondi e suggestivi. A non convincere però è l’andamento della narrazione, il film passa dal raccontare le vicende a Recanati subito a 10 anni dopo, quando il poeta si trova a Firenze insieme all’amico Ranieri, cosa succede nel frattempo non è dato di saperlo. Solitamente questo tipo di espediente narrativo si usa o nel prologo o nell’epilogo di un film, messo in una parte così centrale è infruttuoso e anti-cinematografico. Appare in questo momento molto fastidioso che venga introdotto nel film un personaggio fondamentale come quello di Ranieri come fosse spuntato dal nulla. Ma non è l’unico caso. A guardare il film a volte si ha la sensazione che certe cose vengano date per scontate, in molti casi sembra quasi un collage, Il giovane favoloso è privo di una continuità narrativa, una catena causale che accompagna la vita di Leopardi. Su questo il film ha un grosso limite perché appare elitario, rivolto a una minoranza: di fatto chi non conosce bene Leopardi dal film ci capisce poco. Fatte queste osservazioni non banali, il giovane favoloso rimane un buon film la cui visione è obbligata almeno per tutti gli appassionati di Leopardi.
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adelio
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martedì 28 ottobre 2014
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un leopardi raccontato con il 3, il 2 e con l’1
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Guardare seduti in una comoda poltrona il film d Martone su Leopardi è una delizia, è un piacere che raggiunge un buon numero di ricettori dell’umana cultura attraverso molteplici espressioni artistiche tutte presenti ne “il giovane favoloso”. Parliamo di fotografia, di musica, di cinematografia, di linguaggio filosofico e naturalmente di poesia.
Non importa stabilire se trattasi di documentario o trasposizione nel contemporaneo di una vita sofferta, sacrificata ma altamente spirituale di un “ragazzo” prodigio di mestiere Poeta e Letterato.
Importa, guardando il film, cogliere il “sentire” del Poeta, il travaglio dell’Uomo, la superficialità della Società.
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Guardare seduti in una comoda poltrona il film d Martone su Leopardi è una delizia, è un piacere che raggiunge un buon numero di ricettori dell’umana cultura attraverso molteplici espressioni artistiche tutte presenti ne “il giovane favoloso”. Parliamo di fotografia, di musica, di cinematografia, di linguaggio filosofico e naturalmente di poesia.
Non importa stabilire se trattasi di documentario o trasposizione nel contemporaneo di una vita sofferta, sacrificata ma altamente spirituale di un “ragazzo” prodigio di mestiere Poeta e Letterato.
Importa, guardando il film, cogliere il “sentire” del Poeta, il travaglio dell’Uomo, la superficialità della Società.
In questa lettura saltano agli occhi alcuni “trucchi” cinematografici giocati su una numerazione dalla sequenza inesorabile “tre” (3), “due” (2) e “uno” (1) che il Regista vuole accompagnino l’intera vita di Leopardi e ne condizionino il pensiero filosofico (benché storicamente reputato minore e troppo condizionato dal vissuto personale).
Il Poeta/Letterato nell’espressione del proprio ruolo e nell’evoluzione artistica è costantemente gravato dal numero “3”, quando interferenti col mondo esterno.
Il film inizia proprio con i tre fratelli, ognuno di loro (Giacomo compreso) sembrano rappresentare gli effetti della “Natura” quella Natura che Leopardi vive in tre distinte fasi e in tre Città diverse (quasi fossero Tesi, Antitesi e Sintesi)…la natura buona e amica (periodo giovanile del fanciullino in Recanati)…la natura cattiva e nemica (periodo della consapevolezza in Firenze)….la natura come riscoperta dell’uomo e del vivere in gruppo (periodo della passionalità in Napoli). Tre sono le evoluzioni della sua opera poetica. Il tre perseguita il Poeta e Filosofo…. sono in tre quando studia, sono in tre quando subisce reprimende per le sue idee politico/morali … sono in tre quando si cimenta da Genio come linguista classico e….ahimè sono in tre quando corteggia (mai corrisposto) delle avvenenti “signore”.
Quando Giacomo, l’eterno giovane, vive l’imperativo categorico di liberarsi dal dovere di essere Artista e Poeta … tenta la fuga ed esce l’uomo…esce il numero “2” ….emerge la distonia tra anima e corpo … si lega ad una amicizia (Ranieri) che lo accompagnerà per tutta la vita … Leopardi è affascinato dall’animalità dell’amico, degli uomini, di una città come Napoli colma di contraddizioni…ma in questa fase importante della sua vita di uomo artista …storpio, deforme, sofferente ..scopre la passionalità, il piacere e fors’anche la sessualità omosessuale. Questa è la fase del conflitto interiore….è la ricerca intima di un equilibrio impossibile….di un’agognata felicità umana.
Arriva poi la morte, e quando si muore …si muore soli, abbandonati…. in solitudine come il numero “1”…idealmente come “la ginestra” che solitaria sino all’ultimo istante di vita, conquista e afferma la propria esistenza contro tutto e contro tutti…. da soli si affronta il giudizio degli uomini che si esprimerà su ciò che siamo stati…su il Leopardi Uomo, Poeta e Filosofo.
Stupende le ambientazioni…un encomio particolare alla colonna musicale che simbolicamente passa da brani classici (nelle fasi del “3” – armonia nell’espressione artistica esteriore) a brani psichedelici (nelle fasi del “2” – distonia nel conflitto interiore).
Film gradevole e sicuramente da non perdere..anche per rinfrescare qualche romantico ricordo del periodo Liceale attraverso una commovente lettura di stupendi pezzi di poesia leopardiana.
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[+] ottima recensione
(di luisavalli)
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ilaria pasqua
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lunedì 20 ottobre 2014
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pura poesia
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Il film racconta la storia di Giacomo Leopardi. Inizia da tre bambini che giocano rincorrendosi in giardino, per poi entrare in una casa fredda e rigida dove il giovane poeta si formerà.
L'educazione dei genitori gli darà gli strumenti "materiali" per elevarsi, ma lo piegherà anche a una vita castrante, per lui ancora più penosa a causa del suo fisico fragile, che arriverà quasi a schiacciarlo.
La prima parte del film, tutta quella dell'infanzia e prima giovinezza, ci mostra con poche pennellate caratteri e luoghi, i primi turbamenti. Poi c'è un salto, un salto netto e ragionato, una scelta che ancora non so se condividere, ma sicuramente ne comprendo la necessità.
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Il film racconta la storia di Giacomo Leopardi. Inizia da tre bambini che giocano rincorrendosi in giardino, per poi entrare in una casa fredda e rigida dove il giovane poeta si formerà.
L'educazione dei genitori gli darà gli strumenti "materiali" per elevarsi, ma lo piegherà anche a una vita castrante, per lui ancora più penosa a causa del suo fisico fragile, che arriverà quasi a schiacciarlo.
La prima parte del film, tutta quella dell'infanzia e prima giovinezza, ci mostra con poche pennellate caratteri e luoghi, i primi turbamenti. Poi c'è un salto, un salto netto e ragionato, una scelta che ancora non so se condividere, ma sicuramente ne comprendo la necessità. Salta in avanti e taglia via l'infanzia dalla sua vita, un'infanzia che rimarrà come un fantasma attaccato alla sua pelle.
Giacomo a Firenze vive e si innamora, è sempre con l'amico Antonio Ranieri, e quando non è con lui vaga per la città, alla ricerca di una siepe da superare, proprio come quella che circondava casa sua e che gli impediva di guardar oltre, nonostante lo desiderasse con tutto se stesso.
Il Leopardi di Martone è struggente, è un uomo. Dietro al poeta c'è un uomo piegato dalla malattia e dall'animo di vetro, ma così lucido da far impallidire il mondo. Elio Germano è perfetto in questo ruolo, con la sua voce fina e l'ironia pungente avanza traballante in saloni di vecchi politici e letterati spocchiosi, per poi tornare libero all'aria aperta a contemplare l'infinito che gli è precluso.
Giacomo Leopardi è tratteggiato con grande sensibilità, e si stacca dalla letteratura mostrandosi in carne e sangue e sofferenza, e Elio Germano, bravo come non mai, si accartoccia sempre più su se stesso, e più si piega più desidera volare. Riesce nell'impresa interpretando un personaggio così difficile con grande tatto, forza, personalità e soprattutto sensibilità.
Recita spesso le sue poesie al cielo Leopardi, le sussurra all'aria, in immagini che sembrano immobili nel tempo, talmente belle ed evocative da sembrare quadri. Interpreta i versi senza urlarli, li interpreta come uomo nei momenti della sua vita in cui nascono spontaneamente come lava ardente.
Straziante la sua profonda infelicità, e quella malinconia che non l'abbandonerà mai e che tornerà continuamente, che sembra reclamare ogni suo verso. Ma è tanta anche la tenerezza, la dolcezza e la pietà con cui viene "creato" di nuovo da Elio Germano, senza mai piegare lo scorrere delle scene alla malattia, come lo stesso Leopardi che reclama: "Non attribuite al mio stato quello che si deve al mio intelletto", orgogliosamente alza la testa, nonostante la malattia lo costringa a trascinarsi per le strade. E la natura che prima o poi tutto toglie.
E Leopardi sembra un uomo di oggi incapace di stare al mondo come desidererebbe, torturato dalla sua infinita dannazione, e dalla sua capacità di guardare sempre oltre l'orizzonte, a inseguire il suo desiderio sempre vivo e impossibile di infinito.
In conclusione Il giovane favoloso è una scommessa vinta, un film di una poesia che commuove.
Recensione pubblicata in origine su: www.ilariapasqua.net
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[+] nel corpo tragico e poetico di napoli
(di siebenzwerg)
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romifran
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sabato 18 ottobre 2014
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delicatissimo, dolente giacomo...
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All'uscita dal cinema, con la consueta abilità che noi insegnanti abbiamo nel cesellare "tranchants", si commentava che il film (bellissimo e meravigliosamente interpretato da Elio Germano) sarebbe potuto risultare ostico alla comprensione di studenti non adeguatamente preparati. Sul momento ho condiviso; mi sembrava un'osservazione pertinente. Poi, tornando a casa, ancora irretita dalla bellezza delle immagini, stordita dai versi modernissimi del poeta recanatese, addolorata dalle profonde sofferenze inferte dall'ingrata Natura al gracile "contino", ho riflettuto, invece, che la visione di un film come questo dovrebbe avvenire proprio nelle scuole. Cosa importa se ai più sfuggiranno i dettagli della biografia del poeta? Cosa cambia che gli studenti non sappiano che Fanny fu molto amata da Leopardi senza che lei mai lo corrispondesse? E chi non capirebbe (dai tenerissimi gesti protettivi che compie) che Antonio Ranieri era di Leopardi amico fidato e carissimo e che gli fu accanto fino all'ultimo respiro? Ciò che arriverebbe dritto al cuore dei ragazzi, invece, è l'avventura umana e terrena di un giovane che fu ragazzo come loro e che, a differenza loro, non poté scegliere di amare, studiare liberamente e vivere secondo le sue naturali pulsioni.
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All'uscita dal cinema, con la consueta abilità che noi insegnanti abbiamo nel cesellare "tranchants", si commentava che il film (bellissimo e meravigliosamente interpretato da Elio Germano) sarebbe potuto risultare ostico alla comprensione di studenti non adeguatamente preparati. Sul momento ho condiviso; mi sembrava un'osservazione pertinente. Poi, tornando a casa, ancora irretita dalla bellezza delle immagini, stordita dai versi modernissimi del poeta recanatese, addolorata dalle profonde sofferenze inferte dall'ingrata Natura al gracile "contino", ho riflettuto, invece, che la visione di un film come questo dovrebbe avvenire proprio nelle scuole. Cosa importa se ai più sfuggiranno i dettagli della biografia del poeta? Cosa cambia che gli studenti non sappiano che Fanny fu molto amata da Leopardi senza che lei mai lo corrispondesse? E chi non capirebbe (dai tenerissimi gesti protettivi che compie) che Antonio Ranieri era di Leopardi amico fidato e carissimo e che gli fu accanto fino all'ultimo respiro? Ciò che arriverebbe dritto al cuore dei ragazzi, invece, è l'avventura umana e terrena di un giovane che fu ragazzo come loro e che, a differenza loro, non poté scegliere di amare, studiare liberamente e vivere secondo le sue naturali pulsioni. Arriverebbe al cuore dei ragazzi che la sofferenza interiore di un'anima (che vorrebbe ma non può) conduce alla creazione di versi unici e ancor oggi attualissimi. Rifletterebbero di certo sul fatto che nessuna vita va sprecata e che l'amore di una persona cara, il dono incomparabile della salute, la possibilità di realizzare i propri sogni sarebbero un autentico viatico per affrontare il lungo cammino del nostro viaggio terreno. Sarebbero condotti a riflettere su valori universali, che trascendono la "spazzatura mediatica" alla quale essi sono quotidianamente sottoposti. Noi siamo uscite dal cinema col desiderio di rileggere Giacomo Leopardi, noi che lo abbiamo studiato con passione, pensandolo infelice ed ignorando che nel suo dolore c'era un grido d'amore sublime.
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alex2044
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venerdì 31 ottobre 2014
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leopardi e martone che bella coppia .
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Un bel film anzi molto bello che non perde mai d'interesse e che aiuta a pensare . Mi ha colpito la sala piena di giovani , vocianti nell'attesa e silenziosissimi durante il film .Leopardi oltre a risvegliare la gioventù in quelli della mia generazione dimostra ancora una volta che per essere alternativi , moderni e profondi non c'è bisogno di travestirsi, per farsi notare basta essere se stessi .
Elio Germano è bravissimo ed anche gli altri attori sono all'altezza della situazione .Gli ambienti , le musiche , i costumi sono perfetti . Il successo forse non previsto fa diventare per la prima volta, Martone un regista di cassetta e penso che dopo tanti anni il fatto che una grande massa di spettatori possa ammirare la sua bravura è un fatto molto positivo per il cinema italiano .
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Un bel film anzi molto bello che non perde mai d'interesse e che aiuta a pensare . Mi ha colpito la sala piena di giovani , vocianti nell'attesa e silenziosissimi durante il film .Leopardi oltre a risvegliare la gioventù in quelli della mia generazione dimostra ancora una volta che per essere alternativi , moderni e profondi non c'è bisogno di travestirsi, per farsi notare basta essere se stessi .
Elio Germano è bravissimo ed anche gli altri attori sono all'altezza della situazione .Gli ambienti , le musiche , i costumi sono perfetti . Il successo forse non previsto fa diventare per la prima volta, Martone un regista di cassetta e penso che dopo tanti anni il fatto che una grande massa di spettatori possa ammirare la sua bravura è un fatto molto positivo per il cinema italiano .
Il film merita di essere rivisto .
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francesca meneghetti
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domenica 9 novembre 2014
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controcorrente
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Dopo aver letto commenti del pubblico e recensioni ufficiali, a cui si deve senz'altro rispetto, sento però il bisogno di dire che vado tendenzialmente controcorrente.
Favolosa l'interpretazione di Elio Germano, ok. Buona la contestualizzazione, storica e familiare, funzionale forse a delle intenzioni didascaliche da parte di Martone, ma non strettamente necessarie ad afferrare la grandezza di Leopardi. Anzi, non trovo motivato questo eccessivo radicamento nel suo tempo, che non gli apparteneva proprio, perché Leopardi ironizzava sia sulla cultura spiritualista del romanticismo italiano, sia sui facili miti del progresso tecnico-scientifico, con straordinaria profondità e modernità di pensiero, non riconducibile semplicemente alla malattia.
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Dopo aver letto commenti del pubblico e recensioni ufficiali, a cui si deve senz'altro rispetto, sento però il bisogno di dire che vado tendenzialmente controcorrente.
Favolosa l'interpretazione di Elio Germano, ok. Buona la contestualizzazione, storica e familiare, funzionale forse a delle intenzioni didascaliche da parte di Martone, ma non strettamente necessarie ad afferrare la grandezza di Leopardi. Anzi, non trovo motivato questo eccessivo radicamento nel suo tempo, che non gli apparteneva proprio, perché Leopardi ironizzava sia sulla cultura spiritualista del romanticismo italiano, sia sui facili miti del progresso tecnico-scientifico, con straordinaria profondità e modernità di pensiero, non riconducibile semplicemente alla malattia. Che viveva con coraggio e ironia (questa sì, invece, è colta da Martone).
In questo modo, il regista ha impedito, a mio avviso, di cogliere il valore universale delle riflessioni e della poesia leopardiane. Personalmente avrei visto bene un film decontestualizzato, o trapiantato altrove, magari in India, a contatto con il buddismo, con il quale Leopardi, al pari di Shopenauer, filosofo del dolore, aveva delle affinità (ad es. il rispetto di ogni essere vivente; l'individuazione dell'amore di sé come fonte di dolore, nella fase giovanile; il senso della compassione, in età adulta).
In secondo luogo, si vede poco nel film l'innamoramento di Leopardi per la natura e le sue illusioni (l'altra faccia della natura matrigna). I paesaggi leopardiani, notturni e no, sono scarsi. La bellezza della gioventù, ridotta al caso di Teresa Fattorini, alias Silvia (ma si insegna che l'identificazione tradizionale con Teresa è superflua e convenzionale! SIlvia è simbolo di tutte le speranze e le illusioni giovanili, non conta l'identificazione).
Infine, attraverso un'operazione poco condivisibile di "spionaggio" nella sfera privata di Leopardi, facendo passare per verità anche elementi che sono di dubbia ricostruzione, ne esce un personaggio più caricaturale di quanto sia nella vulgata scolastica (degli studenti. Ci mancava anche l'episodio con il femminiello. Ma la vita di Leopardi non ci appartiene! Ci appartiene invece la sua opera.
Si propone questo film alle scuole (sono arrivate promozioni in tal senso), ma non vorrei che finisse come il film "la marchesa von O di Romher". film tragico, accompagnato in diversi punti da grasse risate del pubblico per l'eccesso di pathos o di sfortuna . Non vorrei che gli studenti se ne uscissero con la convinzione che da uno sfigato come lui non ci si poteva aspettare che una visione così tragica della vita da non essere sostenibile.
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