Il giovane favoloso
“Non vivono fino alla morte,
se non quei molti che restano fanciulli tutta la vita”
A parte l’interpretazione magistrale di Elio Germano, uno dei più grandi attori italiani, il giovane (Elio) è favoloso non solo narrando il Leopardi, con le sue ansie e problematiche fisiche crescenti negli anni, (volgendo a un finale in cui arriva persino ad accartocciarsi su se stesso), ma è magico anche per la sensibilità con cui intesse la poesia, le antinomie filosofiche, la fragilità, la forza e l’emblema della cultura italiana ottocentesca.
Germano non ha rivali e meritava di sicuro la Coppa Volpi a Venezia. Cosa che ovviamente non è avvenuta!
Ma si sa, il mondo non va mai come lo si vuole e, di pari passo alla perdita progressiva di poesia dalle nostre vite, che si sgretolano tra “Grandi e Varie Bruttezze”, oltre al mancato premio a Germano, non va nessun riconoscimento né al bellissimo film, nè al geniale regista Mario Martone. La poesia è morta!
A celebrarne il funerale, i tre luoghi eletti da Martone nell’escursus del giovane per riesumarla: la claustrofobica Recanati con la natura e lo studio “matto e disperatissimo” nella biblioteca paterna, la Firenze che non è congeniale dati i circoli politici e letterari che emargineranno il poeta e infine la magica Napoli, patria di Martone. Sarà un caso che anche Sorrentino è di Napoli o la genialità da Oscar sgorga solo là e al sud?
Il regista ha saputo ricreare un ambiente naturale ideale e ostile, elegante negli interni, motivati da ottime scenografie, personaggi calzanti, originali guizzi di sceneggiatura come il Vesuvio in eruzione e l’avventura sessuale tra le prostitute nei bassifondi del periodo napoletano di Leopardi, o altri vari espedienti per non avvolgere del tedio leopardiano anche il cine-spettatore, date le due ore e venti di proiezione.
Interessante poi l’accostamento di visioni antiche a musica contemporanea, ricreando lo spaesamento del poeta sui suoi lettori che, in questo caso, ha fatto vincere il primo Premio Piero Piccioni indetto dalla Gervasuti Foundation - Official Collateral Venice Film Festival Award – accostando Rossini alla musica elettronica del tedesco Sasha Ring (alias Apparat) e il canadese Doug Van Nort con il brano Outer.
Ottimi anche gli altri attori; sarà forse perché aveva fondato a Taranto "La setta dei poeti estinti" che Michele Riondino sente bene il ruolo di Antonio Ranieri, che si spupazza la bella Anna Mouglalis, Fanny. Egli è anche l’amico fidato di Leopardi, che lo salva da tutto e tutti, proteggendolo con quell’amore da Pater Familias assente in Monaldo - Massimo Popolizio.
Quest’ultimo passato dall’essere l’avido e ignorantone chirurgo plastico, ricostruttore di visi e corpi sfasciati ne La grande Bellezza alla sua antitesi, Monaldo Leopardi, padre coltissimo, autoritario e dispotico, riesce alla perfezione.
Così come l’intento di Martone di riesumare la poesia, ormai estinta in un paese di politici, soubrettes e quaquaraquà.
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