Hungry Hearts

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Un film di Saverio Costanzo. Con Adam Driver, Alba Rohrwacher, Roberta Maxwell, Al Roffe, Geisha Otero.
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Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 109 min. - Italia 2014. - 01 Distribution uscita giovedì 15 gennaio 2015. MYMONETRO Hungry Hearts * * * 1/2 - valutazione media: 3,61 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

L'esterno contamina, l'interno è saturo Valutazione 3 stelle su cinque

di Fabal


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domenica 29 ottobre 2017

New York. Mina e Jude restano chiusi nella toilette di un ristorante e fanno conoscenza, si innamorano e lei resta incinta. Inizialmente dubbiosa sulla maternità, Mina consulta una chiromante che prevede la nascita di un figlio color “indaco”, una creatura speciale che la madre si convince di dover proteggere dalle impurità. Inizia allora a manifestare una serie di comportamenti di tipo paranoide – ossessivo: rifiuta il cesareo, teme che il bimbo venga contagiato dall’esterno, impone una dieta vegana rigida che causa molto presto una malnutrizione per il piccolo. Rifiuta, inoltre, le cure della medicina tradizionale: niente pediatra né antibiotici per il bambino che accusa una febbre perenne. Jude comincia a capire che qualcosa non va e porta il figlio da un dottore, finché la situazione non degenera.

Sin dalla prima scena Costanzo mostra il suo biglietto da visita: presentare le forzature (quasi claustrofobiche) della convivenza, a partire dalla fortuita conoscenza nella toilette maleodorante, dove uno spazio angusto intrappola il gigantesco e imbarazzato Adam Driver, ingegnere timido ma con la testa sul collo, e Alba Rohrwacher, orfana fin da piccolissima e in cerca spasmodica di un nucleo familiare a cui appigliarsi. Hungry hearts prosegue con lo stesso maniacale “stalking” registico, con una telecamera sempre inchiodata addosso ai protagonisti, a cui raramente viene concesso più di mezzo busto. Adam Driver, alto circa 1,90, deve spesso ingobbirsi per restare nell’inquadratura insieme alla minuta  Rohrwacher, ma la differenza fisica tra i due è forse funzionale alla simbologia narrativa (nutrizione/malnutrizione, razionalità/paranoia) nonché a rendere lo spazio continuamente saturo.

Scriveva Sartre: “Ero un bambino, cioè uno di quei mostri che gli adulti fabbricano con i loro rimpianti”. La ricerca della purezza, la paura della contaminazione e gli altri rituali a cui Mina sottopone non sono affatto dettate da una mancanza d’amore – che, benché malato e possessivo, la donna in qualche modo prova o è convinta di provare -  ma, in parte, da un tentativo irragionevole di risparmiare al figlio una catena di sofferenza portate dal contatto con l’esterno. Dall’altra è una risposta alle sue ossessioni irrisolte: Mina sogna spesso un cervo ucciso da un cacciatore e non mangia prodotti di origine animale, imponendo al piccolo lo stesso regime alimentare.

Ma l’interesse di Costanzo non è un bollare come “mode” pericolose le scelte come il veganesimo o la medicina alternativa: l’analisi è più radicata, interiore. E tanto più è netta la cesura col mondo esterno, tanto più i danni rischiano di ripercuotersi anche all’interno del nucleo familiare.  Jude, sulle prime vittima di una sorta di ricatto morale dalla moglie, la quale lo riporta sempre al bisogno di unità, si riscatta con l’aiuto della madre. Disposta, per lui e per il nipotino, a fare un gesto estremo: amore o sottile rancore per una nuora manipolatrice?

I protagonisti hanno volti scavati e una sofferenza latente: grazie alle ottime performances di Driver e della Rohrwacher, soprattutto a livello fisico, Hungry Hearts è un dramma frontale di grande impatto emotivo che scuote sia le emozioni sia i nervi dello spettatore. Manca forse un maggiore approfondimento di Mina, il cui passaggio da donna “normale” a madre paranoica è troppo brusco, peraltro senza sfumature che limitano il confine tra la follia pura e una consapevole pianificazione dei metodi per eludere gli accorgimenti tradizionali che il marito vorrebbe per suo figlio.

Purtroppo la versione italiana difetta di incisività nelle voci: la Rohrwacher che ridoppia se stessa è a tratti inascoltabile e la chicca di Adam Driver che canta Tu sì na cosa grande per me di Modugno (peraltro con un’inaspettata dizione e ottima capacità vocale) si perde totalmente.
 

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