Hercules - Il guerriero

Che fatica essere Ercole

È barbuto, irsuto e possente quasi quanto l'Ercole Farnese che dall'alto dei suoi 3 metri e 17 domina il Museo archeologico di Napoli, il protagonista (Dwayne Johnson) di "Hercules-ll guerriero" ("Hercules", Usa, 2014, 98', 3d). E come lui guarda corrucciato il mondo. Ne ha più d'un motivo, e non solo perché il mondo sia pieno di mostri da affrontare a colpi di clava o a mani nude. Abituato alle note dodici fatiche, se ne farebbe una ragione, se sulla sua coscienza non gravasse un'angoscia confusa e tragica. Nel passato dell'eroe, immagina il film di Brett Ratner; c'è un oscuro fatto di sangue. Qualcuno o qualcosa, forse lui stesso, ha trucidato i suoi figli e sua moglie Megara (Irina Shayk). Per la verità, nel mito è certo che sia stato proprio lui a compiere il massacro, in un accesso di follia. Ma gli sceneggiatori Ryan Condal e Evan Spiliotopoulos - ispirandosi a un fumetto di Steve Monte, che a sua volta riprende e modifica il mito - han pensato che fosse opportuno migliorarne la biografia. Già che c'erano, lo hanno anche declassato: non più semidio senza paura, ma comune mortale. Figlio di padre ignoto, l'Hercules di Ratner s'è fatto le ossa nell'esercito di Atene, e poi s'è messo in proprio, come mercenario. Che a generarlo sia stato Zeus è solo una leggenda propalata dal suo accorto nipote Iolaus (Reece Ritchie), aedo tebano esperto in marketing ante litteram (non suo nipote ma suo amante, uno dei tanti, è Iolaus nel mito). Ridotto a una misura relativamente umana e in compagnia di altri cinque o sei attaccabrighe come e più di lui - compresa un'amazzone molto manesca - l'eroe viene assoldato da Cotys, vecchio re attento alla libertà dei propri sudditi, messa in pericolo dal perfido Rhesus (Tobias Santelmann). Rhesus, così si favoleggia, guida un esercito micidiale in cui spicca un drappello di uomini-cavallo, i fantastici e iracondi centauri (ma poi anche qui la sceneggiatura gioca al ribasso). Quel che segue, tra i soliti effetti in 3d e i soliti paesaggi arcaici, è un susseguirsi dì scazzottamenti erculei, appunto, inframmenato da considerazioni quasi-filosofiche sul fatto che gli esseri umani hanno bisogno di affidarsi alla strapotenza rassicurarne di entità superiori. Se poi sono a corto di dei e semidei, trovano il modo di prestare orecchi a qualche aedo esperto di marketing, felici di farsi abbindolare. Questo sa l'irsuto Hercules di Ratner, che infatti non smette di guardarci dall'alto in basso, corrucciato.
Da L'Espresso, 21 agosto 2014


di Roberto Escobar, 21 agosto 2014