Ottimo esempio di cinema indipendente africano che riesce in maniera bilanciata e certamente non ovattata a catturare e presentare un problema sociale rilevante- quello riguardante la violenza sulle donne- attraverso un'episodio realmente accaduto che nella sua spietatezza e brutalità è riuscito a scuotere le coscienze e servire da monito per una nazione intera. Prodotto e sponsorizzato da Angelina Jolie, sempre in prima linea su temi riguardanti le ingiustizie subite dai più piccoli e specialmente di sesso femminile nei paesi poveri del mondo, Difret è un film delicato, poetico e agrodolce che tuttavia riesce a risultare potente, struggente e incisivo nella sua disarmante linearità e semplicità.
Il film infatti è scarno, essenziale e conciso sia in termini di scenografia che in termini di interpretazioni. Non ci sono eccessi narrativi o interpretativi è in questo si racchiude l'elemento vincente del film in questione. Il dramma-problema sociale fa da padrone risultando il vero 'protagonista' della pellicola, l'emento che ci cattura e ci catapulta in un'altra realtà e dimensione. Una realtà africana rurale, ardua e difficile dove le tradizioni valgono più della vita o dignità femminile. In tale contesto seguiamo la storia di Hirut, 14enne di un villaggio povero nella provincia della capitale Adis Abeba, che fatica per frequentare quotidianamente la propria scuola; un giorno sulla strada verso casa viene inseguta ed infine rapita da un gruppo di giovani uomini i quali beffardamente possono giustificare il reato in base alle leggi, non scritte, del proprio villaggio: Da quelle parti, infatti, è consuetudine rapire la futura sposa. Hirut, viene sequestrata e rinchiusa in un capanno per essere successivamente picchiata e violentata da quello che dovrebbe essere il futuro marito. Il giorno seguente la giovane tenta la fuga e scappando ruba il fucile di uno loro, poi in preda alla paura e con notevole istinto di sopravvivenza e autodifesa sparerà al suo aguzzino, uccidendolo.
Quello che inizia da li in poi è una coraggiosa e importante battaglia legale in difesa della minore, per mano di Andenet, associazione noprofit di avvocatesse che presta servizi legali gratuitamente a donne in difficoltà. La difesa della minore la assume Meaza Ashenafati e con lei inizia una callosa battaglia contro pregiudizi e stereotipi verso le donne, tradizioni patriarcali difficili da estirpare e consigli del villaggio (costituiti da soli uomini) che essendo influenzati dalla tradizione condannano la giovane a morte. A causa di questa sentenza, Meaza decide di non far tornare la piccola nel villaggio in attesa del processo- ottenuto con estrema difficoltà trattandosi di una donna, seppur minore, che ha ucciso un uomo- con i conseguenti risvolti psicologici sulla piccola per via del brusco allontanamento dalla propria famiglia.
Grazie però alla tenacia di Meaza e alla perseveranza del suo gruppo no profit la battaglia legale e sociale di Hirut arriva ai livelli del Ministro della Giustizia il quale viene citato, in un disperato tentativo di ripristinare la giustizia e applicare le leggi in vigore, senza eccezioni di alcun tipo. L'esito sarà positivo, Hirut verrà assolta e la sua battaglia, il suo coraggio serviranno ad un Paese intero come esempio da tener presente per il futuro.
La sua storia ha aperto una strada senza precedenti nella giusta direzione: il rispetto delle leggi e il rispetto della dignità e dei diritti della donna, indistintamente dall'età o estrazione sociale.
Il film in tal senso parla prevalentemente per immagini, primi piani di donne segnate dal dolore, dalla paura ma anche dalla certezza che il futuro non è sempre nero e quindi la determinazione a lottare per diritti fondamentali prevale. Il resto delle immagini sono profuse di lirismo e poesia: Immagini dell'Etiopia rurale, della natura arida e fiera, delle immense distese di verde che avvolgono i possedimenti dei contadini.
La pellicola è delicata ma struggente, poetica ma importante e dal messaggio sociale più che significativo e denso di simbolismo: Qui non si parla di un unico caso isolato a lieto fine, si tratta di cambiare una nazione, un popolo intero, sradicando le convinzioni e tradizioni più integraliste e discriminanti verso le donne, le ragazze. Basta prevaricare contro il 'sesso debole' in nome di usanze e tradizioni. L'Africa è un continente intrinseco di fascino e contraddizione ma la svolta verso i diritti elementari degli esseri umani deve essere univoco e uniforme.
Da vedere e riflettere. 4/5
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