“El vin xè la salute, l'acqua xè el funeral.
Chi lassa chi lassa il vin furlan xè proprio un fiol de un can” (Vin e acqua)
Perbacco, chi l’avrebbe mai detto !
Si può far ridere in maniera spassosa e intelligente anche senza scomodare Checco Zalone e i comici televisivi affini. Senza investire budget milionari o utilizzando costose location poco verosimili. Senza attingere per la sceneggiatura dai vetusti e abusati cliché della commedia italiana.
Zoran, il mio nipote scemo, strepitoso esordio del goriziano Matteo Oleotto, riesce in questo autentico miracolo. Racconta con una grazia e una leggerezza poetica che non si vedevano da tempo una storia di provincia, quasi di confine. E’ ambientato infatti nella campagna goriziana tra le antiche “osmize” (osterie friulane) dove la cultura popolare resiste ancora, forte delle sue tradizioni e del “culto del vino”.
Il film ruota attorno all’imprevisto incontro tra il gigantesco Paolo Bressan, un quarantenne ubriacone e cialtrone, e l’esile nipote Zoran, timido e impacciato adolescente sloveno rimasto orfano, che il maldestro zio dovrà ospitare in attesa dell’affidamento a una casa-famiglia. Due personaggi tanto bizzarri quanto schietti e genuini. Le battute fulminanti e le situazioni tragicomiche, con le risate scoppiettanti che ne scaturiscono, non tolgono credibilità ai due protagonisti, l’ironia non scade mai nel macchiettismo. L’impressione caricaturale delle prime scene lascia spazio pian piano a due personalità più complesse e articolate. L’alcolismo e l’arroganza di zio Paolo nascono dall’amarezza e dalla frustrazione per l’abbandono dell’ancora amata moglie e dal disagio di non riuscire a dare un senso alla propria vita. Lo stravagante italiano aulico imparato da vecchi romanzi e la timidezza silenziosa di Zoran nascondono invece un carattere fermo e deciso, che riuscirà ad affermarsi grazie all’incredibile abilità nel gioco delle freccette e all’innamoramento per una ragazzina del coro.
Quello di Zoran e del burbero zio Paolo è innanzitutto l’incontro tra due solitudini, due vite tristi e malinconiche capaci di riscattarsi e di rimettersi in gioco, inizialmente aiutandosi l’un l’altro solo per necessità, per scoprire pian piano una amicizia franca e leale. Molto importante è anche la genuinità della socialità paesana in cui rapporti umani sono ancora sinceri e autentici. L’orgogliosa esibizione del bere, tutta friulana, deve essere contestualizzata all’interno della vita dell’osteria, spazio sociale vitale nella cultura contadina e in quel sistema ancestrale di valori tramandato da secoli. Il difficile equilibrio agrodolce tra risate e drammaticità, ebrezza e solitudine, è reso possibile dalla straordinaria interpretazione dei due attori protagonisti. Giuseppe Battiston giganteggia, in tutti i sensi, dando a tratti l’impressione di poter reggere da solo tutto il film. Il personaggio di Paolo è perfetto per esaltarne la versatilità comica e malinconica, a mio avviso si tratta della sua migliore interpretazione. Una piacevole sorpresa, invece, è la scoperta del giovane sloveno Rok Prasnikar, ovvero Zoran, che al suo primo film ha convinto tutti rivelando doti recitative notevoli, tra l’altro senza conoscere la lingua italiana.
La prova superlativa dei due personaggi principali, però, non deve mettere in secondo piano una sceneggiatura solida e brillante e una regia ben diretta ed equilibrata, senza sbavature né eccessi. Presentato alla 70 Mostra del Cinema di Venezia, Zoran, il mio nipote scemo, ha vinto inaspettatamente il premio del pubblico della Settimana Internazionale della Critica e ha ricevuto una ovazione con dieci interminabili minuti di applausi. L’esordio del regista friulano, pur con una distribuzione nelle sale ai limiti del ridicolo (dieci copie la prima settimana), ha sorpreso tutti anche al botteghino ottenendo una media spettatori per sala davvero altissima.
Un brindisi per Matteo Oleotto, dunque, per una volta però senza Tocai friulano ma con un ottimo Vespaiolo frizzante breganzese. Non ce ne voglia il regista goriziano, come dicono in Friuli, l’importante è bere, ma mi raccomando, in compagnia e con più moderazione di Paolo Bressan!
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