La notte del giudizio |
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Un film di James DeMonaco.
Con Lena Headey, Ethan Hawke, Tom Yi, Chester Lockhart, David Basila, Peter Gvozdas, Tyler Jaye, Nathan Clarkson.
continua»
Titolo originale The Purge.
Horror,
Ratings: Kids+16,
durata 85 min.
- USA, Francia 2013.
- Universal Pictures
uscita giovedì 1 agosto 2013.
- VM 14 -
MYMONETRO
La notte del giudizio
valutazione media:
2,82
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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'Ha da passa a nuttata'...secondo DeMonacodi gianleo67Feedback: 61482 | altri commenti e recensioni di gianleo67 |
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domenica 3 agosto 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La rinascita sociale ed economica di una nazione americana rifondata da nuovi padri costituenti su più solide basi di pax sociale e dove la disoccupazione è ormai un triste ricordo di tempi bui e lontani, passa attraverso un rituale collettivo che si ripete tutti gli anni nell'equinozio di Primavera, per dar sfogo agli istinti di una violenza repressa dalle migliorate condizioni economiche e dalla forzata convivenza civile: per 24 ore ogni americano puo commettere ogni sorta di atrocità e omicidio in danno degli inermi cittadini che incontra nelle proprie scorribande notturne. Inutile dire che i più ricchi si attrezzano barricandosi in case protette da inespugnabili sistemi di allarme ed i più poveri sono esposti alla mercè di una sanguinaria 'caccia all'uomo'. Così almeno la pensa anche James Sandin che quei sistemi di allarme li vende, ci si è arricchito e che intende passare la notte della 'Purificazione' del 2022 nella quiete del focolare domestico circondato dall'affetto della moglie e dei 2 figli adolescenti. Ma sembra aver fatto male i suoi calcoli...
Sulla falsariga di un soggetto da fantascienza distopica che si presta anche troppo facilmente alle ironie e gli sberleffi di spettatori più smaliziati, l'esordiente James DeMonaco mette in scena il solito campionario di un'epica socio-politica di un'America prossima ventura che se da un lato fa sorridere per le ingenuità ed incongruenze dell'assunto di base (se la situazione economica è tanto migliorata come mai ci sono tanti poveri in giro che aspettano solo di essere massacrati? Se la violenza è un fatto innato come possono migliorate condizioni economiche averla completamnete eliminata negli altri 364 giorni dell'anno? Se volete continuo...) dall'altro ripesca a piene mani in una tradizione cinematografica che della frontiera e dei suoi tanti miti ha finito per moltiplicarne in manierà pressocchè infinità spunti e contaminazioni (dalle orini del cinema western al noir americano per finire con le ossessioni disturbanti dell'horror 'sociale' degli anni 80') ribadendo per l'ennesima volta che 'l'America è nata nelle strade' (ma dove diavolo l'avrò sentita questa?). A parte la solita fuffa di un marxismo d'accatto che ci mostra tanto l'ipocrisia e le contraddizioni di un modello capitalista e delle sue degenerazioni fascistoidi e di una latente metafora della disgregazione di una 'famiglia americana' fondata sull'egoismo e la competizione sociale, il film di DeMonaco ricicla, nelle atmosfere claustrofobiche di un 'horror da camera', i consueti clichè del genere e muovendosi senza particolare originalità (o intenzionalità) cinefila dal 'Funny games' di Haneke al classico 'Assault on Precinct 13' di Carpenter e dall'assedio di orde di decerebrati armati di machete di romeriana memoria al sanguinario finale da 'Straw Dogs' del compianto zio Sam, si trascina fino alla resa dei conti di un epilogo più che scontato dove si salvano i buoni (sentimenti) ed i cattivi muoiono (quasi) tutti. Il meccanismo è collaudato e lo sguardo azzurro di Ethan Hawke significherà pure qualcosa (tranne che per i figli che sfoggiano le iridi marroni di una sospetta infedeltà coniugale o di un casting eccessivamente distratto) ma il vezzo yankee di lasciare segni colorati sull'uscio (dal classico 'yellow ribbon' di 'Ritorna! Sta casa aspetta a te' ai fiori lillà di una colpevole condiscendenza criminale) o i quadretti familiari di una provincia crudele e sanguinaria ('In a cold Blood' - T.Capote 1966) non riscattano un film modesto che ci insegna, una volta di più, che per confrontarsi con le ambizioni metaforiche di soggetti così controversi bisogna chiamarsi Stanley Kubrik oppure avere sprezzo del ridicolo. Come diceva il grande Edoardo: 'Ha da passa a nuttata!'.
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