Il passato |
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Un film di Asghar Farhadi.
Con Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Pauline Burlet, Elyes Aguis.
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Titolo originale Le passé.
Drammatico,
durata 130 min.
- Francia, Italia 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 21 novembre 2013.
MYMONETRO
Il passato
valutazione media:
3,74
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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il passato e la colpadi ennasFeedback: 3051 | altri commenti e recensioni di ennas |
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martedì 26 novembre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
E’ un aeroporto francese il luogo di partenza del film “Il passato” del regista iraniano Asghar Farhadi è lì infatti dove Ahmad, uno dei protagonisti, vi incontra l’ex moglie Marie: è arrivato da Teheran per formalizzare il loro divorzio, insieme si avviano verso la casa dove lei vive tuttora. La regia ci illumina pian piano i caratteri dei protagonisti e ci presenta la loro storia con un andamento circolare. un anno prima Ahmad ,ha disertato un precedente appuntamento per questa ratifica del divorzio e stavolta Marie non gli ha prenotato di nuovo una stanza d’albergo ma lo conduce a casa. Marie esprime ad Ahmad la sua ansia per la propria figlia maggiore, è inquieta, non parla e passa molto tempo fuori di casa. Marie spera che Ahmad riesca ad avere uno scambio con la figlia : è molto attaccata a lui anche se non è sua figlia. Marie infatti ha avuto due figlie da una unione precedente il matrimonio con Ahmad. Al loro arrivo a casa, insieme alla seconda figlia di Marie, Ahmad trova un bambino che non conosce: è Fouad il figlio di Samir il nuovo amore di Marie, un amore col quale la donna progetta di vivere dopo il divorzio e come sapremo in seguito, aspetta un figlio da lui. La madre del piccolo Fouad, moglie di Samir è in coma dopo un tentato suicidio. La casa stessa, in cui sono girate gran parte delle riprese del film, ci comunica un messaggio caotico che allude scenograficamente alla vita dei personaggi, spazi stracolmi e lavori in corso danno un senso di provvisorietà e disordine. E’ il ritratto di una famiglia allargata quello che il regista ci mette in scena fin dall’inizio : unioni fallite e nuovi incontri che costringono i soggetti coinvolti a vivere le contraddizioni delle loro mutate condizioni di esistenza. Questo è, a mio avviso, il nucleo centrale del film e il suo filo d’Arianna non è solamente il passato dei protagonisti, bensì il senso di colpa alimentato dalle perdite e dalle aspettative frustrate di ciascuno nei confronti dell’altro. Sono ottimi gli attori, magistralmente diretti da una regia che vuole rendere palesi le sfumature umane e psicologiche dei personaggi e ci riesce egregiamente. Pur con questi presupposti di grande cinema di altissimo livello, il clima del film è opprimente: nessun sottofondo musicale scandisce i passaggi e i dialoghi del film. Il regista ha voluto, a mio parere, non solo evitare il melò, ma rimarcare questa atmosfera di oppressione: il senso di colpa è oppressivo per antonomasia. I suoi personaggi se lo “passano” vicendevolmente come un virus : è troppo duro da reggere,è meno pesante andare a caccia di motivi, meglio se fuori dal proprio io. Il finale del film che ci presenta un “non concluso” altamente drammatico, aperto alla sensibilità interpretativa dello spettatore, enfatizza all’estremo questo sentimento di colpevolezza cosmica, quasi da “peccato originale”. Nessuno dei personaggi del film è escluso da questo meccanismo , nemmeno il più apparentemente razionale e conciliante Ahmad. Ognuno si ritrova, sembra suggerirci la regia, a fare i conti non tanto e solo con il passato ma con gli effetti che il proprio agire, le proprie scelte hanno anche sulla vita degli altri oltre che sulla propria. La regia riesce a far esprimere efficacemente ai suoi personaggi anche il “non detto” dei dialoghi,il disagio della loro labirintica esistenza. Nuovamente per questo regista, una prova di grande cinema di qualità, assolutamente da vedere.
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