francesco monteleone
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martedì 13 maggio 2014
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un regista fiammingo che onora l'italia
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“Zingaro italiano!” Chi è stato all’estero da emigrante sa bene quanto era difficile sopportare quell’insulto, gridato per strada dai nostri ‘fratelli’ europei. Una parola terribile che ti sagomava come “vagabondo” “apolide” “trasandato” ecc. Gli uomini più orgogliosi reagivano con le mani; i più assuefatti sopportavano a occhi bassi il disprezzo straniero, pur di vivere in un posto che almeno il lavoro lo garantiva, rispetto alla propria patria traditrice. Ma anche chi non ha provato “siccome sa di sale lo pane altrui” faccia attenzione a questo film. Più volte si ritroverà la faccia bagnate di lacrime, sentendosi totalmente coinvolto in tante contraddizioni, con l’anima e col corpo.
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“Zingaro italiano!” Chi è stato all’estero da emigrante sa bene quanto era difficile sopportare quell’insulto, gridato per strada dai nostri ‘fratelli’ europei. Una parola terribile che ti sagomava come “vagabondo” “apolide” “trasandato” ecc. Gli uomini più orgogliosi reagivano con le mani; i più assuefatti sopportavano a occhi bassi il disprezzo straniero, pur di vivere in un posto che almeno il lavoro lo garantiva, rispetto alla propria patria traditrice. Ma anche chi non ha provato “siccome sa di sale lo pane altrui” faccia attenzione a questo film. Più volte si ritroverà la faccia bagnate di lacrime, sentendosi totalmente coinvolto in tante contraddizioni, con l’anima e col corpo. Sulla terra, solo gli esseri umani piangono, per eventi tristi ma anche per circostanze liete. Questo film ne mette insieme così tanti che asciugarsi volta per volta è un inutile cedimento. Dobbiamo dire cento, anzi mille volte ‘grazie’ a Stijn Coninx, il regista nato a Neerpelt, cittadina fiamminga del Limburgo, che ha ricostruito prodigiosamente la condizione degli italiani in Belgio, quando a seguito degli accordi bilaterali del 1946, l'Italia scambiò la sua forza-lavoro con il carbone. Tanti nostri compaesani, ammassati nelle baracche vicino alle miniere, riuscirono ad allevare i figli, scendendo ogni giorno 1 km nelle viscere della terra, senza lamentarsi di un sacrificio che nessuno storico sa descrivere a parole. Scusate il personalismo: da bambino ricordo Il mio vicino di casa, un vecchio minatore tornato in Puglia, dopo 20 anni di scavi. Quando arrivava l’estate lui rimaneva in canottiera. La spalla e le braccia erano piene di macchioline nere. Una volta mi spiegò che erano i frammenti di carbone entrati nella pelle e rimasti lì dentro, per sempre.
L’ispirato Stijn Coninx ha raccontato la prima metà della vita di Rocco Granata, un piccolo testardo ribelle strappato alla scheletrica Calabria e innestato a Genk, la città belga di lingua olandese dove ancora oggi circa un terzo della popolazione è di origine italiana, conseguenza della fortissima emigrazione. Quel Rocco, suonando la fisarmonica, compì il miracolo di comporre una canzone d’amore dedicata ad una incantevole ragazza straniera, immediatamente diventata un successo mondiale.
È un melodramma, è strappalacrime… Il film appartiene al genere che gli americani chiamano "success story" (la canzone “Marina” è stata un hit che tutti cantano ancora in ogni angolo del mondo). Quante semplificazioni da parte dei critici a pagamento che non vedono oltre i loro pregiudizi professionali. Questo film è un severo capitolo della storia d’Italia, non la ricostruzione di un colpo fortunato nel mondo della musica leggera. È soprattutto un incoraggiamento a tutti i virtuosi che, essendo nati poveri, non si rassegnano a essere inabili all’arte. È anche una grandissima storia d’amore, unico legame intricato con la felicità. Matteo Simoni, il giovane attore belga nato da sangue italiano, ha un volto che sembra dipinto da Mattia Preti. Non ha la fatua galanteria dei seduttori simpatici, con le scarpe rotte. Matteo ha 29 anni, è un giullare che recita senza accessori folkloristi, elevando il cinema a simbolo del riscatto. Crediamo che al regista bisognerebbe dare la nostra cittadinanza onoraria. Stijn ha la dolcezza sociologica di Tornatore e l’eccezionale impegno morale di Kean Loach. Ha fatto recitare Luigi Lo Cascio e Donatella Finocchiaro in dialetto calabrese, senza rimanere mai impigliato in falsi luoghi comuni. Ha dimostrato di conoscere profondamente il cuore degli italiani, meglio di tanti registi italiani che ci ricoprono di ruggine. Non è un caso che questa opera superiore sia stata co-prodotta dai Fratelli Dardenne. Non lasciate che tanto lirismo rimanga solamente tre giorni nelle sale, per far posto a tante commediacce da quattro soldi bucati.
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(di miraobottu)
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no_data
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giovedì 8 maggio 2014
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bellissimo
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Un grande film che ricorda i migliori film del neo realismo italiano. Quadro realistico delle sofferenze ed ingiustizie dell'emigrazione di quei tempi, ma anche della grandezza dei valori di quelle famiglie. Bravissimi anche gli attori. Forse non avrà tanto successo visti i gusti attuali, ma sarebbe molto bello lo vedessero tanti, soprattutto giovani.
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fabio1957
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lunedì 18 maggio 2015
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commovente
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Commovente film,ispirato alla vita di Rocco Granata,è la storia della sua vita,dai primi sussulti amorosi al trasferimento in Belgio.Racconto dunque drammaticamente vero,narra il disagio, la miseria, lo sfruttamento e l'emarginazione degli italiani emigrati all'estero per trovare un pò di fortuna,ma che invece si scontrano con la diffidenza degli abitanti del posto,con il loro razzismo, i loro pregiudizi.Ma è anche la la lieta novella di un talento, che pure in mezzo a tante difficoltà ,trova la sua strada,con tenacia, perseveranza, ostinazione,a dimostrazione del fatto che nella vita non bisogna mollare mai e crederci sempre.
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Commovente film,ispirato alla vita di Rocco Granata,è la storia della sua vita,dai primi sussulti amorosi al trasferimento in Belgio.Racconto dunque drammaticamente vero,narra il disagio, la miseria, lo sfruttamento e l'emarginazione degli italiani emigrati all'estero per trovare un pò di fortuna,ma che invece si scontrano con la diffidenza degli abitanti del posto,con il loro razzismo, i loro pregiudizi.Ma è anche la la lieta novella di un talento, che pure in mezzo a tante difficoltà ,trova la sua strada,con tenacia, perseveranza, ostinazione,a dimostrazione del fatto che nella vita non bisogna mollare mai e crederci sempre.
Molto bello
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mareincrespato70
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mercoledì 10 giugno 2015
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una fisarmonica per il riscatto
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Film che appassiona per il suo sguardo partecipe e non retorico, nella sua rappresentazione di melodramma ben costruito.
Dietro la storia di una canzone di successo si cela il racconto epico di quando eravamo povera gente, di quando, se non proprio i barconi, ma i vagoni ferrati puzzolenti ospitavano noi italiani in fuga dalla miseria e dalla povertà, in cerca di lavoro per il benessere anelato: per sé e per la propria famiglia.
Dalla Calabria al Belgio, in stile un po' didascalico ma appassionatamente efficace, si narra il viaggio verso le miniere di carbone (il dramma di Marcinelle fa da sfondo), dove la famiglia di Rocco Granata cerca di cogliere opportunità di riscatto, al prezzo di un'emigrazione che non è mai scevra da ingiustizie, discriminazioni e scottanti umiliazioni.
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Film che appassiona per il suo sguardo partecipe e non retorico, nella sua rappresentazione di melodramma ben costruito.
Dietro la storia di una canzone di successo si cela il racconto epico di quando eravamo povera gente, di quando, se non proprio i barconi, ma i vagoni ferrati puzzolenti ospitavano noi italiani in fuga dalla miseria e dalla povertà, in cerca di lavoro per il benessere anelato: per sé e per la propria famiglia.
Dalla Calabria al Belgio, in stile un po' didascalico ma appassionatamente efficace, si narra il viaggio verso le miniere di carbone (il dramma di Marcinelle fa da sfondo), dove la famiglia di Rocco Granata cerca di cogliere opportunità di riscatto, al prezzo di un'emigrazione che non è mai scevra da ingiustizie, discriminazioni e scottanti umiliazioni.
Sarà la passione per la musica la chiave del riscatto: una fisarmonica sarà il filo conduttore dei contrasti in famiglia, degli insopportabili pregiudizi, ma anche dei sacrifici paterni, di un amore materno che celebra le intuizioni femminile di chi vuole bene. Splendide le interpretazioni di Luigi Lo Cascio e di Donatella Finocchiaro, partecipe, misurata e controllata allo stesso tempo: si conferma la grande attrice che è, di chiara e virtuosa formazione teatrale.
Film che, coerentemente, non rinuncia alla commozione: bella opera del belga Stijn Comix, che ci parla di noi e di loro. Non a caso, marchio di garanzia, producono gli ormai mitici maestri fratelli Dardenne.
Davvero un bel film, mi è piaciuto assai nella sua concretà semplicità.
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ennio
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lunedì 27 novembre 2017
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deludente carrellata di luoghi comuni
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Quando mancano del tutto le idee, Hollywood insegna, si ricorre agli effetti speciali. In questo caso si ricorre alla retorica, trita e ritrita dal primo minuto del film. Luogo comune che ne segue un altro a cominciare dalla fetta di pane con pomodoro e pecorino. Per proseguire con tutti, dico tutti, i clichè sull'emigrato meridionale al nord, senza un briciolo di coraggio e fantasia. Sceneggiatura, dialoghi, recitazione, nulla funziona in questo film. Lo Cascio e Finocchiaro sono ottimi attori, ma quando trama e dialoghi sono forzatamente artificiosi anche l'attore risulta fuori luogo. I ritmi, le battute, finanche le espressioni facciali in questo film appartengono al genere telenovela televisiva, con tutto il rispetto per essa.
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Quando mancano del tutto le idee, Hollywood insegna, si ricorre agli effetti speciali. In questo caso si ricorre alla retorica, trita e ritrita dal primo minuto del film. Luogo comune che ne segue un altro a cominciare dalla fetta di pane con pomodoro e pecorino. Per proseguire con tutti, dico tutti, i clichè sull'emigrato meridionale al nord, senza un briciolo di coraggio e fantasia. Sceneggiatura, dialoghi, recitazione, nulla funziona in questo film. Lo Cascio e Finocchiaro sono ottimi attori, ma quando trama e dialoghi sono forzatamente artificiosi anche l'attore risulta fuori luogo. I ritmi, le battute, finanche le espressioni facciali in questo film appartengono al genere telenovela televisiva, con tutto il rispetto per essa.
Delusione a tutto tondo, iI cinema italiano sa fare ben altro in questi anni.
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mario nitti
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martedì 13 maggio 2014
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bello, ma perchè una è mora "ma" carina
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Quando incontri una ragazza che si chiama Marina ti vengono subito in mente le note della canzone che parla di una ragazza “Mora, ma carina”. Già, chissà perché quel ma? Forse che le more di solito sono bruttine?
Il film svela la storia di questo pezzo e si scopre che dietro c’è una vicenda di emigranti calabresi che cercano fortuna partendo per le miniere del Belgio: un padre, il sempre bravo Lo Cascio, non vorrebbe che il figlio inseguisse l’incerto sogno di diventare musicista, ma il giovane ha una vocazione difficile da contenere.
La pellicola impone un po’ di fatica perché è tutto sottotitolato, infatti i protagonisti parlano o Olandese o Calabrese, quindi per un italiano, ironicamente, due lingue straniere.
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Quando incontri una ragazza che si chiama Marina ti vengono subito in mente le note della canzone che parla di una ragazza “Mora, ma carina”. Già, chissà perché quel ma? Forse che le more di solito sono bruttine?
Il film svela la storia di questo pezzo e si scopre che dietro c’è una vicenda di emigranti calabresi che cercano fortuna partendo per le miniere del Belgio: un padre, il sempre bravo Lo Cascio, non vorrebbe che il figlio inseguisse l’incerto sogno di diventare musicista, ma il giovane ha una vocazione difficile da contenere.
La pellicola impone un po’ di fatica perché è tutto sottotitolato, infatti i protagonisti parlano o Olandese o Calabrese, quindi per un italiano, ironicamente, due lingue straniere. La fatica è ripagata da un senso di maggior autenticità che è l’elemento forte di questo film: i personaggi, la loro condizione, le loro passioni, sono disegnati in modo un po’ melodrammatico, ma sincero e efficace.
Un film che vale la pena di vedere per vari motivi, storici, musicali, nostalgici. Curioso scoprire che il protagonista è vivo e, allegramente, vegeto.
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