mauridal
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venerdì 21 febbraio 2014
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addio e tante cose belle
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LE COSE BELLE FILM DI FERRANTE E PIPERNO Italia 2012
Quando i napoletani vogliono scambiarsi un buon augurio , salutando nel congedarsi, allora usano una tipica espressione che suona :statt' abbuono 'e tante cose belle.
ecco, nel film " Le cose belle" del regista Agostino Ferrente, e Giovanni Piperno questo augurio è implicito nella realtà raccontata dai personaggi, del film tutti verissimi, tratti da un repertorio della realtà napoletana e che farebbero invidia alle antiche e nobili scritture della Serao o di Verga o del più recente Pasolini.
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LE COSE BELLE FILM DI FERRANTE E PIPERNO Italia 2012
Quando i napoletani vogliono scambiarsi un buon augurio , salutando nel congedarsi, allora usano una tipica espressione che suona :statt' abbuono 'e tante cose belle.
ecco, nel film " Le cose belle" del regista Agostino Ferrente, e Giovanni Piperno questo augurio è implicito nella realtà raccontata dai personaggi, del film tutti verissimi, tratti da un repertorio della realtà napoletana e che farebbero invidia alle antiche e nobili scritture della Serao o di Verga o del più recente Pasolini. I personaggi , tutti veri interpreti di sé stessi , raccontano in prima persona di , della loro vita, tribolata e misera, ma ricca di emozioni e sentimenti, raccontano di una città che stenta a sopravvivere ,ma che si rivela anche nobile e magnifica nelle immagini straordinarie che il film ricerca e offre allo spettatore. Dunque i protagonisti sono quattro ragazzi adolescenti, che iniziano a raccontarsi attraverso l’occhio del cinema, nella loro vita quotidiana, in famiglia e per strada, nei quartieri popolari di Napoli, e della periferia. Lo sguardo del cinema li segue per un tratto della loro giovane vita in una Napoli degli anni ‘90 piena di speranza per un nuovo rinascimento sia economico che sociale. Successivamente, dieci anni dopo, saltando temporalmente una intera parte di vita sia personale che della Città li ritroviamo oggi, adulti , già provati e disillusi dalla vita in una lotta perenne alla ricerca di un riscatto per una esistenza migliore. Tra i quattro protagonisti , due ragazze Adele e Silvana e due ragazzi, Fabio ed Enzo che vivono le loro semplici vite tra affetti, e tribolazioni, si distingueva subito il giovane Enzo , che grazie alla sua voce e al mestiere del padre un tradizionale musicista posteggiatore, inizia a il suo lavoro di cantante popolare delle migliori e tradizionali melodie napoletane. Più volte lo sentiremo cantare alle feste, matrimoni , o anche ai tavoli delle trattorie di Napoli. . Seguiremo la sua evoluzione e tutto il percorso di vita che si staccherà dagli altri amici d’infanzia con punte di commovente semplicità. Il film è uno straordinario esperimento di cinema Verità , che i due registi realizzano con pochi mezzi, ma con risultati eccellenti. Le storie si intrecciano per poi concludersi con il finale dell’assolo di Enzo ormai adulto, che ci regala una esecuzione della canzone “ Passione” di Bovio .Ecco che subito il riferimento al film Passione di John Turturro , appunto viene inevitabile, tuttavia anche se realizzati in tempi e modi differenti, i due film sono diversissimi , trattano un aspetto della vita di una Napoli popolare “appassionata” della propria musica che si diverte a cantarla.
“ Le cose belle” possiede un senso del tragico e del dramma esistenziale ben più profondo e straniante per lo spettatore, che viene accompagnato per le strade di Napoli non come un turista qualsiasi, ma con una nota dolente, che infine lascerà un segno significativo nella memoria e nelle emozioni. mauriziodalessio
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vanessa zarastro
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sabato 30 agosto 2014
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canta napoli…
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Sempre più le vite osservate, o spiate, o seguite sono fonte d’ispirazione di documentari-fictions. Il metodo consiste nel partire da dati oggettivi e costruirci intorno delle storie non-storie. Lo fece già a suo tempo, ad esempio, Michael Moore con “Bowling a Colombine”, tre anni dopo che la scuola statunitense fu teatro di una terribile strage nel 1999.
In questo caso i registi Agostino Ferrente e Giovanni Piperno ritrovano Silvana, Adele, Enzo e Fabio che avevano intervistato adolescenti tredici anni prima nel documentario Intervista a mia Madre. Il dialetto è fondamentale così come la città è connotata da suoni, da rumori, da musica e canzoni.
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Sempre più le vite osservate, o spiate, o seguite sono fonte d’ispirazione di documentari-fictions. Il metodo consiste nel partire da dati oggettivi e costruirci intorno delle storie non-storie. Lo fece già a suo tempo, ad esempio, Michael Moore con “Bowling a Colombine”, tre anni dopo che la scuola statunitense fu teatro di una terribile strage nel 1999.
In questo caso i registi Agostino Ferrente e Giovanni Piperno ritrovano Silvana, Adele, Enzo e Fabio che avevano intervistato adolescenti tredici anni prima nel documentario Intervista a mia Madre. Il dialetto è fondamentale così come la città è connotata da suoni, da rumori, da musica e canzoni. Ciononostante è un film delicato, discreto e misurato.
È facile parlando di Napoli scadere nello spettacolare e nel grottesco, invece, le storie narrate dagli autori, sono storie di sofferenze e aspirazioni, di rassegnazione commista a speranza; il tutto è narrato con grande dignità e rispetto. I sogni dei quattro ragazzi erano quelli di tutti gli adolescenti: volevano diventare ballerine, cantanti, modelle, o calciatori, avrebbero voluto sposarsi e avere un appartamento proprio o magari tornare nella casa dell’infanzia. Naturalmente nulla di ciò si è avverato e i quattro si barcamenano tra le disgrazie e gli eventi quotidiani, tra un carcere e un ospedale, tra la ricerca di un lavoro meno precario e i tentativi di cambiamento. Con la famosa “arte di arrangiarsi” i ragazzi affrontano lo sforzo e la durezza di una realtà difficile. Mi sono ricordata di una piccola notazione linguistica: lavorare in napoletano si dice “faticare”, alla francese.
Le storie dei ragazzi scorrono parallele e solo un paio si intrecciano e il film si conclude con un’immagine di buon’auspicio: il ritorno di Enzo alla canzone napoletana, in sala di incisione, con l’esecuzione della “Passione” di Bovio, una sorta di citazione-tributo del film omonimo di John Turturro su Napoli.
“Le cose belle” presenta una Napoli guardata con la coda dell’occhio percorsa talvolta a piedi, spesso in bicicletta oppure in circumvesuviana, e non impedisce di notare né le bellezze barocche del centro storico né la desolazione dei nuovi quartieri popolari, né l’immondizia sparsa ovunque e ignorata con naturalezza. Una città unica così come unico è il carattere dei napoletani dove sono compresenti la tristezza e il sorriso.
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degiovannis
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giovedì 11 settembre 2014
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una soria narrata bene
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Il film si annuncia come documentario, ma di fatto lo supera perché narra una storia. E quando si narra una storia, il problema è il come. E questa storia è narrata bene, perché non si invoca la compassione dello spettatore, non si grida per farsi ascoltare, ma si narrra con discrezione senza che il racconto perda di intensità. Napoli è vera molto più di alcuni servizi giornalistici e televisivi. Viene in mente la Roma pasoliniana di Ragazzi di vita, anche se lì c'era una dimensione mitica, figlia della denuncia sociale che il giovane regista intendeva fornire. Certo, se si pensa che in quasi 60 anni poco o nulla è cambiato per alcuni strati sociali, vengono i brividi e insorgono domande che è meglio non affrontare i
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Il film si annuncia come documentario, ma di fatto lo supera perché narra una storia. E quando si narra una storia, il problema è il come. E questa storia è narrata bene, perché non si invoca la compassione dello spettatore, non si grida per farsi ascoltare, ma si narrra con discrezione senza che il racconto perda di intensità. Napoli è vera molto più di alcuni servizi giornalistici e televisivi. Viene in mente la Roma pasoliniana di Ragazzi di vita, anche se lì c'era una dimensione mitica, figlia della denuncia sociale che il giovane regista intendeva fornire. Certo, se si pensa che in quasi 60 anni poco o nulla è cambiato per alcuni strati sociali, vengono i brividi e insorgono domande che è meglio non affrontare in una recensione
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