La gabbia dorata - La Jaula de Oro |
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Un film di Diego Quemada-Diez.
Con Brandon López, Rodolfo Dominguez, Karen Martínez, Carlos Chajon, Ramón Medína.
continua»
Titolo originale La Jaula de Oro.
Drammatico,
durata 102 min.
- Messico 2013.
- Parthénos
uscita giovedì 7 novembre 2013.
MYMONETRO
La gabbia dorata - La Jaula de Oro
valutazione media:
3,71
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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I cammini della speranzadi FabioFeliFeedback: 25659 | altri commenti e recensioni di FabioFeli |
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giovedì 14 novembre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La gabbia dorata di Diego Queimada-Diez Tre giovani guatemaltechi, Juan (Brandon Lopez),Sara (Karen Martinez), e Samuel (Carlos Chajon) fuggono da una favela senza speranza, in baracche di legno con i servizi igienici – e l’igiene è un eufemismo - in comune, allineate come casematte di una provvisoria caserma lungo corridoi di terra battuta ed erba, dove i bambini, futura manodopera delinquenziale, giocano alla guerra dei narcos con mitra di plastica. I tre ragazzi sognano gli Stati Uniti, liberazione da miseria e fame, ma per raggiungere la terra promessa devono attraversare un intero enorme paese, il Messico. Oltre 2000 chilometri da superare, disseminati di trappole di ogni genere, li separano dalla speranza di vita. Saltano su treni merci antidiluviani, già gremiti di migranti di ogni età. Non sfuggono ai controlli della polizia messicana, che li rimpatria, assieme a Chauk (Rodolfo Dominguez), un indio del Chapas, aggregatosi a loro tre, per analoga età e per la simpatia che gli suscita Sara. Juan è geloso del ragazzo che non conosce lo spagnolo e che cerca di apprenderlo da Sara. Cerca inutilmente di allontanarlo con le maniere forti ed è costretto ad accettarlo nel gruppo, perché Sara non vuole che sia allontanato. Alla seconda partenza Samuel rinuncia al sogno, senza spiegare il perché ai tre che provano di nuovo l’avventura. Di nuovo sui treni merci come hobos, vagabondi come John Wesley Harding ma con una meta: la liberazione dalla miseria. Incappano ancora negli sciacalli che fiutano le tracce delle prede nei percorsi migratori e che si portano via Sara e le altre donne, ferendo gravemente Juan. Chauk cura con le erbe Juan, guadagnandosi la sua amicizia. Quando vengono venduti da un falso amico che gira sui treni merci a una banda di delinquenti che deruba i migranti, Juan potrebbe andarsene libero ma non se la sente di abbandonare Chauk, diventato ormai hermano (fratello), la prima parola spagnola imparata dell’indio. Mette a rischio la sua vita per riprendere insieme a lui il tortuoso e accidentato cammino verso la meta dorata. Dal treno, sulle montagne, vedono la neve che cade; per Juan è la prima volta; Chauk, che è originario di una regione montuosa, già la conosce e la sogna spesso. Quando giungono nei pressi del confine Messico-USA c’è un ultimo ostacolo da superare. Gli abbattitori libertari di muri liberticidi non gradiscono i visitatori poveri e difendono spietatamente il loro territorio con un alto muro metallico in una fascia di terra desolata e strettamente sorvegliata. Della piramide di migranti solo il vertice raggiunge la sospirata “libertà”. Che poi quest’ultima grondi di lacrime e sangue è un’altra storia. La storia è stringata, avara di dialogo, giocata sugli sguardi. Il regista che ha collaborato con Ken Loach in Terra e libertà e con Iñàrritu in 21 grammi non è uno sprovveduto e dirige i giovani attori con mano ferma, imponendo loro una recitazione scarna e priva di inutile enfasi. Le sequenze dei treni sferraglianti nel deserto, nelle gallerie e in fitte boscaglie sono belle e si inseriscono nella tradizione americana dei grandi western. Un’ottima fotografia, infatti, ed un uso sapiente della cinepresa aggiungono qualità alla storia. Una delle tante misere storie di migranti dei nostri giorni: da una gabbia di miseria ad una gabbia che si spera dorata e senza sbarre. Il film riporta alla mente un bel film di Pietro Germi: Il cammino della speranza (1950) con Raf Vallone, Elena Varzi e Saro Urzì (sempre perfetto nel ruolo di perfido). I protagonisti sono migranti siciliani diretti verso la Francia in cerca di lavoro: attraversano l’intera Italia e tra mille insidie superano le montagne, le Alpi innevate. Anche lì la neve, non più nemica in un paesaggio assolato e digradante verso la pianura, è foriera di speranza. La gabbia dorata è un film da consigliare.
Valutazione *** ½
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