Titolo originale | Jimmy P. |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | USA |
Durata | 114 minuti |
Regia di | Arnaud Desplechin |
Attori | Benicio Del Toro, Mathieu Amalric, Gina McKee, Larry Pine, Joseph Cross, Elya Baskin Gary Farmer, Michelle Thrush, Misty Upham, Jennifer Podemski, Michael Greyeyes, A. Martinez. |
Uscita | giovedì 20 marzo 2014 |
Tag | Da vedere 2013 |
Distribuzione | Bim Distribuzione |
MYmonetro | 3,03 su 15 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 15 giugno 2016
Tornato a casa dopo la seconda guerra mondiale, Jimmy Picard comincia a soffrire di diversi sintomi, non spiegabili dal punto di vista fisico. Il film ha ottenuto 3 candidature a Cesar, 1 candidatura a Lumiere Awards, 1 candidatura a Prix Louis Delluc, 1 candidatura a New York FF, Al Box Office Usa Jimmy P. ha incassato 20,3 mila dollari .
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CONSIGLIATO SÌ
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Browning, Montana, 1948. Jimmy Picard è un nativo americano che vive e lavora nel ranch della sorella. Reduce della Seconda Guerra Mondiale e traumatizzato dall'esperienza sul fronte europeo, Jimmy soffre disturbi inspiegabili: la vista si offusca, il cuore accelera, il respiro si fa corto. Preoccupata per le condizioni del fratello, paralizzato a terra da crisi frequenti, Gayle lo esorta a farsi visitare all'ospedale militare di Topeka, specializzato nelle patologie dei veterani. Esclusa la disfunzione di ordine neurologico, il corpo medico giudica il malessere di Jimmy imputabile a qualcosa di più profondo. Persuasi di non poter intervenire sul paziente, l'equipe chiede il parere e l'intervento di Georges Devereux, antropologo e psicanalista ungherese che studia la dimensione psicologica di culture altre da quella occidentale. Approdato in Kansans con una valigia piena di entusiasmo e competenza, Georges individuerà il disagio psicosociale di Jimmy, infilando un percorso terapeutico e amicale.
C'è qualcosa in Jimmy P. che commuove profondamente, qualcosa che ancora una volta avvicina il cinema di Arnaud Desplechin a quello di François Truffaut. Qualcosa che trova la verità della persona e del personaggio, qualcosa di personale che l'autore ci dona senza che sia mai evidente. Di Truffaut il western freudiano di Desplechin ha pure il gusto della ricostruzione storica discreta, che serve ad accedere all'intimità timida del protagonista. Perché quella di Jimmy P. è una storia vera. Veridicità dichiarata nel prologo non per la voyeuristica attrazione che esercita l'eccezionale dentro il corso ordinario delle cose ma perché la questione della verità attribuisce all'esperienza singolare un valore universale.
Adattamento del libro di Georges Devereux, etnopsichiatra di origine ungherese naturalizzato francese, Jimmy P. è la storia di un incontro, di una relazione umana prima che terapeutica, la narrazione di un'indagine analitica in cui un medico e un paziente si sono impegnati insieme. Jimmy P. è un film sulla guarigione come presa di coscienza. Un film che rimette in salute, che si prende cura del suo paziente e dei personaggi disfunzionali del cinema di Desplechin. Personaggi che sanno bene che la vita è una giostra infernale, anzi una guerra, personaggi che sanno altrettanto bene che la 'guarigione' non è nient'altro che la possibilità di una ricaduta, una tregua tra la vita e il mondo. Jimmy P. - Psicoterapia di un indiano delle pianure titola il titolo originale, anticipando allo spettatore e in una parola sola il 'rilievo' del film. Perché la pianura descrive molto bene il paesaggio estetico e mentale del dramma di Desplechin, la sua sconfinatezza, la sua solitudine. Questo non significa che Jimmy P. sia un film piatto, ma che è grande, largo, esteso, che abbraccia e dice bene di Jimmy Picard, indiano della tribù dei Blackfeet, cacciatori delle praterie del Montana. Un'opera a cui manca solo il sedimento per essere 'maestoso', un titolo decurtato di un luogo geografico che identifica da solo l'origine, la caratteristica culturale e etnografica dell'identità in crisi del gigantesco paziente di Benicio Del Toro. Psicanalista transculturale, specializzato nell'elaborata cultura amerinda, il Georges Devereux di Mathieu Amalric avvia un'indagine che finisce per scavare una galleria parallela dentro le coscienze dei protagonisti, che avanzano a cadenza irregolare. La spedizione conosce allora tensioni, frizioni, corrispondenza, affinità, lacune e pienezze.
Versione postmoderna di Polanski e avatar sensibile dell'autore, Amalric traduce in parole il male invisibile del suo paziente, che converte le sue parole e le materializza in immagini che permettono allo spettatore di conoscere Jimmy Picard. E delle sue angosce, dei suoi fantasmi, delle sue emicranie, delle sue prove, dei suoi sguardi annebbiati, delle sue temperature elevate, dei suoi movimenti tellurici, si fa carico Benicio del Toro, incarnando qualcosa che non può essere interpretato, figuriamoci concluso. C'è qualcosa di inguaribile e guarito insieme nell'analisi di Desplechin, ci sono un indiano Pikuni e un ebreo ungherese, due popoli esiliati, due 'selvaggi' venuti dalle 'praterie' di due continenti, due sopravvissuti che hanno un nome segreto e hanno percorso le zone grigie e inquietanti della malattia, fraternizzando nella lingua di un Paese di finzione. Francese in America, Desplechin è l'uno e l'altro, il paziente e l'analista, il malato e il guaritore, che scopre lontano da casa la verità provvisoria e paradossale dell'analisi e del (suo) cinema: è la sperimentazione del dubbio ad aprirci al mondo e a restituirci la fiducia nel mondo.
Un reduce indiano della seconda guerra mondiale, ferito alla testa, è tempestato da visioni, malori, incubi e una serie di sintomi che inducono i medici a pensare che sia affetto da schizofrenia. È però chiara la difficoltà nel capire malori, fobie e drammi psichici di un uomo proveniente da un'altra cultura, così decidono di richiedere il consulto di un antropologo, il quale seguirà il paziente in una lunga serie di incontro e di analisi a metà tra l'indagine etnografica e quella psicologica.
L'adattamento del libro "Psicoterapia di un indiano delle pianure" di Georges Devereux è stato un progetto inseguito a lungo da Arnaud Despleschin. Proprio per questo motivo è degno di meraviglia quanto il risultato di una simile incubazione e della fascinazione che il regista prova per il testo di origine, sia un film così lontano dagli standard del regista francese.
La sua prima produzione americana è un confronto a due, la ricostruzione delle sedute di analisi descritte da Devereaux e contemporaneamente il lento formarsi di un rapporto tra paziente e medico. Mentre la vita di Jimmy Picard, viene ricostruita dai suoi racconti e dai suoi sogni, episodio per episodio con profondità crescente, quella di George Devereux viene vissuta assieme a lui mentre si sfalda. Picard riscopre se stesso e le donne, superando i traumi e il suo medico invece perde la propria compagna. Ma nulla mai è vissuto con passione, desiderio o intensità. Addirittura Desplechin opta per delle soluzioni di montaggio che negano abrupto ogni contatto fisico tra il medico e la propria amata, quando è evidente che questi stanno per accadere.
Nel desiderio di mettere in scena l'analisi di un caso unico e pionieristico, che prevede l'impegno di un dottore nella costruzione di metodi per l'interpretazione umana, Desplechin sembra guardare a Il ragazzo selvaggio, non solo per l'uso peculiare della voce fuoricampo, ma anche per quella distanza "medica" che la forma del film esibisce a fronte di un racconto evidentemente sentimentale. È anche chiaro però che tale sentimento poi non riesca nutrirsi realmente di questi contrasti come avviene nel film di Truffaut.
Nonostante la profondità dell'impegno nella costruzione di un lento svelamento umano Desplechin pare impotente di fronte all'impresa far sbocciare il racconto di una vita dall'analisi. Così Jimmy P. diviene ben presto un duello di recitazione nel quale la scuola in sottrazione di Benicio Del Toro si confronta con quella ricca di dettagli e carica di movimenti di Amalric. E proprio l'attore francese, storico feticcio del regista, sembra riuscire a trovare la chiave migliore. Il suo dr. Devereux entra in scena come un personaggio di Indiana Jones, ha una vitalità che va oltre il contegno del ruolo e riesce a fare un uso espressivo di oggetti quali gli occhiali, cosa che costituisce il movimento più vitale e coinvolgente dell'intero film.
JIMMY P. disponibile in DVD o BluRay |
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€6,50 | – |
Jimmy Picard è un uomo in cerca d’identità e i frequenti attacchi di mal di testa gli rendono la vita impossibile. Reduce di guerra e di etnia indiana Jimmy viene ricoverato a Topeka in un centro neurologico specializzato nelle cure delle patologie dei veterani. Ma gli specialisti di Topeka non riescono a comprendere le ragioni dei malesseri di Jimmy e chiamano Georges [...] Vai alla recensione »
UN FILM PROFONDO, POETICO,IPNOTIZZANTE. SEPPUR AMBIENTATO IN AMBIENTI CIRCOSCRITTI E CON POCA AZIONE, IL FILM TIENE COMUNQUE ALTA LA TENSIONE, COME SE DOVESSE SUCCEDERE SEMPRE QUALCOSA...E IN QUESTA ATTESA SI DISPISEGA IL DIALOGO E LA CONOSCENZA DI QUESTI DUE UOMINI SPECIALI...TENERI, DISARMATI E OSSESSIVI, GRANDI NELLE LORO ACCETTAZIONE DEL MALE PROFONDO, OFFRENDO LA POSSIBILITA DI UN ETERNO RISCATTO. IN [...] Vai alla recensione »
L'ho trovato veramente noioso, a tratti quasi estenuante. In originale, poi, l'interpretazione di Benicio Del Toro era faticosissima da subire. Certi pregi sulla carta, teorici o di professionalità purtroppo non reggono quando ogni minuto di film dura un quarto d'ora perché non riesce a interessare.
Presentato in concorso a Cannes, il primo film americano del francese Arnaud Desplechin è tratto dal testo fondativo dell'etnopsichiatria e mette in scena il suo autore, Georges Devereux, con i tratti di Mathieu Amalric. Benicio Del Toro, invece, dà volto e corpo a Jimmy Picard, un indiano Piede Nero reduce della seconda guerra mondiale. Negli anni 50 Jimmy è ricoverato nell'ospedale militare di Topeka [...] Vai alla recensione »
Al suo ritorno dal fronte europeo delle seconda guerra mondiale, l'indiano d'America Jimmy Picard inizia a soffrire di terribili mal di testa, attacchi di panico e intermittente cecità. Ricoverato in un ospedale psichiatrico per veterani, viene inizialmente diagnosticato come schizofrenico, ma la diagnosi viene messa in dubbio dopo una consultazione con l'antropologo «francese» Georges Devreux, che [...] Vai alla recensione »
Sedute psicanalitiche di un indiano Piede Nero con un antropologo rumeno nel Kansas anni '50. Bello. Intrigante. Possibile? Provare per credere. Trasferta americana del francese Desplechin ("Racconto di Natale"), coinvolge, istruisce, commuove, e non annoia. Ricostruisce, da un fatto vero e un libro ("Psicoterapia di un indiano delle pianure") una delle più efficaci relazioni tra paziente e analista, [...] Vai alla recensione »
Reduce della Il Guerra Mondiale, il Blackfoot Jimmy Picard (Del Toro) viene ricoverato al Topeka Military Hospital in Texas, specializzato in malattie mentali: vertigini, cecità e sordità temporanea, eppure gli esami sono ok. La diagnosi è schizofrenia, ma l'antropologo, psicanalista ed esperto di cultura dei nativi americani Georges Devereux (Amalric) vuole vederci chiaro.
Il "sogno americano" di Arnaud Desplechin si rivela al tempo stesso molto letterale e molto furba. Letterale perché il protagonista è un vero americano, nel senso di nativo americano. E poi perché nel film di sogni sì parla a lungo (tra l'altro le sequenze oniriche sono, nella loro semplicità e chiarezza, tra le migliori mai realizzate da Desplechin).
Avec sa tête toute cassée à l'intérieur, Jimmy Picard, indien Blackfoot, vétéran de la Seconde Guerre mondiale, est admis dans un hôpital militaire au Kansas. Il devient le patient de l'ethno-psychanalyste Georges Devereux, juif franco-roumano- hongrois, exilé lui aussi, dont l'approche diffère totalement de celle de ses confrères. Une solide amitié va naître de cette improbable rencontre.
Tourné aux Etats-Unis, entre le Montana et le Michigan, le nouveau film d'Arnaud Desplechin est adapté du livre du psychanalyste et anthropologue Georges Devereux, Psychothérapie d'un Indien des plaines, publié en 1951. L'ouvrage relate l'analyse de Jimmy Picard, un Indien Blackfoot, traumatisé par les combats auxquels il prit part pendant la seconde guerre mondiale.
François Truffaut utilisait, pour caractériser le thriller psychanalytique Pas de printemps pour Marnie d'Hitchcock, la catégorie devenue proverbiale de "grand film malade". Jimmy P. d'Arnaud Desplechin est un grand film guéri. Dans l'Ouest américain, en 1948, l'Indien Blackfoot Jimmy Picard, interné dans un hôpital psychiatrique, rencontre l'anthropologue aux origines juives hongroises Georges Devereux, [...] Vai alla recensione »
Dans le titre Jimmy P. (psychothérapie d'un Indien des plaines), soupesons chaque mot minutieusement et postulons que le plus important est... «plaines». Pourquoi ? Parce ce que c'est à nos yeux le mot qui, tout compte fait, ressemble le plus au film, celui qui décrit le mieux son paysage esthétique et mental, son volume vaste, sa solitude aussi, et d'une certaine façon son relief.
« Tu n'avais qu'une moitié de vie... » Cette réplique, dite par la soeur de Jimmy P., chaque personnage d'Arnaud Desplechin pourrait la faire sienne : le jeune homme de La Sentinelle, s'obstinant à retrouver l'identité d'une tête miniature. Ou la jeune fille d'Esther Kahn, avant qu'elle ne découvre le théâtre... D'où des films-parcours, presque des quêtes, filmés par le cinéaste comme de folles aventures. [...] Vai alla recensione »
A forza di parlare della bontà delle leggi cinematografiche francesi si rischia di perdere di vista la prima qualità del cinema transalpino, garantita da quelle leggi, ovvero la sua incredibile varietà, conseguenza di una libertà d'azione impensabile altrove. Solo nel paese della sempre invocata «eccezione culturale», infatti, un regista può prendere un classico dell'etnopsichiatria e andarsene nel [...] Vai alla recensione »
Arnaud Desplechin, classe 1960, è un regista francese molto stimato e sostenuto in patria e pressochè sconosciuto in italia.Partecipa regolarmente al festival di Cannes dai tempi della sua opera prima, La sentinella, e ogni volta sembra sul punto di centrare il bersaglio grosso. Non è ancora accaduto, e la nostra sensazione è che si tratti di uno di quei cineasti perennemente a metà del guado, capaci [...] Vai alla recensione »
Logorroico e barboso dramma, ispirato a una storia vera, incentrato sui disturbi psichici di Benicio Del Toro. Che impersona un indiano della tribù dei Piedi Neri, reduce di guerra in Europa. Nel 1948 il poveretto è ricoverato in un ospedale del Kansas, affidato alle cure del solerte psichiatra francese Mathieu Amalric. Dopo quasi due ore di sfibranti chiacchiere, il terribile mal di testa di cui soffre [...] Vai alla recensione »