danila belfiore
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martedì 25 marzo 2014
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"in grazia di dio". quattro donne vincono la crisi
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“In grazia di Dio”, film del regista salentino Edoardo Winspear, è un potente affresco contemporaneo; racconta la storia di quattro donne della stessa famiglia, che dopo aver chiuso la loro impresa famigliare schiacciata dai debiti e dalla concorrenza, si reinventano una vita e, riscoprendo valori ancestrali come il senso della famiglia, della comunità, del lavoro dei campi e del baratto, tornano a vivere “in grazia di Dio”.
Il cast, interamente composto da attori non professionisti, ha il merito di rendere la poesia del reale meglio di come avrebbero fatto attori di mestiere. E’ una sinfonia di volti vissuti che per mezzo di un dialetto autentico, afferrano lo spettatore trascinandolo nel “hic et nunc” del tempo raccontato.
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“In grazia di Dio”, film del regista salentino Edoardo Winspear, è un potente affresco contemporaneo; racconta la storia di quattro donne della stessa famiglia, che dopo aver chiuso la loro impresa famigliare schiacciata dai debiti e dalla concorrenza, si reinventano una vita e, riscoprendo valori ancestrali come il senso della famiglia, della comunità, del lavoro dei campi e del baratto, tornano a vivere “in grazia di Dio”.
Il cast, interamente composto da attori non professionisti, ha il merito di rendere la poesia del reale meglio di come avrebbero fatto attori di mestiere. E’ una sinfonia di volti vissuti che per mezzo di un dialetto autentico, afferrano lo spettatore trascinandolo nel “hic et nunc” del tempo raccontato.
Il film ha una costruzione semplice ma non semplicistica. E’ assente la forma del racconto classico con un incipit, uno sviluppo ed un finale . Piuttosto dipinge la complessità del reale, scattando una fotografia di una piccola parte di quel mondo rurale che contiene in sè il concetto di universalità.
Di fronte ad una forma stilistica che attinge al nostro migliore cinema neorealistico, emerge, di contro, un modo moderno e anticonvenzionale di far cinema, l’unico che oggi consenta di fotografare il mondo nelle sue contraddizioni. La Puglia è per il regista terra di contraddizioni per antonomasia in cui passato e presente, sacro e profano convivono in armonia. Anche le potenti immagini femminili che popolano quest’universo sono cariche di contrasti, dure e fragili, forti e tenere, istintuali e sentimentali.
Attraverso immagini del Salento, Winspear ci propone la sua visione di una vita “in grazia di Dio”: tornare ad un mondo umile dove il termine “umile” riafferra il senso etimologico di “humus”, terra. Il lavoro della terra ha qui una doppia valenza: spirituale ed artistico. Una vita naturale, il riaprirsi alla natura e agli altri, può condurre alla salvezza; allo stesso tempo la terra salentina è arte; è un quadro dipinto dal lavoro contadino che ne ha plasmato le belle forme naturali attraverso la costruzione di bianchi muretti a secco e terrazzamenti del terreno.
Sistematicamente il regista ha perseguito quest’ideale di ritorno alla naturalità di vita anche nella realizzazione del film: ha inventato il “pacco baratto”, ovvero aziende impossibilitate ad offrire soldi, hanno messo a disposizione prodotti e servizi, dalle automobili, alle biciclette ad un buono per il controllo e la pulizia dei denti.
Il film, che è anche un omaggio all’universo femminile e alla sua forza, che trova risorse laddove sembrerebbe esaurita ogni speranza, si chiude con un’ immagine in dissolvenza: quatttro donne abbracciate nel canto di una ninna nanna consolatoria in un quadro di struggente bellezza.
Consigliata la visione con occhiali da sole per non restare abbagliati da tanta beltà.
Danila Belfiore
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goldy
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martedì 25 marzo 2014
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il salento vero
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Direi che il film, uno dei tanti che ci parla di rapporti familiari e di difficoltà a sopravvivere nella quotidianità dell'oggi, si distingue per il livello di credibilità. Tutto quello che racconta di persone, luoghi, situazioni, linguaggio è di assoluta verità e questo è un grandissimo merito. A ciò si aggiunga un'ironia sottile, esilarante, contenuta ma di grande impatto comico. Le donne di tre generazioni così ben delineate e la terra che tutto tiene assieme e da senso alla vita di tutte. La masseria sul mare, un'isola di serenità recuperata e la schizofrenia del mondo esterno lasciato fuori dove si pensa a nutrire solo il corpo ma dove lo spirito si perde e si riduce a ottusa brutalità.
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Direi che il film, uno dei tanti che ci parla di rapporti familiari e di difficoltà a sopravvivere nella quotidianità dell'oggi, si distingue per il livello di credibilità. Tutto quello che racconta di persone, luoghi, situazioni, linguaggio è di assoluta verità e questo è un grandissimo merito. A ciò si aggiunga un'ironia sottile, esilarante, contenuta ma di grande impatto comico. Le donne di tre generazioni così ben delineate e la terra che tutto tiene assieme e da senso alla vita di tutte. La masseria sul mare, un'isola di serenità recuperata e la schizofrenia del mondo esterno lasciato fuori dove si pensa a nutrire solo il corpo ma dove lo spirito si perde e si riduce a ottusa brutalità. Una delizia.
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riccardo tavani
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mercoledì 16 aprile 2014
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la madra, la terra... ma l'ombra oltre luce dov'è?
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Il modo in cui è fotografato il paesaggio sembra uno degli aspetti salienti del film. Il paesaggio, anzi, appare come il personaggio principale del racconto, che dà le sue diverse tonalità e sfumature emotive alle quattro protagoniste. Quattro donne, quattro generazioni strette dalle difficoltà economiche in una casupola in mezzo a un uliveto sul mare roccioso del Salento ma divergenti nelle esigenze più profonde. Gli uomini che girano intorno a esse sono inconsistenti, irresponsabili, combinano solo guai o se ne vanno all’estero: sono avviluppati nell’imbastardimento sociale e antropologico del presente. Il paesaggio, la terra, in senso simbolico e materiale, ha la sua personificazione nel personaggio della capostipite, della madre, che non a caso si chiama Salvatrice, ovvero la terra madre che salva. È il retroterra arcaico, dalle zolle aride, dure, le pietre calcinate, ma sicuro, perché dà direttamente i suoi frutti che garantiscono l’esistenza. Il regista sembra voler indicare questo ritorno all’origine, all’economia dello scambio e, d’altronde anche lui ha veramente messo su da tempo un’azienda agricola familiare. Non vendete la terra, gli uliveti, gli angoli, gli spicchi di questo paesaggio raro alla speculazione, ai profittatori, i quali non fanno altro che impoverirvi collettivamente per aumentare la loro ricchezza personale. Bisogna tornare anche alla fede, alla fiducia nel ciclo naturale della terra, che è fede nella sua provvidenza, ovvero nel suo provvedere alle nostre necessità vitali. Salvatrice nutre questa fede semplice, ferma, che non si lascia trascinare dagli avvenimenti, perché ferma è la terra e le sue pietre. La terra lega tutto, ovvero re-lige: si prega Dio, si recita il rosario attorno al tavolo di cucina, ci si bagna nel mare, si cosparge di letame il campo. Il film, però, lascia perplessi, perché il tutto è giocato in maniera drammaticamente troppo schematica, quasi didascalica, e le immagini, pur facendoci percepire la luce, il calore e i colori del Salento, non si caricano di significati più profondi, ovvero capaci sotto, nel sottosuolo, e non rimanere solo nel fiore di luce calda sopra le zolle. Alla fine anche quella fede di Salvatrice che conduce a esiti di redenzione mi appare davvero troppo semplicistica. Guardando questo film, si capisce meglio la lezione e l’importanza di altri registi italiani, come Paolo Sorrentino, proprio nel sapere impregnare le immagini di rimandi esistenziali drammaticamente più complessi e però anche criticamente più veri.
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annamariaferramosca
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lunedì 28 aprile 2014
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un film che invita a cambiare
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Un film che invita a cambiare
C'era un bisogno acutissimo di un film come questo. Di un tempo della riflessione nel vuoto devastante dell’oggi.
Qualcuno sta finalmente comprendendo la deriva del nostro mondo, l'insensatezza del seguire da automi l'ingannevole via economicista- ipertecnologicaa, perdendo di vista la semplicità di ciò di cui abbiamo bisogno per dare senso all'esistere. E questo qualcuno tra i pochi, è il regista salentino Edoardo Winspeare, che con questo suo film In grazia di Dio, destinato costituire un modello “etico” oltre che estetico nella cinematografia italiana contemporanea, indica le possibili vie di resistenza e sopravvivenza.
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Un film che invita a cambiare
C'era un bisogno acutissimo di un film come questo. Di un tempo della riflessione nel vuoto devastante dell’oggi.
Qualcuno sta finalmente comprendendo la deriva del nostro mondo, l'insensatezza del seguire da automi l'ingannevole via economicista- ipertecnologicaa, perdendo di vista la semplicità di ciò di cui abbiamo bisogno per dare senso all'esistere. E questo qualcuno tra i pochi, è il regista salentino Edoardo Winspeare, che con questo suo film In grazia di Dio, destinato costituire un modello “etico” oltre che estetico nella cinematografia italiana contemporanea, indica le possibili vie di resistenza e sopravvivenza. Possibili se sapremo ritessere il nostro legame con la terra, ricostruire i cerchi degli affetti e della solidarietà, reinventare lo scambio di cose semplici, riscoprire la bellezza dei luoghi non ancora devastati, saperli proteggere perché essi continuino a proteggerci. Ma non si tratta di un edulcorato utopico mondo visto da un ecologista, sebbene sia sottesa la necessità improrogabile della difesa dei luoghi , perchè quella che passa nelle scene del film, peraltro sideralmente distante dal luccichio mondano di certo ambiziosa cinema nostrano, anche per la scelta di farvi lavorare attori presi tra la gente del luogo (e non per questo meno efficaci, anzi ) è una visione di umiltà e limpidezza dei comportamenti, che si percepisce qui identica , tra chi ha ideato il film e chi lo interpreta. Dove la fierezza nel contrastare i soprusi, la dolcezza del ritornare a ritmi più lenti e prendersi cura dei più fragili, la forza che viene dalla coesione dei nuclei familiari, è anche orgoglio di riscoprire un’appartenenza, sentirsi fuori da ogni omologazione.
Annamaria Ferramosca
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antonietta dambrosio
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lunedì 3 novembre 2014
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film nitido e crudo
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Santa Maria di Leuca, finibus terrae, dove finisce la terra e si allunga l'infinito. Da quella terra che scivola sul mare, dove scavano le radici ulivi dalla corteccia spessa e rugosa, le cui foglie brillano del riverbero del sole e profumano di sale, da lì riparte la vita. Riparte senza essere preceduta da un sogno. Tra terra, sole e mare si stagliano le quattro figure femminili che si muovono nella pellicola di Edoardo Winspeare, talmente vere da sentire ad un passo il suono della loro lingua, il coro della disperazione, il sudore sulla fronte, il peso della diffidenza, l'amore.
Winspeare ci racconta una storia del nostro tempo, dove Adele (Celeste Casciaro), ruvida quasi quanto la corteccia dei suoi ulivi ed il fratello Vito, si vedono costretti a chiudere il laboratorio che confeziona abiti per aziende del nord a causa dei debiti e del forte calo di commesse.
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Santa Maria di Leuca, finibus terrae, dove finisce la terra e si allunga l'infinito. Da quella terra che scivola sul mare, dove scavano le radici ulivi dalla corteccia spessa e rugosa, le cui foglie brillano del riverbero del sole e profumano di sale, da lì riparte la vita. Riparte senza essere preceduta da un sogno. Tra terra, sole e mare si stagliano le quattro figure femminili che si muovono nella pellicola di Edoardo Winspeare, talmente vere da sentire ad un passo il suono della loro lingua, il coro della disperazione, il sudore sulla fronte, il peso della diffidenza, l'amore.
Winspeare ci racconta una storia del nostro tempo, dove Adele (Celeste Casciaro), ruvida quasi quanto la corteccia dei suoi ulivi ed il fratello Vito, si vedono costretti a chiudere il laboratorio che confeziona abiti per aziende del nord a causa dei debiti e del forte calo di commesse.
Mentre Vito decide di emigrare con la famiglia, Adele si sposta in campagna. Con lei c'è sua madre, le cui preghiere son vere solo quando alla madonna chiede tempo per vivere la storia d'amore con Cosimo, il contadino che le ruba il cuore mentre sorridono raccogliendo i frutti della terra. Una storia d'amore che disturba Ina, figlia di Adele e figlia anche di un tempo che ruota attorno al vuoto. Con loro la sorella minore di Adele, Maria Concetta, che vive il disperato sogno di diventare attrice. Donne rugose e luminose che la terra piano ne definirà ruoli, sentimenti, ambizioni, unendole in un unico abbraccio nel momento in cui la vita stessa chiede vita. Pellicola nitida e cruda quasi quanto la vita e sui titoli di coda solo una speranza...che sia femmina!
Antonietta D'Ambrosio
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flyanto
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martedì 3 giugno 2014
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quattro donne unite nel ricostruirsi un'esistenza
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Film in cui si racconta di una famiglia composta principalmente da quattro donne appartenenti a generazioni diverse che a causa della profonda crisi economica si trovano costrette a chiudere e vendere ad un prezzo inferiore del suo valore il proprio laboratorio di confezioni tessili e di ritirarsi in una masseria in campagna a coltivare la terra. Da questo momento esse vivranno dedicandosi alla coltura dei campi ed alla produzione dei vari generi alimentari della terra che poi rivenderanno bene in paese e nel frattempo, tra vari litigi, incomprensioni e svariati avvenimenti riusciranno a far fronte alla crisi economica ed a ricostruirsi un'esistenza più che dignitosa ed in ogni caso rimanendo sempre più saldamente e profondamente unite nel proprio affetto.
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Film in cui si racconta di una famiglia composta principalmente da quattro donne appartenenti a generazioni diverse che a causa della profonda crisi economica si trovano costrette a chiudere e vendere ad un prezzo inferiore del suo valore il proprio laboratorio di confezioni tessili e di ritirarsi in una masseria in campagna a coltivare la terra. Da questo momento esse vivranno dedicandosi alla coltura dei campi ed alla produzione dei vari generi alimentari della terra che poi rivenderanno bene in paese e nel frattempo, tra vari litigi, incomprensioni e svariati avvenimenti riusciranno a far fronte alla crisi economica ed a ricostruirsi un'esistenza più che dignitosa ed in ogni caso rimanendo sempre più saldamente e profondamente unite nel proprio affetto.
Quest'ultima opera di Edoardo Winspeare ancora una volta come nelle altre sue precedenti ha come collocazione il territorio del Sud Italia e, precisamente la regione del Salento (la regione stessa della Puglia di una parte della sua famiglia), ma in questa occasione il regista non presenta una vicenda in cui viene presentato e denunciato l'aspetto negativo, nonchè piaga sociale, della mafia (vedi il precedente "Galantuomini") ma soltanto quello divenuto ormai purtroppo comune e quotidiano della crisi economica generale della società che attanaglia le popolazioni e paralizza l'economia sia dei singoli che del nostro paese intero. Ma questa tematica della crisi economica in realtà non è che un pretesto che serve a Winspeare per raccontare una storia di donne appartenenti allo stesso nucleo familiare che lottano duramente e sopratutto da sole contro le avversità ma che come in tutte le famiglie dove vige un ben radicato matriarcato rimangono fortemente unite e compatte riuscendo così a risollevare le proprie sorti. In questa pellicola infatti la figura degli uomini appare decisamente in secondo piano e molto più debole dal punto di vista caratteriale rispetto appunto a quello delle donne: il proprio fratello infatti si rifugerà in Svizzera con la sua famiglia nella speranza di un futuro migliore, lo spasimante, ex compagno di scuola della protagonista principale, si rivelerà come un uomo che ha assecondato il proprio destino professionale più per dovere e per inerzia che per propria volontà e pertanto un personaggio molto poco carismatico, seppure di buon cuore, il ragazzo che mette incinta la figlia della protagonista l'abbandonerà in quanto incapace ed immaturo ad assumersi le proprie responsabilità.E la grandezza di questo regista di origini austriache sta proprio nella sua capacità di aver delineato e rappresentato con profondo acume e sensibilità la psicologia e la natura del genere femminile e maschile, ritraendoli entrambi in maniera alquanto dettagliata e precisa e soprattutto vera.
A ciò si deve aggiungere la scelta che Winspeare ha fatto riguardo tutte le attrici protagoniste (peraltro poco conosciute al pubblico), assegnando a ciascuna di loro il proprio ruolo adatto e confacente e riuscendo così ad ottenere da tutte loro una performance quanto mai efficace, credibile e di sicuro impatto positivo.
Un vero gioiello di film.
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nonnotravis
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venerdì 18 aprile 2014
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eroi nella quotidianità
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Eroi nella quotidianità che "lottano tutte le ore", alla Caparezza, per mantenere in tempi duri la propria fa.
Non solo uno spaccato di vita familiare, ma c'è molto di più nella storia di questa famiglia del Sud Salento. Siamo nella terra degli ulivi e delle costruzioni in tufo e pietra leccese, in una terra che vive continuamente di quell' armoniosa contraddizione che c'è tra il suo mare caraibico e il tentativo di farsi strada nel turismo nazionale e, dall' altro lato della medaglia, la tradizione della vita familiare, un forte senso della fede e della società patriarcale, e perché no, talvolta un po' di superstizione.
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Eroi nella quotidianità che "lottano tutte le ore", alla Caparezza, per mantenere in tempi duri la propria fa.
Non solo uno spaccato di vita familiare, ma c'è molto di più nella storia di questa famiglia del Sud Salento. Siamo nella terra degli ulivi e delle costruzioni in tufo e pietra leccese, in una terra che vive continuamente di quell' armoniosa contraddizione che c'è tra il suo mare caraibico e il tentativo di farsi strada nel turismo nazionale e, dall' altro lato della medaglia, la tradizione della vita familiare, un forte senso della fede e della società patriarcale, e perché no, talvolta un po' di superstizione. Ed è su quest' ultimo lato che Edoardo Winspeare preme a fondo il pedale, con attori salentini acerbi che con una recitazione autentica e non banale riescono a preservare la purezza e l' ingenuità di questa terra. "In grazia di Dio" mostra la crisi dal punto di vista di un piccolo paesino del Sud Italia e dalle reazioni di quattro donne appartenenti alla stessa famiglia, ma a generazioni diverse. La nonna, ancorate alla tradizione e alla preghiera tenta di tenere su la famiglia con i consigli dei vecchi padri e riscopre l' amore in una storia d' amore tenera; le figlie, due personalità per certi versi opposte: Adele, da una parte, che vive in pieno l' onere di dover occuparsi della famiglia e di prendere suo malgrado decisioni difficili, dall' altra Maria Concetta, che ha il sogno di sbancare nel mondo dello spettacolo. Ed è in quest' ultima figura che si concentra uno spaccato di puro realismo tipico della tradizione meridionale: Maria Concetta entra sì in conflitto con la sorella perché questa gli "impedirà" il tentativo di fare un provino a Lecce per realizzare il suo sogno, ma come in un cerchio si ritorna al punto di partenza, sente il senso di appartenenza alla famiglia, comprende le difficoltà della sorella, e un mix così contrastante di ignavia e senso di responsabilità decide di restare al fianco del focolare, soprattutto di Ina, la nipote, che aspetta un bambino.
Il paeseggio tipico e il dialetto del posto rendono la recitazione completamente autentica, creando delle macchiette di tenera comicità, come la scena in cui Maria Concetta presenta il copione a Cosimo chiedendogli di recitare un dialogo con lei, e lui, sforzandosi in tutti i modi, ma con un senso dell' interpretazione praticamente nullo, fa ridere il resto della famiglia.
Il respiro di questa terra, incastonata nel tacco d' Italia, non viene sopraffatto da una singhiozzante crisi, ma risuona in Italia e raggiunge la Berlinale.
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