L'altra Heimat - Cronaca di un sogno

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Un film di Edgar Reitz. Con Jan Dieter Schneider, Antonia Bill, Maximilian Scheidt, Marita Breuer, Rüdiger Kriese.
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Titolo originale Die Andere Heimat - Chronik einer Sehnsucht. Drammatico, Ratings: Kids+16, durata 230 min. - Germania 2013. - Nexo Digital uscita martedì 31 marzo 2015. MYMONETRO L'altra Heimat - Cronaca di un sogno * * * * - valutazione media: 4,38 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

L'Heimat negata della realtà: resta solo il sogno Valutazione 5 stelle su cinque

di Riccardo Tavani


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lunedì 13 aprile 2015

Quest’ultima (per ora) quarta cantica cinematografica di Reitz è in bianco e nero e il colore appare solo qua e là ma come chiazze limitate a un qualche singolo oggetto. Il regista, però, non s’inoltra in avanti nella storia ma torna indietro, e di molto. Torna quasi a un’origine, al 1842, quando il villaggio era solo una strada di fango, poche case e la bottega da maniscalco e aggiusta carretti, con annessa fucina, di Johann Simon. Ancora una volta Reitz ci fa sentire sulla pelle e dentro lo stomaco la crudezza spietata di tante povere Heimat nel fango e nella prepotenza della storia. Lo fa sentire con la sua grande maestria di narrare attraverso l’ampio respiro dei movimenti della macchina da presa, il rigore delle inquadrature, la drammaticità e l’ironia delle situazioni, dei dialoghi, il ritmo sapiente del montaggio. Questa è l’Heimat del gelo infame, della fame nera, delle pestilenze che mietono neonati nelle culle, del grande esodo contadino verso il Nuovo Mondo. È al contempo la cronaca di un sogno, quello coltivato dal secondogenito Jakob: il Brasile, la sua natura sconfinata e rigogliosa, gli aborigeni dei quali studia la lingua e i costumi.  Vicende individuali, familiari, sentimentali, del villaggio, della regione, della Germania, del Continente s’innestano una nell’altra e si allargano in cerchi concentrici che lambiscono l’immaginario dell’esotica Heimat, laggiù nelle nuove Americhe.

 

L’Heimat reale è negata, essa è solo lavoro, dolore, sottomissione feudale, impossibilità di elevarsi attraverso lo studio e anche rinuncia all’amore come autenticità poetica ed esistenziale. Anche l’Heimat esotica immaginata, favoleggiata da Jakob, nei suoi studi linguistici e antropologici, è negata. Chi vi approda trova – sotto un altro clima e latitudine – ancora pane duro e amaro. 

 

Solo la tecnica sembra offrire un barlume di sollievo alla durezza di quella condizione, come nell’antico mito greco di Prometeo, il quale – disobbedendo a Giove – reca il fuoco, ossia proprio la tecnica, all’uomo, per migliorare la sua condizione di terrena miseria. Nella fucina della bottega paterna, il primogenito Gustav realizza una macchina a vapore, ma non riesce poi a metterla a punto, a governarla per essere utile nel lavoro. Solo l’assiduità con i libri che Jakob – che non parte per il Brasile ma rimane a Schabbach – permetterà a questi di disegnare e costruire una valvola in grado di regolarizzare il moto e la velocità della macchina. È questo della propensione tecnica dei Simon un tratto ricorrente fin dal primo ciclo di film, che si unirà poi – nel secondo – a quella artistica, musicale di Hermann Simon negli anni ’70. L’episodio della macchina a vapore ha un’eco in altro personaggio del film. Jettchen Niem è la ragazza di cui – insieme alle Americhe – Jakob s’innamora, tacitamente ricambiato con gli sguardi da lei. È Gustav, però, che la mette incinta e la sposa. Il padre di Jettchen ha un mulino ad acqua ed è muto. Con la grande ruota dell’ingranaggio lui leviga delle pietre, così sottilmente da renderle trasparenti. Le mostra poi felice alla figlia, dato che attraverso esse il mondo appare in una nuova fantastica luce. Durante la festa di matrimonio tra Gustav e sua figlia, il mugnaio muto muore improvvisamente. Il riferimento al cinema muto che rapidamente muore con l’avanzare della tecnica cinematografica sembra evidente: con esso anche il sogno soffuso di luce che faceva filtrare. La realtà – come vera, cruda Heimat di ogni uomo su questa Terra – è altro.

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