Visto finalmente “Django Unchained” di Quentin Tarantino. Ho ancora il sorriso stampato sulla faccia e cercherò di mettere nero su bianco le mie sensazioni.
Django Unchained è il nono film da regista di Quentin Tarantino e rappresenta la sua incursione nel genere western, più precisamente spaghetti western, da lui tanto amato. Il film è un omaggio (attenzione non un remake) al film "Django" di Sergio Corbucci del 1966 interpretato da Franco Nero che è presente anche in questo film con un cameo. Il cast è di altissimo livello: Jamie Foxx (Django lo schiavo liberato), Christoph Waltz ( il dottor King Schultz dentista tedesco cacciatore di taglie), Leonardo DiCaprio ( il villain Calvin Candie), Samuel L. Jackson ( il diabolico Stephen) e Kerry Washington ( Broomhilda la moglie di Django).
Tarantino riapre con questa pellicola il dibattito sullo schiavismo e sul razzismo nei confronti degli afro-americani negli Stati Uniti del Sud, alla vigilia della guerra civile. Tematiche difficili e ferite non ancora completamente rimarginate di un paese che ha saputo andare oltre senza però fermarsi molto a riflettere sul passato.
Come accaduto per “Bastardi senza gloria” il regista porta in scena una storia di vendetta e di rivalsa dei deboli e delle vittime. Dimostra nuovamente la sua capacità di sperimentazione, proietta, manipola e riscrive la storia.
Una sceneggiatura perfetta, come quelle che solo Tarantino sa scrivere. La trama scorre su binari ben definiti e lo spettatore riesce a trovare presto una sincera e totale empatia con i personaggi pensati ed interpretati in maniera sublime.
Jamie Foxx è un Django tenebroso e caparbio, non solo uno schiavo che cerca di riprendersi ciò che gli è stato tolto, ma un uomo che combatte per la propria libertà, l’eroe per eccellenza. Christoph Waltz è straordinario nei panni del dr. King Schultz al pari del ruolo che gli valse l’Oscar nel 2010 (quello del colonnello Hans Landa in “Bastardi senza gloria”), è inizialmente schietto, razionale e impenetrabile, ma mostra presto sensibilità ed emotività nel suo cuore. Leonardo DiCaprio interpreta brillantemente il crudele proprietario terriero Calvin Candie, il cattivo per eccellenza, razzista, borioso e pieno di sé.
I dialoghi sono il marchio di fabbrica di Tarantino e non deludono mai.
La musica come in tutti i film del regista non è mai mero sottofondo, ma anzi accompagna le scene, le esalta, segue il ritmo cinematografico e, a volte, addirittura, lo detta. Colonna sonora impeccabile come tutto il resto.
L’impressione è che Tarantino con questo suo ultimo film si sia avvicinato alla perfezione in ogni aspetto e sfaccettatura. E’ una ricerca costante che si nota e apprezza in ogni fotogramma, i fiori bianchi imbrattati di sangue sono li a testimoniarlo. E’ un film raffinato, pieno di eccessi, di citazioni e riferimenti colti, dove la violenza, meno gratuita del solito, viene come sempre ridicolizzata così come chi la compie.
Sicuri, per dirla alla Noel Gallagher, che “true perfection has to be imperfect”?
165 minuti (film più lungo di Tarantino) che omaggiano non solo un genere cinematografico ma il Cinema stesso. I cinefili sentitamente ringraziano.
Non si può non andare a vederlo.
Sono “persuaso” che non vi deluderà.
E ricordatevi di dirlo bene: Django, “La D è muta”!
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