pepito1948
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giovedì 19 settembre 2013
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fellini, dai disegni alle maschere
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“Quando a Rimini il giovane Fellini si immaginava a Roma, il miraggio non era affatto Cinecittà, ma il Marc’Aurelio”, puntualizza lo scrittore, critico cinematografico ed amico Tullio Kezich nel suo splendido “Federico – Fellini, la vita e i film”. Già, perché per capire colui che diventerà per antonomasia il Maestro del cinema italiano, non si può prescindere da quella fucina di geniali umoristi –come Steno, Metz, Age e Scarpelli, Marchesi ed altri, compreso lo stesso Scola- che costituì il trampolino di lancio per molti grandi cineasti italiani del dopoguerra. Fatte le debite differenze, il Marc’Aurelio fu ciò che per la fisica rappresentò il gruppo di ragazzi di Via Panisperna.
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“Quando a Rimini il giovane Fellini si immaginava a Roma, il miraggio non era affatto Cinecittà, ma il Marc’Aurelio”, puntualizza lo scrittore, critico cinematografico ed amico Tullio Kezich nel suo splendido “Federico – Fellini, la vita e i film”. Già, perché per capire colui che diventerà per antonomasia il Maestro del cinema italiano, non si può prescindere da quella fucina di geniali umoristi –come Steno, Metz, Age e Scarpelli, Marchesi ed altri, compreso lo stesso Scola- che costituì il trampolino di lancio per molti grandi cineasti italiani del dopoguerra. Fatte le debite differenze, il Marc’Aurelio fu ciò che per la fisica rappresentò il gruppo di ragazzi di Via Panisperna. E’ lì che Scola inizia il suo personale racconto, dall’arrivo del 19enne e smilzo Federico che con i suoi disegni e vignette si inserì facilmente nel clima ironico e ridanciano della redazione del giornale, pungente ma sempre attenta a non provocare più di tanto la censura fascista ed i clericali del tempo. Poco dopo si incuneò nella combriccola lo stesso Scola, che nel film si descrive con gli occhialetti da secchione (diremmo oggi da nerd) e l’aria ingannevole del timido liceale innocuo e acqua e sapone, pronto a tirare fuori le unghie della satira come tutti gli altri.
Poi Scola non segue la carriera dell’amico e sodale, ma piuttosto si sofferma sulle vicende strambe ma produttive sul piano artistico dei due, come le lunghe peregrinazioni notturne (dovute anche alla notoria insonnia di Fellini) nella Roma del boom, in cui erano soliti imbarcare personaggi atipici come la prostituta loquace e tante altre figure popolari, che avrebbero ispirato le famose maschere del cinema felliniano. Scola si mette a fianco del Maestro, lo asseconda affettuosamente, mettendone in rilievo l’innata curiosità, l’interesse per i diversi, la trasgressività pacata e bonaria, e soprattutto l’estro e la creatività, che daranno forma ad una serie di capolavori, di cui mostra in sequenze spezzoni, immagini, documenti di repertorio. Il mosaico che ne risulta è un mix originale di fiction e realtà, di scene recitate e brani di film e di vita di Federico, alternando i ritmi del racconto in diretta con i flash sul lavoro o le opere del regista, che alla fine vorticano sempre più velocemente fino ad esplodere in un grande, pirotecnico orgasmo (dello spettatore, innanzitutto).
Una narrazione personalissima che svela la vicinanza e l’omaggio verso un ineguagliabile artista ed amico cui fu vicino fino alla fine, dove la vena di sottile nostalgia verso tempi, atmosfere e persone che furono è compensata da un clima da simpatica rimpatriata, non priva di ironia, allegria e forse di affettuosa invidia.
Un Fellini visto con gli occhi di un grande regista e compagno di lungo viaggio, mai banale e sempre attento a non scivolare sul piano inclinato degli stereotipi, di una anonima biografia o, peggio, di una accorata agiografia.
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(di antonio montefalcone)
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filippo catani
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martedì 24 settembre 2013
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storia di un sodalizio tra due grandi registi
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Ettore Scola ripercorre le tappe più significative del rapporto che lo ha legato nel tempo a Federico Fellini.
Scola realizza un film-documentario che appassiona lo spettatore che ovviamente deve già un po' conoscere la storia dei due registi. Grazie al bravissimo Vittorio Viviani lo spettatore viene traghettato in un lungo viaggio che parte dal Marco Aurelio per poi arrivare alla conclusione della vita terrena di Fellini. In mezzo c'è un po' di tutto in un alternarsi di scene ora a colori ora in bianco e nero: l'avanspettacolo, il sodalizio con Age e Scarpelli, il rapporto con Mastroianni, le scorribande notturne in giro per Roma ma soprattutto c'è una vera e propria gemma rappresentata dai provini di Sordi, Tognazzi e Gassman per la parte di Casanova.
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Ettore Scola ripercorre le tappe più significative del rapporto che lo ha legato nel tempo a Federico Fellini.
Scola realizza un film-documentario che appassiona lo spettatore che ovviamente deve già un po' conoscere la storia dei due registi. Grazie al bravissimo Vittorio Viviani lo spettatore viene traghettato in un lungo viaggio che parte dal Marco Aurelio per poi arrivare alla conclusione della vita terrena di Fellini. In mezzo c'è un po' di tutto in un alternarsi di scene ora a colori ora in bianco e nero: l'avanspettacolo, il sodalizio con Age e Scarpelli, il rapporto con Mastroianni, le scorribande notturne in giro per Roma ma soprattutto c'è una vera e propria gemma rappresentata dai provini di Sordi, Tognazzi e Gassman per la parte di Casanova. Davvero gradevole anche l'artificio di inquadrare l'attore che interpreta Fellini di spalle e farlo parlare tramite brani di sue interviste. Insomma un viaggio in un'Italia che c'era una volta e che ora pare lontana da noi anni luce. Davvero bella anche la scena finale. Insomma un film gradevole che nel finale ci regala pezzi delle opere immortali del grande maestro e che si può vedere come un grande regalo che un amico ha fatto ad un altro amico.
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kalibano
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mercoledì 18 settembre 2013
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la magia di fellini vissuta nel racconto di scola
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mi sono recato a veder il film con l'orecchio attento del bambino che ascolta dal nonno, per la prima volta, la storia di un grande. Scola che racconta il suo Fellini. ho percepito in tutto molta ironia e leggerezza, infatti il mio occhio non entra nello specifico tecnico, ma interpreta e legge per sensazioni ed emozioni. il racconto si dipana tra reminiscenze di aneddoti e scorribande notturne personalmente vissute da Scola con Fellini. ma non si trova alcun rammarico del tempo che scorre inesorabile per tutti. i ricordi sono funzionali anche a questo. a rivivere i bei momenti ed avere il coraggio di poterli raccontare con un sorriso, più che con tristezza.
Scola si muove in un mondo di celluloide, proprio come il suo amico Federico, senza tralasciare la magia del "suo" Studio 5 dove tutto era possibile, pure far entrare la nave Rex in movimento o la laguna di Venezia.
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mi sono recato a veder il film con l'orecchio attento del bambino che ascolta dal nonno, per la prima volta, la storia di un grande. Scola che racconta il suo Fellini. ho percepito in tutto molta ironia e leggerezza, infatti il mio occhio non entra nello specifico tecnico, ma interpreta e legge per sensazioni ed emozioni. il racconto si dipana tra reminiscenze di aneddoti e scorribande notturne personalmente vissute da Scola con Fellini. ma non si trova alcun rammarico del tempo che scorre inesorabile per tutti. i ricordi sono funzionali anche a questo. a rivivere i bei momenti ed avere il coraggio di poterli raccontare con un sorriso, più che con tristezza.
Scola si muove in un mondo di celluloide, proprio come il suo amico Federico, senza tralasciare la magia del "suo" Studio 5 dove tutto era possibile, pure far entrare la nave Rex in movimento o la laguna di Venezia.
ma la vera magia ultima si scopre durante la veglia funebre del maestro dove lo stesso Fellini, pur nell'amarezza delle sue ultime avventure cinematografiche, quando aveva forse esaurito il suo raccontare, rinasce come un Pinocchio monello e bugiardo inseguito dai due gendarmi. il tutto termina sulla giostra dove si susseguono, ad un ritmo sempre più incalzante, le immagini dei suoi films oramai passate alla storia. la magia del cinema o la magia della vita?
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carlosantoni
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mercoledì 18 settembre 2013
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un omaggio originale al grande fellini
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Il film è davvero un deciso omaggio al cinema di Fellini, ma al tempo stesso mantiene la “cifra” di Scola. Le musiche sembrano tratte da “Amarcord” e altri film del maestro riminese, la fotografia che a seconda dei contesti temporali passa da colore a b/n (o come viene utilizzata per mantenere i volti completamente avvolti nel buio) ricorda il “C’eravamo tanto amati di Scola”, e così via. Trovo interessante (e un po’ faticosa) la prima parte, che rinvia a quella fucina di talenti dello spettacolo che fu il “Marc’Aurelio”: talenti sì, ma, va detto, parecchio spoliticizzati: e coi tempi che correvano (e che corrono!) non vuol essere un complimento. Ma l’onestà di un regista “politico” come Scola sta nel non ricamarci sopra fingendo che così non fosse.
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Il film è davvero un deciso omaggio al cinema di Fellini, ma al tempo stesso mantiene la “cifra” di Scola. Le musiche sembrano tratte da “Amarcord” e altri film del maestro riminese, la fotografia che a seconda dei contesti temporali passa da colore a b/n (o come viene utilizzata per mantenere i volti completamente avvolti nel buio) ricorda il “C’eravamo tanto amati di Scola”, e così via. Trovo interessante (e un po’ faticosa) la prima parte, che rinvia a quella fucina di talenti dello spettacolo che fu il “Marc’Aurelio”: talenti sì, ma, va detto, parecchio spoliticizzati: e coi tempi che correvano (e che corrono!) non vuol essere un complimento. Ma l’onestà di un regista “politico” come Scola sta nel non ricamarci sopra fingendo che così non fosse. Così, il film all’inizio finisce per parlare del giovanissimo Fellini in maniera un po’ ellittica: più che di lui parla del contesto in cui si formò, e delle amicizie che strinse, tra le quali quella con lo stesso Scola. Poi il discorso si dilata, e compaiono in carne ed ossa Mastroianni, Scola stesso ed altri. Bravo Rubini a interpretare un artista da strada. Trovo molto suggestivi e azzeccati gli inserti sonori, soprattutto l’ultimo, in cui la voce di Fellini sembra commentare post mortem, e in maniera azzeccatissima… la cerimonia funebre di lui medesimo! Lo scoppiettante finale, con un montaggio velocissimo di immagini tratte dai capolavori di Fellini, è un tributo alla fantasia onirica e debordante del grande cineasta, che spesso con le sue invenzioni ci ha fatto come volare, incuranti della nostra gravità, come accade soltanto a certi personaggi nei quadri di Chagall.
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aesse
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giovedì 26 settembre 2013
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da lorca a fellini
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CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO
Se certo non è guarigione di sicuro, il docufilm di Ettore Scola “ Che strano chiamarsi Federico”, per la mia orfanità felliniana, è cura. Il racconto, bello, che Scola fa di Fellini, incomincia con la silhouette del maestro scaturita dalla penna di Scola stagliata su un tramonto madrileno che è protagonista, insieme ai versi di Garcia Lorca, l’altro Federico, che da il titolo a quest’opera, della prima scena e anche, sigillo finale. Perché come in un cerchio, oppure un allegro carosello, l’inizio e la fine coincidono e circondano la storia di Fellini che incrocia quella di Scola seguendo un destino che per certi versi sembra comune.
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CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO
Se certo non è guarigione di sicuro, il docufilm di Ettore Scola “ Che strano chiamarsi Federico”, per la mia orfanità felliniana, è cura. Il racconto, bello, che Scola fa di Fellini, incomincia con la silhouette del maestro scaturita dalla penna di Scola stagliata su un tramonto madrileno che è protagonista, insieme ai versi di Garcia Lorca, l’altro Federico, che da il titolo a quest’opera, della prima scena e anche, sigillo finale. Perché come in un cerchio, oppure un allegro carosello, l’inizio e la fine coincidono e circondano la storia di Fellini che incrocia quella di Scola seguendo un destino che per certi versi sembra comune. Ambedue i registi, infatti, nascono come abili disegnatori e approdano al cinema attraverso la palestra “tosta” del Marco Aurelio . Il più giovane, Ettore, si avvicina per la prima volta a Fellini, quando da bimbetto legge e diverte il nonno cieco con le sapide strisce che il giovane Federico pubblica sul famoso giornale satirico dell’anteguerra. In questo docufilm Scola narra l’imprese di Fellini e i loro ripetuti incontri attraverso uno scorrere di eventi che quando non sono docu sono film, cioè un veloce treno di immagini che scorre su i binari di un set che lo è nel senso più archetipico. Gli incontri affascinanti che per i fellinomani sono topici e nostalgici, approdano sospinti dall’inarrestabile magia degli eventi, alla scena finale del funerale di Fellini che fatto salvo l’assenza della storica straziante scena della Masina che si protende disperata verso la bara del marito invocandolo, è puro documento tanto da fare pensare che quella bara custodita da i due carabinieroni sia la scena finale. Ma questa volta il tifo positivo ha, per fortuna la meglio, perché Scola sceglie di liberare il Pinocchio- Federico che corre libero via dagli studi di Cinecittà trasformandosi in un esplosivo caleidoscopio di immagini dei suoi celebri capolavori. Un Big Bang che cambia il passato in sempiterno futuro e che va a ben pascere l’inconscio collettivo. E’ questo insperato, o forse no, tipo di finale che rende questa bella opera di Scola consolatoria e quindi a suo modo curativa perché al mito di Fellini la morte non può nulla anzi ne determina con forza le prerogative precipue quindi nel sopravvenire anche fallisce!
ANTONELLA SENSI
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topo paolino
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domenica 20 ottobre 2013
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c'eravamo tanto divertiti
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Un film molto adatto per chi non conosce Fellini, amorevolmente ritratto (la voce che si sente della controfigura "grande" è sua) da un amico che ha condiviso con lui la formazione al "Marco Aurelio" diretto dal mitico De Bellis, che ha sfornato una serie di grandi registi e sceneggiatori del cinema italiano. Scola racconta soprattutto gli inizi, con il lavoro creativo di giovani straordinariamente talentuosi (dal vignettista Attalo, cui Fellini si ispirerà per le sue fantastiche caricature del film "Roma" al futuro sceneggiatore Maccari). Ne viene fuori una figura positiva, che non a caso Scola indica, proprio lui, il più grande Pinocchio italiano, tra i due Carabinieri nella camera ardente, come rappresentante dell'Italia retta ed essa premiata con il suo ultimo Oscar.
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Un film molto adatto per chi non conosce Fellini, amorevolmente ritratto (la voce che si sente della controfigura "grande" è sua) da un amico che ha condiviso con lui la formazione al "Marco Aurelio" diretto dal mitico De Bellis, che ha sfornato una serie di grandi registi e sceneggiatori del cinema italiano. Scola racconta soprattutto gli inizi, con il lavoro creativo di giovani straordinariamente talentuosi (dal vignettista Attalo, cui Fellini si ispirerà per le sue fantastiche caricature del film "Roma" al futuro sceneggiatore Maccari). Ne viene fuori una figura positiva, che non a caso Scola indica, proprio lui, il più grande Pinocchio italiano, tra i due Carabinieri nella camera ardente, come rappresentante dell'Italia retta ed essa premiata con il suo ultimo Oscar. Molto riuscite le caratterizzazioni della prostituta e soprattutto del pittore di strada interpetato dall'ottimo Rubini. Affascinanti i trascoloramenti che esprimono la magia del cinema nel Teatro 5. Non era facile fare un film su Fellini. Scola, come tutti quelli che lo hanno conosciuto, racconta il "suo", con la sua cifra stilistica riconoscibile, concedendosi anche delle, peraltro assolutamente pertinenti, autocitazioni. Un dolce ricordo contro l'amaro dell'Italia contemporanea, che ritrova chi nel mondo la rappresenta nella sua espressione migliore, che, senza altro fare che quello che sentiva congeniale, ha aiutato, aiuta e aiuterà a vivere.
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rita branca
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domenica 2 novembre 2014
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“la festa di fellini” di rita branca
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“Che strano chiamarsi Federico” (2013) film di Ettore Scola con Giulio Forges Davanzati, Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Ernesto D’Argenio, Vittorio Viviani, Sergio Rubini
Ancora una volta Ettore Scola colpisce nel segno con un film adorabile in cui, come di consueto in tutti i suoi numerosi capolavori, riempie gli occhi e il cuore dello spettatore di struggente bellezza e forti emozioni alternate a momenti di gradevole umorismo e sana ironia.
In questo affascinante “amar cord” outdoor con l’utilizzo di un narratore esterno, la cui presenza non disturba affatto, Scola ripercorre la vita del grande regista italiano fin dai suoi esordi artistici, quando diciannovenne, lasciata la natale Rimini, a Roma, entra a far parte dell’équipe dell’importante rivista satirica “Marc’Aurelio”, per la quale anche il giovane Scola collabora.
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“Che strano chiamarsi Federico” (2013) film di Ettore Scola con Giulio Forges Davanzati, Tommaso Lazotti, Maurizio De Santis, Ernesto D’Argenio, Vittorio Viviani, Sergio Rubini
Ancora una volta Ettore Scola colpisce nel segno con un film adorabile in cui, come di consueto in tutti i suoi numerosi capolavori, riempie gli occhi e il cuore dello spettatore di struggente bellezza e forti emozioni alternate a momenti di gradevole umorismo e sana ironia.
In questo affascinante “amar cord” outdoor con l’utilizzo di un narratore esterno, la cui presenza non disturba affatto, Scola ripercorre la vita del grande regista italiano fin dai suoi esordi artistici, quando diciannovenne, lasciata la natale Rimini, a Roma, entra a far parte dell’équipe dell’importante rivista satirica “Marc’Aurelio”, per la quale anche il giovane Scola collabora. Il film ha il sapore autentico della testimonianza di prima mano che lo rende ancor più gustoso, senza quasi mai entrare nel privatissimo (viene totalmente ignorato il ruolo di Giulietta Masina nell’esistenza di Fellini… delicato pudore o forse la necessità di spazi più ampi da dedicare a questo capitolo importantissimo del vissuto Felliniano?).
Si illustrano le vicende quotidiane ed artistiche di Fellini fino alla fine della luminosa carriera premiata, insieme a numerosi altri premi prestigiosi, con quattro Oscar, ed oltre, con uno scherzo finale che il “grande bugiardo” mette in atto facendosi inseguire da due pomposi carabinieri nel corso del suo funerale, così ricreando le atmosfere italiane degli anni ’40-’90 e dando un’idea precisa del senso dell’affermazione Felliniana che “la vita è una festa” e così va vissuta. E’ questo il sentimento che prevale in tutto il racconto filmico: la gioia di vivere e la giocosità con cui va affrontato il quotidiano, con garbata ironia, sempre priva dei veleni che infangano molta di quella contemporanea spesso capace solo di amareggiare.
Subito riconoscibile la firma di Scola nella rappresentazione affettuosa dell’umanità variegata, perfino nelle sue bassezze, nelle mediocrità, nella filosofia che la sottende talvolta inaspettatamente e che questo straordinario regista trasforma in note poetiche.
Un encomio speciale va a Sergio Rubini per la sua interpretazione perfetta dell’artista di strada che Fellini invita a bordo della sua macchina, per accompagnare uno dei suoi vagabondaggi notturni per le vie di Roma e riempire le notti insonni forse alla ricerca di approfondimenti sull’umanità e nuove ispirazioni.
La convincente interpretazione e la bella fotografia rendono questo film assolutamente imperdibile.
Rita Branca
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flyanto
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giovedì 19 settembre 2013
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ettore scola racconta l'amico fellini
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Film omaggio a Federico Fellini da parte del regista, nonchè suo grande amico, Ettore Scola che, in occasione del ventennale anniversario della morte del grande artista romagnolo, ne presenta un ritratto quanto mai vero ed affettuoso. Egli parte raccontando gli esordi professionali del giovane Federico sino ad arrivare a presentare il suo successo nell'età più matura ed infine la sua morte. Il ritratto che ne fa Scola è senza dubbio generale ma, a mio parere, piuttosto sommario e poco esaustivo. Con la comprensione che è pressoché quasi impossibile condensare la figura del grande Fellini in meno di 120 minuti (non basterebbero nemmeno molte più ore), Ettore Scola non approfondisce il modo del tutto particolare e innovativo con cui Federico concepiva di fare cinema ed il suo mondo fatto di immagini fantastiche ed oniriche.
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Film omaggio a Federico Fellini da parte del regista, nonchè suo grande amico, Ettore Scola che, in occasione del ventennale anniversario della morte del grande artista romagnolo, ne presenta un ritratto quanto mai vero ed affettuoso. Egli parte raccontando gli esordi professionali del giovane Federico sino ad arrivare a presentare il suo successo nell'età più matura ed infine la sua morte. Il ritratto che ne fa Scola è senza dubbio generale ma, a mio parere, piuttosto sommario e poco esaustivo. Con la comprensione che è pressoché quasi impossibile condensare la figura del grande Fellini in meno di 120 minuti (non basterebbero nemmeno molte più ore), Ettore Scola non approfondisce il modo del tutto particolare e innovativo con cui Federico concepiva di fare cinema ed il suo mondo fatto di immagini fantastiche ed oniriche. E mentre risulta così molto esauriente e ben delineata la prima parte della pellicola in cui Fellini muove i primi passi della sua professione presso il giornale satirico "Marco Aurelio", la seconda ed ultima della sua consacrazione e del suo eclatante successo viene rapidamente tratteggiata, stonando un poco con la precisione e la dovizia di particolari, appunto, della prima. E' anche vero che tutti sono a conoscenza del Fellini ormai affermato, ma risolverlo in una forma così sbrigativa ne riduce notevolmente la figura e l'omaggio a lui donato. Un'occasione sprecata, peccato!
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