Non è un film di fantascienza, nonostante il mostro tentacolato che per qualche attimo aleggia sulla città, simile agli alieni di Arrival dello stesso Villeneuve. Non è una semplice trasposizione del L’Uomo duplicato di Saramago. E’ un rompicapo simbolico risolvibile assumendo la prospettiva onirica del regista.
Villeneuve fa apparire come realtà il sogno ricorrente del protagonista, come se fosse una routine quotidiana fatta di lavoro, casa e amante. Il racconto non obbedisce alle leggi cronologiche, le immagini si succedono, secondo un andamento circolare del tempo disegnando spazi concentrici, come i fili che percorrono la tela di un ragno dai margini fino al centro. Lo spettatore-insetto, incauto, dall’inizio, costruisce senso interpretando ciò che vede alla luce di una logica che segue le usuali regole spazio temporali, fino a giungere al cospetto del mostro, inteso in senso etimologico. Mississauga e Toronto, due città a 30 km di distanza, a significare la contiguità di reale ed irreale, l’esistenza di altri mondi appena fuori città, ma già in un’altra città, entrambe vissute nella psiche, che mescola costantemente passato e presente, dislocandosi ad ogni istante in un altrove possibile. Il protagonista Jake Gyllenhaal,già interprete di Source Code,per certi aspetti simile ad Enemy, è un professore di storia dell’Università di Toronto o un attore? Il professore, Dottor Jekyll, è reale, e l’attore, Mr. Hyde, è il suo alter ego. Il professore con un passato di attore in parti di poco conto, ostacolato nelle sue aspirazioni artistiche dalla madre che non crede nelle sue capacità, sei mesi prima, appena la moglie è incinta, lascia l’amante, smette di frequentare un club a luci rosse, non si reca più a Mississauga presso l’agenzia degli attori, dove è conosciuto con un nome d’arte. Ogni notte ha un sogno ricorrente, nel quale, dopo il lavoro, incontra la sua amante. Quando la sua parte oscura riemerge dalle profondità dell’inconscio, in cui era stata relegata, rivendicando un ruolo nella vita reale, il professore cede a sé stesso, rimette gli abiti del passato ed incontra l’amante che non vedeva da sei mesi. L’amante scopre il segno della fede, nel frattempo da lui indossata, gli fa una scenata, non sapendo fosse sposato, hanno un incidente d’auto e muoiono. Il protagonista prima di morire vede nel parabrezza, incrinatosi nell’urto, il disegno di una ragnatela e sogna di tornare a casa. Gli apre il custode, nella realtà il portiere del club privato, piange, sembra pentito, ma, trovando la nuova chiave di accesso al club, decide di andarvi, fa per inventare una scusa per potere uscire, ma la moglie si è trasformata in un enorme ragno. Così il film si chiude con l’apparizione onirica dell’immagine simbolo della creazione cosmica, come si era aperto con il mistero della creazione della vita umana, rappresentato nella prima scena da una donna gravida nella sua nudità. Nel mezzo, l’uomo, solo, nell’affannosa e vana ricerca di una chiave interpretativa, come lo spettatore rispetto al film, che gli consenta di mettere ordine nella sua vita e di dare un senso al tutto, ma il tutto, ci dice Villeneuve, è oscuramente governato da forze caotiche e indecifrabili.
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