michele marconi
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sabato 4 gennaio 2014
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eccelso per interpretazioni e sceneggiatura
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Tra il bene e il male, è sempre meglio non essere banali. David O. Russell, su questo, non può che essere d’accordo. American Hustle, infatti, riesce benissimo a far parlare di sé. Attesissimo fin dalle prime indiscrezioni sul cast, questo film, forte delle 7 nomination ai Golden Globe ha attirato l’attenzione di tutti, sia quella del grande pubblico che quella più raffinata ed esigente di chi al cinema cerca la firma d’autore. Che dire? Cercando di riordinare le idee (impresa piuttosto ardua di fronte a pellicole di questo peso), la certezza che rimane scolpita ed inattaccabile è che siamo di fronte a delle interpretazioni davvero formidabili.
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Tra il bene e il male, è sempre meglio non essere banali. David O. Russell, su questo, non può che essere d’accordo. American Hustle, infatti, riesce benissimo a far parlare di sé. Attesissimo fin dalle prime indiscrezioni sul cast, questo film, forte delle 7 nomination ai Golden Globe ha attirato l’attenzione di tutti, sia quella del grande pubblico che quella più raffinata ed esigente di chi al cinema cerca la firma d’autore. Che dire? Cercando di riordinare le idee (impresa piuttosto ardua di fronte a pellicole di questo peso), la certezza che rimane scolpita ed inattaccabile è che siamo di fronte a delle interpretazioni davvero formidabili. I cinque attori protagonisti, inutile mentire, sono la vera attrazione del film. Christian Bale, trasformista per eccellenza (ma reso comunque irriconoscibile e distante da ogni aspetto abbia assunto nel corso della sua carriera), dotato di riporto e di pancia alla Babbo Natale, ricopre il ruolo di maggior peso all’interno della vicenda. Truffatore di professione e truffato nella vita domestica, veste i panni anni 70’-80’ dell’impostore incastrato dall’FBI e costretto a collaborare in cambio della libertà. Ciò che gli viene promesso, tuttavia, è lungi dall’essere desiderabile al pari del ritrovato rapporto con l’amante, Sydney Prosser (AmyAdams), bellissima e sensuale complice, anch’essa coinvolta nella vicenda. Quest’ultima, infatti, giunta al limite di sopportazione per via della mancata rottura del suo amato con la moglie Rosalyn Rosenfeld (Jennifer Lawrence), si lascia affascinare dall’agente federale Richie DiMaso (Bradley Cooper) che guida l’operazione. Catturato da manie di grandezza, Richie DiMaso decide di alzare il tiro e si prodiga per incastrare Jeremy Renner il sindaco italoamericano della città di Camden, in New Jersey, dapprima tentando di corromperlo e poi spingendolo con l’astuzia tra le mani delle organizzazioni mafiose.
La trama non è certamente una di quelle più facili da riassumere ma, per quanto non riservi colpi di scena imprevedibili, non si fa troppa fatica ad apprezzarne i contenuti. Se tra intrighi, deliri, gelosie e strategie lo spettatore non annaspa, è sicuramente merito della sceneggiatura, mai banale e sempre brillante. Il senso di stanchezza che porta con sé il procedere della storia, soprattutto nella seconda parte, è certamente lo sgambetto che ci si aspetta mettendo così tanta carne al fuoco. Nei punti chiave, soprattutto quando il cast si ritrova tutto in scena, lo spettatore non riesce e seguire gli sbalzi emotivi di tutti i protagonisti e inciampa nella sinuosa trappola che ogni film corale porta con se: è davvero difficile affezionarsi ed immedesimarsi in un personaggio a tal punto da non essere tentati di distogliere continuamente l’attenzione per cercare di cucire insieme i vissuti emotivi di tutti gli altri. Anche per questo, personalmente, ritengo sia un film che riesce ad essere apprezzato maggiormente durante seconda visione.
Leggermente sottotono, al confronto con tutto il resto, la gestione della colonna sonora. Se i pezzi sono perfetti, certamente si poteva fare di meglio con i tagli: poco riusciti e troppo ravvicinati. La fotografia e i costumi (tanto caratteristici da sembrare quasi caricaturali) ripagano abbondantemente il debito.
American Hustle, insomma, soddisfa alcuni punti di vista ed eccelle su altri. Forte di un cast che può contare su diversi nomi in voga e coraggioso a sufficienza da imbarcarsi in un progetto anti colossal, O. Russell non manca il bersaglio. Tra inquadrature soggettive e atmosfere retrò, il rischio di perdersi nelle menti dei personaggi è reale, ma con attori in così grande spolvero non può che essere un dolce nafugragar. American Hustle, insomma, è un film consigliatissimo, che vale anche la seconda visione in sala.
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[+] un bluff
(di marienbad)
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andrea giostra
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giovedì 9 gennaio 2014
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la gente crede a quello che vuole credere
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“L’arte di sopravvivere è un’avventura che non finisce mai”: è questa la sintesi perfetta del bellissimo e coinvolgente film di David O. Russell che si avvale dell’ottima sceneggiatura del bravo Eric Singer. David O. Russel, com’è suo consolidato costume, si sofferma brillantemente sui protagonisti della storia rendendoli personaggi intriganti e straordinari capaci di colpire e di incuriosire lo spettatore per tutta la narrazione, fino a farlo innamorare di ognuno di loro. E’ sbalorditivo come Russel riesca, all’interno di una storia così intricata e sviluppata su piani complessi ed alternativi, a realizzare un ottimo thriller dove non ci sono veri cattivi che sappiano aizzare virtualmente lo spettatore in slanci di odi e maledizioni: e questa è pura arte cinematografica.
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“L’arte di sopravvivere è un’avventura che non finisce mai”: è questa la sintesi perfetta del bellissimo e coinvolgente film di David O. Russell che si avvale dell’ottima sceneggiatura del bravo Eric Singer. David O. Russel, com’è suo consolidato costume, si sofferma brillantemente sui protagonisti della storia rendendoli personaggi intriganti e straordinari capaci di colpire e di incuriosire lo spettatore per tutta la narrazione, fino a farlo innamorare di ognuno di loro. E’ sbalorditivo come Russel riesca, all’interno di una storia così intricata e sviluppata su piani complessi ed alternativi, a realizzare un ottimo thriller dove non ci sono veri cattivi che sappiano aizzare virtualmente lo spettatore in slanci di odi e maledizioni: e questa è pura arte cinematografica. Ma c’è un altro messaggio che lancia Russel: “la gente crede a quello che vuole credere” malgrado l’apparenza possa dire il contrario. Ma l’apparenza si sa, se manipolata da chi della truffa ne ha fatto un’arte, può ben ingannare. E poi, chi tra il pittore e il falsario è il vero artista in un falso creduto autentico?
Gli attori sono tutti bravissimi, anche se Christian Bale è una spanna sopra gli altri. Il film, senza dubbio alcuno, è da non perdere.
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(di the moon)
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shiningeyes
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venerdì 3 gennaio 2014
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truffatori, uomini ambiziosi e doppiogiochismi.
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Si attendeva con ansia il nuovo film di David O’Russell, in un periodo molto fervido di progetti per il regista dopo il buon “The Fighter” e l’acclamato ”Silver Linings Playbook”. “American Hustle” è un leggero passo avanti in confronto agli ultimi lavori grazie ad una sceneggiatura complessa e brillante e alla totale conferma che il detto “squadra che vince non si cambia” si adatta benissimo a O’Russel, che porta con sé quasi l’intero cast dei suoi ultimi film, rafforzando il legame con essi e sapendone tirare fuori le consuete prove eccezionali da parte loro. La bravura del cast e la solidità della storia creano un’ottima fusione che riesce a dare al film una freschezza d’altri tempi che riesce a tenere alto l’interesse dello spettatore, sennonché, ci sia qualche questione da chiarire meglio nella comunque ottima sceneggiatura.
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Si attendeva con ansia il nuovo film di David O’Russell, in un periodo molto fervido di progetti per il regista dopo il buon “The Fighter” e l’acclamato ”Silver Linings Playbook”. “American Hustle” è un leggero passo avanti in confronto agli ultimi lavori grazie ad una sceneggiatura complessa e brillante e alla totale conferma che il detto “squadra che vince non si cambia” si adatta benissimo a O’Russel, che porta con sé quasi l’intero cast dei suoi ultimi film, rafforzando il legame con essi e sapendone tirare fuori le consuete prove eccezionali da parte loro. La bravura del cast e la solidità della storia creano un’ottima fusione che riesce a dare al film una freschezza d’altri tempi che riesce a tenere alto l’interesse dello spettatore, sennonché, ci sia qualche questione da chiarire meglio nella comunque ottima sceneggiatura. La storia trae ispirazione da un’operazione congiunta del FBI e di alcuni truffatori professionisti per smascherare dei politici che intascavano bustarelle. Nel film, liberamente scritto e che non prende per filo e per segno i fatti accaduti, c’è la coppia truffaldina impersonata dal duo Irving (Christian Bale)& Sidney (Amy Adams) che imbroglia malcapitati a colpi d’opere d’arte false vendute e con fondi finanziari inesistenti, fino all’arrivo di un ambizioso agente del FBI (Bradley Cooper) che li vuole usare per creare una maxi-truffa che coinvolga alcuni politici e nel quale sarà usato come esca l’onesto sindaco di Camden (Jeremy Renner). Le cose sembrano andare bene, ma si dovranno fare i conti con l’interessamento della mafia nell’affare/truffa e la mina vagante Rosalyn (Jennifer Lawrence), stupida moglie di Irving. Con un cast di così tanta qualità è scontato aspettarci grosse cose da questo film, e non dico che le aspettative sono deluse: O’Russell dirige a menadito questo cast, ormai conosce gli attori che interpretano le loro parti meglio di quanto si conoscano loro stessi, e pertanto, può permettersi di scavare le loro più profonde emozioni in modo da farli diventare gli effettivi personaggi della storia, che non sono solo truffatori e uomini ambiziosi, ma sono soprattutto delle persone normali, con le fragilità e problemi che si portano le persone normali, sono esattamente come noi che li guardiamo ed è difficile che noi stessi non ci sentiamo emotivamente coinvolti come loro; c’è da aggiungere che la regia di O’Russel (che omaggia Scorsese e un poco Tarantino) è supportata da una fotografia che riprende in maniera efficiente il periodo fine anni 70, ed è supportata da un montaggio da nomination all’Oscar. Nel cast, da come si è già detto, tutti si mettono in luce, ma se si dovrebbe scegliere il migliore di loro la scelta ricadrebbe in Christian Bale, che ha forse la fortuna di rivestire i panni del personaggio più difficile e simpatico del lotto; tanto di cappello, comunque, alle ragazze: Amy Adams è splendida nella sua Sidney abile e manipolatrice quanto malinconica e insicura; Jennifer Lawrence, che avrebbe meritato più spazio, s’impegna pure di più della sua collega, interpretando una donna triste e dal cervello di gallina, ma che è un uragano che cambia le carte in tavola dell’operazione, un’interpretazione che potrebbe dargli il secondo Oscar di fila; aggiungo i meriti per un ottimo Bradley Cooper, che sembrerebbe davvero tirare fuori il meglio di sé con O’Russell. L’unica cosa che mi permetto criticare in questo bel film è una prima parte non troppo esplicativa su quello che fanno di preciso i due imbroglioni e che è forse un po’ troppo piatta, per fortuna che l’intreccio poi si snoda bene, ma comunque aspetterei di vedere la versione originale per notare se ci sono o no falle nella sceneggiatura, cosa anche probabile, poiché O’Russell ha dichiarato più volte che preferisce soffermarsi più sui personaggi più che sulla storia, e il ritratto psicologico strepitoso che lo delinea ne è l’emblema. Insomma, “American Hustle” è un quasi capolavoro, che è però segnale di un cinema d’autore che si sta facendo largo in mezzo ai vari film digitali senz’anima e che fa recuperare il gusto di vedere film ben scritti con interpretazioni degne di nota, e non è poco; si spera di vederne di più pellicole come queste.
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[+] una sarabanda di divertimento, spettacolo e volti
(di antonio montefalcone)
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marcomponti
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venerdì 10 gennaio 2014
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david o. russell a un passo dal capolavoro
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Dopo il successo de “Il Lato Positivo” il bravo registra David O. Russell ne ripropone la fortunata coppia di attori, affiancandovi due grandi star del calibro di Christian Bale, Amy Adams, già da lui diretti nel film The Fighter e mette in scena sicuramente il suo film migliore.
La complessa trama è ambientata tra il 1974 e il 1978 e narra la storia del truffatore Irving Rosenfeld (Christian Bale), che, dopo aver conosciuto la bella e seducente Sydney Prosser (Amy Adams) e avendo avviato con lei sia una passionale relazione sia una collaborazione di “affari”, si trova suo malgrado a lavorare a fianco dell'agente federale Richie DiMaso (Bradley Cooper), invaghito della sua compagna, per incastrare una serie di politici e mafiosi, tra cui Carmine Polito, l'imprevedibile sindaco della povera città di Camden, in New Jersey, dovendo inoltre gestire la problematica moglie Rosalyn Rosenfeld (Jennifer Lawrence).
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Dopo il successo de “Il Lato Positivo” il bravo registra David O. Russell ne ripropone la fortunata coppia di attori, affiancandovi due grandi star del calibro di Christian Bale, Amy Adams, già da lui diretti nel film The Fighter e mette in scena sicuramente il suo film migliore.
La complessa trama è ambientata tra il 1974 e il 1978 e narra la storia del truffatore Irving Rosenfeld (Christian Bale), che, dopo aver conosciuto la bella e seducente Sydney Prosser (Amy Adams) e avendo avviato con lei sia una passionale relazione sia una collaborazione di “affari”, si trova suo malgrado a lavorare a fianco dell'agente federale Richie DiMaso (Bradley Cooper), invaghito della sua compagna, per incastrare una serie di politici e mafiosi, tra cui Carmine Polito, l'imprevedibile sindaco della povera città di Camden, in New Jersey, dovendo inoltre gestire la problematica moglie Rosalyn Rosenfeld (Jennifer Lawrence).
Il film segue la classica traccia dei film del genere, utilizzando lo strumento narrativo dei “truffatori truffati” per tenere alta la tensione, ma lo fa con una maestria e una complessità da lasciare lo spettatore incollato alla sedia, nel vano tentativo di capire chi sia veramente la vittima e chi il truffatore, in un crescendo di emozioni e di tensione utilizzando come pretesto narrativo l’ossessiva ricerca dell’agente DiMaso del pesce sempre più grosso da catturare; il ritmo è incalzante, la tensione crescente, la sceneggiatura superba, con dialoghi da antologia di tarantiniana bellezza, supportata da quattro grandissime interpretazioni, su tutte quella di un Cristian Bale grassoccio e stempiato con gli occhiali da sole sempre addosso; ogni dettaglio è curato con maestria dalla fotografia ai costumi e persino le acconciature dei protagonisti (memorabili la scena iniziale e quella di Cooper con i bigodini).
Il tutto fino a dieci minuti dalla fine.
Sì perché la storia, preparata con dovizia di allusioni alla “truffa più grande di sempre” per uscire da una situazione ormai fuori controllo, cuoce a puntino lo spettatore, che viene preparato per un finale scoppiettante, che alla fine non ci sarà, lasciandogli una sensazione di amaro in bocca per una conclusione della vicenda quanto mai banale e prevedibile, che risolve due ore di preparazione in dieci sbrigativi e frettolosi minuti, mancando per un niente di diventare un capolavoro.
Resta comunque un gran bel film, vivamente consigliato, che non farà sicuramente rimpiangere i soldi spesi per vederlo.
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romifran
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martedì 7 gennaio 2014
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camaleontico christian bale...
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Un film di grande impatto emotivo, costruito su una scenaggiatura impeccabile, interpretato in maniera magistrale da un cast di tutto rispetto. Christian Bale sorprende per la sua abilità di autentico trasformista del corpo: anoressico in "L'uomo senza sonno", palestratissimo ne "Il cavaliere oscuro", ingrassato e volutamente flaccido in "American Hustle". Interpreta magistralmente, con il suo corpo, la decadenza di una società opulenta, che ha smarrito i suoi valori e cerca nell'imbroglio e nella truffa la realizzazione del "sogno americano". Illuminante il rapporto del protagonista con le sue "laundries", nelle quali vengono ambientate alcune scene-chiave del film, dove si ripuliscono gli abiti dalla sporcizia e lui vi sosta beato, quasi preconizzando la piega onesta e "ripulita" che la sua vita è destinata a prendere: è noto, infatti, che il crimine non paga.
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Un film di grande impatto emotivo, costruito su una scenaggiatura impeccabile, interpretato in maniera magistrale da un cast di tutto rispetto. Christian Bale sorprende per la sua abilità di autentico trasformista del corpo: anoressico in "L'uomo senza sonno", palestratissimo ne "Il cavaliere oscuro", ingrassato e volutamente flaccido in "American Hustle". Interpreta magistralmente, con il suo corpo, la decadenza di una società opulenta, che ha smarrito i suoi valori e cerca nell'imbroglio e nella truffa la realizzazione del "sogno americano". Illuminante il rapporto del protagonista con le sue "laundries", nelle quali vengono ambientate alcune scene-chiave del film, dove si ripuliscono gli abiti dalla sporcizia e lui vi sosta beato, quasi preconizzando la piega onesta e "ripulita" che la sua vita è destinata a prendere: è noto, infatti, che il crimine non paga. Attori tutti in ottima forma e addirittura eccellente il cameo di De Niro il quale, per pochi minuti domina la scena come un gigante e, pur invecchiato com'è, continua a "bucare lo schermo". Un film sorprendentemente definito "thriller", ma che del thriller ha molto poco, se non l'agitazione, quella sì, delle anime vaganti e a tratti perdute dei suoi protagonisti che vibrano di collera, di solitudine, di rimorso, di paura a momenti alterni, ma che hanno un unico, comune obiettivo: l'americanissima e indiscussa "quest of happiness". Capolavoro!
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jaylee
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domenica 19 gennaio 2014
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la stangata 2.0
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Ambientato a metà anni 70, American Hustle ci racconta di due truffatori relativamente piccoli, Irving (C. Bale) e Sydney (A. Adams), che vengono incastrati dal FBI (B. Cooper): in cambio della loro impunità, vengono arruolati per incastrare a loro volta altri truffatori; ma la storia si ingigantirà, allargando il tiro su politici corrotti di livello sempre più alto, ed infine la mafia del gioco d’azzardo.
Qui, ognuno imbroglia l’altro e tutti imbrogliano tutti gli altri, creando degli intrecci molto complessi: così, Irving, sposato con Rosalyn (J. Lawrence), sta in realtà con Sydney, che però imbastisce un doppio gioco con Richie; Richie imbroglia il suo capo, e così via. Insomma, l’imbroglio non come espediente, ma come metafora di un modus vivendi, dove il primo ingrediente per rendersi credibile è mentire a se stessi.
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Ambientato a metà anni 70, American Hustle ci racconta di due truffatori relativamente piccoli, Irving (C. Bale) e Sydney (A. Adams), che vengono incastrati dal FBI (B. Cooper): in cambio della loro impunità, vengono arruolati per incastrare a loro volta altri truffatori; ma la storia si ingigantirà, allargando il tiro su politici corrotti di livello sempre più alto, ed infine la mafia del gioco d’azzardo.
Qui, ognuno imbroglia l’altro e tutti imbrogliano tutti gli altri, creando degli intrecci molto complessi: così, Irving, sposato con Rosalyn (J. Lawrence), sta in realtà con Sydney, che però imbastisce un doppio gioco con Richie; Richie imbroglia il suo capo, e così via. Insomma, l’imbroglio non come espediente, ma come metafora di un modus vivendi, dove il primo ingrediente per rendersi credibile è mentire a se stessi.
Partiamo da quello che ci piace: visivamente, già dai titoli di apertura, il mood degli anni 70 è reso straordinariamente, le ambientazioni, i costumi abbinati ad una ottima selezione musicale ne fanno un’opera davvero godibile, anche se, a dir la verità non particolarmente innovativa. Anche i dialoghi, (si dice in gran parte improvvisati) sono molto serrati, ironici, naturali ed efficaci: Il regista si è affidato al suo cast di altissimo livello per tirar fuori il meglio dalla trama, e per tanti versi ci riesce. Tutti i protagonisti sono bravissimi, menzione d’onore per Christian Bale, fisicamente (come gli capita spesso) irriconoscibile nel suo personaggio obeso e col riporto inguardabile, ed una straordinaria Amy Adams, magnetica, sensuale ed intensa come mai in carriera. Ottimi anche Bradley Cooper, aggressivo, arrivista, perdente con i suoi riccioli permanentati, Jennifer Lawrence, alcolista maniaco-depressiva, e Jeremy Renner, italo-americano alla Joe Pesci. Ultima citazione non casuale, visto che complessivamente il film ricorda, narrativamente e per i toni e le dinamiche dei dialoghi, l’epopea di Quei Bravi Ragazzi di Scorsese; forse non casualmente appare un cameo di Robert De Niro, che, ci duole dirlo, ormai sembra recitare se stesso.
Capolavoro? Purtroppo no. American Hustle è un film fatto di dialoghi, costruito per i dialoghi ed infine fagocitato dai dialoghi. La trama (anche nel senso primario di tessuto), appare uniforme, monocorde dall’inizio alla fine, e non c’è mai un cambio di ritmo. Le sorprese, così messe di fila l’una dopo l’altra finiscono con l’annullare ogni sorpresa… ed infatti il finale risulterà piuttosto telefonato (come si dice nel basket). Se volessimo fare una metafora, American Hustle appare l’opera di un virtuoso della chitarra come possono esserlo i vari Malmsteen, Satriani, Vai, con tanti passaggi straordinari tecnicamente, ma senza anima. Sembra peraltro un tema ricorrente per il regista, che con Three Kings, The Fighter e soprattutto Il Lato Positivo, sembra veramente affidarsi troppo ai virtuosismi dei suoi interpreti, che finiscono, volutamente o meno, col cannibalizzare il film a proprio vantaggio. Tentazione che coi vari Bale, Adams, Cooper, Lawrence (da notare che sono tutti al secondo film con il regista) deve essere molto forte, tanto un Oscar ci scappa lo stesso. Gli ingredienti sono tutti buoni, ma il mix non convince fino in fondo: sostituire l’intuizione con la complessità non paga mai. Al momento, rischia di essere uno dei registi più sopravvalutati di questo decennio.
Godibile, ma incompiuto. (www.versionekowalski.it)
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diomede917
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domenica 5 gennaio 2014
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l'arte di sopravvivere
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l regista David O' Russell chiude la sua personale trilogia sul cadere per poi rinascere guadagnandosi una laurea con lode che sia il preludio per l'ambita statuetta il 2 Marzo.
Ispirato all'operazione Abscam, con la quale l'Fbi incastrò numerosi politici corrotti grazie all'aiuto di un truffatore di professione, American Hustle è un viaggio dentro il sogno o meglio l'incubo americano post watergate e Vietnam......una precisa descrizione dei perdenti che caratterizzò il cinema americano anni '70.
Anni rappresentati benissimo fin dai titoli di testa così fortemente vintage con i suoi colori, la sua musica, i suoi vestiti, le sue acconciature e i suoi eccessi.
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l regista David O' Russell chiude la sua personale trilogia sul cadere per poi rinascere guadagnandosi una laurea con lode che sia il preludio per l'ambita statuetta il 2 Marzo.
Ispirato all'operazione Abscam, con la quale l'Fbi incastrò numerosi politici corrotti grazie all'aiuto di un truffatore di professione, American Hustle è un viaggio dentro il sogno o meglio l'incubo americano post watergate e Vietnam......una precisa descrizione dei perdenti che caratterizzò il cinema americano anni '70.
Anni rappresentati benissimo fin dai titoli di testa così fortemente vintage con i suoi colori, la sua musica, i suoi vestiti, le sue acconciature e i suoi eccessi.
E i protagonisti della storia sono le icone di quegli anni.
Irving Rosenfeld è il lato romantico della storia......truffatore dal cuore d'oro trasformato così dalle durezze della vita che hanno impedito il padre di emergere, sposato con una svampita ragazza madre legato a doppio filo al figlio di lei ma innamorato della sua socia in affari....
Sidney la socia di Irving e' il lato sofferto della storia....una ragazza che viene dal basso, una che sa cosa vuol dire guadagnarsi con le unghie e con i denti quello che ha, una che è costretta a cambiare nome e identità e soffocare i propri sentimenti perché la vita va così....
Richie Di Maso è il lato ambizioso della storia......agente dell'Fbi che vede in questa operazione la possibilità di emergere da una mamma cattolica che lo opprime e una pseudo fidanzata che lo aspetta.....è l'impazienza dell'ambizione uno che non ascolta la morale della favola se la inventa pur di andare avanti senza scrupoli...
Rosalind è il lato instabile della storia.....rappresenta quell'America nevrotica e ingenua che pensa di essere la più furba ma viene fottuta dal primo che capiti quasi come una sorta di autolesionismo...
David O' Russell dirige questa storia fatta di inganni e doppi giochi, di specchi per le allodole e scatole cinesi come fosse un direttore d'orchestra dall'abilita di Arturo Toscanini grazie all'abilità dei propri musicisti che conosce alla perfezione visto che hanno lavorato con lui nelle altre due opere della sua trilogia.....e lui usa mettendo in evidenza il loro lato più che positivo....
Così Christian Bale mette in evidenzia la sua maniacale perfezione sul personaggio, ingrassando a dismisura con uno strabordante pancione e un ridicolo riporto che rende ancora più tenero questo romantico figlio di puttana tutte le volte che è in scena;
Amy Adams mai così sensuale con quelle camicie con scollo aperto ma due occhi che ti riportano al suo personaggio da vedere per credere il sofferto confronto con Jennifer Lawrence nel bel mezzo della truffa.....
Bradley Cooper meraviglioso nei sui eccessi e nella sua vanità.....sono ormai un cult i suoi bigodini....
E Jennifer Lawrence.......basta la scena da casalinga frustrata che canta Live and Let Die di Paul McCartney per capire chi abbiamo di fronte.....
Di American Hustle quel che colpisce, oltre la superlativa prova attoriale, è l'abilità della messa in scena molto scorsesiana......per diversi tratti mi ha ricordato il bellissimo Casinò e il cameo di Robert De Niro che cita Asso Rothstein ne è la prova (bastano quei 5 minuti a far capire a chi non lo conosce perché è considerato il migliore)......
American Hustle è qualcosa di più di un thriller con stangata finale......è la parabola di una certa America che è tutta rappresentata nella frase finale sull'Arte del sopravvivere
Voto 9
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frodohack2
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venerdì 3 gennaio 2014
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grande cast, grande trama, nulla di scontato
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L'unica cosa che manca a questo film è la banalità. Le scene sono spettacolari, per i colori, la musica e la cinepresa usata veramente con maestria. Le frasi non sono scontate ed ogni personggio in fondo riveste il suo ruolo unico e necessario. La lotta alla mafia americana nell'ambito della cinematografia, cambia volto grazie ad American Hustle, dando un senso di divertimento e musicalità alla solita trama. Il cast ovviamente è di tutto rispetto, gli attori sono splendidi nel loro ruoli e vengono avvicinati anche da altri colleghi in piccoli ma necessari cameo. Il film è lungo, ma non necessariamente contiene delle scene superflue. Credo che il segreto giusto per vedere questo film sia la lentezza, che aiuta a capir meglio i ragionamenti che intraprendono i personaggi.
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L'unica cosa che manca a questo film è la banalità. Le scene sono spettacolari, per i colori, la musica e la cinepresa usata veramente con maestria. Le frasi non sono scontate ed ogni personggio in fondo riveste il suo ruolo unico e necessario. La lotta alla mafia americana nell'ambito della cinematografia, cambia volto grazie ad American Hustle, dando un senso di divertimento e musicalità alla solita trama. Il cast ovviamente è di tutto rispetto, gli attori sono splendidi nel loro ruoli e vengono avvicinati anche da altri colleghi in piccoli ma necessari cameo. Il film è lungo, ma non necessariamente contiene delle scene superflue. Credo che il segreto giusto per vedere questo film sia la lentezza, che aiuta a capir meglio i ragionamenti che intraprendono i personaggi. Non si può dimenticare di menzionare Christian Bale, che in questo film compie un'interpetazione straordinaria rivestendo il personaggio più difficile del film (penso che a Bale si addicano le maschere). Insomma, dopo il rimpianto de "Lo Hobbit", credo di aver finalmente trovato un film degno di essere incoronato film di Natale, un buon inizio per il 2014.
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catcarlo
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venerdì 3 gennaio 2014
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american hustle
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Per il film con cui confermare il suo buon momento creativo, David O. Russell raccoglie gli attori delle due precedenti pellicole e li immerge in una storia di imbrogli e contro-imbrogli (da cui il sottotitolo italiano ‘L’apparenza inganna’) ispirata a fatti realmente accaduti agli inizi degli anni Settanta. Il tutto riporta certo alla mente film come ‘La stangata’, ma lo svolgimento è personale e la mano assai felice così che non si avvertono le oltre due ore di durata malgrado la trama sia tutto meno che lineare. Irving (Bale) e Sydney (Adams) sono due imbroglioni dalla notevole intesa ‘lavorativa’ e sessuale – malgrado la panza e il riportone di lui, Bale è ingrassato di una ventina di chili per il ruolo – che però cercano di non fare il passo più lungo della gamba.
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Per il film con cui confermare il suo buon momento creativo, David O. Russell raccoglie gli attori delle due precedenti pellicole e li immerge in una storia di imbrogli e contro-imbrogli (da cui il sottotitolo italiano ‘L’apparenza inganna’) ispirata a fatti realmente accaduti agli inizi degli anni Settanta. Il tutto riporta certo alla mente film come ‘La stangata’, ma lo svolgimento è personale e la mano assai felice così che non si avvertono le oltre due ore di durata malgrado la trama sia tutto meno che lineare. Irving (Bale) e Sydney (Adams) sono due imbroglioni dalla notevole intesa ‘lavorativa’ e sessuale – malgrado la panza e il riportone di lui, Bale è ingrassato di una ventina di chili per il ruolo – che però cercano di non fare il passo più lungo della gamba. Questo non basta ad evitar loro il venire incastrati dall’agente federale Richie DiMaso (Cooper) che, osteggiato dal proprio capo, pensa di sfruttarli per far carriera scoprendo i maneggi di alcuni politici locali implicati nella ricostruzione di Atlantic City. Due sono i fattori che mandano in crisi l’operazione, l’interessamento della mafia alla gestione delle case da gioco – nella persone dal killer Victor Tellegio, un Robert De Niro che, senza comparire nei titoli, fa un’autocitazione dei tempi di ‘Quei bravi ragazzi’ e ‘Casinò’ che è anche un omaggio a Scorsese – e Rosalyn (Lawrence), quasi ex moglie di Irving che è molto meno scricoccata di quanto il suo comportamento faccia pensare, ma è comunque una componente non controllabile. Per cavarsela, Irving e socia danno fondo al loro mestiere e in qualche modo riescono a girarsene fuori, mentre nella rete restano solo alcuni pesci piccoli e il sindaco Carmine Polito (Renner), uno che bene o male ha sempre agito per la comunità e, col passare del tempo, di Irving è diventato amico. Alla fine, sono i delinquenti di professione a risultare più ‘onesti’ – morale discutibile e non certo nuova, una delle poche perplessità che il film fa nascere - mentre Richie sparisce dalla scena, scaricato anche da chi pensava di sfruttarne gli eventuali successi. Contrappasso doloroso per un narciso come lui – memorabile la scena con i bigodini in testa per farsi i ricci – tanto remissivo in casa quanto aggressivo fuori in una ricerca di giustizia sbilanciata dall’ambizione. Nei suoi panni, Cooper offre un’ottima interpretazione, forse solo qua e là un po’ forzata, di un altro personaggio con molte più ombre che luci dopo Avery in ‘Come un tuono’: è però tutto il cast che funziona alla perfezione, regalando un insieme di interpretazioni di altissimo livello, tanto che appare davvero difficile citare uno e non l’altro. Va però sottolineato che – a fianco della bravura di Bale, Adams e Renner – si fa notare Lawrence che sembra un’altra rispetto a quella di ‘Hunger games’ e sa sfruttare con notevole efficacia il minor spazio concessole facendo di Rosalyn una figura fondamentale. Questa insistenza sugli attori è voluta dal regista che si è sempre detto molto più interessato ai personaggi che all’intreccio: i caratteri sono infatti disegnati a tutto tondo con psicologie definite anche con l’aiuto degli interpreti che sovente sono stati lasciati liberi di improvvisare sullo spartito di una sceneggiatura di Eric Singer (rivista da Russell) che risale a qualche anno fa. Altrettanta importanza è data alle dinamiche psicologiche fra le varie figure, con la cinepresa che le segue spesso da distanza ravvicinata alternandosi tra di loro per coglierne le differenti sfumature in special modo nei frequenti faccia a faccia: si tratti di scontri a muso duro o momenti di forte tensione sensuale, ogni situazione è svolta in modo da cercare di trasmettere allo spettatore il massimo delle sensazioni. Ne esce un film di gran ritmo che guarda con notevole cinismo, umorismo acido e una punta di amarezza alla società in cui tali personaggi hanno potuto svilupparsi. Al confronto, meno definito è il contesto: la fotografia di Linus Sandgren è bella, colorata come da momento storico e mai banale, ma gli anni Settanta restano sullo sfondo (con più di un anacronismo, vedi ‘I feel love’ nella versione dei Bronski Beat) e, a parte qualche elemento decorativo – i pesanti telefoni, le camicie aperte sul petto gli occhiali a goccia e, soprattutto, i vestiti vedono-non-vedo di Amy Irving – si ha l’impressione che la vicenda sarebbe potuta essere ambientata in qualsiasi altro periodo senza perdere nulla della sua efficacia. Efficacia che ha fatto incetta di candidature ai Golden Globe e minaccia di ripetersi agli Oscar.
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martedì 7 gennaio 2014
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protagonisti impeccabili
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Nonostante una sceneggiatura forse non troppo originale, David O. Russell crea una commedia frizzante che tiene incollati allo schermo per le oltre due ore di durata della pellicola, soprattutto grazie ad un lavoro pressocchè perfetto svolto sui 5 protagonisti della vicenda: interpretazioni sopra le righe da parte di tutti, in particolare la Lawrence da di nuovo prova delle sue grandissime doti da attrice (performance da oscar, vediamo se riuscirà a ripetersi dopo la vittoria dello scorso anno, avvenuta sempre sotto la guida dello stesso regista).
Come ci viene mostrato fin da subito, in American Hustle ogni personaggio cerca di reinventarsi, di cambiare se stesso, di ingannare gli altri; spesso infatti ci si chiederà durante la visione "Ma lui sta dalla parte sua o di quell'altro?", e non è un caso quindi che nella prima scena Christian Bale, visivamente ingrassato (strepitosa anche la sua interpretazione), nasconda la sua calvizia con colla, capelli finti e riporto.
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Nonostante una sceneggiatura forse non troppo originale, David O. Russell crea una commedia frizzante che tiene incollati allo schermo per le oltre due ore di durata della pellicola, soprattutto grazie ad un lavoro pressocchè perfetto svolto sui 5 protagonisti della vicenda: interpretazioni sopra le righe da parte di tutti, in particolare la Lawrence da di nuovo prova delle sue grandissime doti da attrice (performance da oscar, vediamo se riuscirà a ripetersi dopo la vittoria dello scorso anno, avvenuta sempre sotto la guida dello stesso regista).
Come ci viene mostrato fin da subito, in American Hustle ogni personaggio cerca di reinventarsi, di cambiare se stesso, di ingannare gli altri; spesso infatti ci si chiederà durante la visione "Ma lui sta dalla parte sua o di quell'altro?", e non è un caso quindi che nella prima scena Christian Bale, visivamente ingrassato (strepitosa anche la sua interpretazione), nasconda la sua calvizia con colla, capelli finti e riporto. Ed è proprio su questo punto che il regista focalizza la sua attenzione, più che sulla trama (che comunque risulta più che piacevole): porta all'estremo le capacità recitative di ogni attore per ricreare sulla pellicola le loro doppie vite, le loro personalità, i loro sogni, i loro desideri nascosti fino a creare personaggi complessi e quasi contraddittori (per esempio Richie DiMaso (Bradley Cooper), che passa le giornate ad inseguire politici corrotti per poi tornare la sera a casa dalla mamma).
Aspettando 12 anni schiavo e The wolf of wall street, per ora io so chi tifare alla notte deli Oscar.
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