After Earth - Dopo la fine del mondo

Dalla trame accattivante ma piuttosto premasticata, alla scelta degli attori (assolutamente meno incisivi delle altre accoppiate Adulto-Bambino di precedenti film di Shyamalan), After Earth è un prodotto "via di mezzo", tra i soliti polpettoni fantascientifici hollywoodiani e i precedenti (non pochi) film new age dal sapore ecologista che proiettano il futuro umano in un ambiente fuori dalla terra (con "Avatar" come testa di serie).
Il problema è che il regista, dai ritmi notoriamente lenti, non è di sicuro adatto a tenere testa alla concorrenza in questo campo. Shyamalan è bravo (e non poco) a mettere in scena altro: storie di paura, è vero, ma di paura che viene dal di dentro, da noi stessi, non certo da mostri che seguono impronte di feromoni: è la paura di cui il regista di aveva parlato in "The Village", dove i mostri nemmeno esistevano realmente ma facevano di sicuro più paura. O la paura de "Il Sesto Senso", paura della morte e della vita dopo la morte. La paura dello spazio, dell'ignoto e della fede, quella rappresentata in "Signs". Altri tempi, un altro Shyamalan. In questo film perde le riprese lente e misurate, con la videocamera che "spia" le azioni dei protagonisti. Perde il senso del mistero e dell'ignoto, partendo "in media res" e affidando alla narrazione del bambino "la spiegazione" di come si ritrova lì sperduto, solo in mezzo ad un ambiente ostile. Perde il senso di nullità e di impotenza che Will Smith proprio non riesce a rappresentare con la sua mono-espressività (penso al Mel Gibson di "Signs", che vuole tenere il controllo della situazione e l'unità della famiglia ma non riesce...)
Non un filmaccio, questo "After Earth", ma di sicuro non altezza dei precedenti del regista... ancora una volta, dovremmo dire. Ancora un mezzo flop, dopo "l'ultimo dominatore dell'aria", questo Shyamalan sembra non voler tornare a stupirci e ad emozionarci davvero.