pepito1948
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lunedì 17 dicembre 2012
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bicicletta della libertà, verde della speranza
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L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese.
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L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese. Come in tutte le manifestazioni artistiche che sfidano i regimi locali, facendo attenzione a non provocarne eccessive reazioni, il film è ricco di simbolismi e di "veli": protagonista è una bambina che desidera un bicicletta verde, ovvero l'innocenza che anela e spera di ottenere la libertà di movimento (compresa quella di uscire dalla propria casa), negata dall'autorità perchè è una "cosa da uomini". Tutta la vicenda si svolge tra donne, ciascuna con un ruolo significativo: l'autorità istituzionale cui è demandata la prima formazione religiosa (la direttrice scolastica inflessibile, che cammina su due visibili tacchi di ipocrisia), l'autorità familiare (la madre che si dibatte tra imposizione teologica ed amore materno), l'umanità che trasgredisce in nome di diritti elementari negati (la giovinetta della bicicletta), la platea delle donne toccate dalla tentazione (le compagne della scuola coranica), ma che non trovano il coraggio di lottare apertamente. Sono esclusi dal campo gli uomini, fonti delle limitazioni dei diritti delle donne, tranne un adolescente autorizzato ad usare quel mezzo a due ruote, ancora insensibile agli insegnamenti dei grandi e sostanzialmente complice della piccola protagonista. Tutte le scene sono girate in interni, tranne il finale in cui domina una periferia spoglia ma non povera e dilatata ed aperta come l'animo della ragazzetta che pedala negli ampi spazi di una città che sa di immoto; una conquista che nasconde forse la verità di un sogno o comunque una prospettiva di speranza. Tutto è ovattato, come se una nebbia smorzasse ogni segno di violenza, che invece si avverte in ogni immagine, tranne che nella libera interazione dei due adolescenti. Haifaa Al Mansour, che si è avvalsa di un produttore americano per realizzare il film, è riuscita - sia pure attraverso abili espedienti "cautelari"- a mostrare al mondo la realtà dura ed oppressa di un Paese ricco di mezzi ma poverissimo di libertà, soprattutto per le donne doppiamente colpite in quanto tali dalla protervia del maschilismo dominante. In Arabia Saudita non è arrivata la primavera araba, anche se affiorano qua e là singulti di una timida opposizione. Le richieste di attenzione e di aiuto sono quindi affidate all'arte, più accattivante e meno compromettente, che, come in questa opera di chi conosce bene la verità, può contribuire in modo efficace a sollevare il velo sulla violenta repressione contro il principale nemico dei sistemi teo-politici fondamentalisti: la donna, con il suo coraggio e l'ostinazione a smascherare l'odio maschilista contro la "mannaia" della parità dei generi.
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(di kaipy)
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cineandre
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giovedì 3 gennaio 2013
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l'eroica semplicità di una ragazzina
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"La biciletta verde" ha il pregio di essere un film che si presenta senza particolari pretese intellettuali o di denuncia. Si presenta così come la sua protagonista, in modo semplice. Vuole raccontare una storia, uno spaccato di quotidianità di una ragazza. La protagonista è una vivace, allegra e intelligente ragazzina dell'Arabia Saudita che "desidera" la sua adorata biciletta, vietata alle ragazze dalle leggi maschiliste della tradizione religiosa.
La grande occasione per tramutare i suoi sogni in realtà è partecipare alla gara di Corano che la scuola che frequenta ha organizzato. In quel caso dovrà uniformarsi alle odiose regole morali imposte dalla scuola, per farsi benvolere e diventare una probabile condidata alla vittoria.
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"La biciletta verde" ha il pregio di essere un film che si presenta senza particolari pretese intellettuali o di denuncia. Si presenta così come la sua protagonista, in modo semplice. Vuole raccontare una storia, uno spaccato di quotidianità di una ragazza. La protagonista è una vivace, allegra e intelligente ragazzina dell'Arabia Saudita che "desidera" la sua adorata biciletta, vietata alle ragazze dalle leggi maschiliste della tradizione religiosa.
La grande occasione per tramutare i suoi sogni in realtà è partecipare alla gara di Corano che la scuola che frequenta ha organizzato. In quel caso dovrà uniformarsi alle odiose regole morali imposte dalla scuola, per farsi benvolere e diventare una probabile condidata alla vittoria. Studiando a più non posso e diventando improvvisamente studentessa modello, la ragazza riuscirà ad ingannare la temuta direttrice, garante del rigore morale della scuola.
La bicicletta verde è una metafora sulla banalità dei sistemi totalitari, così concettualmente fragili da essere beffetti dai sogni e dalla semplicità di una ragazzina.Nei suoi desideri infantili, la ragazza traccia un'idea di futuro diversa per le generazioni che verranno, senza particolari rivendicazioni. Sono solo i suoi desideri di ragazzina.
E alla fine sarà il ""sistema" ad apparire infantile, capriccioso e contraddittorio con le sue assurde prescrizioni religiose massimaliste.
E' un inno delicato alla speranza.
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flyanto
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martedì 11 dicembre 2012
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ua bicicletta come emblema di ribellione e libertà
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Film in cui una bambina di religione musulmana viene descritta come un'adolescente "ribelle" in quanto per la sua allegria, la sua ingenuità, la sua gioia di vivere nonchè spensieratezza proprie, del resto, della sua età, va contro corrente e contro la severissima morale imposta dalla società. Tutte le sue giornate si dividono tra la scuola, i giochi e l' amicizia con un suo coetaneo (alquanto disdicevole per la sua religione) inseguendo il suo più grande desiderio di comprarsi una bicicletta tutta sua nonostante questo oggetto sia considerato deplorevole e non permesso alle le donne dai dettami del Corano. Dietro questo racconto di pura quotidianità vengono descritte e presentate la mentalità e le regole (per noi alquanto assurde) che sono impostie dalla religione musulmana, illustrandoci la difficile condizione di non eguaglianza in cui vivono le donne rispetto agli uomini.
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Film in cui una bambina di religione musulmana viene descritta come un'adolescente "ribelle" in quanto per la sua allegria, la sua ingenuità, la sua gioia di vivere nonchè spensieratezza proprie, del resto, della sua età, va contro corrente e contro la severissima morale imposta dalla società. Tutte le sue giornate si dividono tra la scuola, i giochi e l' amicizia con un suo coetaneo (alquanto disdicevole per la sua religione) inseguendo il suo più grande desiderio di comprarsi una bicicletta tutta sua nonostante questo oggetto sia considerato deplorevole e non permesso alle le donne dai dettami del Corano. Dietro questo racconto di pura quotidianità vengono descritte e presentate la mentalità e le regole (per noi alquanto assurde) che sono impostie dalla religione musulmana, illustrandoci la difficile condizione di non eguaglianza in cui vivono le donne rispetto agli uomini. Il tanto agognato desiderio della biciletta e la sua realizzazione finale rappresenta un segno di libertà e di ribellione da parte delle nuove generazioni che lottano o cercano di lottare contro delle leggi altamente incomprensibili ed anacronistiche. Nulla di nuovo viene in realtà svelato in questa pellicola di quanto già si sa riguardo la mentalità particolare delle popolazini del Medio Oriente, ma in una forma leggera e serena (come è il carattere della protagonista stessa, peraltro molto brava alla sua prima esperienza artistica) essa viene a costituire un buono spunto per riflettere ulteriormente e profondamente. Non è comunque un caso che questo delicato e sensibile film sia stato girato da una donna che è la prima vera regista femminile dell'Arabia Saudita.
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peer gynt
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venerdì 31 agosto 2012
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in bici verso il futuro
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Film di denuncia dell'oppressiva società maschilista del mondo arabo, diretto da una regista donna che sceglie di mettere in scena quasi esclusivamente personaggi femminili. Quelli maschili sono volutamente lasciati senza spessore, incolori: sono maschi tradizionalisti, per i quali le donne devono restare nello spazio chiuso e senza diritti nel quale sono da sempre state relegate (con la sola eccezione del piccolo compagno di giochi della protagonista, un oppressore in nuce ma, nella sua qualità di bambino, ancora abbastanza immune dai più vieti comportamenti misogini degli adulti). La prospettiva interessante del film è quella di mostrare come questa oppressione sia gestita in molte situazioni proprio da donne, che contribuiscono con rigida convinzione al mantenimento delle impari opportunità che costituiscono l'humus cultural-religioso di questa società.
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Film di denuncia dell'oppressiva società maschilista del mondo arabo, diretto da una regista donna che sceglie di mettere in scena quasi esclusivamente personaggi femminili. Quelli maschili sono volutamente lasciati senza spessore, incolori: sono maschi tradizionalisti, per i quali le donne devono restare nello spazio chiuso e senza diritti nel quale sono da sempre state relegate (con la sola eccezione del piccolo compagno di giochi della protagonista, un oppressore in nuce ma, nella sua qualità di bambino, ancora abbastanza immune dai più vieti comportamenti misogini degli adulti). La prospettiva interessante del film è quella di mostrare come questa oppressione sia gestita in molte situazioni proprio da donne, che contribuiscono con rigida convinzione al mantenimento delle impari opportunità che costituiscono l'humus cultural-religioso di questa società. E allora la direttrice della scuola che opprime le studentesse per gli svaghi più innocenti e i motivi più futili, o l'insegnante di Corano che organizza la gara scolastica di conoscenza e recitazione del testo sacro, non sono che varianti asessuate di una visione medievale del mondo e dei rapporti fra esseri umani che rifiuta ostinatamente di cedere il passo a qualcosa di diverso. E anche la moglie che rispetta le regole e spera, per questo, di ricevere in cambio amore e rispetto dal marito, si accorge che nulla può scalfire l'atavica misoginia di questa società, alla quale l'unica risposta da dare è quella della piccola ma inflessibile trasgressione.
Il film narra dunque proprio questo: la tendenza spontanea, quasi naturale, alla trasgressione delle regole imposte mostrata da Wadjda, la protagonista dodicenne, che persegue il suo piccolo obiettivo (l'acquisto di una bicicletta che le permetta di gareggiare ad armi pari col suo amico e compagno di giochi, ma che nessuno le vuole comprare perché gioco sconsigliato alle donne) con inflessibile tenacia. Ottenendo alla fine, con la complicità di sua madre e malgrado tutto e tutti, un pieno successo, che è annuncio di un cambiamento imminente che può venire solo dalle donne e dalla loro forza interiore.
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maria f.
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venerdì 8 febbraio 2013
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evviva i buoni film!
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Ebbene sì, fa sempre piacere vedere un film a regia femminile, poi quando la regista appartiene a un Paese dove la donna è considerata un accessorio, si spera che film, storie che raccontino all’occidente di queste vite possano aumentare.
Per la verità anche da noi – ancora oggi la donna deve patire ed essere competitiva per dimostrare a mala pena di avere le medesime capacità dell’uomo se non di più, come: senso pratico, maggiore facoltà di sintesi nella risoluzione dei problemi, cogliere al volo situazioni e porvi rimedio, ricoprire in modo affidabile molteplici ruoli. Che fatica|||
Wadjda non avendo ottenuto dalla madre il consenso per acquistare una bicicletta, anche perché non ci sono possibilità economiche, decide di partecipare a una grara coranica e poter vincere la somma che le permetterà l’acquisto.
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Ebbene sì, fa sempre piacere vedere un film a regia femminile, poi quando la regista appartiene a un Paese dove la donna è considerata un accessorio, si spera che film, storie che raccontino all’occidente di queste vite possano aumentare.
Per la verità anche da noi – ancora oggi la donna deve patire ed essere competitiva per dimostrare a mala pena di avere le medesime capacità dell’uomo se non di più, come: senso pratico, maggiore facoltà di sintesi nella risoluzione dei problemi, cogliere al volo situazioni e porvi rimedio, ricoprire in modo affidabile molteplici ruoli. Che fatica|||
Wadjda non avendo ottenuto dalla madre il consenso per acquistare una bicicletta, anche perché non ci sono possibilità economiche, decide di partecipare a una grara coranica e poter vincere la somma che le permetterà l’acquisto.
La bicicletta verde che tanto desidera la bambina, non è altro che la consapevolezza di voler ottenere visibilità e avere l’opportunità di provare al mondo maschile ma anche e soprattutto a quello femminile che la sfida è possibile e opportuna.
Come il film ci ha illustrato, e che un gran numero di libri sull’argomento ci ha raccontato, la vita femminile a quella latitudine è mortificante anche quando si è amate dal proprio uomo come nel caso della mamma di Wadjda.
È sempre tutto sulle spalle delle donne, l’accudimento e il mantenimento dei figli, procacciarsi un lavoro, doversi pagare un autista perché la legge non consente loro di guidare un’automobile, umiliate se non si partorisce un figlio maschio. Vivere con queste regole fa sì che anche le insegnanti in maniera ipocrita e ottusa impongano alle alunne, come le madri alle figlie, metodi di comportamento surreali, avvalendosi per di più di bugie stolte come” le donne non vanno in bicicletta perché poi non possono avere figli”.
Wadjda nella sua breve vita è riuscita dalla sua postazione d’ingenua ragazza a dimostrare la sua maturità nell’ osservare, ascoltare, nel prendersi cura della giovane madre che a breve peraltro sarà ripudiata dal marito, e a scegliere quindi autonomamente dichiarando con audacia, dopo avere vinto la gara coranica, – fra lo stupore del pubblico composto d’insegnanti e alunne - che con la vincita avrebbe acquistato una bicicletta.
A seguito di tale dichiarazione, è stata privata della somma, ma la madre le fa dono del mezzo tanto agognato, dimostrando di avere imparato dalla figlia che per ottenere qualcosa è necessario combattere e soffrire e mai demordere.
Waad Mohammed veramente brava.
Complimenti alla regista per la sensibilità e il coraggio dimostrato.
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mareincrespato70
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mercoledì 16 aprile 2014
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la speranza dell'emancipazione corre sui pedali
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Arabia Saudita: anni Duemila di questo secolo, ma si stenta a crederlo, o si finge. Storia di Wadjda, bambina vivace ed intelligente, che si ribella al destino "costruito" dagli uomini, dall'oscurantismo, dall'arretratezza culturale e dai pregiudizi che solo paradossalmente sembrano arrivare da un altro pianeta.
E poi i colori forti, le splendide vesti colorate, i volti bellissimi di donna nascoste dietro i veli e visibili quasi sono negli interni, il Corano e il Diavolo incredibimente compresenti, la semplicità rivoluzionaria dei bambini, il coraggio femminile in un mondo stupidamente quasi declinato solo al maschile.
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Arabia Saudita: anni Duemila di questo secolo, ma si stenta a crederlo, o si finge. Storia di Wadjda, bambina vivace ed intelligente, che si ribella al destino "costruito" dagli uomini, dall'oscurantismo, dall'arretratezza culturale e dai pregiudizi che solo paradossalmente sembrano arrivare da un altro pianeta.
E poi i colori forti, le splendide vesti colorate, i volti bellissimi di donna nascoste dietro i veli e visibili quasi sono negli interni, il Corano e il Diavolo incredibimente compresenti, la semplicità rivoluzionaria dei bambini, il coraggio femminile in un mondo stupidamente quasi declinato solo al maschile.
Film bellissimo della prima regista saudita della storia, Haifaa Al-Mansour, che chissà se ha tratto ispirazione dal nostro neo-realismo, ma che con il suo sguardo indagatore e discreto, ma compassionevole verso le donne del suo Paese, ci svela un mondo "oscurato", ne racconta la silenziosa rivoluzione dell'orgoglio, mai troppo gridata. E' una bicicletta verde che guida la speranza, che forse ci indica un percorso per una strada con tanti chilometri ancora da percorrere per un'uguaglianza tanto distante quanto agognata.
Bella prova di Waad Mohammed (la bambina) e di Reem Abdullah (la madre), cinema autoriale che fa amare il cinema nella sua a volte virtuosa essenza didascalica, nella sua discreta, ma efficace forza rivoluzionaria.
Film-gioiello, che ricorda il primo Kiarostami con i suoi semplici quadri umani, opera apprezzata dalla critica, ma comunque sottovalutata rispetto alla sua luminosa bellezza narrativa e registica. Onore alla creativa, efficace semplicità dell'arte di raccontare Storie Altrui...Film da non perdere!
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filippo catani
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mercoledì 30 aprile 2014
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il coraggio di una bambina
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Arabia Saudita. Una bambina coltiva un sogno: comprarsi una bicicletta per poter giocare insieme al suo amico del cuore. Il problema è che oltre a costare troppo, la bicicletta non è considerata un mezzo consono per le ragazze. La bimba non si arrende e decide di iscriversi ad una gara di recitazione del Corano che mette in palio un premio in denaro che le consentirebbe l'agognato acquisto.
Paese ricchissimo e tra i più avanzati della zona, l'Arabia Saudita rimane uno stato dove l'applicazione serrata della legge Islamica pone dei freni alle donne. Queste sono limitate nei loro spostamenti in quanto non possono guidare e hanno altre rigide regole da seguire.
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Arabia Saudita. Una bambina coltiva un sogno: comprarsi una bicicletta per poter giocare insieme al suo amico del cuore. Il problema è che oltre a costare troppo, la bicicletta non è considerata un mezzo consono per le ragazze. La bimba non si arrende e decide di iscriversi ad una gara di recitazione del Corano che mette in palio un premio in denaro che le consentirebbe l'agognato acquisto.
Paese ricchissimo e tra i più avanzati della zona, l'Arabia Saudita rimane uno stato dove l'applicazione serrata della legge Islamica pone dei freni alle donne. Queste sono limitate nei loro spostamenti in quanto non possono guidare e hanno altre rigide regole da seguire. I cinema non esistono e i film sono fruibili privatamente. Ecco allora che fa ancora più piacere sapere che questo film è stato firmato da una donna che è riuscito ad ottenerne una distribuzione mondiale. Ecco allora che a fronte di rigide regole che finiscono per soffocare le donne c'è una piccola bambina che con sfrontatezza decide di sfidare alcune delle convenzioni sociali solo ed esclusivamente per poter salire in sella a una bicicletta. Nel frattempo la piccola assiste al dramma della madre che deve vedere il marito risposarsi e a scuola deve convivere con una insegnante severissima ma che lei stessa subisce la rigidità delle regole in quanto deve vivere il proprio amore in clandestinità. Ecco allora che tramite una storia semplice e toccante (bellissimo il contrasto tra il bambino che dice all'amica che da grande la sposerà a confronto con un'altra giovane ragazza già andata in sposa su pressioni della famiglia) la regista Haifaa Al-Mansour punta i riflettori su uno stato e una società dove la figura femminile è ancora troppo discriminata.
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martedì 24 maggio 2016
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la leggerezza della ribellione
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Difficile, forse impossibile trovare un film che sia ambientato in una Arabia Saudita reale; ci riesce la regista Haifaa Al-Mansour che utilizza una ragazzina, Wadjda, per mostrarci gli stridenti contrasti che abitano questo grande, ricco e desertico paese, in cui convivono (?) le più aggiornate modernità ed una mentalità medievale ed ottusa. Wadjda, qui rappresentata da una ragazzetta sveglia che letteralmente buca lo schermo e supera i problemi che i doppiaggi per quanto accurati presentano, non è una ribelle, semplicemente non accetta di avere delle limitazioni francamente incomprensibili e qui principalmente rappresentate dall'impossibilità di avere una bicicletta per "non mettere a rischio la verginità" (sic!); abbiamo un padre affettuoso ma che ripudia la moglie che non riesce a dargli un discendente maschio, una insegnante ottusa e rigidissima, che però la notte riceve l'amante, abbiamo un taxista che insulta le trasportate per il solo fatto di essere donne (e insegnanti).
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Difficile, forse impossibile trovare un film che sia ambientato in una Arabia Saudita reale; ci riesce la regista Haifaa Al-Mansour che utilizza una ragazzina, Wadjda, per mostrarci gli stridenti contrasti che abitano questo grande, ricco e desertico paese, in cui convivono (?) le più aggiornate modernità ed una mentalità medievale ed ottusa. Wadjda, qui rappresentata da una ragazzetta sveglia che letteralmente buca lo schermo e supera i problemi che i doppiaggi per quanto accurati presentano, non è una ribelle, semplicemente non accetta di avere delle limitazioni francamente incomprensibili e qui principalmente rappresentate dall'impossibilità di avere una bicicletta per "non mettere a rischio la verginità" (sic!); abbiamo un padre affettuoso ma che ripudia la moglie che non riesce a dargli un discendente maschio, una insegnante ottusa e rigidissima, che però la notte riceve l'amante, abbiamo un taxista che insulta le trasportate per il solo fatto di essere donne (e insegnanti)...
Tutto questo groviglio viene rappresentato con mano leggera; non c'è bisogno di esagerare, la storia nella sua disarmante semplicitàci introduce in un mondo poco conosciuto, non incline ad accogliere gli sviluppi in campo sociale, per non parlare della parità fra i sessi.
Classico film da cineforum, se ci fossero ancora cineforum.
Un ultimo plauso alla giovane e bravissima interprete, con i jeans e le scarpe sportive sotto la palandrana nera di rigore. il futuro è nella gioventù così fatta.
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guidokereze
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sabato 21 dicembre 2013
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i sogni viaggiano spesso in bicicletta
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Vedere La Bicicletta Verde è stato un tornare indietro nel tempo. In un tempo in cui anche io ragazzino sognavo una bicicletta. Era l'epoca delle prime bici da cross con cambio a leva e se si era fortunati, la si poteva persino vincere nei concorsi abbinati alla vendita di merendine e biscotti. Altre bici hanno attraversato i sogni, facendo correre le speranze dei tanti che per qualche ragione aspiravano ad una vita migliore e dignitosa. Ladri di Biciclette di De Sica resta il più riuscito affresco evocativo sul mezzo. Anche lì i personaggi perseguono un percorso che possa andare oltre i loro destini di dominati. Qui il sogno di Wadjda è la speranza di tutta una parte della popolazione, vessata da assurdi quanto anacronistici divieti da una società polverosamente patriarcale.
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Vedere La Bicicletta Verde è stato un tornare indietro nel tempo. In un tempo in cui anche io ragazzino sognavo una bicicletta. Era l'epoca delle prime bici da cross con cambio a leva e se si era fortunati, la si poteva persino vincere nei concorsi abbinati alla vendita di merendine e biscotti. Altre bici hanno attraversato i sogni, facendo correre le speranze dei tanti che per qualche ragione aspiravano ad una vita migliore e dignitosa. Ladri di Biciclette di De Sica resta il più riuscito affresco evocativo sul mezzo. Anche lì i personaggi perseguono un percorso che possa andare oltre i loro destini di dominati. Qui il sogno di Wadjda è la speranza di tutta una parte della popolazione, vessata da assurdi quanto anacronistici divieti da una società polverosamente patriarcale. La sabbia del deserto circostante, riempie le strade e le inquadrature semplici con le donne che quelle strade percorrono, magari a bordo di polverosi pickup pure guidati da uomini magari non in regola con le leggi sull'immigrazione, ma comunque uomini e in quanto tali sempre pronti a dimostrare finanche la loro maleducazione. La voglia di libertà della ragazzina è qualcosa che scalda i cuori, ove si pensi anche da lontano a quanto può essere opprimente una società rigida come quella raccontata con grazia e delicatezza da l'unica regista di quel paese. Personalmente ho sempre creduto fondamentale l'importanza e la capacità propria del cinema non tanto su cosa sognare, ma come sognarlo. e pellicole simili riescono nell'intento pienamente. Wadjda riesce a sovvertire le assurde regole che ne limitano il bisogno alla libertà dall'interno, mettendo in crisi l'intera impalcatura teologica di un certo ISLAM radicale e radicato in oscure figure alquanto tristi e abbruttite, come la signorina Haas.
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rampante
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lunedì 24 febbraio 2014
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una ragazzina indipendente
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Wadijda vive alla periferia di Riyadh, la capitale Saudita, ha un grande sogno poter comprare la bicicletta verde nel negozio di giocattoli davanti al quale passa tutti i giorni
E' una bambina di 10 anni pestifera ma simpatica ed affettuosa, ama la musica pop, porta solo scarpe da ginnastica, non sempre porta il velo
sa che alle ragazze è proibito andare in bicicletta e i più deve escogitare un piano per trovare il denaro necessario per comprarla.
Wadijda vive in Arabia Saudita dove le donne non hanno diritto al voto, né alla patente e dove persino il cinema è bandito: le sale sono proibite ed i film si vedono solo a casa, dove le donne sono soggette a gravi forme di discriminazione, segregazione, sudditanza ma,
da piccola ribelle è decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura.
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Wadijda vive alla periferia di Riyadh, la capitale Saudita, ha un grande sogno poter comprare la bicicletta verde nel negozio di giocattoli davanti al quale passa tutti i giorni
E' una bambina di 10 anni pestifera ma simpatica ed affettuosa, ama la musica pop, porta solo scarpe da ginnastica, non sempre porta il velo
sa che alle ragazze è proibito andare in bicicletta e i più deve escogitare un piano per trovare il denaro necessario per comprarla.
Wadijda vive in Arabia Saudita dove le donne non hanno diritto al voto, né alla patente e dove persino il cinema è bandito: le sale sono proibite ed i film si vedono solo a casa, dove le donne sono soggette a gravi forme di discriminazione, segregazione, sudditanza ma,
da piccola ribelle è decisa a superare i limiti imposti dalla sua cultura.
Vuole il suo nome nell'abero genealogico del padre e sopratutto vuole la bicicletta
per gareggiare con l'amico coetaneo Abdullab, essere libera e indipendente, essere come lui, al suo livello.
La pellicola girata da una regista Saudita è una sorte di manifesto contro l'oppressione delle donne, un piccolo grande film, una storia di emancipazione
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