The Words

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Un film di Brian Klugman, Lee Sternthal. Con Bradley Cooper, Jeremy Irons, Dennis Quaid, Olivia Wilde, Zoe Saldana.
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Titolo originale The Words. Drammatico, Ratings: Kids+13, durata 97 min. - USA 2012. - Eagle Pictures uscita venerdì 21 settembre 2012. MYMONETRO The Words * * 1/2 - - valutazione media: 2,77 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Una storia semplice Valutazione 3 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 34457 | altri commenti e recensioni di Eugenio
sabato 6 luglio 2013

Scrivere,scrivere e poi ancora scrivere. Scrivere per necessità,per rispondere a un innato bisogno primigenio di raccontare fatti,esperienze,emozioni, scrivere per rendere partecipi i lettori o – più prosaicamente – sé stessi, di un dramma vissuto internamente dallo scrittore, un oracolo narratore che informa con l’intento di rispondere a un vuoto dell’anima causato da un dolore,da una sconfitta,da una vittoria,da un dato di fatto. La scrittura è questo: informazione,riflessione, valvola di sfogo di masturbazioni cerebrali, di eventi che possono irretire – in senso buono- la mente del lettore per poche ore/giorni/settimane/mesi  creando un rapporto unidirezionale di comunicazione empatica che quando termina, lascia in sé un’ amarezza similare alla perdita di un amico. Questa la scrittura,la splendida forma di interpretazione dei pensieri umani che affascina e fa affascinare intere generazioni.
Ne sanno qualcosa gli sceneggiatori Brian Klugman e Lee Sternthal che nel loro recente film d’esordio, “The words” imbastiscono una storia (che per antifrasi potrebbe essere definita semplice) basata proprio sul complicato rapporto che intercorre tra lo scrivente e la sua opera prima il racconto. Come una matrioska in cui non è chiaro cosa è reale e cosa è frutto di fantasia, veniamo a conoscenza,attraverso le parole di Clay Hammond (Dennis Quaid), scrittore famoso di successo in atto di leggere in pubblico i primi capitoli del suo best-seller, delle peripezie di Rory Jansen, pseudo-scrittore fermamente convinto di riuscire a pubblicare il romanzo della sua vita. Romanzo che gli si presenterà bello pronto sottoforma di una vetusta ventiquattro ore trovata dalla fidanzata casualmente e contenente al suo interno, un ancor più vetusto manoscritto che irretirà il giovane sino al plagio, alla pubblicazione e all’immeritato successo. Tuttavia, il ghost-writer  che altri non è che un “povero vecchio” (interpretato da un ottimo Jeremy Irons) reduce da una miseranda vicenda umana fatta di guerra,morte e abbandono, si troverà lungo il cammino, quasi per uno scherzo del destino dello scrittore di successo rivendicando la paternità del libro ed esigendo un dazio, un pagamento del tributo. Non soldi, non vile denaro ma la consapevolezza del plagio, l’inesorabile presenza del rimorso nato dall’incapacità di produrre una storia potente,reale,viva in ogni senso alimentata dall’esperienza e impossibile da narrare senza essere stati protagonisti assoluti. Rory dal canto suo, dopo strenui tentativi di discussione con il gretto editore piegato solo dalla logica del successo, non potrà fare altro che accettare quella situazione di pura illusione nel cui baratro a causa della sua stessa incapacità è caduto senza purtroppo essere in grado di risalire visto che, “la compagna di scalate”, la moglie, sarà incapace di indossare per il resto della sua vita la maschera del successo.  Le loro vite saranno scandite dalla menzogna, dall’incapacità di guardarsi negli occhi, da presentazioni di libri, il cui primo, trampolino di lancio della carriera di Rory, costituirà fardello imprescindibile, incarnazione del senso libero della scrittura come esplorazione,sfogo, istintualità repressa. Una scrittura morta, naturalmente, con l’autore stesso. All’interno di questa cornice, Clay, l’io narrante, è lo specchio e il riflesso delle azioni di Rory. Il primo è il generatore dell’evento, il secondo il puro strumento di narrazione ma la specificità delle azioni e il concetto sfumato di realtà e finizione ben sottolineato dall’espressione facciale finale di Clay, rendono l’idea di un gioco piu’ profondo,intimo e impetuoso.
Un gioco semplice,una storia dalle molteplici implicazioni ad incastro che si staglia su piani paralleli che non si incontrano mai dove l’arte di narrare attraverso parole  è l’onnipresente leit-motiv di ogni azione, dove la finzione e la realtà sfumano all’interno di registri narrativi distinti ed equilibrati, dove le emozioni della vita nascono,crescono e fioriscono. In un verdeggiante giardino colmo di illusioni.

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