Anno | 2012 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia |
Durata | 73 minuti |
Regia di | Mario Balsamo |
Attori | Guido Gabrielli, Mario Balsamo . |
Uscita | venerdì 12 aprile 2013 |
Distribuzione | Hasenso |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 2 agosto 2016
Guido Gabrielli e Mario Balsamo, amici di vecchia data, viaggiano per l'Italia in un film a metà tra un romanzo autobiografico e un gesto rabbioso di rivolta pubblica. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
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Mario Balsamo, documentarista, e Guido Gabrielli, editore, sono amici da sempre e da sempre sono in viaggio sognando di essere come James Bond ma consapevoli di non essere proprio come James Bond. Trent'anni di vita e di vacanze spese insieme rincorrendo goffi e un po' sgualciti il mito dell'agente 007, che veste lo smoking con eleganza senza pari, affrontando sfrontato e a suo agio l'avventura. E a quella disinvolta naturalezza hanno sempre puntato Mario e Guido, accorgendosi molto presto dell'inarrivabilità di James Bond. Poi il mondo ha fatto i suoi giri, Mario e Guido hanno girato col mondo, infilando una brutta avventura e una 'rottura biografica', a cui hanno 'riparato' realizzando un documentario pensato molti anni prima sullo scambio tra schermo e spettatore.
L'idea della loro inadeguatezza alle cose del mondo di contro a quel gestuario della disinvoltura incarnato da Sean Connery diventa un documentario e viene aggiornato alla malattia, che in forme diverse li ha colpiti producendo una frattura nelle rispettive trame esistenziali. Determinati a risignificare quell'esperienza traumatica, Balsamo e Gabrielli avviano, dentro uno smoking a noleggio e una Mini d'epoca, un road movie che dalla spiaggia di Sabaudia muove verso la Scozia di Sean Connery, che vorrebbero interrogare intorno all'immortalità. Ma se James Bond non è cambiato di una virgola, mito inossidabile e forte dei suoi stessi difetti, è Sir Connery a non sentirsi troppo bene, declinando l'intervista e confessando in una telefonata, l'ennesima 'composta' da Mario Balsamo, di doversi sottoporre a controlli medici.
Non basta una Walther PPK a difendersi dalla malattia che arriva improvvisamente, interrompendo la normalità della nostra vita, ordinaria o straordinaria che sia. La sua intrusione, ci raccontano gli autori attraverso la storia vera della loro affezione, rompe lo schermo dell'immagine dell'io, confrontandoci con una verità radicale: la determinatezza della vita. Dopo il verdetto della scienza, dopo aver esperito la malattia, dopo averla battuta, Mario e Guido decidono di mettersi in schermo e di mettere in schermo la loro vulnerabilità, declinandola in dialoghi rilevanti e sensibili, dando corpo a una memoria (anche) cinematografica condivisa. Nel loro andare affrontano la corruttibilità della materia contro l'inalterabilità di un sogno che non hanno mai smesso di sognare e che non ha mai perso la licenza di piacere. James Bond è per gli autori un modello che connota un ideale di virilità forte e sicura, la cui postura dominante, il moto complessivo del corpo audace e sciolto, il gesto rapido, fermo, netto, contrasta con la manifestazione pratica e crudele della patologia, che se da una parte ha ridotto le loro qualità motorie, dall'altra ha valorizzato un prezioso vissuto emozionale. La narrazione per immagini della malattia diventa un momento importante di condivisione, il valore aggiunto in termini esperienziali che rivela allo spettatore l'unicità e l'universalità dell'individuo.
Atto narrativo e terapeutico insieme, l'auto-rappresentazione cinematografica è la mediazione attraverso cui Marco e Guido comprendono (meglio) se stessi e la ragione del loro agire, nel mondo e negli anni. Nel rimettere insieme i frammenti del loro sé i registi rileggono e riportano alle giuste proporzioni le cose della vita, compresa la vita mitico-reale dell'attore scozzese, 'graffiato' dalla confessione di Daniela Bianchi, Bond girl in 007 - Dalla Russia con amore.
A sopravvivere a Connery è la costruzione immaginaria di sé, un agente senza paura che si fa beffa del nemico sempre mitomane e di una morte sempre rimandata. Sulle note di Monty Norman, riarrangiate da Guido nell'Umbria del jazz, Noi non siamo come James Bond ricostruisce dentro una tenda lo spazio di un vissuto, dove l'uomo ordinario della vita e quello straordinario del cinema condividono lo stesso orizzonte di senso, lo stesso venir meno, lo stesso incredibile tramonto.
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Un bel documentario, pieno di vitalità, con due personaggi cui è impossibile affezionarsi (più Gabrielli, più umano, più vero). La pochezza della forma e la sgangheratezza narrativa si perdonano.