Mare Chiuso |
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Un film di Andrea Segre, Stefano Liberti.
Con Ermias Berhane, Omer Ibrahim, Roman Amore, Jemal Mohammed Omer, Bekit Saleh Okud.
continua»
Documentario,
durata 60 min.
- Italia 2012.
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estetizzazione del genocidio
di stalkerzoeFeedback: 223 | altri commenti e recensioni di stalkerzoe |
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martedì 22 maggio 2012 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
"Guardate in "Kapò"( di Gillo Pontecorvo) l'inquadratura in cui Emmanuelle Riva si suicida, gettandosi sul filo spinato ad alta tensione: l'uomo che decide, a questo punto, di fare un carrello in avanti per inquadrare il cadavere dal basso verso l'alto, avendo cura di porre una mano alzata esattamente in un angolo dell'inquadratura, ebbene quest'uomo merita solo il più profondo disprezzo" Jacques Rivette Cahiers du Cinema n.120 Giugno 1961 La locandina di Mare Chiuso sintentizza bene l'opera filmica: una fotografia degna degli scatti di Fontana dove il colore smarmella i confini degli oggetti e prende il sopravvento. La minuziosa cura della fotografia viene valorizzata grazie alla suntuosa color correction made in Technicolor, grazie al supporto della Open Society Foundations dello speculatore finanziario new global George Soros. Il fine nobile è dichiarato sin dall'inizio: portare nelle sale, al grande pubblico, un argomento scomodo e mal sopportato dagli italiani, in questo caso ben rappresentati dal proprio governo. A parte l'incipit, che accoglie nella forma cinematografica le riprese dei telefonini dei migranti durante la traversata, il corpo centrale dell'opera indugia sulla quotidinità nel campo profughi al confine libico. Le inquadature prolungate sul radersi la barba, il tempo dell'attesa cristallizzato su un letto o il passaggio delle nuvole diventano dei quadri di colore, fa quasi venire voglia di organizzare una settimana valtur in un campo profughi. Il taglio divulgativo raggiunge il suo climax nella carrambata pornografica finale del padre respinto e sua figlia che si incontrano per la prima volta durante le riprese del film, con tanto di lacrime annesse. Come in altre opere, si scade nel finale personalistico e privo di prospettive politiche. Segre e Liberti non meritano il nostro più profondo disprezzo, ma un approfondimento alla storia del cinema renderebbe il nobile progetto divulgativo meno grossolano e più divulgato, anche se non fosse adatto al pomeriggio di canale 5.
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