La città ideale

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Un film di Luigi Lo Cascio. Con Luigi Lo Cascio, Catrinel Marlon, Luigi Maria Burruano, Massimo Foschi, Alfonso Santagata.
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Drammatico, durata 105 min. - Italia 2012. - Cinecittà Luce uscita giovedì 11 aprile 2013. MYMONETRO La città ideale * * * - - valutazione media: 3,13 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

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di nikipi


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mercoledì 1 maggio 2013

Nel titolo c'è la chiave del senso del film. L'aggettivo qualifica la bussola che orienta le scelte del protagonista M., interpretato dall'intenso Luigi Lo Cascio, che ne è anche autore-sceneggiatore e regista alla sua prima prova. M. è un giovane uomo che da Palermo si è trasferito a Siena, dove lavora come architetto,perché Siena è, son parole sue, “la città ideale”. Vive in un appartamento di uno squallore imbarazzante, non per incuria ma per eccesso di rigore: quale ecologista ortodosso,usa solo acqua piovana che raccoglie in conche e catini, e la poca corrente necessaria per sopravvivere la produce da sé, con congegni rudimentali e di dubbia efficacia. Le pratiche dell'ambientalismo inflessibile, che M. segue come una teologia, se penalizzanti applicate a sé, imposte agli altri risultano vessatorie: M. punisce i colleghi costringendoli a patire il freddo per ridurre l'inquinamento e li censura quando li scopre a fumare di nascosto.

In una serata tempestosa, deve accompagnare con l'auto una collega. Poiché M. non ha macchina(figuriamoci!), gliela prestano. Pioggia scrosciante, vetri appannati, buio, lampi: M. investe “un'ombra” (infausto presagio). Scende e non vede nessuno. Ripresa la guida, nota un fagotto al lato della carreggiata: è un uomo ferito. I racconti confusi e contraddittori che M. rende ai Carabinieri, agli avvocati, ai magistrati, alla famiglia del ferito appaiono talmente incongruenti (come sono i ricordi a volerli testimoniare per filo e per segno) che lo fanno imputare di omicidio colposo, poiché il ferito nel frattempo è morto.

Senza avvalersi dell'apparato di garanzie che, in un moderno stato di diritto, gli permetterebbe di ricostruire i fatti e scagionarsi, M. si rovina da sé. Perché? per accentuare il carattere simbolico della vicenda? ma così sembra il calco di personaggi letterari arcinoti.

Difensori avidi o menefreghisti o fuori di testa, la perdita del lavoro, le spese del processo lo fanno sprofondare in un tunnel. La vecchia madre arrivata da Palermo è pronta a soccorrerlo, purché ritorni a casa. Abbandonata Siena e l'investimento psicologico ad essa legato, M. si trova affidato a un mellifluo azzeccagarbugli legato alla criminalità, che lo metterà con le spalle al muro chiedendogli secco: lo rifarebbe? E sulla mancata risposta, magistralmente si chiude il film.

La sua coerenza cieca e sofferta, che vorrebbe veder coincidere verità storica e verità giudiziaria, l'osservanza feroce e intransigente delle regole che si è imposto e alle quali crede fideisticamente pensando siano la sola via per realizzare una società più pura e più giusta, cioè ideale, astratta, rendono a M. la vita insostenibile e lo inducono a perdersi.

M. antepone i convincimenti dogmatici in un mondo migliore alla vita. Anzi, li usa contro la propria vita: prima dell'”incidente”, conducendo un'esistenza grama e scialba, piena di restrizioni e divieti; successivamente, negandosi al desiderio, contorcendolo verso un piacere estetico e, utilizzando male le armi della difesa-che, se condotta con criterio e razionalità, potrebbero salvarlo-finisce per avvitarsi sempre più e dare partita vinta alla tesi accusatoria.

Nella Città ideale numerose sono le corrispondenze, le allusioni, i richiami a motivi cari alla letteratura alta: vengono in mente i nomi di Kafka, Gogol, Camus, Auster e naturalmente Durrenmatt. Aver scelto temi filosofici impegnativi, per di più per un esordio, è una decisione encomiabile in sé.

nikipi, aprile 2013

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